Il riciclaggio è un recupero finale di materiale

di Alessandro BIANCO e Massimo MEDUGNO

 

 

 

Il riciclaggio è un recupero finale di materiale.

 

Avv. Alessandro Bianco.

Avv. Massimo Medugno

  1. Premessa

La Decisione n. 753/2011 che istituisce regole e modalità di calcolo per verificare il rispetto degli obiettivi della nuova Direttiva Rifiuti n. 98/2008. La Decisione, nonostante il suo rilievo, è sostanzialmente passata inosservata.

Essa prevede all’art. 2 che “il peso dei rifiuti preparati per essere riutilizzati, riciclati o recuperati è determinato calcolando la quantità di rifiuti impiegati nella preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio finale o altri processi di recupero finale di materiale. Un’operazione preparatoria che precede il recupero o lo smaltimento di rifiuti non costituisce un’operazione finale di riciclaggio né un’altra operazione finale di recupero di materiale”.

Trattandosi del regolamento che disciplina le modalità di calcolo esso risponde alla chiara esigenza di individuare il punto dove porre il “contatore” del riciclaggio e del recupero.

E la Decisione, non a caso, fa espresso riferimento al “riciclaggio finale o altri processi di recupero finale di materiale”. Infatti, abbiamo visto sopra come addirittura una semplice ispezione del materiale sia più che sufficiente che avere un’operazione di recupero o come per recupero possa intendersi anche un pre-trattamento. Ecco perché la Decisione sopra citata fa riferimento al recupero finale del materiale o al riciclaggio finale (e cioè un “ruolo utile” nella sostituzione di altri materiali per la produzione di beni, oggetti e sostanze).

Se non fosse così si sarebbe veramente a fatica intendere in cosa consista la “Recycling Society”.

La pubblicazione della Decisione n. 753 ci offre una chiara occasione, dopo la pubblicazione della nuova Direttiva Rifiuti n. 98/2008 (che sostituisce la n. 75/442/CEE come modificata dalla 91/156/CE) e del suo recepimento a livello italiano, per fare il punto sulla definizione di riciclaggio alla luce dei cambiamenti normativi intervenuti.

E’ fondamentale iniziare dal significato di “recupero”.

 

  1. Il recupero secondo la Direttiva Rifiuti n. 98/2008.

La Direttiva Rifiuti 98/2008 si riferisce al “recupero” come ad una sorta di “ombrello” che ricomprende diversi tipi di operazioni. La Direttiva stabilisce una lista non esaustiva di tali operazioni di recupero nell’Allegato II. Tra di esse c’è, ovviamente, anche “R 5 Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche”.

 

 

Allegato II OPERAZIONI DI RECUPERO

 

R 1 Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia (*)

R 2 Recupero/rigenerazione dei solventi

R 3 Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio

e altre trasformazioni biologiche) (**)

R 4 Riciclaggio/recupero dei metalli e dei composti metallici

R 5 Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche (***)

R 6 Rigenerazione degli acidi o delle basi

R 7 Recupero dei prodotti che servono a ridurre l'inquinamento

R 8 Recupero dei prodotti provenienti da catalizzatori

R 9 Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli

R 10 Trattamento in ambiente terrestre a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia

R 11 Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R 1 a R 10

R 12 Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R 1 a R 11 (****)

R 13 Messa in riserva di rifiuti in attesa di una delle operazioni indicate da R 1 a R 12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti) (*****)

 

 

(*) Gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani sono compresi solo se la loro efficienza energetica è uguale o superiore a:

— 0,60 per gli impianti funzionanti e autorizzati in conformità della normativa comunitaria applicabile anteriormente al 1° gennaio 2009,

— 0,65 per gli impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008,

calcolata con la seguente formula:

Efficienza energetica = (Ep – (Ef + Ei))/(0,97 × (Ew + Ef))

dove:

Ep = energia annua prodotta sotto forma di energia termica o elettrica. È calcolata moltiplicando l’energia sotto forma di elettricità per 2,6 e l’energia termica prodotta per uso commerciale per 1,1 (GJ/anno)

Ef = alimentazione annua di energia nel sistema con combustibili che contribuiscono alla produzione di vapore (GJ/anno)

Ew = energia annua contenuta nei rifiuti trattati calcolata in base al potere calorifico netto dei rifiuti (GJ/anno)

Ei = energia annua importata, escluse Ew ed Ef (GJ/anno)

0,97 = fattore corrispondente alle perdite di energia dovute alle ceneri pesanti (scorie) e alle radiazioni.

