Consiglio di Stato Sez. VI n. 483 del 22 gennaio 2025
Rifiuti.Onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti e curatela fallimentare
Ricade sulla curatela fallimentare l’onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti di cui all’art. 192 d.lgs. n. 152-2006, gravando sulla massa fallimentare i relativi costi. In questo senso, la presenza dei rifiuti in un sito industriale e la posizione di detentore degli stessi, che il curatore fallimentare acquisirebbe al momento della dichiarazione di fallimento, innestano la legittimazione passiva della stessa curatela agli obblighi di sgombero. Il principio “chi inquina paga” non vale ad esonerare la curatela fallimentare dagli obblighi anzidetti. La curatela fallimentare, che ha la custodia dei beni del fallito, tuttavia, anche quando non prosegue l'attività imprenditoriale, non può evidentemente avvantaggiarsi dell'esimente di cui all'art. 192, lasciando abbandonati i rifiuti risultanti dall'attività imprenditoriale dell'impresa cessata. Nella qualità di detentore dei rifiuti, sia secondo il diritto interno, ma anche secondo il diritto comunitario (quale gestore dei beni immobili inquinati), il curatore fallimentare è perciò senz'altro obbligato a metterli in sicurezza e a rimuoverli, avviandoli allo smaltimento o al recupero.
Pubblicato il 22/01/2025
N. 00483/2025REG.PROV.COLL.
N. 03280/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3280 del 2021, proposto da
Fallimento Itam International S.a.s. di Nerina Filippone & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Dal Molin, Joseph Brigandi', con domicilio eletto presso lo studio Alessandro Dal Molin in Roma, viale Bruno Buozzi 49;
contro
Comune di Pioltello, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Marelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Luciano Manara n. 17;
nei confronti
Comando Legione Carabinieri Lombardia, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione Quarta, n. 2464/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pioltello;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 6 novembre 2024 il Cons. Roberta Ravasio, in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams";
Uditi per le parti gli avvocati Joseph Brigandì e Alberto Marelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con sentenza n. 2464 del 9 dicembre 2020 il TAR per la Lombardia ha parzialmente accolto il ricorso presentato da Fallimento Itam International S.a.s. di Nerina Filippone & C (in prosieguo solo “Fallimento Itam”) per l’annullamento dell’ordinanza sindacale n. 15/2019 del 5 novembre 2019, con la quale il Comune di Pioltello ha ordinato ad esso Fallimento, in qualità di proprietario dell’area meglio identificata al catasto urbano di Pioltello al foglio 9 mappali n. 38 sub 1 graffato con 174 e 175, n. 38 sub 2: (i) la rimozione dei rifiuti ivi abbandonati, da attuarsi secondo la normativa vigente e pertanto procedendo alla caratterizzazione degli stessi assegnando i codici CER opportuni e individuando gli smaltitori opportuni e l’attuazione di misure di prevenzione finalizzate ad impedire potenziali inquinamenti del suolo e della falda; (ii) l’attuazione di forme di presidio tali da impedire l’accesso ad estranei; (iii) la disinfestazione da topi e ratti; (iv) la messa in atto di un programma di controllo e manutenzione dei manufatti contenenti amianto o la loro rimozione; (v) la messa in sicurezza degli edifici con potenziale pericolo di crollo delle controsoffittature dei capannoni e degli ex uffici.
2. L’indicata ordinanza trae origine dalla relazione della Legione Carabinieri Lombardia in data 19 giugno 2019 dalla quale era emersa, presso la suddetta area, la presenza di rifiuti abbandonati di vario genere, oltre che di topi e ratti, nonché dalla comunicazione delle relazioni ATS e ARPA al Comune di Pioltello per il procedimento di competenza.
3. A seguito dell’impugnazione del predetto provvedimento sindacale da parte del Fallimento Itam il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, con la sentenza in epigrafe indicata, accoglieva parzialmente il ricorso limitatamente all’«attuazione di forme di presidio tali da impedire l’accesso ad estranei», alla «disinfestazione da topi e ratti», oltre che la «messa in sicurezza degli edifici con potenziale pericolo di crollo».
4. Avverso la predetta sentenza, il Fallimento Itam ha interposto il presente appello.
5. Il Comune di Pioltello si è costituito in giudizio per resistere all’impugnazione.
6. In occasione della camera di consiglio del 6 maggio 2021 il Collegio ha respinto la domanda cautelare proposta dall’appellante per la sospensione della sentenza di primo grado.
