Gli incentivi per le energie rinnovabili: il punto.
di Alberto PIEROBON
Anzitutto, va rammentato come l’energia sia <un bene economico diverso da tutti gli altri, il bene economico per eccellenza: pervade ogni aspetto dell’attività umana, ed è la conditio sine qua non di tutta l’economia e del sistema industriale, culturale e sociale in cui viviamo. L’energia serve per creare, elaborare e movimentare tutte le risorse di cui disponiamo. In poche parole, possiamo dire che l’energia è l’economia>[1].
L’incentivazione dello sviluppo energetico, in particolare delle fonti rinnovabili, (nell’obbiettivo comunitario del “due volte venti”: entro il 2020 si dovranno avere meno emissioni del 20% e un aumento dell’energia da fonti rinnovabili al 20% della domanda finale di energia) rientra nelle finalità comunitarie di raggiungere un sistema energetico globalmente sostenibile, dalla quale volontà non rimangono fuori finalità anche di sicurezza (per affrancarsi dalla dipendenza di energia prodotta extra UE), prima ancora che economiche (contenimento dei costi evitando di assumere l’energia come variabile esterna) ed ambientali (di combattere la dipendenza dai combustibili fossili – petrolio, carbone e gas naturale – tramite un mix energetico che va dal solare – fotovoltaico e termodinamico – geotermico, idroelettrico, eolico, biomassa, eccetera, il tutto in attesa di adottare una politica finalmente coesa e uniforme per tutti gli Stati membri della Unione Europea.
Come è stato anzitempo osservato sono tre i <principali obiettivi (…) alla base della politica energetica europea ed italiana dell'ultima decade: la promozione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in virtù della direttiva 2001/77/CE la liberalizzazione del mercato interno dell'energia, ai sensi della direttiva 2003/54/CE ed, infine, la riduzione di emissioni di gas serra, in ossequio al Protocollo di Kyoto>[2].
In questo contesto sono stati implementati e/o possono essere adottati diversi strumenti (direttamente o indirettamente) incentivanti l’energia rinnovabile, tra i quali citasi[3]:
a) i certificati verdi (o green certificates)[4];
b) le cosiddette “tariffe di alimentazione” o feed-in-tariffs[5];
c) i crediti fiscali;
d) gli schemi di garanzia dei prestiti;
e) i fondi statali.
Com’è noto, il D.Lgs. 16 marzo 1999, n.79 aveva dato <attuazione della direttiva Europea 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'elettricità> introducendo specifiche disposizioni sulle fonti di energia cosiddette “rinnovabili”[6].
In buona sostanza con il cit. D.Lgs. n.79/1999 veniva avviato un nuovo sistema di incentivi per l’energia prodotta da fonti rinnovabili, basato sui cosiddetti “certificati verdi” (sui quali vedasi oltre), sostituendosi il vecchio sistema di incentivazione (come vedremo, una sorta di sussidio), legato al cosiddetto CIP/6.
In pratica, col prefato decreto si intendeva introdurre nel mercato un meccanismo di concorrenza per il sostegno alle fonti rinnovabili e il coordinamento tra la loro promozione e la creazione di un mercato dell’energia elettrica. Il punto è che, a nostro modesto avviso, i prezzi di mercato non riflettono i cambiamenti climatici e gli impatti ambientali, anzi la loro “finanziarizzazione” potrebbe comportare turbative sui mercati (e il rischio di una “bolla”)[7].
I soggetti obbligati anziché produrre siffatta energia possono quindi acquistare i relativi diritti, pei quali l'art. 3 del cit. D.Lgs. rinviava ad un successivo decreto ministeriale. Ed è con il Decreto del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato di concerto con il Ministero dell'Ambiente, che sono state adottate le <Direttive per l'attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, dell'11 novembre 1999>, introducendo i cosiddetti “certificati verdi” [8].
Ogni certificato verde attesta la produzione di 100 MWh o di un multiplo di tale ammontare e viene emesso su richiesta dei produttori e sulla base di una autocertificazione, relativa alla produzione di energia avvenuta o alla producibilità attesa.
I certificati hanno validità annuale e possono essere acquistati dai soggetti onerati attraverso contratti bilaterali ovvero in un'apposita sede di contrattazione, gestita dal Gestore del Mercato Elettrico (GME), secondo procedure da esso stesse come definite con decreto del Ministero delle Attività Produttive 14 marzo 2003, recante la <Attivazione del mercato elettrico limitatamente i certificati verdi>.
