Cass. Sez. III n. 39728 del 12 ottobre 2009 (Ud 18 giu 2009)
Pres. Onorato Est. Amoresano Ric. Gioffrè
Rifiuti. Inerti da demolizioni o scavi di manti stradali

Gli inerti provenienti da demolizioni di edifici o da scavi di manti stradali erano e continuano ad essere considerati rifiuti speciali anche in base al decreto legislativo n.152 del 2006, trattandosi di materiale espressamente qualificato come rifiuto dalla legge, del quale il detentore ha l’obbligo di disfarsi avviandolo o al recupero o allo smaltimento.

Osserva
1) Con sentenza del 30.10.2008 il Tribunale di Novara, in composizione monocratica, condannava G. D., previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di euro 8.000,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 51, comma 1, lett. a), D.Lvo 22/97 per aver, nella sua plurima qualità di proprietario dei terreni luogo dello smaltimento/utilizzo illecito di rifiuti, di committente dei lavori e di titolare dell’impresa esecutrice dei lavori medesimi, utilizzato rifiuti non pericolosi (costituiti da rifiuti misti da demolizione e costruzione - codice CER 17 09 04 - prodotti in altro luogo (non essendo quindi applicabile la definizione di “rifiuto immediatamente riutilizzabile” data dall’art.14 della legge n.178/2002) senza le operazioni di recupero previste dal D.M. 5 febbraio 1998, per la realizzazione di un terrapieno da adibire successivamente a parcheggio, in assenza di autorizzazione ex art. 27, ovvero di comunicazione ex art.33 del D.L.vo 22/97.
Riteneva il Tribunale che dagli accertamenti effettuati dal Nucleo di Polizia ambientale era emerso che il materiale utilizzato per la costruzione di un terrapieno proveniva in parte da rifiuti da demolizioni e costruzioni, oltre che da plastica e asfalto. Da un successivo accertamento emergeva che la situazione era peggiorata. Risultava quindi provato che l’imputato, senza autorizzazione, aveva utilizzato rifiuti non pericolosi provenienti da altro luogo, senza effettuare previamente le operazioni di recupero. Era configurabile, pertanto il reato contestato.
2) Propone ricorso per cassazione l’imputato per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione come rifiuti speciali non pericolosi, anziché come sottoprodotti, dei materiali rinvenuti.
Il G. aveva proceduto alla escavazione della sottofondazione del fabbricato che doveva essere realizzato ed aveva trasferito il materiale di risulta a poca distanza per realizzare un terrapieno che consentisse di elevare il piano di campagna del parcheggio. Non risulta, assolutamente, provata la provenienza alloctona dei materiali. E’ quindi applicabile l’art. 14 L.178/2002, essendo il materiale recuperato pienamente compatibile per il riutilizzo senza alcun pregiudizio per l’ambiente (dalla analisi era emerso che si trattava di materiale assimilato ad un terreno ghiaioso-sabbioso).Tutt’al più il materiale in questione può farsi rientrare nella categoria dei sottoprodotti.
Con il secondo motivo denuncia il vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato. Il G. ritenne di poter impiegare sul posto il materiale di risulta della escavazione, avendo ravvisato la perfetta compatibilità ambientale dell’opera. Il dolo, pertanto, è completamente assente.
Con il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione e la mancata assunzione di prova decisiva. La motivazione sintetica della sentenza non consente di comprendere da quale elemento il Tribunale faccia derivare la prova della provenienza alloctona del materiale. Anche perché il verbalizzante, come emerso in dibattimento, non aveva effettuato alcuna indagine in ordine al sito di provenienza. Si imponeva, pertanto, l’escussione dei dipendenti del G. per individuare la provenienza dei materiali; tale richiesta però era stata ingiustificatamente disattesa con ordinanza motivata con formule di rito.
Chiede, pertanto, che la sentenza impugnata venga annullata senza rinvio o, in subordine, con rinvio.