7. La causa è stata, infine, chiamata all’udienza straordinaria del 6 novembre 2024, in occasione della quale è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
8. Con il primo motivo di appello si censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto il Fallimento Itam proprietario dell’immobile e irrilevante, in giudizio, la posizione di Gepar s.r.l.
In particolare, l’odierno appellante, nel ricostruire le vicende che hanno riguardato la proprietà del sito, osserva che la società Itam è stata proprietaria dell’area fino al 22.04.2005, data in cui è avvenuta la cessione a favore della società Prima C.M. S.r.l. Con sentenza n. 14287 del 9 luglio 2012, il Tribunale di Roma dichiarava inefficace, ex art. 64 L.F., l’indicato atto di cessione, ritenuto simulato.
8.1. L’appellata sentenza ha respinto la censura riguardante la proprietà del fondo, interessato dalla presenza di rifiuti, sul rilievo che “La sentenza ex art. 64 R.D. 267/1942 riportava l’immobile oggetto di causa nell’attivo del Fallimento ITAM, rendendo inefficace ogni alienazione dello stesso da parte del soggetto fallito. In virtù della statuizione in tal senso resa dal Tribunale di Roma, è dunque evidente la non contestabilità della posizione di proprietario in capo al Fallimento odierno ricorrente. L’alienazione posta in essere da ITAM nei confronti di Prima CM S.r.l., e quella successivamente effettuata da quest’ultima società in favore di Gepar Immobiliare S.r.l. sono infatti inopponibili al Fallimento medesimo, che resta titolare del diritto dominicale. …Quanto alla posizione di Gepar S.r.l., peraltro irrilevante nel presente giudizio, è appena il caso di precisare che la sentenza di revocazione veniva adottata anche nei confronti di tale società, parte nel relativo
Giudizio..”
8.2. Secondo l’appellante la statuizione in esame sarebbe erronea. Ai sensi dell’art. 1415 c.c., la simulazione non può essere opposta ai terzi che hanno acquistato in buona fede dal titolare apparente se la domanda di simulazione non è stata trascritta prima dell’acquisto; per tale ragione il soggetto titolare del diritto dominicale sull’area risulterebbe essere Gepar Immobiliare s.r.l., poi fusa per incorporazione nella Codecu Immobiliare s.r.l., la quale in data 15.12.2005 ha acquistato l’area dalla società Prima C.M. S.r.l.
A supporto di tale tesi, parte appellante osserva, inoltre, che in data 17.09.2019 il Comune ha inviato la comunicazione di avvio del procedimento anche a Gepar Immobiliare s.r.l. Sotto il profilo processuale, invece, la sentenza del Tribunale di Roma ha fatto salve le alienazioni perfezionate tra Prima C.M., Gepar s.r.l. e A.R.M.A. sas donde sarebbe escluso che la proprietà sia mai ritornata in capo al Fallimento, tanto che lo stesso ha agito nei confronti di Gepar per ottenere la declaratoria di nullità -ex artt. 1345 c.c.- o di inefficacia -ex art. 66 l.f. e 2901 c.c.- del contratto di compravendita stipulato con Prima C.M. in data 15 dicembre 2005, risultando il predetto giudizio tuttora pendente.
Secondo l’appellante rileverebbe anche la sentenza n. 14697 del 21 settembre 2021 con la quale il Tribunale di Roma, accogliendo l’azione revocatoria ordinaria esperita dal Fallimento, ha dichiarato inefficaci nei confronti della procedura concorsuale: (i) il contratto di compravendita del 15 dicembre 2005, stipulato da Prima C.M. s.r.l. e Gepar Immobiliare s.r.l.; e (ii) il contratto di compravendita del 24 novembre 2005 stipulato tra la Prima C.M. s.r.l. e A.R.M.A. di Marchetto Adriano & C. S.A.S. Con sentenza della Corte di Appello di Roma n. 4352/2024 del 19 giugno 2024, di rigetto delle impugnative la sentenza n. Tribunale di Roma 14697/2021 è passata in giudicato e, per l’effetto, l’appellante Fallimento è stato riconosciuto proprietario dell’immobile de quo.
8.3. La censura è infondata.
8.3.1. Ai fini che rilevano in questa sede, occorre chiarire la titolarità del diritto di proprietà dei beni interessati dall’ordinanza sindacale al tempo in cui questa è stata adottata.