Oltre ai titoli rilasciati ai produttori di energia rinnovabile, il GRTN può emettere ulteriori certificati - di cui è esso stesso titolare – relativi alla produzione di impianti CIP 6/92, ovvero degli impianti soggetti al risalente criterio di incentivazione tariffaria ex art. 3, comma 7, della legge 14 novembre 1995, n. 481, entrati in vigore dopo il 1 aprile 1999. Tali titoli sono immessi sul mercato ad un prezzo fisso, determinato in base alla differenza tra l'onere di acquisto della relativa elettricità ed i proventi della vendita della medesima elettricità. Il surplus di certificati di cui è titolare il GRTN ha una funzione di compensazione, di stabilizzazione del mercato.
Tra i diversi Paesi europei, almeno fino a qualche anno fa, esistevano diversi sistemi di incentivazione per le fonti di energia rinnovabile, per esempio risultano essere diversi[9]:
1) i soggetti assoggettati all'obbligo di acquisto dei certificati (in Italia: produttori ed importatori italiani; in Gran Bretagna: i distributori; in Olanda, Danimarca e Svezia: i clienti finali);
2) le tipologie delle tecnologie relative alle fonti rinnovabili considerate certificabili (per esempio: in Gran Bretagna si escludono o limitano l’incenerimento dei rifiuti, con criterio di composizione degli stessi; la Svezia e l’Olanda limitano gli incentivi all’energia idroelettrica);
3) le misure utilizzate a livello nazionale assieme al mercato dei certificati verdi (in alcuni Paesi si prevedono aiuti agli investimenti, esenzioni o sgravi fiscali, restituzioni di imposta oppure regimi di sostegno diretto dei prezzi);
4) la base dei meccanismi utilizzati per dare stabilità al mercato, a fronte della volatilità dei prezzi di tali titoli (la Danimarca, la Svezia e l’Olanda ammettono l’illimitata durata ai certificati e loro bancabilità;in Gran Bretagna i distributori possono ottemperare al loro obbligo annuale utilizzando certificati rilasciati precedentemente, ma solo in misura pari al 25% della quota dovuta);
5) il carattere della domanda di certificati (in Olanda volontario; obbligatorio in tutti gli altri Stati membri).
Come dianzi accennato, i certificati verdi sono dei titoli negoziabili che, appunto, certificano la produzione di energia elettrica da una delle fonti qualificate come “rinnovabili”[10], energia che può essere conferita direttamente al GSE (Gestore Sistema Elettrico nazionale) oppure ceduta ad un altro soggetto obbligato alla produzione di energia da fonti rinnovabili.
In buona sostanza i certificati verdi diventano alternativi alla tariffa omnicomprensiva (incentivo + ricavo da vendita energia) che risulta applicabile , su richiesta del gestore dell’impianto, agli impianti alimentati da fonti rinnovabili che abbiano potenza nominale media annua non superiore ad 1 MW (0,2 MW per gli impianti eolici).
Invece, gli impianti fotovoltaici non possono accedere alle incentivazioni tramite certificati verdi oppure alla predetta tariffa onnicomprensiva, in quanto ad essi impianti si applicano esclusivamente gli incentivi di cui al D.M. 19 febbraio 2007 <Criteri e modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, in attuazione dell’articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387>. Per tutti gli impianti di potenza nominale media annua fino a 200 kW è invece previsto il meccanismo dello “Scambio sul Posto” (cfr. D.M. 18 dicembre 2008, n.17, comma 2), che consente al gestore dell’impianto la compensazione tra il valore dell’energia elettrica immessa in rete e quello dell’energia elettrica consumata in un periodo differente da quello in cui avviene la produzione (in pratica il produttore sarebbe un cliente finale e l’energia immessa nella rete non comporta ricavi economici).
Altre forme di incentivazione, sempre gestite dal Gestore del Sistema Elettrico Nazionale (GSE) sono la Garanzia di Origine (GO) e i certificati RECS (Renewable Energy Certificate System), validi però solo su base volontaristica.
Per quanto riguarda i certificati verdi, il Gestore del Sistema Elettrico (GSE) su richiesta del gestore dell’impianto emette i Certificati Verdi avendo a riferimento la produzione di energia elettrica effettuata da fonti rinnovabili nel corso dell’anno precedente e ciascun certificato verde “vale” 1 MWh di energia elettrica.