2.1) Con motivi nuovi, in data 28.5.2009, si chiede che il reato venga dichiarato prescritto. Premesso che trova applicazione la disciplina più favorevole di cui all’art.157 c.p. previgente (con termine massimo di prescrizione di anni 4 e mesi 6), si assume che la condotta venne accertata in data 11.2.2005, ma che la domanda per il rilascio del permesso di costruire nel sito dove venne realizzato il terrapieno fu presentata l’11.4.2003; è da ritenere quindi che, contestualmente, sia stato realizzato il terrapieno medesimo.
3) Il ricorso è inammissibile perché vengono proposte doglianze infondate e attinenti al merito della decisione impugnata.
Le censure sollevate dal ricorrente non tengono conto che il controllo demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza la possibilità di verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni risultanti dagli atti del processo. E’ necessario cioè accertare se nell’interpretazione delle risultanze processuali siano state applicate le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 1 RV214567).
3.1) Il Tribunale, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea applicazione della legge penale e processuale, ha valutato compiutamente il compendio probatorio ed ha ritenuto configurabile il reato contestato in quanto il materiale non proveniva certo da uno scavo eseguito sul posto.
Il Nucleo di polizia ambientale e forestale aveva, infatti, accertato il giorno 5.2.2005 “che il materiale utilizzato per la costruzione di un terrapieno era costituito in parte da rifiuti provenienti da demolizioni e costruzioni, oltre che da plastica e asfalto”. In presenza di tale incontrovertibile accertamento non occorrevano particolari sforzi argomentativi per dimostrare che siffatto materiale non poteva certo derivare dallo scavo del terreno eseguito in quel posto e che, quindi, necessariamente doveva provenire da altro luogo.
Questa Corte ha anche di recente confermato che gli inerti provenienti da demolizioni e costruzioni non sono assimilabili alle terre e rocce da scavo, perché previsti come rifiuti speciali dall’art.7 comma 3 lett. b) del decreto Ronchi e vanno distinti dai rifiuti pericolosi provenienti da attività dì scavo. Questi ultimi, ossia i rifiuti provenienti dalle attività di scavo, erano esclusi dalla disciplina sui rifiuti alle condizioni stabilite con l’art. 1, comma 17-19 della legge 21 dicembre 2001 n. 443, che interpretava autenticamente sia il comma 3 lett. b) dell’art. 7 del decreto Ronchi, che l’art. 8, lett. f) bis del menzionato decreto, lettera inserita con l’art. l0, comma 1, legge 23 marzo 2001, n.93. La non assimilazione degli inerti derivanti da demolizione di edifici o da scavi di strade alle terre e rocce da scavo è stata ribadita con il decreto legislativo n. 156 del 2006 (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 103 del l5.l.2008-Pagliaroli).
Pertanto gli inerti provenienti da demolizioni di edifici (come nel caso di specie) o da scavi di manti stradali erano e continuano ad essere considerati rifiuti speciali anche in base al decreto legislativo n. l52 del 2006, trattandosi di materiale espressamente qualificato come rifiuto dalla legge, del quale il detentore ha l’obbligo di disfarsi avviandolo o al recupero o allo smaltimento.
Stante la provenienza alloctona del materiale non poteva esservi alcun dubbio sulla coscienza e volontà di smaltire illecitamente i rifiuti, per cui anche sul punto la motivazione non appare censurabile.
3.2) Corretto è il rigetto della richiesta di approfondimenti istruttori ex art.507 c.p.p. risultando del tutto inutile qualsiasi ulteriore indagine stante le emergenze inequivocabili degli accertamenti di p.g.
3.3) Infine, in relazione al motivo nuovo, dal verbale di sopralluogo dell’l1.2.2005 risulta che l’attività di “riempimento” era in atto; venne accertato infatti che “..parte del materiale attualmente presente non era tale all’epoca di un precedente sopralluogo, effettuato in data 5 febbraio 2005 dal Comando Stazione CFS di Carpignano Sesia”.
Il termine massimo di prescrizione di anni 4 e mesi 6 (decorrente dal febbraio 2005) non era certamente decorso alla data di emissione della sentenza impugnata (peraltro non è maturato neppure successivamente).
3.4) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi dell’art.616 c.p.p.