Cons. Stato, Sez. VI, del 25 luglio 2012, n. 4240
Beni culturali. Estensione ambito di tutela.

È pienamente coerente con la funzione esercitata mediante gli strumenti apportati dal D.lgs. 42/2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio, che una particolare ampiezza della tutela si giustifica quando essa è applicata non in relazione ad un singolo immobile, ma in relazione ad un complesso il cui importante valore culturale si presenta in modo unitario, che acquista o accresce interesse in relazione alla percezione organica ed integrata nell’ambiente in cui è inserito. Per costante e condivisa giurisprudenza, più volte ribadita da questo Consiglio di Stato (per tutte, sez. VI, 6 giugno 2011, n. 3354) l’ampiezza dell’ambito spaziale nel quale si rende necessario il regime di tutela attiene alla stretta valutazione tecnica dell’Amministrazione preposta alla cura dei beni culturali, e che tale valutazione non è sottoposta al vaglio di legittimità del giudice, se non per motivi di illogicità estrinseca. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04240/2012REG.PROV.COLL.

N. 05561/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5561 del 2011, proposto da:

Bianchi Mario, rappresentato e difeso dagli avvocati Daniele Granara e Federico Tedeschini, presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, largo Messico, 7;

contro

Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Comune di Santa Margherita Ligure, non costituito in giudizio;

nei confronti di

Ditta Montanino s.r.l. in persone del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Federico Mazzetti, Antonino Bongiorno Gallegra e Daniele Rovelli, presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, piazza Capranica, 78;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE I n. 00751/2011, resa tra le parti, concernente dichiarazione di notevole interesse pubblico del complesso dell'abbazia della Cervara.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dei beni e le attività culturali e della ditta Montanino s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2012 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti gli avvocati Granara, Mazzetti e l'avvocato dello Stato Vitale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Il signor Mario Bianchi chiede la riforma della sentenza, in epigrafe indicata, con cui il Tribunale amministrativo della Liguria ha dichiarato inammissibile il ricorso da lui proposto avverso la determinazione in data 2 ottobre 2007 (rectius: 19 settembre 2 ottobre 2007, comunicata con nota del 2 ottobre 2007) del direttore regionale per i beni e le attività culturali e paesaggistici della Liguria, recante dichiarazione di notevole interesse pubblico del complesso, sito in Santa Margherita Ligure, costituito dall’abbazia della Cervara, “con chiesa, convento, giardino, rustico e pertinenze agricole”.

I) Espone il ricorrente di essere invalido portatore di handicap, comodatario dell’immobile di civile abitazione sito in Santa Margherita Ligure, via alla Cervara n. 9, contraddistinto al catasto urbano al foglio 12, mappali 209, 382 e 408, del quale sono proprietarie le sue figlie; che tale immobile, dove risiede con la famiglia, è raggiungibile per l’ultimo tratto solo pedonalmente attraverso la strada vicinale ad uso pubblico denominata “via superiore al Convento” o “via Gioacchino sopra il Convento”; di aver effettuato nel corso degli anni numerosi lavori di manutenzione e riordino di tale strada, in particolare nel tratto posto sui mappali 212, 213, onde consentire l’accessibilità dell’immobile in cui risiede anche mediante l’uso di carrozzine per portatori di handicap (tra le quali, oltre il ricorrente stesso, una sua nipote), e in particolare di aver realizzato una scalinata di accesso al primo tratto carrabile, regolarmente assentita dal Comune; di aver commissionato nel 2008 lavori di sistemazione del muretto di sostegno posto a monte della strada e di risistemazione del sedime pedonale; che in data 3 aprile 2009 il Comune ha ordinato la rimozione di tali opere con ripristino della via vicinale nelle dimensioni precedenti, asseritamente ampliate; che nel corso del giudizio instaurato dall’interessato davanti al Tribunale amministrativo della Liguria avverso tale provvedimento è intervenuta la dichiarazione di notevole interesse pubblico del complesso della Cervara, comprendente anche i mappali 212, 213 e la strada vicinale di cui trattasi.

Con ricorso straordinario al Capo dello Stato, poi trasposto davanti al Tribunale amministrativo della Liguria, il signor Bianchi ha chiesto l’annullamento anche di tale provvedimento, ma il ricorso è stato dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione e di interesse, dato che i mappali dei quali il ricorrente asserisce la proprietà non risultano inclusi tra quelli elencati nel provvedimento di imposizione del vincolo, e che i mappali in questione non risultano catastalmente intestati al ricorrente.

Di tale sentenza l’appellante deduce l’erroneità, dato che la propria legittimazione discende dall’inclusione dei mappali 212 e 213 tra quelli considerati dal provvedimento in questione come facenti parte del complesso dell’Abbazia, e che proprio su tali mappali, necessari a raggiungere la propria abitazione, egli ha provveduto ad effettuare numerosi interventi di sistemazione e manutenzione per consentire l’accesso mediante carrozzine per disabili. Esisteva quindi una qualificata situazione di possesso e/o detenzione del ricorrente su tali mappali; conseguentemente, ha errato il primo giudice nel non considerate la specifica lesione della posizione giuridica soggettiva differenziata che sorregge il ricorso.

