TAR Campania (NA) Sez. VIII n.4878 del 18 ottobre 2017
Sviluppo sostenibile.Legittimità dei criteri per la individuazione delle aree non idonee all' installazione di impianti eolici fissati dalla Regione Campania
La Regione non ha adottato il criterio della distanza; e neppure ha prescritto “limiti generali, valevoli sull'intero territorio regionale”: il criterio elaborato dalla Regione appare piuttosto finalizzato ad evitare un’eccessiva concentrazione di impianti in talune aree, ed il criterio in questione serve per l’appunto ad individuare le aree da ritenersi tali. A ciò si aggiunga che, in base alle linee guida, le Regioni possono – nell’individuazione di aree e siti non idonei all’istallazione degli impianti in questione – “tenere conto sia di elevate concentrazioni di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili nella medesima area vasta prescelta per la localizzazione, sia delle interazioni con altri progetti, piani e programmi posti in essere o in progetto nell'ambito della medesima area”. Segnalazione e massima Avv. M. BALLETTA
Pubblicato il 18/10/2017
N. 04878/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00372/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 372 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Macchialupo S.r.l. in persona dell’Amministratore e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al presente atto, dall’Avv. Mario Zotta del Foro di Roma c.f. ZTTMRA73L25H501F, domiciliati ope legis in Napoli presso la Segreteria Tar;
contro
Regione Campania, in persona del Presidente legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Tiziana Monti, Almerina Bove, Maria D'Elia, con domicilio eletto presso lo studio Tiziana Monti in Napoli, via S.Lucia,81;
nei confronti di
Comune di Lacedonia, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
a) della delibera di Giunta Regionale n. 533 del 4 ottobre 2016, pubblicata sul BURC n.77 il successivo 21 novembre 2016 avente ad oggetto “criteri per la individuazione delle aree non idonee all' installazione di impianti eolici con potenza superiore a 20 kw, ai sensi del comma 1 dell'art.15 legge regionale 5 aprile 2016; b) del decreto Dirigenziale n. 442 del 05 dicembre 2016, con il quale sono stati individuati i Comuni le cui aree risultano “sature” e, quindi non idonee all’installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte eolica; c) della delibera di Giunta Regionale n. 532 del 4 ottobre 2016, pubblicata sul BURC n.77 il successivo 21 novembre 2016 avente ad oggetto “Art.15 legge regionale 5 aprile 2016. Approvazione degli indirizzi per la valutazione degli impatti cumulativi di impianti di produzione di energia elettrica da fonte eolica di potenza superiore a 20 KW; d) di ogni atto ad essi preordinato, presupposto, connesso, consequenziale e/o conseguente anche allo stato non conosciuto ed in particolare: - della Comunicazione di rigetto dell’istanza ...di rilascio dell’Autorizzazione Unica ex art. 12 D.lgs. 387/2003 e ss.mm.ii, per la realizzazione di un impianto Eolico per la produzione di energia elettrica, proposto dalla Società Macchialupo, Prot. 2016.0803096 del 09 dicembre 2016, comunicato a mezzo pec; nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso o consequenziale;
nonché, con motivi aggiunti depositati in data 03.04.2017, e) della nota prot. 61671 del 30 gennaio 2017, comunicata a mezzo pec in pari data avente ad oggetto “Osservazioni al preavviso di rigetto all’impianto eolico da ubicarsi nel comune di Lacedonia”; nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso o consequenziale.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2017 il dott. Guglielmo Passarelli Di Napoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 372 dell’anno 2017, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva:
di aver presentato, in data 14.06.2007, domanda di avvio del procedimento di rilascio dell’autorizzazione per l’installazione e l'esercizio di un nuovo impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica denominato "Parco eolico Macchialupo", in Lacedonia, contrada Macchialupo, su terreni di sua proprietà; all’istanza di avvio della procedura semplificata ai sensi dell'art. 10 comma 5 delle linee guida della Regione Campania, con priorità di valutazione, veniva assegnato il codice di progetto n. 387/394;
di aver presentato, il 22 dicembre 2008, proposta di variante al progetto, istanza acquisita il successivo 21 gennaio 2009 al protocollo Regionale n. 0052723;
che il 23 dicembre 2009 veniva protocollata in entrata al Servizio di Valutazione di Impatto Ambientale della Regione Campania, “domanda di avvio della procedura di VIA” del progetto denominato Parco Eolico Macchialupo della potenza di 21,9 MW;