8.3.2. Ebbene, come correttamente osservato dal T.A.R., assume ruolo fondamentale la sentenza n. 14287/2012 ex art. 64 R.D. 267/1942 che ha reso inefficace l’alienazione effettuata dalla società Itam nei confronti di Prima C.M. s.r.l. in quanto frutto di una simulazione: per effetto di tale pronuncia il fondo, oggetto del trasferimento, è stato riacquisito al patrimonio del Fallimento della società Itam. Contrariamente a quanto sostiene l’appellante, la sentenza citata, che ha definito solo parzialmente il giudizio, ha disposto un proseguimento dell’istruttoria per verificare la mancanza di buona fede della società acquirente ex art. 1415 c.c. (rinvio a pagg. 7 e ss. della sentenza n. 14287/2012).
8.3.3. Nelle more è intervenuta l’ordinanza sindacale n. 15/2019 del 5 novembre 2019, che deve ritenersu correttamente notificata all’odierno appellante alla luce di quanto segue.
8.3.4. In data 30.09.2017 la società Gepar Immobiliare S.r.l. si é estinta e il Fallimento Itam non ha prodotto alcun documento idoneo a confermare la pendenza di una controversia con Gepar ai fini della titolarità della proprietà sui beni interessanti dall’ordinanza sindacale.
8.3.5. Il Comune, inoltre, riferisce di un contratto di locazione che ha ad oggetto i menzionati beni a favore della Tailor s.p.a. e la sentenza n. 12 del 22822 ha condannato tale società a restituire i beni al Fallimento Itam: tale sentenza non è stata prodotta in giudizio, ma la circostanza non è stata contestata dal Fallimento Itam.
8.3.5. Nel giudizio d’appello, infine, il Comune ha prodotto documentazione che dimostra che il Fallimento, con avviso di vendita del 12 gennaio 2024, ha messo all’asta pubblica i beni oggetto dell’ordinanza ( doc.2 e 3 depositati il 25 settembre 2024), tra cui anche il fondo oggetto dell’ordinanza impugnata.
8.3.6. Sulla base di quanto dedotto dal Comune, risulta inconferente il riferimento che parte appellante fa alla sentenza n. 14697 emessa dal Tribunale di Roma in data 21 settembre 2021, confermata dalla sentenza della Corte di Appello di Roma n. 4352/2024 del 19 giugno 2024, per effetto della quale è stato dichiarato inefficace nei confronti della procedura concorsuale il contratto di compravendita 15 dicembre 2005, stipulato tre Prima C.M. s.r.l., e Gepar Immobiliare s.r.l.: la tesi di parte appellante, secondo cui solo con detta sentenza il Fallimento sarebbe tornato nella disponibilità del fondo per cui è causa, è smentita dalla circostanza che lo stesso Fallimento, prima che fosse pubblicata la sentenza citata della Corte di Appello di Roma, ha indetto l’asta pubblica per i beni di cui afferma di non essere proprietario.
8.4. In definitiva, il primo motivo d’appello è infondato.
9. Il secondo e il terzo motivo di appello possono essere esaminati congiuntamente.
9.1 Con il secondo motivo di appello si censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto che con l’ordinanza impugnata è stata legittimamente imposta al Fallimento l’attuazione di forme di presidio tali da impedire l’accesso ad estranei, la disinfestazione da topi e ratti e la messa in sicurezza degli edifici con potenziale pericolo di crollo.
9.1.1. Secondo l’appellata sentenza si tratta di misure che il Sindaco non avrebbe potuto ordinare seguendo procedure ordinarie e che, tuttavia, erano necessarie tenuto conto della instabilità della struttura e della necessità di preservare la salute collettiva.
9.1.2. Deduce l’appellante che il Comune avrebbe dovuto ricorrere agli strumenti tipici disciplinati dall’ordinamento per disporre l’inagibilità e lo sgombero degli immobili in questione ai sensi degli artt. 222 del Regio Decreto n. 1265/1934 e 26 del D.P.R. n. 380/2001, nonché all’ordine in capo ai terzi responsabili di inibire l’accesso ad aree e immobili inagibili ex artt. 50 e 54 d.lgs. n. 267/2000.
9.2. Con il terzo motivo di appello si censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto che il Comune può imporre al possessore dell’immobile gli adempimenti necessari senza individuare il soggetto effettivamente responsabile.