Inoltre, il ricorrente è comproprietario o possessore e detentore, e, in ogni caso, principale utilizzatore del tratto di strada vicinale di cui trattasi che, pur esterna al complesso della Cervara, è stata inspiegabilmente compresa tra gli immobili da sottoporre a tutela, mentre dalla stessa relazione storico artistica della competente Soprintendenza si evince che il convento della Cervara è racchiuso dal perimetro murario delimitato da varie strade, tra le quali via Sopra il Convento.

L’appellante ripropone quindi le censure non esaminate dal primo giudice, relative, in sintesi, all’errata estensione ai mappali 212 e 213 e alla strada de qua del vincolo già interessante la chiesa e il convento (rispettivamente imposti il 4 marzo 1910 e il 14 aprile 1937), dato che tali immobili non facevano parte della proprietà già Assereto, la cui integrazione nel complesso della Cervara, secondo la relazione storico artistica allegata al provvedimento impugnato, costituisce la ragione dell’ampliamento stesso. Secondo il ricorrente, mappali 212 e 213 non erano parte della proprietà Assereto e non possiedono nessun interesse pubblico, come nessun interesse pubblico possiede la sottostante via Sopra il Convento, che fungeva da confine fisico del complesso; tali immobili, che non sono mai appartenuti al complesso considerato, non costituivano neppure pertinenza della chiesa e del convento, rispetto ai quali non vantano continuità organica e morfologica.

Deduce ancora l’appellante la violazione degli obblighi partecipativi imposti alla Soprintendenza dall’art. 14 comma 1 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, d’ora innanzi: Codice) in favore del proprietario, possessore o detentore, tale dovendosi considerare il ricorrente in quanto residente nell’immobile raggiungibile solo mediante la strada in discorso, e che invece non è stato messo in grado di rappresentare, ai sensi dell’art. 7 legge 7 agosto 1990, n. 241, l’inesistenza dei presupposti legittimanti il vincolo culturale.

Infine, il ricorrente ripropone la domanda di risarcimento del danno procuratogli dal provvedimento impugnato, domanda non esaminata dal primo giudice.

Si sono costituite in giudizio l’Amministrazione pubblica intimata e la s.r.l. Ditta Montanino, chiedendo la reiezione dell’appello che, chiamato all’odierna pubblica udienza, è stato trattenuto per la decisione.

II) Il provvedimento oggetto del giudizio di primo grado sottopone “a tutte le disposizioni di tutela di cui al d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42” l’insieme identificato come “Complesso dell’Abazia della Cervara con Chiesa, Convento, Giardino, Rustico e pertinenze agricole” in località Cervara a Santa Margherita Ligure, estendendo il regime disposto da tempo, con i decreti già citati, sulla “Chiesa e Convento”. La dichiarazione di interesse culturale particolarmente importante ai sensi dell’art. 10 comma 3 lettera a) del Codice è stata quindi rinnovata ai sensi dell’art. 128, con estensione all’intero complesso, catastalmente individuato, di tutte le disposizioni di tutela contenute nello stesso d.lgs. 42/2004.

I dati catastali riportati nel provvedimento evidenziano che l’area individuata come particolarmente importante è quella ricadente nei seguenti mappali del foglio NCEU 12: 199, 305 sub 1, 308 e del foglio NCT 12 i mappali 208, 212, 213, 215, 309, 310, 854, 855, 856, 858, 859, 860, 1094, 1095, 1096, 1097, 1099, 1137 e 1138, 1160, 1161.

L’area della quale l’appellante assume il possesso e/o la detenzione ricade nel mappali 209, 382 e 408 del foglio 12 del catasto urbano, ed è quindi estranea all’ambito di quelle interessate dalla dichiarazione in esame.

Il Tribunale amministrativo della Liguria, con la sentenza impugnata, ha tratto da tale circostanza la conseguenza dell’inammissibilità del ricorso, in quanto l’interesse dedotto in causa non è inciso dal provvedimento impugnato, dato che, come si è detto, il terreno del ricorrente non è incluso tra quelli oggetto del provvedimento, e che, inoltre, il ricorrente non risulta proprietario dello stesso.

III) Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esaminare la fondatezza delle censure svolte dall’appellante nei confronti della decisione su tale questione preliminare, dal momento che il provvedimento impugnato è immune dai vizi evidenziati con il ricorso, riproposti con l’appello.

Non sussiste, innanzitutto, il vizio di violazione delle norme di tutela, che l’appellante deduce in riferimento all’estensione dell’ambito della dichiarazione ai mappali 212 e 213, a suo dire estranei al complesso della Cervara.

Al riguardo, è dirimente la considerazione che, per costante e condivisa giurisprudenza, più volte ribadita da questo Consiglio di Stato (per tutte, sez. VI, 6 giugno 2011, n. 3354) l’ampiezza dell’ambito spaziale nel quale si rende necessario il regime di tutela attiene alla stretta valutazione tecnica dell’Amministrazione preposta alla cura dei beni culturali, e che tale valutazione non è sottoposta al vaglio di legittimità del giudice, se non per motivi di illogicità estrinseca, che qui non vengono in evidenza.

Anche, quindi, a voler concedere l’estraneità dei mappali n. 212 e n. 213 all’ambito della proprietà già Assereto, secondo le deduzioni dell’appellante, non ne deriverebbe l’illegittimità del provvedimento impugnato, posto che la valutazione che sta alla base dell’estensione del vincolo è del tutto congruente con quanto evidenziato nella relazione allegata al provvedimento stesso, secondo la quale il sistema delle pertinenze retrostanti al nucleo centrale della Cervara “costituisce un unicum indissolubile con l’edificio principale”, inserito in una vasta area che presenta un’evidente situazione morfologica derivata da operazioni di dissodamento e adattamento all’uso agricolo, in continuità organica con le porzioni di fondo tuttora utilizzate come giardino dell’ex convento. L’interesse per l’intero comparto scaturisce proprio, secondo la Soprintendenza, dal “risultare un elemento superstite dell’originario insediamento benedettino che vedeva la sua esistenza nella duplice attività di preghiera e lavoro agricolo”. E, se è vero che il perimetro del complesso, come già, per la parte che qui interessa, la proprietà Assereto, è racchiuso “dal mare e con le attuali strade vicinali via Sopra il Convento e via Villa Punta”, non da ciò deriva l’illegittimità dell’estensione della tutela ai mappali 212 e 213 e alla via Sotto il Convento, ad essi adiacente. La valutazione che a tale estensione si ricollega (alla quale non è sovrapponibile una diversa valutazione di merito da parte del giudice), si rivela, sotto profili estrinseci, del tutto adeguata, congrua, ragionevole e proporzionata ai valori espressi sul territorio dal bene che si intende tutelare, costituito non solo dai manufatti già vincolati, ma anche dalla cornice in cui essi sono inseriti.

È infatti pienamente coerente con la funzione esercitata mediante gli strumenti apportati dal Codice che una particolare ampiezza della tutela si giustifica quando essa è applicata non in relazione ad un singolo immobile, ma in relazione ad un complesso il cui importante valore culturale si presenta in modo unitario, che acquista o accresce interesse in relazione alla percezione organica ed integrata nell’ambiente in cui è inserito. E, poiché l’estensione dell’ambito di tutela è, come si è detto, diretta espressione delle valutazioni proprie dell’Amministrazione, ne viene che queste stesse valutazioni non sono soggette al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, se non nei ristretti limiti che si sono ricordati e che, nel caso di specie, escludono l’illegittimità della dichiarazione per tutte le aree considerate dalla Soprintendenza, indipendentemente dalla inclusione o meno nella proprietà già Assereto.

IV) Anche il secondo motivo del ricorso, concernente l’omissione degli obblighi partecipativi imposti dall’art. 14, comma 1, del Codice, è infondato.

Tale norma determina quali destinatari della comunicazione ivi prevista il proprietario, il detentore e il possessore dell’area destinata ad essere sottoposta alle misure di tutela, e il ricorrente non è titolare di alcuna di tali relazioni con alcuno dei mappali considerati nel provvedimento impugnato, come si è già osservato.

La proprietà di altri mappali, l’accesso ai quali, secondo quanto egli asserisce, è consentito solo attraverso la via ora sottoposta a tutela, se può considerarsi utile a fondare la legittimazione a contestare il provvedimento impugnato (in quanto enuclea una posizione soggettiva distinta da quella del quisque de populo), tuttavia non ne consolida la titolarità a pretendere la partecipazione al procedimento di cui trattasi, che è ristretta dalla norma ad una ben determinata categoria di relazioni specificate ed esattamente e tecnicamente qualificate con le cose considerate portatrici dell’interesse culturale degno di tutela.

A ciò deve essere aggiunto (ed è considerazione conclusiva) che l’interesse dedotto in ricorso, relativo alla possibilità di eseguire o mantenere interventi per consentire la mobilità anche a portatori di handicap sulle aree in discorso, non è represso dalla dichiarazione relativa all’intero complesso considerato dalla Soprintendenza, ma ne impone, ai sensi degli artt. 21 e seguenti del Codice, la previa valutazione di compatibilità con le ragioni di tutela, e la conseguente armonizzazione con le varie esigenze, innanzitutto pubbliche, e poi private, che sul territorio trovano espressione.

V) In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

Le spese del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo respinge e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado.

Condanna l’appellante a rifondere al Ministero resistente le spese del doppio grado del giudizio, nella misura di 6.000 (seimila) euro.

Compensa le spese nel confronti della Ditta Montanino s.r.l.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 25/07/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)