Come già osservato, l’anzidetto D.Lgs. n. 79/1999, prevede che dal 2002, produttori e gli importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili siano obbligati ad immettere, ogni anno, nella rete una quota di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili. Tale quota deve arrivare al 2%[11] dell’energia elettrica prodotta o importata da fonte non rinnovabile nell’anno precedente, eccedente i 100 GWh/anno. L’obbligo può essere soddisfatto anche attraverso l’acquisto di certificati verdi riguardanti la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili effettuata da altri soggetti. Le negoziazioni per la compravendita dei certificati verdi possono avvenire nel mercato, in piena autonomia contrattuale delle parti, oppure nel mercato gestito dal Gestore dei Mercati Energetici (GME), cui possono partecipare gli operatori di mercato[12], come acquirenti o venditori.
Però, il quadro di sviluppo di questa incentivazione è venuto meno con l’avvento del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante <Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica> il cui articolo 45 stabilisce, infatti, la <Abolizione obbligo di ritiro dell'eccesso di offerta di certificati verdi> ovvero che (comma 1) <L'articolo 2, comma 149, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007[13] e l'art. 15, comma 1, del decreto del Ministro dello sviluppo economico 18 dicembre 2008 [14] sono soppressi>.
Come abbiamo già avuto occasione di segnalare in precedenti interventi[15], le disposizioni in parola consentivano che i certificati verdi non collocati sul mercato potevano essere acquistati (ad un valore cosiddetto ponderato-storico) dal GSE, in pratica consentendo la cosiddetta “bancabilità” delle iniziative. In altri termini, confidando nella certezza (con relativo inserimento nel business plan o nel piano economico finanziario) dei ricavi derivanti dagli investimenti in siffatta iniziativa (impianto) si sosterrebbe la sua convenienza (e appetibilità imprenditoriale) economica, oltre che la sua finanziabilità bancaria (per esempio di un project financing, di un mutuo, eccetera) grazie al fatto, si ripete, che il GSE comunque si impegnava a ritirare ad un determinato prezzo i certificati non collocati sul mercato cosiddetto “libero”. Inoltre, siffatto intervento del GSE avrebbe comportato un effetto “calmierante” rispetto allo eccesso di collocazione (di offerta) nel mercato dei certificati verdi.
Eliminando questo sistema venivano quantomeno a compromettersi le iniziative di produzione di energia da fonti rinnovabili, poiché – in sostanza – viene meno la finanziabilità e la sostenibilità (nel tempo) dell’investimento. A livello “macro” eliminando questa voce di costo, si prevede un “risparmio” stimabile tra i 500 e i 600 milioni di euro annui, finanziate dagli utenti “Enel” (vedi la voce: A3).
Con la Legge 4 giugno 2010, n. 96, recante < Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee - Legge comunitaria 2009[16]> all’art. 17 venivano stabiliti i <Principi e i criteri direttivi per l’attuazione delle direttive 2009/28/CE, 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2009/119/CE. Misure per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale alla normativa comunitaria in materia di energia, nonché in materia di recupero di rifiuti>. E così, per il comma 1: <Nella predisposizione del decreto legislativo di attuazione della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo 2 della presente legge, in quanto compatibili, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi:> alla lett. “h” <adeguare e potenziare il sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza e del risparmio energetico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche mediante l’abrogazione totale o parziale delle vigenti disposizioni in materia, l’armonizzazione e il riordino delle disposizioni di cui alla legge 23 luglio 2009, n. 99[17], e alla legge 24 dicembre 2007, n. 244>.
In sede di conversione del decreto legge 20 maggio 2010, n. 72 <misure urgenti per il differimento di termini in materia ambientale e di autotrasporto, nonchè per l'assegnazione di quote di emissione di CO2> nella Legge 19 luglio 2010, n.111 venivano abrogati, proprio <in attuazione del principio di invarianza degli oneri a carico dell'utenza elettrica>, i commi 18 e 19 dell'art. 27 della Legge n. 99/2009. E qui ricordiamo con quanto evidenziato nelle schede di lettura all’uopo predisposte <che i certificati verdi possono essere utilizzati per assolvere all’obbligo, posto a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili. La legge 99/2009 trasferisce tale obbligo, a decorrere dal 2011 (termine poi differito al 2012 dal D.L. n. 135 del 2008), dai produttori e importatori ai soggetti che concludono con la società Terna Spa (responsabile del servizio di dispacciamento) uno o più contratti di dispacciamento di energia elettrica in prelievo. A partire da tale data, quindi, la quota obbligatoria di produzione di energia da fonti rinnovabili sarà calcolata sul consumo e non più in base alla produzione e all'import come precedentemente previsto>[18].
