Cass. Sez. III n. 12417 del 20 marzo 2008 (Cc 9 gen. 2008)
Pres. Altieri Est. Grillo Ric. Castelli ed altro
Rifiuti. Ecopiazzole

L \'attività di gestione dei rifiuti operata dal Comune nelle cosiddette "piazzole ecologiche" o "ecopiazzole", ove i rifiuti vengono conferiti dai cittadini in modo differenziato, configura un deposito preliminare in vista dello smaltimento o una messa in riserva in vista del recupero, con la conseguente necessità della preventiva autorizzazione, la cui mancanza configura il reato ora previsto dall\'art. 256, comma primo, d.l.vo n. 152/2006. Detta attività di raccolta differenziata non è qualificabile in termini di deposito temporaneo, atteso che l\'intero territorio comunale non può considerarsi "luogo di produzione dei rifiuti" di tutti i cittadini, ma questo "si estende al massimo sino a ricomprendere siti infrastrutturali collegati tra loro all\' interno di un\' area delimitata", come indicato dall\'art. 183 del citato decreto.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE



Composta dagli ill. mi signori:


Dott. Enrico Altieri Presidente
1. Dott. Franco Mancini Consigliere
2. Dott. Carlo M. Grillo Consigliere
3. Dott. M.Silvia Sensini Consigliere
4. Dott. Giulio Sarno Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sui ricorsi proposti da
- CASTELLI GIANCARLO, nato a Genzano di Roma il 15/2/1945, e

- D\'AMICO LEOPOLDO, nato a Roma il 17/7/1955,
avverso l\'ordinanza del 13/7/2007 pronunciata dal Tribunale di Roma.
- Sentita la relazione fatta dal cons. Carlo M. Grillo;
- sentite le conclusioni del P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Gioacchino Izzo, con le quali chiede il rigetto dei ricorsi;
- sentito i difensori, avv. G. Zuppo e A. Andreozzi, che insistono per l\'accoglimento degli stessi;


la Corte osserva:


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE


• L\' 11/4/2007 la sezione di p.g. presso la Procura della Repubblica di Velletri effettuava il sequestro preventivo d\'iniziativa - ex art. 321, comma 3 bis, c.p.p. - di un\'area comunale, delimitata da recinzione metallica con cancello, sita in Genzano (via Montegiove, 125), adibita a centro raccolta rifiuti ingombranti e gestita dall\' "AMA Servizi Ambientali s.r.l." senza le prescritte autorizzazioni.
• Con provvedimento 20/4/2007, il G.I.P. di Velletri, su istanza del competente P.M., convalidava il detto sequestro ed emetteva decreto ex art. 321, comma 1, c.p.p., ipotizzando nei confronti di D\'Amico Leopoldo, amministratore delegato della menzionata società, e Castelli Giancarlo, dirigente comunale responsabile del settore ambiente e smaltimento rifiuti, il reato di cui agli artt. 110 c.p., 208 e 256, comma 1 lett. a) e b), d. l.vo n. 152/2006, per concorso nella realizzazione e gestione di un centro di raccolta rifiuti (pericolosi e non pericolosi) senza autorizzazione regionale.
• Gli interessati non presentavano istanza di riesame di tale provvedimento, ma la difesa D\'Amico ne chiedeva la revoca, qualificando l\'attività posta in essere dall\'AMA come "deposito temporaneo di rifiuti", non rientrante quindi in quella di gestione e smaltimento degli stessi e pertanto non sottoposta alla relativa disciplina.
• Il G.I.P. di Velletri, condividendo l\'assunto difensivo, nonostante il contrario parere del P.M., accoglieva l\'istanza e, con provvedimento 15/5/2007, disponeva il dissequestro dell\'area in questione.
• Contro questo provvedimento il Procuratore della Repubblica di Velletri proponeva appello -ex art. 322 bis c.p.p.- che Tribunale di Roma, con la gravata ordinanza 13/7-4/8/2007, accoglieva, disponendo nuovamente il sequestro preventivo della menzionata area. Secondo i giudici di appello, invero, il consolidato ed univoco orientamento giurisprudenziale di legittimità considera le c.d. eco-piazzole, destinate alla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, dei "centri di stoccaggio", attività preliminare a quelle di smaltimento o recupero, necessitanti quindi della prescritta autorizzazione.
• Ricorrono per cassazione, con due separati atti, Castelli Giancarlo e D\'Amico Leopoldo, a mezzo dei rispettivi difensori, chiedendo l\'annullamento dell\'ordinanza impugnata. Entrambi i ricorrenti deducono la violazione della legge penale (ex art. 606, co. 1 lett. \'b\', c.p.p.), in particolare la violazione e falsa applicazione degli artt. 256 e 208 d.l.vo n. 152/2006 in relazione all\'art. 183, co. 1 lett. d), e), f), g), 1) dello stesso decreto. I1 Castelli, inoltre, lamenta in subordine la violazione degli stessi articoli in relazione alle lett. i) ed m) del citato art. 183, e comunque la violazione dell\'art. 125, co. 3, c.p.p. per motivazione omessa o solo apparente.
Rileva, infatti, che il citato art. 183 distingue le operazioni di "raccolta", "smaltimento" e "stoccaggio" dei rifiuti, ed è proprio la raccolta quella effettuata dall\'AMA nel caso in esame, che dunque precede le altre operazioni. Comunque, a suo avviso, potrebbe configurarsi anche "deposito temporaneo", come tale esentato dalla specifica autorizzazione, ben potendo coincidere con l\'intero territorio comunale il "luogo di produzione dei rifiuti". Il ricorrente D\'Amico, dopo aver precisato che l\'AMA agisce nel rispetto dell\'ambiente, procedendo alla raccolta differenziata dei rifiuti per avviarli a differenti filiere di riciclaggio, evidenzia che per la gestione preliminare degli RSU sono utilizzate due tipi di isole ecologiche o ecopiazzole: quelle "di mero conferimento" e quelle "con pretrattamento o gestione"; nelle prime gli utenti conferiscono i RSU domestici ingombranti in appositi contenitori predisposti per categorie omogenee, mentre le seconde sono aree custodite ed accessibili ad orari prestabiliti dove si effettuano operazioni di cernita, smontaggio e recupero parti. Evidente, quindi, che l\'eco-piazzola di mero conferimento, quale quella per cui si procede, si sostanzia in un "deposito temporaneo" di rifiuti nel luogo in cui sono prodotti, dovendosi considerare tale il Comune di Genzano giacché i rifiuti sono prodotti dai residenti nel territorio comunale. Tale attività di semplice "raggruppamento di rifiuti" nulla ha a che vedere con lo "stoccaggio" o col "deposito preliminare", che rientrano nell\'attività di smaltimento o di recupero (gestione) di rifiuti.


