Il sindacato sul grave errore professionale nella gara per i rifiuti dell’Alta Umbria  dopo la sentenza del Consiglio di Stato del 4 gennaio 2021, n.39.

di Urbano BARELLI

SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Sintesi della vicenda. - 3. I motivi di annullamento della gara da parte del Tar Umbria. - 3.1. L’errore grave nell’esercizio dell’attività professionale. - 3.2. L’obbligo dichiarativo posto a carico dei concorrenti. - 3.3. L’obbligo dichiarativo e il grave errore professionale riferito alla prima classificata. - 3.4. L’obbligo dichiarativo e il grave errore professionale riferito alla seconda classificata. - 3.5. L’obbligo dichiarativo e il grave errore professionale riferito alla terza classificata. - 4. La sentenza del Consiglio di Stato n.39 del 4 gennaio 2021. - 4.1. Il generale obbligo dichiarativo in capo ai concorrenti di una gara. - 4.2. Le conseguenze di tale orientamento sulla gara dei rifiuti dell’Alta Umbria. - 5. I primi commenti alla sentenza del Consiglio di Stato n.36 del 2021. - 6. Il futuro annunciato della gara per i rifiuti dell’Alta Umbria.

  1. Premessa

Il 5 gennaio 2021 il Comune di Città di Castello (proprietario del 91% delle quote di Sogepu, la società che gestisce i rifiuti per il territorio dell'Alta Umbria e che aveva vinto la gara per la gestione degli stessi rifiuti per ulteriori quindici anni) ha dato la notizia della sentenza del Consiglio di Stato sulla vicenda che si andrà a descrivere, notizia che è stata confermata il giorno successivo dall’AURI, la stazione appaltante.

La ricerca della sentenza sul sito della giustizia amministrativa non è risultata, però, agevole perché la stessa sentenza è stata "oscurata" e reca in calce la seguente dizione: “ in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati". Risultano quindi oscurati i dati identificativi dei soggetti interessati dalla decisione e si obliterano anche i dati identificativi della sentenza di primo grado del Tar Umbria, aspetti che rendono difficile anche una compiuta interpretazione della decisione del Consiglio di Stato.

Nella sentenza si legge che “ la sentenza di primo grado è stata impugnata dall’aggiudicataria, dalla seconda e dalla terza classificata, nonché dalla stazione appaltante ”. Solo conoscendo la vicenda, anche per aver commentato la sentenza del Tar Umbria, si riesce a risalire alle parti che hanno proposto appello al Consiglio di Stato (U.Barelli, Il TAR Umbria annulla la gara per i rifiuti dell’Alta Umbria. Brevi note a margine della sentenza del TAR Umbria del 21 ottobre 2019, n.518 , in Lexambiente, 13 novembre 2019, https://lexambiente.it/materie/rifiuti/179-dottrina179/14649-rifiuti-il-tar-umbria-annull a-la-gara-per-i-rifiuti-dell%E2%80%99alta-umbria.html ).

L’omissione nella ricostruzione in fatto della sentenza del Consiglio di Stato, dell'indicazione della parte che ha proposto i singoli motivi di censura, rende, però, difficile capire, concretamente e compiutamente, essendo quattro i ricorrenti per altrettanti ricorsi riuniti, quali siano i motivi accolti per quelli respinti nella parte in diritto, e ne risulta difficile il commento, come si può comprendere dalle conclusioni della sentenza stessa del Consiglio di Stato laddove si legge che “ vanno accolti, nei sensi e nei limiti appena evidenziati, il primo motivo di appello formulato dalla -OMISSIS-, il secondo motivo di appello formulato dalla -OMISSIS-, il primo motivo di appello formulato dalla -OMISSIS- e, infine, il primo, il quarto e il sesto motivo di appello formulato dall’-OMISSIS-, mentre tali gravami vanno respinti per il resto ”!

Le ragioni dell’oscuramento non sono indicate nella sentenza del Consiglio di Stato e risultano comunque incomprensibili se solo si considera che sussiste un indubbio interesse pubblico a che la pronuncia sia invece conosciuta, visto che la sentenza ha ad oggetto una procedura ad evidenza pubblica per un servizio pubblico essenziale (quale è la gestione dei rifiuti) e che dovranno essere i cittadini dell'Alta Umbria con la TARI a doverne sopportare il notevole costo di 294,3 milioni di euro.

L’oscuramento dei dati identificativi della sentenza, non solo mina l’intellegibilità intrinseca della pronuncia, ma pregiudica la stessa possibilità di controllo democratico sulle decisioni giurisdizionali da parte degli operatori del diritto e di ogni singolo cittadino interessato.

Singolare, inoltre, è che in primo grado davanti al Tar Umbria una tale esigenza di riservatezza non sia stata manifestata ed è stato possibile commentare quella sentenza, mentre è emersa solo per il Consiglio di Stato (e, sarà un caso, solo dopo il commento apparso su Lexambiente).

