Cass. Sez. III n. 14746 del 13 maggio 2020 (CC 22 gen 2020)
Pres. Rosi Est. Liberati Ric. Calabrese
Rifiuti.Cubetti in porfido e disciplina dei sottoprodotti

I requisiti richiesti per i sottoprodotti devono sussistere contestualmente , con la conseguenza che la mancanza di certezza in ordine al riutilizzo, unitamente alla necessità di sottoporre i materiali  (cubetti in porfido), per poterli riutilizzare o commerciare, a delle operazioni di trattamento esulanti dalla normale pratica industriale, in quanto per la separazione da essi dei residui di materiale bituminoso e cementizio non sono chiaramente sufficienti operazioni preliminari di pulitura e lavaggio (occorrendo interventi non marginali, da eseguire con strumenti meccanici e dai quali sono destinati a originarsi non modeste quantità di scarti, escludono che essi, nello stato in cui sono stati rinvenuti, possano essere qualificati come sottoprodotti.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 23 luglio 2019 il Tribunale di Avellino ha respinto la richiesta di riesame presentata da Salvatore Domenico Calabrese nei confronti del decreto del 11 luglio 2019, con cui il Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale aveva convalidato il sequestro di un fondo in Comune di Solofra e dei rifiuti ivi depositati eseguito in via d’urgenza dalla polizia giudiziaria, disponendo contestualmente il sequestro preventivo sia dell’area sia dei rifiuti, in relazione al reato di cui all’art. 256 d.lgs. 152/2006.
Il Tribunale, nel disattendere la richiesta di riesame, fondata sulla qualificabilità come sottoprodotti e non come rifiuti dei cubetti in porfido derivanti dal lavori di manutenzione straordinaria della sede stradale del Comune di Solofra (consistenti nella rimozione di tali cubetti), in quanto destinati a essere riutilizzati, accumulati dall’impresa amministrata dal ricorrente in un terreno di proprietà comunale, ha sottolineato che i cubetti accatastati nell’area in questione erano frammisti a materiale bituminoso e a calcestruzzo cementizio, certamente qualificabili come rifiuti derivanti da lavorazioni edili, per la raccolta dei quali detta impresa era priva della necessaria autorizzazione. Il Tribunale ha, inoltre, sottolineato che nella medesima area risultavano accumulati cubetti in porfido frammisti a materiale bituminoso e calcestruzzo derivanti da lavorazioni edili eseguite nel 2018, escludendo di conseguenza la configurabilità di un deposito temporaneo o preliminare, realizzato in vista di successive operazioni di smaltimento, o di una messa riserva, funzionale a successive operazioni di recupero.

2. Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un unico articolato motivo, mediante il quale ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) et c), l’errata applicazione dell’art. 256 d.lgs. 152/2006 e la mancanza dei presupposti per disporre il sequestro.
Dopo aver ripercorso la disciplina positiva in materia di rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, ha ribadito la qualificabilità come sottoprodotti dei cubetti in porfido rimossi dalla pavimentazione stradale del Comune di Solofra e destinati a essere immediatamente rivenduti o riutilizzati per il medesimo scopo, non mutando la loro natura per la presenza di frammenti di altro materiale, derivanti dal medesimo ciclo produttivo ed eliminabili mediante una semplice pulizia rientrante nella normale pratica industriale, non comportante trasformazioni radicali del materiale trattato, tali da stravolgerne l’originaria natura. Ha sottolineato anche l’intenzione della amministrazione comunale di riutilizzare i cubetti in porfido, desumibile dalle autorizzazioni al loro deposito in aree pubbliche, con la conseguente insussistenza della volontà di disfarsene, necessaria per poterli qualificare come rifiuti.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Il Tribunale, nel disattendere la richiesta di riesame avanzata dal ricorrente, ha dato atto, con adeguata motivazione priva di vizi logici, della esistenza di indizi della realizzazione di una attività di raccolta di rifiuti non autorizzata, sulla base di quanto accertato in occasione del sopralluogo compiuto dalla polizia giudiziaria presso un’area di proprietà del Comune di Solofra, sita in Frazione S. Agata, località Celentane, nella quale la S.r.l. Nuova Costruzioni Calabrese, amministrata dal ricorrente e appaltatrice di lavori di manutenzione straordinaria della sede stradale del Comune di Solofra (consistenti nella sostituzione dei cubetti di porfido con asfalto stampato), era stata autorizzata a depositare i rifiuti provenienti da tali lavori; in tale area è, infatti, stata riscontrata la presenza di cubetti di porfido frammisti a materiale bituminoso e a pezzi di conglomerato cementizio, provenienti da detti lavori e accatastati, e anche di analoghi rifiuti provenienti da lavori eseguiti nel medesimo comune nell’anno 2018; sulla base di tali risultanze il Tribunale ha quindi escluso che i cubetti di porfido provenienti dai lavori di manutenzione straordinaria della sede stradale del Comune di Solofra possano essere qualificati come sottoprodotti, sottolineando che la presenza di materiali provenienti da lavori eseguiti nel 2018 e le caratteristiche dei cubetti in porfido, frammisti a scarti di conglomerato bituminoso e di calcestruzzo cementizio e a pezzi di guaina bituminosa richiedeva, per il riutilizzo dei cubetti di porfido, una operazione di trattamento, incompatibile con la qualificazione degli stessi come sottoprodotti.
Tali rilievi, che il ricorrente ha censurato in modo generico e assertivo, omettendo di fornire la prova di una riutilizzazione nel ciclo produttivo "certa" ed "effettiva" dei materiali rinvenuti, prova che incombe sull'interessato (Sez. 3, n. 16078 del 10/03/2015, Fortunato, Rv. 263336; Sez. 3, n. 3202 del 02/10/2014, dep. 23/01/2015, Giaccari,Rv. 262129; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Castellano, Rv. 241504), oltre che sul piano della valutazione degli elementi di fatto considerati dal Tribunale (valutazione che ha condotto alla esclusione della possibilità di immediato riutilizzo dei cubetti di porfido in assenza del loro trattamento e che il ricorrente ha censurato, contestandola sul piano del merito), sono pienamente corretti.
Ai sensi dell’art. 183, lett. qq), d.lgs. 152/2006 può essere qualificato sottoprodotto "qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all'articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all'articolo 184-bis, comma 2”.
L’art. 184 bis del medesimo d.lgs. 152/2006 stabilisce le condizioni per l’attribuzione della qualità di sottoprodotto, prevedendo che:
“1. E' un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni: a) la sostanza o l'oggetto e' originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non e' la produzione di tale sostanza od oggetto; b) e' certo che la sostanza o l'oggetto sara' utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l'oggetto puo' essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l'ulteriore utilizzo e' legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non portera' a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana. 2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinche' specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All'adozione di tali criteri si provvede con uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformita' a quanto previsto dalla disciplina comunitaria”.
Detti requisiti devono sussistere contestualmente (cfr. Sez. 3, n. 10711 del 28/01/2009, Pecetti, Rv. 243107; Sez. 3, n. 773 del 25/11/2009, dep. 11/01/2010, Guerrieri, Rv. 245900), con la conseguenza che la mancanza di certezza in ordine al riutilizzo (desunta, in modo logico, dalla presenza di materiali provenienti da lavori eseguiti nell’anno 2018), unitamente alla necessità di sottoporre i cubetti in porfido, per poterli riutilizzare o commerciare, a delle operazioni di trattamento esulanti dalla normale pratica industriale (cfr. Sez. 3, n. 20886 del 07/02/2013, Loda, Rv. 255771; Sez. 3, n. 42338 del 09/07/2013, Delle Cave, Rv. 257733), in quanto per la separazione da essi dei residui di materiale bituminoso e cementizio non sono chiaramente sufficienti operazioni preliminari di pulitura e lavaggio (occorrendo interventi non marginali, da eseguire con strumenti meccanici e dai quali sono destinati a originarsi non modeste quantità di scarti, cfr. Sez. 3, n. 41533 del 15/12/2016, dep. 12/09/2017, Sbolli, Rv. 271077), escludono che essi, nello stato in cui sono stati rinvenuti, possano essere qualificati come sottoprodotti, con la conseguente correttezza della affermazione del Tribunale della sussistenza di indizi del reato contestato al ricorrente.
Quest’ultimo ha censurato tali corrette valutazioni sul piano del merito, e cioè della possibilità di immediato riutilizzo dei cubetti in porfido senza sottoporli a operazioni di trattamento, in tal modo proponendo una censura non consentita, in quanto rivolta verso un accertamento di fatto adeguatamente motivato (attraverso la sottolineatura di quanto emerso dal sopralluogo della polizia giudiziaria in ordine allo stato dei residui dei lavori stradali eseguiti dalla Nuova Costruzione Calabrese), e manifestamente infondata, per la evidenza della impossibilità di qualificare detti residui di lavorazione come sottoprodotti.

3. Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, stante la manifesta infondatezza e il contenuto non consentito in sede di legittimità delle censure cui è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 a favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 22/1/2020