Ma un cambio (seppur parziale) di tendenza avviene anche in sede di conversione del succitato d.l. n.78/2010 in Legge 30 luglio 2010, n. 122 (G.U. 30 luglio 2010, n. 176 S.O.) ove viene, tra altro, modificato l’art.45 <Disposizioni in materia di certificati verdi e di convenzioni CIP6/92>, comma 3, come segue:
<All’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dopo il comma 149 è inserito il seguente: « 149-bis. Al fine di contenere gli oneri generali di sistema gravanti sulla spesa energetica di famiglie ed imprese e di promuovere le fonti rinnovabili che maggiormente contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi europei, coerentemente con l’attuazione della direttiva 2009/28/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, da emanare entro il 31 dicembre 2010, si assicura che l’importo complessivo derivante dal ritiro, da parte del GSE, dei certificati verdi di cui al comma 149, a decorrere dalle competenze dell’anno 2011, sia inferiore del 30 per cento rispetto a quello relativo alle competenze dell’anno 2010, prevedendo che almeno l’80 per cento di tale riduzione derivi dal contenimento della quantità di certificati verdi in eccesso»>.
Si è quindi voluto attenuare il “taglio” agli interventi (in essere e potenziali) relativi alle fonti rinnovabili, prevedendo un risparmio (per il GSE e per i contribuenti) che, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe essere canalizzato al settore della ricerca e dell’università, rinviando ad un decreto ministeriale di stabilire le concrete modalità operative[19].
E con il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 2 agosto 2010, attuativo dell’art.4, comma 7, del Decreto 2 dicembre, avente ad oggetto <Criteri e parametri per il calcolo del corrispettivo da riconoscere agli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da combustibili fossili per la risoluzione anticipata della convenzione CIP 6 in essere> (entrato in vigore il 29/09/2010) <definisce criteri e parametri per il calcolo del corrispettivo da riconoscere agli impianti di produzione di energia elettrica, alimentati da combustibili fossili e oggetto delle convenzioni Cip 6 in essere che aderiscono alla risoluzione anticipata delle medesime convenzioni, nonché le modalità e tempistiche per le erogazioni> (così l’art.1, comma 1)
Infine, sempre il Ministero dello Sviluppo Economico ha adottato un nuovo decreto[20] che consente, oltre allo spostamento dei termini per la stipula del contratto di risoluzione CIP/6/92 tra il GSE e gli operatori, anche la rateizzazione dei corrispettivi, - così come quantificati dal cit. D.M. 2 agosto 2010 -, da erogare da parte del GSE ai produttori di energia elettrica per i soli impianti alimentati da combustibili fossili, che intendono aderire volontariamente alla risoluzione di cui trattasi, al fine di non aggravare l’indebitamento cui il GSE sarebbe occorso nel caso di erogazione unica (limitando così l’impatto sui consumatori, riducendo lo specifico onere che incide sul prezzo finale dell’energia elettrica) .
Altri, sempre recentissimi, decreti del Ministero dello Sviluppo economico intervengono – direttamente o indirettamente – nell’incentivazione di cui trattasi: citasi, solo per fare un esempio, quello datato 15 ottobre 2010 adottato <al fine di promuovere lo sviluppo delle imprese nell’ambito delle fonti di energia rinnovabile e del risparmio energetico e con particolare attenzione allo sviluppo delle relative filiere produttive> ove vengono disciplinati <i termini, le modalità e le procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore dei programmi di investimento riguardanti la produzione di beni strumentali funzionali allo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili e al risparmio energetico nell’edilizia> allocando 300 milioni di euro (a valere sul POI “Energie rinnovabili e risparmio energetico” 2007-2013, destinate a programmi riferiti a unità produttive ubicate nei territori dell’obiettivo Convergenza: Campania, Calabria, Puglia, Sicilia).