Considerato che la notizia è stata comunque data e che la sentenza del Consiglio di Stato è stata già commentata da alcune delle parti interessate, si può esaminare la stessa sentenza partendo dai dati non "oscurati" della sentenza del Tar Umbria che, diversamente dal citato precedente commento, meritano in questa sede una più diffusa esposizione.

  1. Sintesi della vicenda

I fatti esaminati prima dal TAR Umbria e poi dal Consiglio di Stato prendono avvio il 27 luglio del 2015 quando l’Ambito Territoriale Integrato Uno Umbria (A.T.I. n. 1 Umbria), al quale è poi subentrata l’Autorità Umbra Rifiuti e Idrico (AURI), pubblicava l’avviso di gara, con procedura ristretta, per l’affidamento in concessione del servizio pubblico dell’Alta Umbria (Città di Castello, Gubbio, Gualdo Tadino) di gestione integrata dei rifiuti urbani per un valore di 294.300.000 euro per quindici anni di servizio.

Dopo varie vicende amministrative, due ricorsi al Tar e uno al Consiglio di Stato, il 23 gennaio 2019 la Commissione dava atto dei punteggi complessivamente attribuiti alle tre offerte pervenute: Sogepu/Ecocave punti 100; Diodoro Ecologia/TeAm punti 67,25; Teknoservice /Stirano punti 56,74. Il 15 aprile 2019 il servizio dei rifiuti veniva definitivamente aggiudicato alla Sogepu/Ecocave.

Contro l’aggiudicazione proponevano ricorso tutti e tre i concorrenti con reciproche contestazioni. Con la sentenza n.518 del 21 ottobre 2019, il TAR Umbria annullava l’aggiudicazione definitiva del servizio pubblico di gestione dei rifiuti dell’Alta Umbria, nonché l’ammissione di tutte e tre le società partecipanti.

Con la recente sentenza n.39 del 4 gennaio 2021 il Consiglio di Stato ha “ confermato l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione dell’appalto ” e, in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato che “ spetta alla stazione appaltante procedere al compimento delle valutazioni indicate nei paragrafi 35.7 e 35.8, in contraddittorio con ciascun partecipante alla gara ”.

  1. Sui motivi di annullamento della gara da parte del Tar Umbria

Con la sentenza n.518 del 21 ottobre 2019, il TAR Umbria ha annullato l’aggiudicazione definitiva per la mancata esclusione dei concorrenti Sogepu, Diodoro Ecologia e Teknoservice per omessa dichiarazione in sede di gara del possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del d.lgs. 163/2006, con particolare riferimento al requisito del non aver commesso “errore grave nell’esercizio dell’attività professionale” di cui al comma 1, lett. f) (punto 6.3 della sentenza del TAR Umbria).

3.1. L’errore grave nell’esercizio dell’attività professionale

Il Tar Umbria si sofferma, innanzitutto, sul concetto di “errore grave nell’esercizio dell’attività professionale” di cui all’art. 38 c. 1, lett. f) d.lgs. 163/2006 (di recepimento dell’art. 45 comma 2 lett. d) direttiva 2004/18) nonché sulla corrispondente delimitazione del contenuto dell’obbligo dichiarativo a carico dei concorrenti circa la sussistenza di fatti potenzialmente idonei a ricadere in tale fattispecie, alla luce del quadro giurisprudenziale invero non sempre perspicuo.

L’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. 163/2006 stabilisce che “ Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: ... f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante ”.

La citata lett f) opera una testuale distinzione tra “grave negligenza e mala fede” nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara ed “errore grave nell’esercizio dell’attività professionale”.

Secondo la tesi preferita dal Tar Umbria la norma deve essere intesa nel senso di autorizzare le stazioni appaltanti ad escludere il concorrente dalla gara anche per pregresse situazioni insorte nei rapporti con altre amministrazioni (ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2007 n. 2245) venendo in questione non già il venir meno del rapporto fiduciario tra stazione appaltante e concorrente ma la situazione oggettiva di attestata inaffidabilità professionale del concorrente (Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2007 n. 2245).

La disposizione come declinata impedirebbe di assimilare le ipotesi di grave negligenza e malafede di cui al primo periodo a quelle di errore grave di cui al periodo seguente, sia perché in parte sovrapponibili, sicché non avrebbe avuto senso ripetere lo stesso concetto se non in riferimento ad altra situazione fattuale; sia perché soltanto per le prime è previsto il limite della “esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che gestisce la gara” a fronte della più ampia previsione che considera rilevante l’errore grave nell’esercizio della “attività professionale” dell’impresa senza alcuna limitazione (così Consiglio di Stato sez. V, 11 dicembre 2017, n.5818)

Per lo stesso Tar Umbria, coerente con questa lettura è altresì il dato testuale che consente l’accertamento dell’errore professionale con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante, essendo un siffatto accertamento logicamente incompatibile con quei fatti che la stazione appaltante conosce perchè commessi nei rapporti direttamente intrattenuti con l’impresa. A ciò si aggiunga che l’espressione grave errore professionale e l’ampiezza dei mezzi di accertamento non avrebbero avuto ragion d’essere se si fosse trattato semplicemente di prendere atto di precedenti provvedimenti adottati da altre stazioni appaltanti, in quanto sarebbe stata sufficiente l’imposizione di un obbligo dichiarativo, facilmente specificabile anche quanto all’oggetto, da limitarsi ai casi della risoluzione contrattuale per inadempimento o dell’adozione di provvedimenti sanzionatori (così ancora Consiglio di Stato sez. V, 11 dicembre 2017, n.5818).