di aver protocollato, il 2 febbraio 2010, decorsi inutilmente i termini di conclusione del procedimento, in entrata alla Regione Campania, istanza di conclusione del procedimento;
di aver nuovamente sollecitato, il 20 maggio 2011, essendo risultati vani i solleciti a concludere il procedimento trasmessi all’Amministrazione e trascorso oltre un anno dalla richiesta di parere VIA, la conclusione del procedimento, riproducendo per comodità tutta la documentazione già agli atti;
che il 31 maggio 2011, con nota prot. 2011.0428784, la Regione resistente comunicava la convocazione della conferenza di servizi per “l’autorizzazione all’installazione ed esercizio di un impianto eolico per la produzione di energia elettrica, proposto dalla società Macchialupo Srl delle Potenza di 21,9 MW ubicato nel Comune di Lacedonia (AV)” al successivo 19 luglio 2011;
che il 19 luglio 2011, avendo omesso il Servizio VIA della Regione Campania di concludere il procedimento nei termini di legge, la medesima Regione, di cui la commissione VIA è organo interno, disponeva “la sospensione della conferenza di servizi ai sensi del punto 14.13 delle Linee Guida Nazionali approvate con DM 10/9/2010” in attesa del rilascio del relativo Decreto VIA;
che il 13 giugno 2014, decorsi oltre 4 anni dalla presentazione della domanda di autorizzazione VIA, l’odierna resistente, con nota prot. 2014.0407022 comunicava che nella seduta dell’8 maggio 2014 la Commissione VIA-VAS, non avendo rinvenuto parte della documentazione in atti, aveva nuovamente sospeso il procedimento in attesa di integrazioni;
che con nota acquisita al protocollo Regionale n. 0533659 del 31 luglio 2014, la scrivente, a riscontro delle richieste avanzate dall’Amministrazione in indirizzo, chiariva la correttezza e la completezza della pratica, allegando nuovamente la documentazione già in possesso dell’Amministrazione fin dal 21 gennaio 2009; forniti i chiarimenti richiesti e tenuto conto degli orientamenti espressi dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 13 del 30 gennaio 2014 in materia di impianti eolici, l’odierna ricorrente sollecitava nuovamente e reiteratamente la conclusione del procedimento;
che il 24 maggio 2016, a distanza di oltre 5 anni dall’avvio dell’istruttoria, la Commissione VIA, esaminata l’istanza di valutazione di impatto Ambientale del Parco Eolico per la produzione di energia elettrica, proposto dalla Società Macchialupo S.r.l. della potenza di MW 21,9 ubicato nel comune di Lacedonia (AV), esprimeva “parere favorevole”;
che il 23 giugno 2016, non avendo l’Amministrazione convocato la conferenza di servizi decisoria, l’odierna ricorrente, trasmetteva il parere VIA alla Regione, Servizio Energia, con contestuale istanza di indizione della conferenza di servizi e conclusione del procedimento;
che, rimasta l’istanza inoltrata priva di riscontro, in data 26 luglio 2016, la Macchialupo Srl inoltrava, nuova, formale diffida a concludere il procedimento alla Regione e, quindi, successivamente in data 23 settembre, 5 ottobre 2016, 27 ottobre e 2 novembre 2016;
che il 4 ottobre 2016, ad oltre 100 giorni dal rilascio del Parere favorevole VIA, ma nelle more della convocazione della conferenza di Servizi da parte della Regione, la Giunta regionale, su proposta della Direzione Regionale Sviluppo Economico e le Attività Produttive, Direzione competente alla convocazione della Conferenza di Servizi, deliberava di “approvare ... i Criteri per l’individuazione delle aree non idonee all’installazione di impianti eolici con potenza superiore a 20 Kw”;
che l’11 novembre 2016, nelle more della pubblicazione della DGR 533/2016, impugnata in questa sede, veniva comunicata all’odierna ricorrente la convocazione della Conferenza di Servizi decisoria, conferenza indetta il successivo 30 novembre 2016; il 21 novembre 2016, la Regione Campania pubblicava la DGR 533/2016 sul BURC; il 30 novembre 2016, presso la Giunta Regionale si teneva la Conferenza di Servizi. Il 5 dicembre 2016, veniva pubblicato sul BURC il Decreto Dirigenziale n. 442/2016 recante oggetto “DGR n. 533 del 4/10/2016 – Individuazione Comuni Saturi” anch’esso impugnato in questa sede;
che il 9 dicembre 2016, veniva comunicato all’odierna ricorrente, il verbale della Conferenza di Servizio con contestuale “comunicazione di rigetto dell’istanza, ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241/90 e ss.mm.ii, di rilascio dell’Autorizzazione Unica ex art. 12 del D.lgs. 387/2002 e ss.mm.ii”;
di aver pertanto impugnato gli atti in questione;
che, nelle more, l’Amministrazione adottava il rigetto dell’istanza, e di aver pertanto impugnato anche tale atto con motivi aggiunti.