[1] R.LINDZEN-H.J.SCHELLNHUBER, Riscaldamento globale minaccia o fenomeno mediatico?, in Progettare l’energia, (a cura di) E. CASADEI, Milano, 2008, pagg.15-16. Anche nel capitolo <Le fonti alternative> da altri viene ribadito, pag.98, che <l’energia è prima di tutto un bene economico,anzi il bene economico per eccellenza che tiene viene le fondamenta della nostra civiltà industriale>:
[2] G.GOLINI, Certificati verdi: prime valutazioni e tendenze, in Ambiente n.12/2003, pag.1147 ss. che ricorda come i tre obiettivi siano derivati: 1) dalla Direttiva 2001/77/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo del 27 settembre 2001 sulla promozione di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità; 2) dalla Direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2003, abrogante la direttiva 96/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 dicembre 1996, recante norme comuni per il mercato interno dell'elettricità»; 3) dal Protocollo di Kyoto di cui alla Convenzione Quadro sui cambiamenti climatici (1992), 1-10 dicembre 1997.
[3] Si rinvia al nostro breve intervento in questa Rubrica (di giugno 2010) titolato <Le biomasse e l’art.45 del d.l. 31 maggio 2010, n.78 e il decreto Ministero Agricoltura del 2 marzo 2010: aggiornamento e primi appunti>, ma la tematica sarà approfondita e meglio disaminata in un apposito, corposo, lavoro riordinante la relazione tenuta dallo scrivente, su: <Le biomasse tra rifiuti ed energia: spunti ricostruttivi e problematiche> in data 21/06/2010, a Livorno, nell’ambito del Convegno organizzato dalla Fondazione Santa Chiara per lo studio del diritto e dell’economia dell’ambiente, titolato <Agricoltura, energia e ambiente: quali opportunità territoriali. Attualità nei suoi aspetti giuridici, tecnici, economici, logistici (km zero)>.
[4] La ratio del sistema dei Green Certificates – che in Italia vengono rilasciati dal GSE - risiede soprattutto nella creazione di un mercato che pone in competizione i vari produttori di energie da fonte rinnovabile. In tal modo, invero, gli attuatori dei piani politici ed economici si assicurano la produzione di una determinata quantità di energia verde nel modo più efficace dal punto di vista dei costi.Il sistema in questione, inoltre, permette da un lato di sfruttare l’energia elettrica generata da fonte rinnovabile per produrre elettricità, che viene normalmente venduta nel mercato dell’energia e, dall’altro, da luogo per l’appunto ai Green Certificates in questione, i quali rappresentano titoli con vita autonoma rispetto all’energia che rappresentano, commercializzabili su un mercato dedicato, distinto e separato rispetto al mercato dell’energia elettrica. In tale mercato i citati documenti vengono scambiati, sia a livello nazionale che internazionale, tra i produttori, distributori e venditori di energia e trader. Il costo per la certificazione ed il funzionamento di tale sistema viene generalmente coperto dal sovraprezzo addebitato ai consumatori finali che, sottoscrivendo i cosiddetti ‘contratti verdi’, acquistano l’energia certificata RECS. E’ bene notare come, in generale, il sistema dei Green Certificates, implicando una serie di passaggi dei certificati stessi, comporti indubbiamente un aumento dei costi per gli attori che operano nel relativo mercato. Un sistema dei certificati energetici uniforme a livello europeo con prezzi adattati alle esigenze specifiche del singolo Paese, inoltre, anziché la previsione di diversificati sistemi adottati a livello nazionale, sarebbe sicuramente auspicabile per il futuro. L’armonizzazione di tale efficace strumento, infatti, si rifletterebbe, da un lato, in un indubbio effetto positivo sul mercato in questione con conseguente abbassamento dei costi della produzione di energia da fonte rinnovabile e, dall’altro, in un significativo incentivo all’investimento in tale settore.
[5] È uno strumento basato sul prezzo , ovvero viene stabilito un importo fisso corrisposto per l’acquisto di energia da fonte rinnovabile. Può prevedere l’obbligo delle società distributrici di energia, operanti nei vari Paesi, di garantire un accesso prioritario alla rete elettrica ai produttori di energie rinnovabili, oltre ad acquistare questa energia ad una tariffa fissa e garantita per un determinato periodo di tempo. Solitamente il prezzo è per kilowattora (kWh) che riceve un produttore di energia da fonte rinnovabile, includendovi la maggiorazione rispetto al prezzo di mercato, ed escludendosi le deduzioni fiscali e/o altre sovvenzioni dello Stato. Peraltro, vengono diversificate le tariffe a seconda del tipo di tecnologia cui vengono applicate (solare, eolica, eccetera) e di altri elementi. In tal modo la produzione energetica da queste fondi può competere con il mercato energetico “tradizionale o classico”. Per gli altri Stati comunitari l’esperienza tedesca ha costituito un importante riferimento.