La formula si applica conformemente al documento di riferimento sulle migliori tecniche disponibili per l’incenerimento dei rifiuti.

(**) Sono comprese la gassificazione e la pirolisi che utilizzano i componenti come sostanze chimiche.

(***) È compresa la pulizia del suolo risultante in un recupero del suolo e il riciclaggio dei materiali da costruzione inorganici.

(****) In mancanza di un altro codice R appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti al recupero, incluso il pretrattamento come, tra l'altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l'essiccazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la separazione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R 1 a R 11.

(*****) Il deposito temporaneo è il deposito preliminare a norma dell'articolo 3, punto 10.

 

Ad integrazione della lista la nota (****) aggiunge all’operazione R 12 (si veda il box) esempi di operazioni di pre-trattamento.

Essa testualmente così recita: “In mancanza di un altro codice R appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti ai recupero, incluso il pretrattamento come, tra l'altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l'essiccazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la separazione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R 1 a R 11.”

Si tratta di operazioni che sono tipicamente riferite ai settori della raccolta dei rifiuti e della selezione e che, ad esempio, vengono poste in essere prima dell’utilizzo dei materiali in vetreria, in cartiera e in acciaieria, dove avviene il ritrattamento vero e proprio degli stessi.

A ciò va aggiunto, inoltre, quanto previsto dal Considerando n. 22 della stessa Direttiva n. 98, che recita segue: “Per la cessazione della qualifica di rifiuto, l’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale.”

Pertanto, per il “legislatore comunitario”, affinché ci sia un’operazione di recupero una semplice ispezione del materiale è più che sufficiente. Più avanti, vedremo come questo Considerando trovi nel recepimento italiano una sua particolare declinazione 1.

Questa prima ricognizione sulle operazioni di recupero ci consente di apprezzarne la grande varietà e con questo bagaglio di approcciare la definizione di recupero comunitaria di ci all’art. 3 punto 15) della Direttiva Rifiuti n. 98/2008.

Secondo tale norma per recupero devono intendersi “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato II riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero.”

Viene confermato in buona sostanza che per recupero si intendono un ventaglio molto ampio di operazioni, che sintetizzando potremmo riassumere in due principali tipologie:

  • l’operazione il cui risultato è quello di svolgere direttamente un “ruolo utile” per sostituire altri materiali;

  • le altre operazioni per preparare ad assolvere la funzione di cui al punto precedente (ad esempio, si pensi alle operazioni di pre-trattamento (si veda la nota (****) all’operazione R 12, tipiche dei settori della raccolta dei rifiuti e della selezione).2

 

  1. Il riciclaggio

Il successivo punto 18), sempre dell’art. 3 della Direttiva n. 98, definisce il “riciclaggio “ come “qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il ritrattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento;”

E’ la “nostra definizione”, che oggi si vuole verificare alla luce dei cambiamenti intervenuti.

In successione troviamo i tre concetti essenziali:

  • “qualsiasi operazione di recupero”;

  • “materiali di rifiuto”;

  • “ritrattati”.

Esaminiamoli uno alla volta:

“Qualsiasi operazione di recupero”: il fatto che sia preceduto dall’aggettivo “qualsiasi” enfatizza ancora di più la varietà del significato di recupero. Essa individua il caso in cui l’operazione in sè conduca direttamente al risultato e cioè quello di “svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali” (si veda la definizione di recupero di cui sopra). Ma vi può essere anche il caso in cui ci debba essere (prima del “ruolo utile”) una preparazione dei materiali di rifiuto (“per prepararli ad assolvere tale funzione”, si veda sempre la stessa definizione di recupero).