3.2. L’obbligo dichiarativo posto a carico dei concorrenti

Le censure sulla mancata estromissione dei tre partecipanti alla gara devono essere precedute, secondo il Tar Umbria, dalla delimitazione del contenuto dell’obbligo dichiarativo posto a carico dei concorrenti in sede di gara.

Secondo l’orientamento maggioritario, preferito dal Tar Umbria, il contenuto degli obblighi dichiarativi, posti a carico dei partecipanti alla gara, comprende eventi patologici comunque oggettivamente identificabili ed apprezzabili dalla stazione appaltante, abilitata ad avvalersi allo scopo di ogni mezzo di prova (Consiglio di Stato sez. V, 27 settembre 2017, n.4527; id. 11 dicembre 2017, n. 5818).

Non è dunque fondata per il Tar Umbria l’affermazione secondo cui il potere dell’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006, quando riferito a gravi errori commessi nel corso di precedenti rapporti con altre stazioni appaltanti, possa essere esercitato solo sul presupposto dell’esistenza di un pregresso provvedimento definitivo di revoca, risoluzione, decadenza, sanzione, legato all’inadempimento e adottato dall’amministrazione di riferimento. Al contrario, la stazione appaltante può ritenere la sussistenza dei gravi errori professionali nell’attività pregressa esercitata dall’impresa, “ anche in mancanza di un accertamento definitivo dei precedenti rapporti da parte di altra amministrazione, purché il relativo provvedimento sia sorretto da adeguata motivazione ed indichi puntualmente le circostanze di fatto che supportano la valutazione espressa ” (così anche Consiglio di Stato sez. V 11 dicembre 2017 n. 5818; cfr., tra le altre, già Consiglio di Stato, IV, 4 settembre 2013, n. 4455, nonché id., V, 4 aprile 2016, n. 1412).

Ritiene inoltre lo stesso Tar Umbria che la mancata esternazione di un evento, anche se poi ritenuto non grave, comporta di norma, l’esclusione dalla gara specifica (cfr. Consiglio di Stato, n.4051/2017). L’omissione di tale dichiarazione non consente, infatti, all’amministrazione di poter svolgere correttamente e completamente la valutazione di affidabilità professionale dell’impresa e fa assumere alla domanda di partecipazione, resa in sede di gara, “ la natura di dichiarazione non già incompleta, ma non veritiera e pertanto non sanabile con il soccorso istruttorio di cui all’art. 38 c. 2 bis del d.lgs. 163/06” (Consiglio di Stato, sez, V n. 27 settembre 2017 n. 4527; 4227/2017; 3652/2017; sez. III n. 2167/2017; Consiglio di Stato sez. III, 13 giugno 2018, n. 3628).

Ciò appare al Tar Umbria coerente con il principio pacifico in merito alla valenza espulsiva della mancata dichiarazione in sede di gara di tutte le condanne penali riportate dal concorrente ivi comprese quelle pacificamente non attinenti alla moralità professionale e dunque irrilevanti ai fini del giudizio di ammissione, non operando la pur sostenuta teoria del falso innocuo ed essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità non potendo il concorrente sostituirsi ad essa (ex multis T.A.R. Lazio Roma sez. II, 6 marzo 2019, n.3024; Consiglio di Stato, sez. III, n. 4019 del 2016; id., sez. IV, n. 834 del 2016; id., sez. V, n. 4219 del 2016; id., n. 3402 del 2016; id., n. 1641 del 2016; id. sez. III, 29 maggio 2017 n. 2548; id sez. V, 28 settembre 2015 n. 4511; id. sez. III, 15 gennaio 2014 n. 123; id. sez. V, 27 novembre 2018, n. 6726).

D’altronde, è sempre il Tar Umbria a precisarlo, restringere il contenuto dell’obbligo dichiarativo circa l’esistenza di un grave errore professionale priverebbe la stazione appaltante della conoscenza di elementi idonei nel giudizio di verifica del possesso dei requisiti morali, trattandosi di elementi che in quanto rientranti nella sola disponibilità del dichiarante - diversamente dalle condanne e dai procedimenti penali riportate nel casellario giudiziale - rimarrebbero del tutto ignoti fatta salva l’ipotesi della segnalazione operata da parte di altri concorrenti: “ Verrebbe così meno il rispetto dei principi di lealtà ed affidabilità professionale che presiedono ai rapporti dei concorrenti con la stazione appaltante con compromissione del rapporto fiduciario che deve intercorrere con quest’ultima a prescindere dalla gravità dell’errore professionale o dalla definitività o meno dell’accertamento (ex multis seppur in riferimento all’art. 80 del d.lgs. 50/2016 T.A.R. Piemonte sez. I, 20 dicembre 2018, n. 1359; Consiglio di Stato, sez. V, 27 luglio 2016, n. 3375; id. sez. V, 14 febbraio 2018, n. 956; T.A.R. Lombardia Brescia sez. II, 18 giugno 2018, n. 591)”.