9.2.1. In particolare, il Fallimento Itam non essendo mai rientrato nella disponibilità del bene non sarebbe in grado di porre in essere gli adempimenti richiesti dall’ordinanza sindacale.
9.2.2. Sotto altro profilo, verrebbe in rilievo un’erronea applicazione del principio di derivazione eurounitaria “chi inquina paga”, che imponeva al Comune di accertare l’effettivo responsabile, invece di limitarsi a notificare al Fallimento l’ordinanza sulla base della proprietà e del possesso dell’area, circostanze entrambe insussistenti per parte appellante.
9.2.3. Infine, secondo l’appellante il destinatario del provvedimento in esame non potrebbe essere la curatela fallimentare, nei cui confronti non sarebbe ravvisabile un fenomeno di successione negli obblighi di ripristino.
9.3 Le censure così articolate non meritano accoglimento.
9.3.1. Preliminarmente occorre richiamare la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 2021, la quale ha chiarito che ricade sulla curatela fallimentare l’onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti di cui all’art. 192 d.lgs. n. 152-2006, gravando sulla massa fallimentare i relativi costi. In questo senso, la presenza dei rifiuti in un sito industriale e la posizione di detentore degli stessi, che il curatore fallimentare acquisirebbe al momento della dichiarazione di fallimento, innestano la legittimazione passiva della stessa curatela agli obblighi di sgombero.
9.3.2. Il principio “chi inquina paga” non vale ad esonerare la curatela fallimentare dagli obblighi anzidetti, avendo l’Adunanza Plenaria chiarito che “(…)La curatela fallimentare, che ha la custodia dei beni del fallito, tuttavia, anche quando non prosegue l'attività imprenditoriale, non può evidentemente avvantaggiarsi dell'esimente di cui all'art. 192, lasciando abbandonati i rifiuti risultanti dall'attività imprenditoriale dell'impresa cessata. Nella qualità di detentore dei rifiuti, sia secondo il diritto interno, ma anche secondo il diritto comunitario (quale gestore dei beni immobili inquinati), il curatore fallimentare è perciò senz'altro obbligato a metterli in sicurezza e a rimuoverli, avviandoli allo smaltimento o al recupero.”.
9.3.3. Quanto, infine, agli strumenti indicati dall’appellante, che il Sindaco avrebbe potuto attivare in via alternativa, il Collegio rileva che si tratta, in sostanza, di provvedimenti che dispongono l’inagibilità di immobili: tale misura, tuttavia, deve ritenersi di per sé insufficiente a prevenire la penetrazione di persone all’interno della struttura inagibile, per cui si deve ammettere che il Sindaco, con ordinanza contingibile e urgente, possa disporre l’adozione di ulteriori misure, quando la pericolosità di uno stabile e/o quanto in esso si trova, possa mettere in pericolo l’incolumità pubblica.
9.4. Vanno dunque respinti anche il secondo e terzo dei motivi d’appello.
10. Con un ultimo motivo di appello si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto congruo il termine di quindici giorni per procedere all’esecuzione dell’attività.
Secondo parte appellante, il Comune avrebbe dovuto valutare che il destinatario dell’ordinanza è una procedura fallimentare, per tale ragione richiedendosi delle tempistiche più lunghe rispetto a quelle previste per una società in bonis.
10.1 La censura è infondata.
10.1.1. L’ordinanza sindacale n. 15 del 2019 ha infatti ordinato al curatore fallimentare di “presentare all’amministrazione scrivente il piano degli interventi corredato da un cronoprogramma tale da individuare le misure necessarie da attuare secondo un calendario che dia inoltre priorità alle misure di prevenzione e di eliminazione dei rischi maggiori che possano ledere nell’immediato la salute umana e l’ambiente e dare comunicazione dell’inizio e della fine degli interventi” soggiungendo che “ a tal fine sono assegnati 15 gg dalla notifica della presente per presentare il Piano degli Interventi”.
10.1.2. È evidente, pertanto, che l’amministrazione non ha preteso l’immediata esecuzione delle opere, atteso che il termine di 15 giorni è stato indicato solo per la presentazione del programma degli interventi.
11. In conclusione l’appello deve essere respinto.
12. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese relative al presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2024, celebrata in videoconferenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 87, comma 4 bis, c.p.a. e 13 quater disp. att. c.p.a., aggiunti dall’art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia”, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:
Oreste Mario Caputo, Presidente FF
Giovanni Sabbato, Consigliere
Sergio Zeuli, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere
Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore