T.A.R. VENETO Sez. III n. 24 del 12 gennaio 2011
Rumore. Classificazione acustica

Il sindacato in sede giurisdizionale in materia di classificazione acustica del territorio incontra precisi limiti proprio nell'esigenza di non impingere nel merito delle valutazioni discrezionali di spettanza dell’ente locale: di conseguenza, il sindacato suddetto è esercitabile in presenza di illogicità, irrazionalità o travisamenti che denuncino la sussistenza del vizio di eccesso di potere. Di conseguenza, affinché possano essere censurate le scelte operate dall’amministrazione in questo ambito, occorre che il ricorrente dimostri che le scelte medesime siano illogiche o irrazionali, ovvero dettate da un’errata valutazione dei presupposti di fatto

 

 

N. 00024/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01199/2001 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 1199 del 2001, proposto da Gallo Franco, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Pellegrini, con domicilio presso la Segreteria del Tar ai sensi dell’art. 25 cod. proc. amm. ;


contro


Il. Comune di Cappella Maggiore, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli avvocati Giorgio Pinello e Maurizio Zanchettin, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Venezia, San Polo, 3080/L;

per l'annullamento

della delibera del Consiglio comunale di Cappella Maggiore n. 5 del 21.2.2001, avente a oggetto la “approvazione piano classificazione acustica nel territorio comunale e regolamento acustico comunale”, nella parte relativa all’inserimento dell’area di proprietà del ricorrente in classe V anziché in classe VI;


Visti il ricorso, con i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cappella Maggiore;

viste le memorie difensive prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del 10 dicembre 2010 il consigliere Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati A. Dal Bello, su delega di Pellegrini, per il ricorrente e G. Pinello per il Comune resistente;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


1.-Il ricorrente espone di essere proprietario di un’area situata nella zona industriale di Cappella Maggiore (TV) –zona D ai sensi del PRG comunale, nella quale svolge attività di riciclo rottami.

Nel 2000, ottemperando alle disposizioni della L. R. Veneto 10 maggio 1999, n. 21, recante “Norme in materia di inquinamento acustico” , normativa regionale attuativa della L. 26 ottobre 1995, n. 447, il Comune di Cappella Maggiore aveva incaricato un professionista affinché predisponesse uno studio sulla situazione territoriale del Comune, in vista della successiva approvazione di un piano di zonizzazione acustica del territorio medesimo.

In data 29.11.2001 il Consiglio comunale ha adottato, con la delibera n. 40, il piano di classificazione acustica e il relativo regolamento.

Successivamente, mediante delibera n. 5 (prot. n. 1797) del 21.2.2001, il Consiglio comunale ha approvato in via definitiva il piano e il regolamento acustico comunale.

Con questi atti l’intera zona industriale del Comune è stata inserita nella classe V di cui al DPCM 14.11.1997, concernente le “aree prevalentemente industriali”, interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni, anziché nella classe VI, relativa alle “aree esclusivamente industriali”, aree interessate in via esclusiva da attività industriali e prive di insediamenti abitativi (v. anche la DGRV n. 4313/93).

Nel medesimo piano di classificazione, all’interno della zona industriale –e quindi anche nell’area in cui si trova la proprietà del ricorrente- è stata individuata una “fascia di transizione” profonda 30 metri nella quale vengono applicati i limiti di rumore, ancora più restrittivi, previsti per la zona immediatamente adiacente (dall’esame degli atti non risulta con chiarezza se all’interno della fascia di transizione sono stati applicati i limiti di rumore previsti per le zone di classe IV o di classe III, ma questo aspetto non assume rilevanza decisiva ai fini del decidere. Sembra, comunque, che all’interno della fascia di transizione debbano essere rispettati i limiti della classe IV ).

Ciò posto il ricorrente ha impugnato la delibera n. 5 del 2001 nella parte che riguarda l’inserimento dell’area di sua proprietà in classe V (“aree prevalentemente industriali”) , come se si trattasse di area interessata dalla contemporanea presenza di insediamenti industriali e abitativi, anziché in classe VI (“aree esclusivamente industriali”), pur in assenza di insediamenti abitativi, contestando l’individuazione, sempre all’interno della zona industriale, di una fascia di transizione profonda 30 metri nella quale, come detto, si applicano limiti di rumorosità ancora più rigorosi.