Per il Tar Umbria costituisce del resto un principio oramai del tutto pacifico che, nelle procedure di evidenza pubblica, la completezza delle dichiarazioni sul possesso dei requisiti generali, è, già di per sé, un valore da perseguire, laddove consente, anche in omaggio al principio di buon andamento dell'amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine all'ammissione dell'operatore economico alla gara; conseguentemente, una dichiarazione inaffidabile, perché - al di là dell'elemento soggettivo sottostante - incompleta, deve ritenersi, in quanto tale, lesiva degli interessi tutelati dall'ordinamento in materia di procedure ad evidenza pubblica, a prescindere dal fatto che l'impresa meriti sostanzialmente di partecipare alla gara (ex multis T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 21 gennaio 2019, n. 732; Consiglio di Stato, sez. IV, 28 luglio 2017, n. 3765; id. sez. IV , 7 luglio 2016 , n. 3014).

3.3. L’obbligo dichiarativo e il grave errore professionale riferito alla prima classificata

Nei confronti di Sogepu l’obbligo dichiarativo riguarda l’omessa dichiarazione da parte della capogruppo e di una prima mandante (poi estromessa) della pendenza a carico di quest’ultima di azione erariale promossa dalla Procura regionale della Corte dei conti per danno erariale cagionato al Comune di Torre del Greco, azione poi sfociata successivamente alla presentazione dell’offerta in condanna in primo grado (sentenza n. 1500 del 20 novembre 2014) confermata in appello (sentenza n. 135 del 26 aprile 2017) per la somma di 202.909,45 euro.

Secondo le difese di Sogepu e dell’AURI anche in questo caso si sarebbe in presenza di condotte non rientranti nel concetto di “errore grave nell’esercizio dell’attività professionale” di cui all’art. 38 c. 1, lett. f) d.lgs. 163/2006, il cui contenuto sarebbe molto meno ampio rispetto alla disciplina di cui all’art. 80 c. 5 lett. c) del vigente Codice contratti pubblici.

Il Tar Umbria ha invece ritenuto di non condividere tale assunto, in quanto:

  • l’azione di danno erariale esercitata dalla Procura regionale della Corte dei conti appare senz’altro rientrare nell’ampio concetto di “errore professionale”;

  • con la dichiarazione da rendere ai sensi del citato comma 1 lett. f) ogni concorrente deve informare la stazione appaltante in merito alla sussistenza di ogni fatto potenzialmente idoneo a comprometterne l’affidabilità, a prescindere dal grado di gravità dell’errore professionale e della negligenza, nel caso di specie;

  • l’esercizio dell’azione per danno erariale può essere legata all’inadempimento dell’impresa dei propri doveri professionali nella fattispecie del contratto di servizio, sì da rientrare nel concetto di “errore grave” di cui al citato comma 1 lett. f);

  • è evidente l’inerenza della condotta oggetto dell’azione erariale al medesimo servizio oggetto della concessione per cui è causa, sì che appare contrario ai doveri di lealtà ed affidabilità professionale che presiedono ai rapporti dei concorrenti con la stazione appaltante ometterne menzione in sede di dichiarazione circa il possesso dei requisiti morali di cui al citato art. 38.

Sempre nei confronti di Sogepu il Tar Umbria ha ritenuto fondate le censure riferite ad altra mandante ritenendo le contestazioni mosse “ episodi connotati da indubbia gravità” (pag.47 della sentenza). I gravi episodi che non sono stati portati all’attenzione della stazione appaltante dalla mandante e dalla capogruppo Sogepu se non nella seduta del 5 settembre 2018 sono che la stessa mandante “ (nella persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e del Direttore Generale ed amministratore delegato) è stata interessata dall’applicazione di misure restrittive della libertà personale con ordinanza emessa il 15 novembre 2016 dal Gip presso il Tribunale di Firenze, confermata dal Tribunale del Riesame di Firenze il 30 novembre 2016. Ciò ha determinato anche l’adozione da parte del Prefetto di Siena delle misure straordinarie interdittive ai sensi dell’art. 32 c. 1 lett. b) del d.L. 90/2014 su proposta dell’ANAC. Alla base dei suesposti provvedimenti si è verificata l’esistenza di un sistema illecito volto a favorire Sei Toscana attraverso accordi collusivi e illecite commistioni tra controllori e controllati con turbative di gare .”

Prosegue il Tar Umbria rilevando che - “ diversamente da quanto sostenuto dall’AURI” - anche le vicende poste alla base dei provvedimenti in base ai quali si sono disposte le misure cautelari sono qualificabili in termini di “ errore professionale” ex art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163/2006, in quanto la giurisprudenza amministrativa:

  • qualifica i verbali degli interrogatori e l’ordinanza del 31 maggio 2017 del G.I.P. come mezzi di prova adeguati e attendibili ai fini dell’accertamento dell’errore professionale di cui all’articolo 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163/2006. Infatti, gli elementi rilevanti ai fini dell’operatività della citata norma possono essere desunti anche da fatti oggetto di un procedimento penale (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 30 gennaio 2018, n. 1092; Consiglio di Stato, Sez. V, 27 febbraio 2019, n. 1367);

  • ritenere irrilevante il provvedimento interdittivo, poiché adottato dall’Autorità giudiziaria penale e non da una stazione appaltante in seno ad una contestazione civilistica, condurrebbe al paradosso di attribuire valenza espulsiva agli illeciti professionali che abbiano determinato sanzioni negoziali, escludendola, invece, per quelli che sfociano in provvedimenti di rilevanza penale (evidentemente ben più gravi), con evidente violazione dei principi di coerenza dell’ordinamento, proporzionalità e ragionevolezza (in tal senso v. Consiglio di Stato n. 4192/2017; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 19 aprile 2018, n. 593);

  • ben poteva la stazione appaltante porre a base della valutazione della sussistenza dell’elemento fiduciario fatti emersi dalla conoscenza del giudizio penale, anche se non ancora oggetto di pronuncia passata in giudicato (Consiglio di Stato sez. V, 20 novembre 2015, n. 5299; in termini id. sez VI, 2 gennaio 2017, n. 1; id., sez. VI, 6 aprile 2010, n. 1907).

Prosegue il Tar Umbria affermando che, a prescindere da quel che poteva essere la valutazione della stazione appaltante in ordine alla idoneità espulsiva di tale errore professionale, “ rimane indubitabile la sussistenza al riguardo di un preciso onere dichiarativo, puntualmente nella fattispecie violato, sì da concretare la sussistenza di un’autonoma fattispecie di esclusione anche ai sensi dell’art. 75 d.P.R. 445/2000”. A carico delle imprese di un raggruppamento temporaneo sussiste infatti l’obbligo di generale e tempestiva comunicazione alla stazione appaltante delle vicende relative ai componenti che possono incidere sulla partecipazione alla gara (ex multis Consiglio di Stato sez. V, 28 agosto 2017, n. 4086; id. sez. V, 2 marzo 2015, n. 986). A ciò va aggiunto - precisa lo stesso Tar Umbria - che anche l’Avviso pubblico dell’AURI ha imposto alle imprese partecipanti “ di impegnarsi a comunicare tempestivamente le variazioni relative ai requisiti e ai dati forniti in sede di presentazione della domanda di partecipazione ”.

3.4. L’obbligo dichiarativo e il grave errore professionale riferito alla seconda classificata

Sempre per il Tar Umbria, anche la Diodoro Ecologia è incorsa nella violazione dell’obbligo dichiarativo quando, pur dichiarando nella fase di prequalifica di avvalersi del requisito di capacità tecnica posseduto da una società ausiliaria, non ha allegato alla domanda di ammissione il contratto di avvalimento, depositandolo soltanto in esito al soccorso istruttorio disposto dall’AURI con contratto in forma di scrittura privata recante data antecedente il termine di presentazione delle domande, e comunque il contratto non aveva data certa.

Inoltre, il Tar Umbria ritiene che il raggruppamento capeggiato da Diodoro Ecologia avrebbe dovuto essere escluso per l’omessa dichiarazione di risoluzione in danno dal contratto di affidamento del servizio di igiene urbana disposto dal Comune di Sacrofano con ordinanza n. 77 del 5 agosto 2011, trattandosi di errore professionale in ipotesi rilevante ai sensi dell’art. 38 c. 1, lef) del citato D.lgs. 163/2006.

Secondo il Tar Umbria tale fatto avrebbe dovuto essere dichiarato agli atti di gara, al pari di tutti i provvedimenti che portino all’interruzione del rapporto in essere tra un operatore economico ed una stazione appaltante, non importando che si tratti di provvedimenti di risoluzione contrattuale, di decadenza dall’aggiudicazione, o di provvedimenti aventi altro nome (Consiglio di Stato, sez. V, 22 ottobre 2015, n. 4870; id. sez. V, 3 febbraio 2016, n. 404; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II Bis, 16 gennaio 2015, n. 690).

3.5. L’obbligo dichiarativo e il grave errore professionale riferito alla terza classificata

Ancora nella stessa sentenza, il Tar Umbria ritiene illegittima l’ammissione di Teknoservice “ in relazione alla omessa dichiarazione, sia in sede di prequalifica che di offerta, della risoluzione in danno del contratto d’appalto per la gestione dei rifiuti disposta nel 2014 dal Comune di Vico Gargano, quale fatto idoneo a concretare un errore grave nell’esercizio dell’attività professionale ai sensi dell’art. 38 c. 1 lett. f) d.lgs. 163/2006, risoluzione tuttavia “sub iudice” al momento della partecipazione alla gara e successivamente sfociata nella risoluzione accertata dal Tribunale di Bari con sentenza n. 3587 del 16 agosto 2018 ”.