“Materiali di rifiuto”: va precisato che la nozione di riciclaggio viene introdotta proprio con la Direttiva Rifiuti n. 98/08. Nelle precedenti Direttive Rifiuti, la n. 442/75 e, da ultimo, la n. 156/91 il legislatore fa delle affermazioni piuttosto generiche in materia: ad esempio “il recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo (…) (art. 3 Direttiva n. 156/91) facendo sempre riferimento al rifiuto e senza definire la nozione di riciclaggio. Nella Direttiva n. 98, invece, la (nuova) definizione di riciclaggio non fa riferimento al solo “rifiuto”, ma ai “materiali di rifiuto”. La stessa espressione viene usata anche nella Direttiva Imballaggi n. 62/94. Anzi, più precisamente, nella Direttiva Imballaggi si fa riferimento ai “materiali da rifiuto”. Per la precisione, nell’art. 3 della Direttiva citata, la nozione di riciclaggio, viene individuata come “il ritrattamento in un processo di produzione dei materiali di rifiuti per la loro funzione originaria o per altri fini, compreso il riciclaggio organico ma escluso il recupero di energia.”

“Ritrattati”: nella Direttiva non troviamo la puntualizzazione del termine, peraltro già usato nella Direttiva Imballaggi come vedremo più avanti.

Non c’è la definizione di “ritrattamento”, ma al punto 14), sempre dell’art. 3, troviamo il concetto di «trattamento» inteso come l’”operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento”.

Per intendere meglio il concetto di “ritrattati” dobbiamo necessariamente far nuovamente riferimento all’art. 3 della Direttiva Imballaggi sopra riportato.

Il termine “ritrattamento”, quindi, sta a significare che i materiali di rifiuto devono essere trattati in modo tale da riportarli nuovamente allo stato in cui si trovavano prima di diventare rifiuti di imballaggio. Tale processo quindi deve rendere i materiali nuovamente utilizzabili per la loro funzione originaria o per un altro fine.

Un aspetto fondamentale è che il ritrattamento avviene in un “processo di produzione”. Esso consiste nel fatto che con un certo impiego di mezzi di produzione e di energia uno o più materiali di partenza vengono trasformati o combinati tra loro in modo tale da ottenere alla fine un nuovo prodotto.

Proprio l’ottenimento di un nuovo prodotto è un altro aspetto caratterizzante.

E dall’esame della definizione di “riciclaggio” emerge il “ruolo utile” svolto dal rifiuto nella sostituzione di altri materiali per la produzione di beni, oggetti e sostanze.

Detta definizione include anche i “materiali di rifiuto” (o “materiali da rifiuto” secondo la Direttiva Imballaggi) derivanti da un’operazione di recupero che precede il ritrattamento in un “processo di produzione” vero e proprio. Anche in questo caso, infatti, il rifiuto svolge un “ruolo utile” nella sostituzione di altri materiali per la produzione di beni, oggetti, ma ciò avviene attraverso un “trattamento” (ovvero un’operazione di recupero). Il trattamento, incidentalmente, può portare ad una diversa qualificazione del rifiuto che può diventare un “end of waste”.

Ma solo al termine del ritrattamento in un “processo di produzione” avremo conseguito il “ruolo utile” di ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini.

In questo modo la definizione di “riciclaggio” é coerente con la disciplina dell’EOW, End of Waste (si vedano anche le “pionieristiche” MPS - Materie Prime Secondarie - italiane). Peraltro, l’art. 6, comma 1 della Direttiva Rifiuti prevede che: “Taluni rifiuti specifici cessano di essere tali ai sensi (…), quando siano sottoposti a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio”

In buona sostanza il legislatore europeo ha inteso riferirsi al flusso dei rifiuti attraverso diversi operatori e passaggi nella catena di utilità, a condizione che ci sia un “ruolo utile” e cioè che si ottengano prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini .

A questo fine è esemplificativo il Considerando n. 29 “Gli Stati membri dovrebbero sostenere l’uso di materiali riciclati (come la carta riciclata) in linea con la gerarchia dei rifiuti e con l’obiettivo di realizzare una società del riciclaggio e non dovrebbero promuovere, laddove possibile, lo smaltimento in discarica o l’incenerimento di detti materiali riciclati.”.