[6] tra cui la norma sulla precedenza nel dispacciamento dell'elettricità prodotta da tali fonti (art. 11, comma 4) e l’obbligo (dal 2001, in realtà 2002) alle imprese produttrici ed importatrici di elettricità, di immettere in rete una quota minima di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili (nuovi o ripotenziati, entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999: art.11, comma 1), quota inizialmente pari al 2% della produzione o importazione di elettricità derivante da fonte convenzionale eccedente i 100 GWh, calcolata al netto della cogenerazione, degli autoconsumi di centrale e delle esportazioni (art. 11, comma 2).
[7] Torneremo sull’argomento della cosiddetta “finanziarizzazione” del settore ambientale in un apposito lavoro, in corso di redazione.
[8] rilasciati dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN) in favore dei produttori di energia da fonti rinnovabili, per i primi otto anni di esercizio degli impianti. Il GRNT provvede altresì: alla qualificazione degli impianti alimentati a fonte rinnovabile, all'emissione e all'annullamento dei certificati verdi, alla registrazione di tutte le transazioni ad essi relative e alla stabilizzazione del mercato, attraverso azioni volte a compensare le fluttuazioni produttive annuali e l'offerta insufficiente. Sui certificati verdi la disciplina è stata più volte oggetto di modifiche, citasi il Decreto del Ministero delle Attività produttive 18 marzo 2002 recante, appunto, <Modifiche e integrazioni al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro dell'ambiente, 11 novembre 1999, concernente ''Direttive per l'attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1, 2e 3 dell'art. 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79''>.
[9] Riprese da G.GOLINI, Certificati verdi: prime valutazioni e tendenze, cit., la quale Autrice concludeva affermando come <La presenza di tali e tante differenze tra modelli nazionali rappresenta un sicuro ostacolo alla creazione di un eventuale sistema integrato di commercio di certificati verdi a livello europeo, considerato, invece, vantaggioso per vari motivi. In primo luogo, esso assicurerebbe una più efficace allocazione delle risorse, dal momento che gli impianti sarebbero ubicati negli Stati incui sarebbe possibile produrre una maggiore quantità di energia rinnovabile, ad un costo inferiore. In secondo luogo, un mercato più vasto sarebbe al contempo tendenzialmente più stabile, poiché il maggior numero di certificati presenti su di esso ne ridurrebbe la volatilità di prezzo, dovuta al carattere imprevedibile ed instabile della produzione di energia da fonti rinnovabili. In terzo luogo, il commercio internazionale di certificati consentirebbe un più facile raggiungimento degli obiettivi nazionali relativi alle fonti rinnovabili, permettendo agli Stati membri di far fronte ad eventuali carenze di certificati, importandoli da altri Stati con eccesso di tali titoli. Il conseguimento dei suddetti vantaggi è, tuttavia, subordinato alla creazione di un mercato internazionale realmente fluido e trasparente e richiede, quindi,l'armonizzazione degli elementi discordi presenti negli attuali sistemi nazionali>.
[10] Ex multis, si vedano G.GOLINI, Certificati verdi: prime valutazioni e tendenze, cit.
[11] Negli anni successivi la quota minima di elettricità prodotta da fonti rinnovabili da immettere in rete nell’anno successivo è stata aumentata.
[12] Ovvero una volta ottenuta la qualifica di operatore di mercato da parte del GME: il GSE, i produttori nazionali ed esteri, gli importatori di energia elettrica, i clienti grossisti e le formazioni associative (associazioni di consumatori e utenti, ambientaliste, sindacati).
[13] Articolo 2, comma 149, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007: <A partire dal 2008 e fino al raggiungimento dell’obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili e dei successivi aggiornamenti derivanti dalla normativa dell’Unione europea, il GSE, su richiesta del produttore, ritira i certificati verdi, in scadenza nell’anno, ulteriori rispetto a quelli necessari per assolvere all’obbligo della quota minima dell’anno precedente di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, a un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi registrato nell’anno precedente dal Gestore del mercato elettrico (GME) e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ogni anno>.
[14] Articolo 15, comma 1, del D.M. Sviluppo Economico 18 dicembre 2008: <Al fine di garantire graduale transizione dal vecchio ai nuovi meccanismi di incentivazione e non penalizzare gli investimenti già avviati, nel triennio 2009-2011, entro il mese di giugno, il GSE ritira, su richiesta dei detentori, i certificati verdi rilasciati per le produzioni, riferite agli anni fino a tutto il 2010, con esclusione degli impianti di cui all'art. 9, comma 2, lettera b). La richiesta di ritiro è inoltrata dal detentore al GSE entro il 31 marzo di ogni anno del triennio 2009-2011. Il prezzo di ritiro dei predetti certificati è pari al prezzo medio di mercato del triennio precedente all'anno nel quale viene presentata la richiesta di ritiro. I certificati verdi ritirati dal GSE possono essere utilizzati dallo stesso GSE per le finalità di cui all'art. 14, commi da 1 a 3>.
[15] Nella rubrica “Speciale Ambiente” in Gazzetta enti locali on line, Maggioli.
[16] in G.U. n. 146 del 25/06/2010, Suppl. Ordinario n. 138.
[17] Questa Legge venne approvata in seguito alla sproporzione nel riconoscimento dei CIP/6 alle produzioni di fonte di energia elettrica cosiddette “assimilate”, rispetto a quelle di cosiddette “rinnovabili”, alla durata eccessiva delle convenzioni Cip/6/92 così come anche il prezzo pagato dal GSE significativamente più alto rispetto a quello di mercato. L’art.30, comma 20 della Legge n. 99/2009 prevedeva che entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas proponesse al Ministro dello sviluppo economico adeguati meccanismi da disporre con decreti del medesimo Ministro per la risoluzione anticipata delle convenzioni CIP/6/92 con i produttori che volontariamente avrebbero aderito a detti meccanismi, prevedendo al contempo che gli oneri che sarebbero derivati dalla risoluzione anticipata da liquidare ai produttori dovessero essere, necessariamente, inferiori a quelli che si sarebbero realizzati, In effetti il Ministero dello Sviluppo Economico ha poi adottato il decreto del 2 dicembre 2009 che ha previsto (in quanto il regime del Cip n.6/92 viene <ritenuto scarsamente efficiente rispetto ad un assetto di mercato liberalizzato> vedi art.1, comma 1, lett.”a”, ultimo periodo) i meccanismi per la risoluzione anticipata e volontaria delle convenzioni Cip/6/92 ancora in essere con il Gestore Servizi Energetici (GSE). Questi meccanismi di risoluzione anticipata delle convenzioni CIP/6/92 non si applicano per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili e di rifiuti, ma solo per quei produttori di energia elettrica da combustibile di processo o residui o recuperi di energia (es. gas siderurgici, tar di raffineria, ecc.) nonché per gli impianti assimilati alimentati da combustibili fossili.
[18] XVI^ legislatura, Disegno di legge A.S. n. 2257, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 maggio 2010, n. 72, recante misure urgenti per il differimento di termini in materia ambientale e di autotrasporto, nonchè per l'assegnazione di quote di emissione di CO2",Schede di Lettura, Servizio Studi, ufficio ricerche nei settori dell'ambiente e del territorio luglio 2010 n. 231 .
[19] Il ripensamento da parte del legislatore è stato sostenuto, tra l’altro, anche dalla pubblicazione delle linee guida di sviluppo delle energie rinnovabili contenute nel Piano di Azione Nazionale del Ministero dello Sviluppo Economico (MSE): un documento programmatico che dovrà essere recepito nella decretazione attuativa della Legge Comunitaria 2009 entro il mese di dicembre 2010, con cui si conferma l’impegno del Paese al raggiungimento degli obiettivi in tema di risparmio ed efficientamento energetico e di produzione elettrica da fonti rinnovabili. Vengono addirittura identificati target produttivi decisamente superiori a quelli precedentemente noti, che comportano la crescita del settore eolico di dieci volte rispetto alla potenza attualmente raggiunta, il raddoppio di quella da biomasse e il raggiungimento di una massa di impianti fotovoltaici trenta volte superiore a quella odierna). Il MSE ribadisce l’importanza e il ruolo dei diversi sistemi di incentivazione, tra cui quello dei CV, nel raggiungimento degli obiettivi strategici e ne prefigura il riordino organico nell’ottica del potenziamento e dell’adeguamento periodico all’evoluzione dei costi e degli scenari.
[20] In corso di registrazione da parte della Corte dei Conti e che sarà successivamente pubblicato.