• All\'odierna udienza camerale, il P.G. e i difensori concludono come sopra riportato.


• I ricorsi, che comunque hanno ad oggetto la sola sussistenza del fumus commissi delicti, non meritano accoglimento.

In tema di sequestro preventivo - è incontroverso la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte del Tribunale e di questa Corte, non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito, dovendosi limitare alla verifica della compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legate ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria dell\'antigiuridicità penale del fatto (SS.UU., 7 novembre 1992, Midolini), ne sono estensibili alle misure cautelari reali le condizioni generali per l\'applicabilità di quelle personali, indicate nell\' art. 273 c.p.p., per cui è preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla gravità di essi ed alla colpevolezza dell\' indagato (SS.UU., 23 aprile 1993, Gifuni).

Ciò premesso, è altrettanto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che l\'attività di gestione dei rifiuti operata dal Comune nelle cosiddette "piazzole ecologiche" o "ecopiazzole", ove i rifiuti vengono conferiti dai cittadini in modo differenziato, configura un deposito preliminare in vista dello smaltimento o una messa in riserva in vista del recupero, con la conseguente necessità della preventiva autorizzazione, la cui mancanza configura il reato ora previsto dall\'art. 256, comma primo, d. l.vo n. 152/2006.
Si è anche concordemente affermato che detta attività di raccolta differenziata non è qualificabile in termini di deposito temporaneo, atteso che l\'intero territorio comunale non può considerarsi "luogo di produzione dei rifiuti" di tutti i cittadini, ma questo "si estende al massimo sino a ricomprendere siti infrastrutturali collegati tra loro all\'interno di un\'area delimitata", come indicato dall\'art. 183 del citato decreto. (Cass. Sez. III, 18 luglio 2005, n. 26379, PM/Zunino; 28 settembre 2005, n, 34665, Rigetti; 12 dicembre 2005, n. 45084, Marino; 26 gennaio 2007, n. 10259, Zito).
Per quanto concerne le motivazioni che hanno portato all\'univoco orientamento giurisprudenziale di legittimità sopra richiamato, apparendo pleonastico ripeterle, si rinvia alle analitiche argomentazioni contenute nelle decisioni sopra indicate.
Nella fattispecie in esame, poi, c\'è qualcosa in più.
Come evidenziato dal P.M. di Velletri e documentato in atti, nell\'area sequestrata sono stati rinvenuti rifiuti di ogni genere e specie, anche pericolosi, per cui appare ulteriormente non ravvisabile la prospettata ipotesi del deposito temporaneo, tenute presenti le condizioni prescritte per la configurabilità dello stesso dall\'art. 183, lett. m) del testo unico ambientale, che non risultano rispettate nella fattispecie in esame. Sul punto peraltro saranno certamente necessarie più approfondite indagini per sgombrare il campo da possibili equivoci, chiarendo i termini della situazione oggettiva.
Pertanto, alla luce delle esposte considerazioni e ribadito il pacifico principio per cui anche i Comuni, quantunque investiti istituzionalmente dell\'obbligo di provvedere alla raccolta ed allo smaltimento di rifiuti urbani, devono operare nella piena osservanza della normative in materia, ritiene il Collegio condivisibile l\'assunto del Tribunale circa la sussistenza del fumus del reato ipotizzato, donde la legittimità della disposta misura cautelare.


P.Q.M.


la Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.