In particolare il ricorrente lamenta violazione dell’art. 4, comma 1, lett. a), della legge 26.10.1995, n. 447. Violazione dei criteri di classificazione acustica del territorio comunale dettati dal DPCM 14.11.1997, tabella A. Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e irragionevolezza. Carenza di motivazione. Sviamento. Si contesta la legittimità della scelta comunale di classificare la zona industriale come zona di classe V, dal momento che all’interno della zona medesima non si trova alcun insediamento abitativo, dovendo invece tale classificazione (classe V -“aree prevalentemente industriali”) essere adottata per aree interessate dalla compresenza di insediamenti industriali ed abitativi. Nello specifico, il pregiudizio concreto per l’attività del ricorrente va individuato nel fatto che l’inserimento nella classe V comporta il rispetto del c.d. limite “differenziale”, che si stabilisce rapportando il rumore ambientale di fondo con il rumore causato dalla sorgente sonora. Il criterio differenziale non può superare i 5 db durante il giorno e i 3 db nel periodo notturno. Si tratta di un limite “fortemente oneroso e perfino vessatorio” in assenza di rumore di fondo, ad es. in zone isolate, e tale limite, proprio per questo, non si applica alle attività localizzate in zone esclusivamente industriali, nelle quali rimane applicabile il solo limite massimo di emissione e di immissione (sulle condizioni di non applicazione dei valori limite differenziali cfr art. 4, comma 1, del DPCM 14.11.1997). Nella specie si tratta di limite differenziale impossibile da rispettare. Il ricorrente, come già si è accennato, lamenta poi l’inserimento, nell’area di sua proprietà, della fascia di transizione, la quale soggiace a limiti acustici ancora più rigidi. La contestazione di fondo mossa alla delibera comunale si incentra sull’asserita errata applicazione del criterio discretivo tra la classe V e classe VI, criterio che presupporrebbe, ad avviso del ricorrente, il semplice accertamento della presenza -o assenza- di insediamenti abitativi. La zona nella quale il Gallo ha collocato la propria attività è una tipica zona industriale, non essendovi alcun insediamento abitativo al suo interno. Entro la zona industriale del Comune non è presente alcuna abitazione. Al confine con la proprietà del ricorrente, appena al di fuori della zona industriale sorge una singola abitazione, realizzata in zona agricola. Anche a voler considerare, ai soli fini della classificazione acustica, ricompresa nella zona industriale l’abitazione posta al confine, una singola abitazione non costituirebbe un “insediamento abitativo”. A distanza superiore vi è qualche altra abitazione sparsa. Nell’approvare il piano di classificazione acustica il Comune avrebbe omesso di considerare la preesistente destinazione d’uso, giuridica e di fatto, del territorio, come prescritto dall’art. 4, comma 1, lett. a), della legge 26.10.1995, n. 447. Il ricorrente, dopo avere rimarcato la incongruità della scelta del Comune, lamenta infine il vizio di difetto di motivazione, dato che la “relazione tecnica e zonizzazione” dell’aprile del 2000 si limita ad affermare che “per quanto riguarda la zona industriale non ci sono dubbi che essa sia da inserire in classe V”.

Resiste il Comune.

2.-Il ricorso è infondato e va respinto.

In via generale va premesso che:

-in base a quanto dispone l’art. 4, comma 1, lett. a) della l. n. 447/95, i comuni procedono alla classificazione acustica del proprio territorio “tenendo conto delle preesistenti destinazioni d’uso del territorio” medesimo;

-il DPCM 14 novembre 1997, per quanto qui più interessa, reca le seguenti definizioni: “classe V - aree prevalentemente industriali: rientrano in questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni”; “classe VI - aree esclusivamente industriali: rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi” (v. anche DGRV n. 4313 del 1993, recante criteri orientativi in materia ai comuni ai fini della suddivisione dei territori, secondo cui per aversi “insediamento abitativo” occorre una pluralità di abitazioni);

-il sindacato in sede giurisdizionale in materia di classificazione acustica del territorio incontra precisi limiti proprio nell'esigenza di non impingere nel merito delle valutazioni discrezionali di spettanza dell’ente locale: di conseguenza, il sindacato suddetto è esercitabile in presenza di illogicità, irrazionalità o travisamenti che denuncino la sussistenza del vizio di eccesso di potere (cfr. Cons. St., IV, n. 9302/09). Di conseguenza, affinché possano essere censurate le scelte operate dall’amministrazione in questo ambito, occorre che il ricorrente dimostri che le scelte medesime siano illogiche o irrazionali, ovvero dettate da un’errata valutazione dei presupposti di fatto;