La Teknoservice ha quindi omesso di dichiarare tale risoluzione contrattuale “sub iudice” rendendo così, scrive il Tar Umbria, “ una dichiarazione falsa (o comunque gravemente incompleta)”, dal momento che da un punto di vista strutturale, anche l’omessa dichiarazione può concretare un’ipotesi di dichiarazione non veritiera laddove la mancata dichiarazione, in virtù della consapevolezza dell'omissione da parte del soggetto tenuto a renderla, sia idonea ad indurre in errore la stazione appaltante circa il possesso, da parte del dichiarante medesimo, dei requisiti di ordine generale di cui all'art. 38 comma 1 del medesimo decreto o, comunque, a precluderle una rappresentazione genuina e completa della realtà (Consiglio di Stato sez. V, 27 dicembre 2018, n.7271; T.A.R. Campania Napoli sez. VIII, 18 giugno 2018 n. 4015) sanzionata anche dall’art. 75 d.P.R. 445/2000 pacificamente applicabile in “subiecta materia” (ex multis Consiglio di Stato, sez. V , 15 marzo 2017, n. 1172) a prescindere da ogni valutazione circa la colpa del dichiarante, comportando “ipso iure” la decadenza dei benefici ottenuti con la dichiarazione id est l’ammissione alla gara.

Anche poi a non voler ricomprendere nelle dichiarazioni non veritiere le omissioni (Consiglio di Stato, sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407), prosegue il Tar Umbria, la dichiarazione sarebbe comunque incompleta in violazione dell’esaminato principio di necessaria completezza della dichiarazione anche sulle irregolarità rilevanti in merito all’art. 38 comma 1 lett. f) d.lgs. 163/2006.

4. La sentenza del Consiglio di Stato n.39 del 4 gennaio 2021

La sentenza del Consiglio di Stato della quale hanno dato notizia i soggetti interessati (come meglio si dirà più avanti) è la n.39 del 4 gennaio 2021, con la quale è stato confermato l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione dell’appalto e, in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato che spetta alla stazione appaltante procedere al compimento delle valutazioni di omessa dichiarazione e di sindacato sul grave errore professionale, come indicate nei paragrafi 35.7 e 35.8 della sentenza, in contraddittorio con ciascun partecipante alla gara.

Nel decidere sulla vicenda, il Consiglio di Stato ha dato seguito alla sopravvenuta pronuncia, rispetto alla decisione del Tar Umbria, dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 28 agosto 2020, la quale “ reca fondamentali principi di diritto per la corretta soluzione della vertenza in esame”.

Il minimo comune denominatore delle doglianze formulate con i quattro ricorsi riuniti, consiste per il Consiglio di Stato, nella circostanza che la rilevanza dei fatti taciuti, sia in sé e per sé considerati che quanto alla loro omessa dichiarazione, avrebbe dovuto essere oggetto di un confronto procedimentale tra la stazione appaltante e l’impresa interessata, e, successivamente, di una valutazione di rilevanza da parte della sola amministrazione aggiudicatrice, unico soggetto competente ad esprimersi circa l’idoneità delle vicende in contestazione a incrinare il rapporto fiduciario che deve necessariamente sussistere perché si possa affidare l’esecuzione di un appalto ad un operatore economico (punto 33.2 della sentenza del Consiglio di Stato).

In considerazione di ciò, lo stesso Consiglio di Stato ritiene che “ deve ammettersi la necessità di un’interlocuzione tra amministrazione aggiudicatrice ed operatore economico, riguardante la mancata dichiarazione di fatti suscettibili di integrare un possibile “grave errore professionale”, in cui sarebbe ipoteticamente incorso il partecipante alla gara, mediante esperimento del soccorso istruttorio. Parimenti, deve statuirsi che la valutazione sull’idoneità dei fatti taciuti a costituire “grave errore professionale” rilevante sotto il profilo dell’affidabilità dell’operatore economico, nonché sull’attitudine della loro mancata dichiarazione ad incidere sul medesimo profilo di affidabilità, spettava alla stazione appaltante e non poteva essere surrogato da una valutazione giudiziale (Cons. Stato, Ad. pl., 28 agosto 2020 n. 16) ” (punto 35.7 della sentenza).

Prosegue sempre il Consiglio di Stato “ va pertanto disposta la riforma della sentenza di primo grado, in parte qua (ossia limitatamente ai capi in cui la pronuncia svolge, al posto dell’amministrazione, per ciascuna delle imprese partecipanti alla gara, il sindacato di rilevanza sui fatti di cui si è omessa la dichiarazione, escludendo l’aggiudicataria e le altre imprese partecipanti alla gara), e va, conseguentemente, mantenuto fermo l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione, e, al contempo, disposta la retrocessione del procedimento di evidenza pubblica alla fase nella quale dovranno essere compiute le valutazioni cui si è fatto cenno in precedenza ” (punto 35.8).

Tali valutazioni - precisa ancora il Consiglio di Stato - dovranno essere precedute dall’espletamento del soccorso istruttorio, volto a consentire al raggruppamento interessato un’interlocuzione sulla vicenda concernente il mancato assolvimento dell’obbligo dichiarativo e sui fatti taciuti.