Peraltro, secondo il Considerando n. 22 i criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale (EOW) “assicurano un livello elevato di protezione dell’ambiente e un vantaggio economico e ambientale” e precisa al Considerando n. 23 che “i quantitativi di rifiuti che hanno cessato di essere tali dovrebbero essere considerati rifiuti riciclati e recuperati quando sono soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero di tale legislazione”

Particolarmente importante il comma 1 dell’art. 11 della stessa Direttiva secondo il quale “Gli Stati membri adottano misure intese a promuovere il riciclaggio di alta qualità e a tal fine istituiscono la raccolta differenziata dei rifiuti, ove essa sia fattibile sul piano tecnico, ambientale ed economico e al fine di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i settori di riciclaggio pertinenti.”

Esso segnala, ammesso che ce ne sia bisogno, il forte collegamento tra la raccolta differenziata e i settori di riciclaggio pertinenti o, meglio, i settori industriali interessati.

Utile ricordare che l’art. 11 è anche quello che fissa gli obiettivi di riutilizzo e riciclaggio e invita gli Stati membri a adottare le misure necessarie “Al fine di rispettare gli obiettivi della presente direttiva e tendere verso una società europea del riciclaggio con un alto livello di efficienza delle risorse, (…)”.

A questo punto è evidente la “ratio” del meccanismo EOW, le cui ragioni fondanti sono:

  • stabilire criteri ambientali di alto livello per migliorare le prestazioni dei prodotti riciclati;

  • conseguentemente aumentare la fiducia dei consumatori nei confronti dei prodotti riciclati

  • infine, diminuire gli oneri superflui 3.

E diventa ancora più agevole leggere il Regolamento n. 1179 del 10 dicembre 2012 riguardante l’EOW per i rottami di vetro

 

Articolo 3

Criteri pertinenti ai rottami di vetro

I rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti allorché, all’atto della cessione dal produttore a un altro detentore, sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

1. i rottami ottenuti dall’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 1 dell’allegato I;

2. i rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 2 dell’allegato I;

3. i rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero sono stati trattati in conformità dei criteri di cui al punto 3 dell’allegato I;

4. il produttore ha rispettato i requisiti di cui agli articoli 4 e 5;

5. i rottami di vetro sono destinati alla produzione di sostanze od oggetti di vetro mediante processi di rifusione.

 

I rottami di vetro vengono “recuperati” attraverso la procedura di EOW e perdono la qualifica di rifiuto, per essere però destinati alla produzione di sostanze e oggetti di vetro mediante processi di rifusione.

Solo al momento della produzione di sostanze e oggetti di vetro mediante rifusione avremo conseguito l’obiettivo di ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini e contribuito al raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio. Un modo questo, rispetto al passato, con maggiori garanzie sotto il profilo ambientale, che consente ai consumatori di avere maggiore fiducia nei prodotti riciclati, evitando oneri superflui sotto il profilo dei processi di produzione.

 

  1. Il recepimento italiano

A questa prima parte dedicata alla normativa comunitaria, dobbiamo aggiungere una riflessione sulle stesse norme come recepite dall’ordinamento italiano con il DLgs n. 205/2010 (che ha recepito la Direttiva n. 98/2008, andando a modificare il DLgs n. 152/2006).

Innanzi tutto va esaminata la nozione di riciclaggio prevista dall’art. 183:

“u) «riciclaggio»: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento.”

Un primo commento è che la definizione di riciclaggio non riproduce quanto indicato nell’art. 3 della Direttiva 98/2008. Come di ricorderà l’art. 3 esplicita il fatto che il riciclaggio si riferisce ai “materiali di rifiuto” e quindi non solo ai rifiuti.

Per quanto riguarda, invece, la definizione di recupero, essa è senz’altro aderente a quella contenuta nella citata Direttiva n. 98.

Infatti, secondo l’art. 183 lett t) per “recupero” si intende “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale. L'allegato C della parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero.”

Anche nel recepimento italiano, sebbene manchi il riferimento ai “materiali” (di rifiuto), la definizione di “riciclaggio” non va intesa (e limitata) al “ruolo utile” svolto direttamente da un rifiuto nella sostituzione di altri materiali per la produzione di beni, oggetti e sostanze.

Essa riguarda anche l’operazione di recupero tramite la quale i “rifiuti”, ormai non più tali sono diventati EOW o MPS. Si tratta di materiali che sono stati trattati per migliorare il riciclaggio, in maniera credibile per i consumatori ed evitando oneri non necessari. Essi sono stati “rifiuti” ma per effetto del trattamento hanno assunto uno “status” giuridico che però non può essere reso estraneo rispetto “agli obiettivi della presente direttiva e tendere verso una società europea del riciclaggio con un alto livello di efficienza delle risorse, (…)” (art.11 Direttiva n. 98/2008).

E ciò si ottiene con il ritrattamento all’interno dei processi produttivi, con lo scopo di assolvere al “ruolo utile” di sostituire altri materiali ed ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini

Peraltro, proprio il DLgs n. 152/2006, con una disposizione esplicita, prevede che l’EOW possa essere computato negli obiettivi di riciclaggio.

Infatti l’art.184 ter, comma 4, così recita: “Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti.”

La norma corrisponde all’art. 6, comma 3 della Direttiva n. 98 citata. Secondo la dottrina la formulazione del legislatore italiano è più lineare. “In altre parole: gli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal Dlgs n. 209 del 2003, dal Dlgs n. 151 del 2005 e dal Dlgs n. 188 del 2008, potranno solo considerarsi raggiunti qualora un rifiuto, oltre ad aver soddisfatto il rispettivo criterio EOW, soddisfi anche i requisiti in materia di riciclaggio e e di recupero previsti dai predetti atti normativi citati al comma 3 dell’art. 184 ter”.4

 

Peraltro, il DM 5.2.1998 che disciplina le procedure semplificate per il recupero di materia di prima, prevede, ad esempio per il settore cartario, il recupero direttamente in cartiera come rifiuto o, sempre in cartiera, come materia prima secondaria. Le disposizioni che riguardano il recupero di materia prima nel settore della carta richiamano le norme tecniche UNI-EN 643.

Usata in tutta Europa essa è un punto di riferimento importante per classificare il macero sotto il profilo merceologico. Se si legge con attenzione la Lista stessa (nell’Introduzione e nello Scopo e Campo di Applicazione, pag. 1) è citato almeno tre volte il “riciclo” da parte dell’industria cartaria. Al punto 2.3 si fa riferimento a carte e cartoni “per essere riciclati” (pag. 2).

Sempre con riferimento al caso della carta si veda il DM 21.3.1973 che fa riferimento alle fibre di primo impiego e alle Materie fibrose cellulosiche provenienti da carte, cartoni e altri manufatti cartari 5.

 

  1. La Direttiva n. 62/94

Può essere utile verificare ancora se il concetto di riciclaggio come sopra delineato, sia coerente alla definizione di riciclaggio di cui all’art. 3, punto 7, della Direttiva n. 62/94 sugli Imballaggi e sui Rifiuti da Imballaggio.

L’art. 3, punto 7, individua i tre elementi fondamentali che qualificano una data operazione come operazione di riciclo: a) oggetto del riciclaggio sono i «materiali da rifiuto»; b) essi vengono ritrattati per la loro funzione originaria o per altri fini; c) il ritrattamento avviene in un processo di produzione.

Va evidenziato che nella definizione di riciclaggio in realtà non compare il concetto di rifiuto, bensì quello di materiale da rifiuto, il quale non si trova in nessun altro punto della Direttiva sugli imballaggi. E’ fin troppo ovvio che il riciclaggio riguarda i rifiuti.

Ma è altrettanto ovvio, ad avviso dello scrivente, che detti rifiuti al momento del loro riciclaggio possono non essere più rifiuti.6

Ciò appare confermato dalla nuova Direttiva Rifiuti.

Altrimenti perché introdurre il sistema dell’EOW? Per anticipare il riciclaggio al momento di un modesto trattamento o addirittura di una semplice ispezione?7

Come si è già visto sopra le motivazione dell’EOW sono quelle che i rifiuti siano trattati proprio per migliorare il riciclaggio, in maniera credibile per i consumatori ed evitando oneri non necessari.

Il termine “ritrattamento”, invece, sta a significare che i materiali di rifiuto devono essere trattati in modo tale da riportarli nuovamente allo stato in cui si trovavano prima di diventare rifiuti di imballaggio. Relativamente al terzo elemento, il «processo di produzione» consiste nel fatto che, con un certo impiego di mezzi di produzione e di energia, uno o più materiali di partenza sono trasformati o combinati tra loro in modo tale da ottenere alla fine un nuovo prodotto. I materiali di partenza possono essere sia materie prime sia semilavorati. Il nuovo prodotto si differenzia per un più elevato grado di elaborazione rispetto al materiale iniziale 8. Sia il concetto di “ritrattamento” sia quello di “processo di produzione” sono elementi che abbiamo ampiamente utilizzato per leggere la Direttiva n. 98 e il relativo recepimento italiano

Di conseguenza, un rifiuto che diviene materia prima secondaria (e nel futuro EOW) va conteggiato ai fini del raggiungimento degli obiettivi di recupero, e non è più soggetto alla disciplina dei rifiuti.

Ma da quando? Non dal momento in cui cessa di essere un rifiuto, ma solo laddove sia inserito in un successivo processo di produzione da cui si otterrà un nuovo bene riciclato.

Una volta conclusa l’operazione di riciclo (di ritrattamento nel processo di produzione) il bene realizzato potrà computarsi tra gli obiettivi di riciclo raggiunti, senza correre il rischio di conteggiare lo stesso materiale due volte tra gli obiettivi globali di recupero. Infatti, la prima volta si è avuto recupero di un rifiuto mediante la produzione di una materia prima secondaria (o di un EOW); con la successiva operazione invece si è avuto il riciclaggio di una materia prima secondaria (o di un EOW) mediante la produzione di un bene riciclato. Pertanto diverso è l’oggetto delle due operazioni di recupero: in un caso il rifiuto, nell’altro la materia prima secondaria (o EOW) che pur provenendo da un rifiuto, a seguito del pretrattamento subito, ha assunto natura e composizione completamente differenti.

 

  1. Sulla nozione di recuperatore

 

Sotto il profilo economico intendiamo per recuperatore colui che fornisce servizi a impianti che effettuano il recupero e che includono cernita, selezione e le attività in comunicazione o autorizzate, ma anche raccolta e trasporto.

Viene da pensare alla nota (4) alla R 12 (sopra ricordata) che aggiunge esempi di operazioni di pre-trattamento che sono tipicamente riferite ai settori della raccolta dei rifiuti e della selezione. La nota così recita: “In mancanza di un altro codice R appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti ai recupero, incluso il pretrattamento come, tra l'altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l'essiccazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la separazione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R 1 a R 11.”

Dunque operazioni importanti che vengono svolte da operatori economici indispensabili nella catena della “valorizzazione del rifiuto”.

Tuttavia, a questo importante ruolo e funzione non sembra corrispondere una chiara nozione sotto il profilo giuridico nell’attuale ordinamento.

Infatti, se i “riciclatori” trovano confermato il loro ruolo sulla base della nozione di “riciclaggio” introdotta dalla Direttiva Rifiuti n. 98/2008 e recepita con il DLgs n. 205/2010 (“qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini (…)”art. 183), quella di recuperatore non sembra trovare lo stesso sostegno in quella di “recupero” (“qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile”…)

Il punto di partenza è l’ordinanza del Tribunale di Milano del 18 febbraio 2012 (www.vetrarco.it) che ha sospeso il Consiglio di Amministrazione di Comieco, considerando di immediata applicazione il comma 2, dell’art. 223 che dispone quanto segue “Nei consigli di amministrazione dei consorzi il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei riciclatori e dei recuperatori deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime di imballaggio”.

Leggendo l’Ordinanza viene da porsi una domanda: chi è il “recuperatore” cui si riferisce?

Come abbiamo già anticipato sopra il “recuperatore” non trova una compiuta definizione nel recepimento della Direttiva Rifiuti. Esso non è giuridicamente definito neanche dalla Direttiva Imballaggi e, quindi, nemmeno dal recepimento italiano.

Unica definizione “utile” (art. 218 DLg n. 152/2006) è quella di “recupero dei rifiuti generati dagli imballaggi” che si riferisce alla “generazione” di materie prime secondarie – e non solo – ma anche a quella di prodotti e combustibili. Essa è, ovviamente, ampia e ricomprende quella di riciclaggio inteso come “il ritrattamento in un processo di produzione dei rifiuti di imballaggio per la loro funzione originaria o per altri fini” (art. 218 DLgs n. 152 cit.).

Tenendo in considerazione queste definizioni e il fatto che il “recupero” contiene in sé il anche “riciclaggio”, ciò suggerirebbe la riformulazione della norma dell’art. 223, comma 2 per cui la partecipazione al consiglio di amministrazione dovrebbe riguardare innanzi tutto i “recuperatori” inclusi i “riciclatori” (diversamente da quanto prevede la norma vigente che si riferisce ai “riciclatori” e “riciclatori”).

D’altro canto, nelle norme che riguardano la gestione degli imballaggi solo “i produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti” (art. 221, comma 1 DLgs n. 152 cit.).

I “recuperatori” non sono, quindi, ricompresi nella responsabilità condivisa che riguarda esclusivamente i produttori e gli utilizzatori. Chi partecipa al Consorzio per il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi rappresenta la responsabilità di un’intera categoria rispetto al raggiungimento degli obiettivi di natura ambientale.

Un altro aspetto da considerare è la questione delle filiere in cui i riciclatori sono anche produttori. Spesso, infatti, i produttori di materia prima sono anche “riciclatori” …e fors’anche “recuperatori”, se guardiamo alla definizione di “recupero” esaminata sopra.

E ciò supporta l’idea che le nozioni di “recuperatore” e “riciclatore” siano suscettibili di diversa declinazione a seconda delle filiere e dei contesti.

 

  1. In conclusione

 

Alla luce delle disposizioni sopra esaminate e degli obiettivi della Direttiva Rifiuti, ad avviso dello scrivente, due sono le modalità individuate per realizzare le operazioni di riciclaggio.

Si può avere una forma di riciclaggio che definiremo diretto, in quanto ha ad oggetto come materiale di partenza un rifiuto e come risultato un prodotto finito, ed una forma di riciclo indiretto o mediato in quanto si realizza in due fasi: una prima fase che vede un rifiuto pretrattato da cui si ottiene un recupero di materia prima secondaria (o EOW), e che quindi da subito realizza l’operazione di recupero, ed una seconda fase da realizzarsi trattando la materia prima secondaria (o EOW) che viene sottoposta ad un ritrattamento in un processo di produzione che permette di realizzare un prodotto finito, ossia un nuovo bene a conclusione dell’operazione di riciclo.

Il concetto di riciclaggio quindi può essere disgiunto da quello di rifiuto, e di conseguenza lo stesso dicasi per il concetto di recupero, di cui il riciclo è una delle possibili espressioni.

In questo modo si raggiungono gli obiettivi della Direttiva Rifiuti n. 98 e si va verso una società europea del riciclaggio con un alto livello di efficienza delle risorse (cfr art. 11 Direttiva n. 98/2008).

Se c’è qualche certezza in più nella definizione di riciclaggio, qualche dubbio rimane ancora sulla nozione di recuperatore.

1 Secondo la dottrina in questo modo il legislatore ha scelto un obbligo di risultato e non di mezzo, scelta che merita apprezzamento in quanto non premia sotto il profilo economico e ambientale sottoporre a complesse attività di recupero un rifiuto che abbia già determinate caratteristiche ambientali che devono soltanto essere verificate e controllate (cfr D. Roettgen “Cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste)” in “La nova disciplina dei rifiuti” (a cura di F. Giampietro), IPSOA, 2011, pag. 71.

 

2 In questo senso si veda anche P. Giampietro “Dal rifiuto alla materia prima secondaria” pubblicato il 23/03/2010 in www.lexambiente.it, dove si distingue il recupero di tipo “completo” (come nel caso del riciclaggio,. che comporta il trattamento) e quello più leggero (“soft”) come nel caso della “preparazione” del rifiuto.

 

 

 

3 In questo senso, D. Roettgen “La nozione di materia prima secondarie” in “Commento alla Direttiva 2008/98/CE sui rifiuti” (a cura di F. Giampietro), IPSOA, 2009, pag. 82.

4 D. Roettgen “Cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste)” in “La nova disciplina dei rifiuti” (a cura di F. Giampietro), IPSOA, 2011, pag. 72.

 

 

5 Sempre per il caso della carta si veda il DM 21.3.1973 (vedi di seguito il dettaglio) che fa riferimento alle fibre di primo impiego e alle Materie fibrose cellulosiche provenienti da carte, cartoni e altri manufatti cartari .

ALLEGATO II - Sezione IV - Carte e cartoni

Parte A - Costituenti della carte e dei cartoni

. Condizioni, limitazione e tolleranze d'impiego 1) Materie fibrose: Materie fibrose cellulosiche di primo impiego, naturali (meccaniche, chimiche, semichimiche gregge, bianchite, semibianchite) o artificiali Per alimenti per i quali è prevista la prova di migrazione: almeno il 75%; per alimenti per i quali non è prevista la prova di migrazione: almeno il 60%. Gli oggetti finiti devono possedere i requisiti di purezza indicati nell'Allegato IV, Sezione 6° Materie fibrose sintetiche di primo impiego Non più del 20% sulle materie fibrose e comunque rispondenti alle norme del D.M. 21.3.73 modificato per ultimo con il D.M. 30.10.91, n. 408. In particolare, gli oggetti finiti devono possedere i requisiti di purezza indicati nell'Allegato IV, Sez. 6 Materie fibrose cellulosiche provenienti da carte, cartoni e altri manufatti cartari Soltanto per alimenti per i quali non è prevista la proba di migrazione e a condizione che le carte e i cartoni con esse preparate corrispondano alle prescrizioni del presente decreto. In particolare, gli oggetti finiti devono possedere i requisiti di purezza indicati nell'allegato IV, Sez. 6 Sempre a proposito di normativa a contatto per alimenti, va ricordato che il Consiglio d’Europa ha usato la Lista UNI-EN 643 come base per classificare le carte da macero da usare o meno per il contatto alimentare (pp. 93 e seguenti del documento allegato, laddove si ripercorre anche la tecnologia cartaria e l’evidente fatto che le cartiere sono riciclatori).

 

6 La maggioranza delle versioni linguistiche della Direttiva sugli imballaggi (quella inglese, danese, svedese, tedesca, olandese e italiana) ricorrono ad un termine corrispondente alla formula «materiali da rifiuto» (invece quella francese, spagnola, portoghese e finlandese utilizzano semplicemente il corrispettivo termine «rifiuti»).

 

7 Fortunatamente il legislatore italiano prevede che l’ispezione o il controllo dei rifiuti che configura un’operazione di recupero sono adottati in conformità a criteri comunitari o sulla base di decreti ministeriali (art. 184 ter, comma 2 Dlgs n. 152/2006)

8 Questa interpretazione della nozione di «riciclaggio» trova in parte conferma nella citata sentenza della Corte di Giustizia del 19 giugno 2003 (causa C- 444/00). Il Giudice Comunitario si pronuncia come segue: «sia dai considerando, sia dalle disposizioni delle Direttive 75/442/CEE e 94/62/CE, risulta che il riciclaggio è una forma di recupero. Discende dall’art. 3, n. 1, lett. b) della Direttiva 75/442/CEE, nonché dal quarto considerando della stessa, che la caratteristica essenziale di un’operazione di recupero di rifiuti consiste nel fatto che il suo obiettivo principale è che i rifiuti possano svolgere una funzione utile, sostituendosi all’uso di altri materiali che avrebbero dovuto essere utilizzati per svolgere tale funzione, il che consente di preservare le risorse naturali (sentenza 27 febbraio 2002, causa C-6/00, ASA). Pertanto il riciclaggio come forma di recupero dovrà perseguire i medesimi obiettivi”.

Questa prima affermazione della Corte ci conferma quanto già espresso in precedenza: le operazioni di riciclaggio rientrano tra le forme di recupero previste dalla Direttiva quadro sui rifiuti e dalla Direttiva Imballaggi.

Chiarisce la Corte: “un processo del genere implica che il rifiuto di imballaggio deve essere manipolato per produrre un nuovo materiale o per fabbricare un prodotto nuovo. In questo senso, il riciclaggio si distingue nettamente da altre operazioni di recupero o di trattamento dei rifiuti previsti dalla normativa comunitaria, quali il recupero di materie prime e di composti di materie prime, il pretrattamento, il miscuglio o altre operazioni che mutano solo la natura o la composizione di detti rifiuti. Inoltre, un rifiuto può essere considerato riciclato solo se è stato sottoposto a un ritrattamento tale da ottenere un materiale nuovo o un prodotto nuovo «ai fini della sua funzione originaria».