- come è stato osservato dalla sezione (v. sent. n. 967/09), “la classificazione acustica del territorio deve coordinarsi e non sovrapporsi meccanicamente alla pianificazione urbanistica…la zonizzazione acustica si caratterizza per la tendenziale omogeneità con la zonizzazione degli strumenti urbanistici, la quale costituisce l’imprescindibile punto di partenza per la classificazione del territorio. Tuttavia, come è stato sottolineato, deve considerarsi che “tale corrispondenza non è perfettamente biunivoca e che anzi esiste un naturale scollamento fra le due tipologie di pianificazione, poiché lo strumento urbanistico disciplina l'assetto del territorio ai fini prettamente urbanistici ed edilizi, individuando le zone omogenee con criteri quantitativi, mentre la classificazione acustica ha riguardo all'effettiva fruibilità dei luoghi, valendosi di indici qualitativi (cfr. Tar Liguria, Sez. I, 28 giugno 2005, n. 985). La normativa vigente e, in particolare, l’allegato A) del DPCM 14 novembre 1997 e la deliberazione della Giunta regionale n. 4313 del 21 settembre 1993, richiedono che alle aree a destinazione industriale ricomprese nelle zone territoriali omogenee di tipo D siano attribuite le classi V o VI a seconda che esse si riferiscono, rispettivamente, ad aree prevalentemente industriali (con scarsità di abitazioni) o esclusivamente industriali (prive di insediamenti abitativi, ad eccezione della casa dei custodi o dei proprietari dell’attività industriale), ed è pertanto la presenza o meno di insediamenti abitativi diversi da quelli del custode o del proprietario nell’ambito dell’attività industriale l’elemento da considerare quale criterio discretivo tra le due classi. E’ evidente, inoltre, che l’attribuzione in concreto di una delle due classi in sede di pianificazione dell’intero territorio comunale è connotata da margini di apprezzamento discrezionale che, seppure ancorati all’accertamento di specifici presupposti di fatto, devono ricondurre a sintesi interessi tra loro confliggenti, quali la tutela della salute e la salvaguardia della libertà di iniziativa economica (cfr. Tar Lombardia, Brescia, 2 aprile 2008, n. 348; Tar Piemonte, Sez. II, 19 febbraio 2007, n. 714; Tar Veneto, Sez. III, 24 gennaio 2007, n. 187 ; Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 7 aprile 2005, n. 751)…”.

Guardando ora più di vicino al caso in esame, va sottolineato che:

- nei pressi del lotto di proprietà del Gallo –ove è esercitata una attività rumorosa all’aperto, e non all’interno di un capannone industriale, essendo l’area Gallo l’unico lotto della zona industriale a non essere edificato- esistono diverse abitazioni: non solo la –preesistente, a quanto consta- abitazione bifamiliare della ditta De Bastiani, che dista una decina di metri dall’area del Gallo, ma anche altre sei abitazioni, le quali ultime si trovano sì in un’area esterna alla zona industriale, ma distano dalla proprietà del Gallo appena tra i 60 e i 100 metri;

- l’attività del Gallo viene svolta non all’interno di una zona industriale isolata ma “al limite” della zona industriale, al confine tra aree di classe V e aree caratterizzate da una più intensa attività umana, in una “zona di frangia” interessata, appunto, dalla compresenza di attività industriali e insediamenti abitativi;

-ai fini di causa -nel senso dell’accoglimento del ricorso- non pare decisivo il rilievo secondo cui non esistono insediamenti abitativi all’interno della zona industriale di Via Mattarella. Va posto l’accento, invece, sulla discrezionalità affidata al Comune in materia, alla luce delle caratteristiche concrete delle diverse aree. Detto altrimenti, la scelta comunale di inserire una zona in classe V o in classe VI resta correlata a un apprezzamento discrezionale che tenga conto anche della presenza di insediamenti abitativi prossimi alla zona industriale, non potendo la classificazione derivare, in modo meccanico, dall’accertamento dell’assenza di abitazioni all’interno dei confini della zona industriale stessa. In questa prospettiva, la peculiare collocazione dell’attività del Gallo, prossima a un insediamento abitativo, rende non manifestamente irragionevole o arbitraria, e neppure viziata da erronea valutazione dei presupposti o da inadeguata rappresentazione della situazione di fatto, la scelta comunale di far rientrare l’area del ricorrente, come la restante zona industriale, in classe V, relativa alle aree prevalentemente industriali con scarsità di abitazioni, anziché in classe VI, che riguarda invece le aree interessate esclusivamente da attività industriali e prive di insediamenti abitativi (conf. anche la DGRV n. 4313/93 che, al p. 1.0. , detta il criterio orientativo di non creare micro suddivisioni di aree, al fine di evitare una zonizzazione troppo frammentata, individuando invece aree con caratteristiche omogenee o comunque ambiti funzionali significativi) ;

-anche la rilevata carenza di motivazione non sussiste. Infatti, la peculiare situazione del ricorrente è stata analizzata in modo specifico nella relazione tecnica redatta dal professionista incaricato dal Comune (v. relaz. cit. e nota difensiva P. A. , cui si rinvia);

-analogamente non irragionevole risulta l’individuazione della fascia di transizione tra le due classi: del resto la DGRV n. 4313/93 accorda sul punto un’ampia discrezionalità all’amministrazione comunale, alla luce della specifica situazione di fatto, laddove prevede che la fascia di transizione possa essere individuata totalmente nella zona di classe superiore o in quella di classe inferiore ovvero a cavallo delle stesse; anche rispetto a tale profilo, nella relazione tecnica viene fornita una motivazione adeguata.

In conclusione, se non si può escludere che apprezzamenti diversi dell’Amministrazione avrebbero potuto condurre a differenti soluzioni, ugualmente legittime, si ritiene tuttavia che le scelte adottate in concreto dal Comune non siano viziate né da irragionevolezza né da carenza di motivazione e che alla base delle scelte fatte non vi sia stato un travisamento dei presupposti di fatto.

Il ricorso deve essere perciò respinto ma le particolarità della vicenda trattata consigliano di compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari della controversia.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del 10 dicembre 2010 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore
Stefano Mielli, Primo Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/01/2011