4.1. Il generale obbligo dichiarativo in capo ai concorrenti di una gara

L’art. 38, lett. f), D. Lgs. n. 163 del 2006 è per il Consiglio di Stato una norma tendenzialmente “aperta”, una clausola generale che dà rilievo ad ogni possibile accadimento idoneo a incidere sull’affidabilità del concorrente, purché esso abbia attinenza con la vita professionale dell’impresa (punto 36.1).

La giurisprudenza di questo Consiglio - prosegue la sentenza - si è nettamente attestata su questa posizione, evidenziando come “ Il concorrente è […] tenuto a segnalare tutti i fatti della propria vita professionale potenzialmente rilevanti per il giudizio della stazione appaltante in ordine alla sua affidabilità quale futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza di tali episodi. ” (Cons. Stato, Sez. V, 11 dicembre 2017 n. 5811; cfr., anche, Cons. Stato, Sez. IV, 8 ottobre 2020 n. 5967; Sez. V, 12 marzo 2019, n. 1649; Sez. V, 24 settembre 2018, n. 5500; Sez. V, 5 febbraio 2018 n. 722; Sez. V, 17 aprile 2017 n. 3505; Sez. V, 4 dicembre 2017 n. 5704).

L’orientamento è coerente con l’interpretazione dell’art. 45, par. 2, Direttiva 2004/18, che è stata fornita dalla Corte di Giustizia, la quale ha avuto modo di puntualizzare che “ la nozione di «errore nell'esercizio dell'attività professionale» comprende qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell'operatore in questione ” (Corte giustizia Unione Europea Sez. III, 13 dicembre 2012, n. 465/11).

Questo orientamento trova oggi ulteriore conferma nella già richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio n. 16 del 28 agosto 2020, nella quale si evidenzia come “ deve darsi atto che è consolidato presso la giurisprudenza il convincimento secondo cui l’art. 80, comma 5, lett. c) [ora lett. c-bis)], è una norma di chiusura in grado di comprendere tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante, ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico, donde il carattere esemplificativo delle ipotesi previste nelle linee-guida emanate in materia dall’ANAC, ai sensi del comma 13 del medesimo art. 80 ”.

4.2. Le conseguenze di tale orientamento sulla gara per i rifiuti dell’Alta Umbria

Con la stessa sentenza in esame, il Consiglio di Stato scrive che “ conseguentemente, erra la -OMISSIS-a ritenere che non gravasse su di sé un obbligo dichiarativo circa i fatti prima oggetto dell’indagine e poi della sentenza della Corte dei conti ”.

Prosegue, poi, lo stesso Consiglio di Stato precisando che “ ciò che oggetto dell’omessa dichiarazione non è soltanto la pendenza dell’indagine e del processo per responsabilità amministrativo-contabile (già di per sé astrattamente e potenzialmente rilevante, ad avviso del Collegio, ai fini della sussistenza dell’obbligo dichiarativo), quant’anche i fatti che ne sono scaturigine, poiché essi si collegano strettamente ad una problematica contrattuale, peraltro relativa alla gestione della raccolta differenziata di rifiuti . Analoghe considerazioni valgono inoltre per le censure, di identico tenore, proposte dalla -OMISSIS-, dalla -OMISSIS- e dall’-OMISSIS-. ”.

Con la stessa sentenza il Consiglio di Stato ha poi accolto “ il primo motivo dell’appello proposto dalla -OMISSIS- e il quinto motivo di appello proposto dall’-OMISSIS-” e stabilito che “ la produzione del contratto di avvalimento non era dunque necessaria in considerazione dell’espressa previsione contenuta nella lex specialis e per la circostanza che l’asserita omissione è stata commessa nella fase di prequalifica del procedimento di evidenza pubblica ” (punto 51.7.4).

Il Consiglio di Stato conclude che “ rimane, ovviamente, impregiudicato l’apprezzamento in concreto della stazione appaltante, nei termini chiariti al capo immediatamente precedente della presente sentenza (cfr. §§ 35.7. e 35.8.), circa l’eventuale qualificazione dei fatti de quibus come “grave illecito professionale”, e, in caso di esito positivo di tale qualificazione, circa la loro rilevanza ai fini del giudizio di affidabilità dell’operatore economico, nonché ai fini dell’analoga valutazione di rilevanza della loro omessa dichiarazione ”.

5. I primi commenti alla sentenza del Consiglio di Stato n.36 del 2021

Il commento del 5 gennaio 2021 alla sentenza del Consiglio di Stato del Sindaco e dell’Assessore all’ambiente del Comune di Città di Castello (proprietario del 91% delle quote di Sogepu) è, forse, stato un pò frettoloso perché hanno dichiarato: “ Esprimiamo grande soddisfazione perché il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza del Tar dell’Umbria che aveva di fatto annullato la gara per la gestione del servizio dei rifiuti del nel Sub Ambito n. 1. Il Consiglio di Stato ha chiaramente affermato che la gara si è svolta regolarmente per cui Auri dovrà solo procedere a una verifica in contraddittorio con tutti e tre i partecipanti alla gara al fine di determinare le successive procedure ” ( https://www.comune.cittadicastello.pg .it/archivio10_notizie-e-comunicati_0_5118.html ).

Più cauto, ma anch'esso impreciso, è il commento dell’AURI, stazione appaltante: “ La sentenza trae origine da un recente indirizzo giurisprudenziale (Adunanza Plenaria del Consiglio Stato n. 16/2020) che ha fornito la corretta chiave di lettura per affrontare i casi nei quali gli operatori economici che partecipano alle gare omettano in corso di procedura di segnalare situazioni che potrebbero inficiare la moralità professionale degli stessi, rimettendo la decisione alla stazione appaltante. In tale contesto va interpreta la sentenza del Consiglio di Stato pubblicata il 4/1/2021, cioè nel senso che la procedura di gara viene di fatto riattivata per consentire alla stazione appaltante di verificare, in contraddittorio con le ditte partecipanti, le dichiarazioni omesse e se tali dichiarazioni possono portare ad un eventuale censura in ordine alla moralità professionale delle stesse. La sentenza affronta poi i numerosi rilievi che i concorrenti avevano mosso alla Stazione Appaltante in relazione alla procedura e per tutti quanti il Consiglio di Stato ha decretato la sostanziale correttezza delle attività svolte da Auri ” ( http://www.avinews.it/articoli/gestore-unico-rifiuti-sub-ambito-n-1-ce-la-sentenza- del-consiglio-di-stato ).

L’AURI riaprirà, quindi, il procedimento per valutare la rilevanza delle dichiarazioni omesse in sede di gara, ma non sarà semplice, nè scontato, arrivare al definitivo provvedimento di aggiudicazione, perchè nella valutazione delle dichiarazioni rese dai concorrenti non potrà non tener conto delle citate due sentenze della magistratura amministrativa.

6. Il futuro annunciato della gara per i rifiuti dell’Alta Umbria

Con la sentenza n.518 del 2019 il Tar Umbria ha riconosciuto sussistente in capo a tutti e tre i concorrenti sia la violazione dell’obbligo dichiarativo, sia la qualificazione dei fatti come “grave errore professionale”, tanto che la loro violazione e rilevanza hanno comportato l’esclusione e l’annullamento della gara. In particolare il Tar Umbria ha ritenuto che l’obbligo e la rilevanza dei fatti sono ravvisabili per Sogepu in una sentenza di condanna di una mandante da parte della Corte dei conti e nelle misure restrittive della libertà personale nei confronti degli amministratori di altra mandante, con conseguente provvedimento prefettizio di misure straordinarie interdittive; mentre per le altre due, Diodoro Ecologia e per Teknoservice, sarebbe la risoluzione in danno del contratto di appalto disposta da un Comune.

Costituisce, comunque, un principio oramai del tutto pacifico - afferma sempre lo stesso Tar Umbria - che “ una dichiarazione inaffidabile, perché - al di là dell'elemento soggettivo sottostante - incompleta, deve ritenersi, in quanto tale, lesiva degli interessi tutelati dall'ordinamento in materia di procedure ad evidenza pubblica, a prescindere dal fatto che l'impresa meriti sostanzialmente di partecipare alla gara (ex multis T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 21 gennaio 2019, n. 732; Consiglio di Stato, sez. IV, 28 luglio 2017, n. 3765; id. sez. IV , 7 luglio 2016 , n. 3014)” .

Il Consiglio di Stato con la sentenza in commento, nel ritenere che la valutazione sulla violazione dell’obbligo di dichiarazione ed il sindacato sulla rilevanza dei fatti non spetti all’autorità giudiziaria ma alla stazione appaltante e che lo stesso obbligo comprende “ tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante, ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico ”, non ha però rinunciato a dire che è “ già di per sé astrattamente e potenzialmente rilevante, ad avviso del Collegio, ai fini della sussistenza dell’obbligo dichiarativo ” la mancata dichiarazione della “ pendenza dell’indagine e del processo per responsabilità amministrativo-contabile … quant’anche i fatti che ne sono scaturigine, poiché essi si collegano strettamente ad una problematica contrattuale, peraltro relativa alla gestione della raccolta differenziata di rifiuti ”.

La stazione appaltante, AURI, dovrà ora effettuare quella valutazione dei fatti asseritamente costituenti “gravi errori professionali” che è stata omessa in precedenza e per la quale la gara è l'assegnazione a Sogepu sono state annullate dal Tar Umbria e confermate dal Consiglio di Stato.

In conclusione, non sembra che la stazione appaltante abbia molti margini per una valutazione diversa rispetto a quanto deciso dai giudici amministrativi, perché, nel caso in cui si dovesse discostare da tali pronunce, rischia di vedere nuovamente impugnati i propri atti da parte delle società escluse o da chi abbia un qualche interesse e di dover tornare al Tar Umbria, il quale, stando così le cose, non potrà che confermare quanto già deciso con la sentenza n.518 del 2019.