Instava quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali.
Si costituiva l’Amministrazione chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza del 26.09.2017, il ricorso è stato assunto in decisione.
DIRITTO
1.1. La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi: 1) come chiarito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 13 del 30.01.2014, su questione sollevata da questo stesso TAR, nell’ambito della normativa comunitaria e nazionale in materia di installazione di fonti di energia rinnovabile “La normativa statale (art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003) consente alle Regioni un limitato margine di intervento, al solo fine di individuare «aree e siti non idonei all'installazione di specifiche tipologie di impianti», in attuazione delle predette linee guida.” La Regione resistente, con i provvedimenti impugnati, in evidente contrasto con gli obiettivi comunitari e nazionali di promozione dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, ha inteso introdurre un limite generale alla produzione di energia rinnovabile da fonte eolica, applicato indistintamente a tutto il territorio regionale. In particolare la DGR n. 533/2016 impugnata, di cui il decreto dirigenziale 442/2016 e la comunicazione 2016.0803096, anch’essi impugnati, costituiscono provvedimenti conseguenti, ha dichiarato “non idonee all’installazione di nuovi impianti eolici le aree situate in Comuni il cui “carico insediativo medio comunale” supera di cinque volte il carico insediativo medio regionale”. Dunque, la Regione non ha indicato le singole aree inidonee all’installazione degli impianti, ma ha sancito un limite generale alla produzione di energia da fonti rinnovabili, limite valevole, indistintamente, sull’intero territorio regionale; 2) violazione del d.lgs. 387/2003 e del DM 10.09.2010; le linee guida fissate dal DM 10.09.2010 stabiliscono che le Regioni possono porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio per l'installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati da fonti rinnovabili, esclusivamente nell'ambito e con le modalità di cui al paragrafo 17. “Le Regioni possono procedere alla individuazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità di cui al suddetto punto e sulla base dei criteri di cui all'allegato 3.” L'allegato 3 prevede che l'individuazione delle aree e dei siti non idonei alla realizzazione degli impianti in questione «deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto» e che non può riguardare «porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi nell'identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela»”; 3) violazione dei principi del giusto procedimento; l’amministrazione resistente al fine di applicare retroattivamente i provvedimenti impugnati al procedimento - pendente da oltre 8 anni - ha, dapprima, ritardato la convocazione della conferenza di servizi decisoria fino all’11 novembre 2016, data successiva all’adozione della DGR 533/2016, quindi, ha rinviato la conferenza medesima a data successiva alla pubblicazione della DGR medesima ed, infine, ha posticipato il provvedimento conclusivo all’adozione della delibera di individuazione dei Comuni saturi;
1.2. nonché per i seguenti motivi aggiunti: 1) violazione dell’art. 10 bis l. n. 241/1990, atteso che le osservazioni della ricorrente non sono state minimamente considerate; la Regione si è limitata a ribadire quanto aveva affermato nel preavviso di rigetto, senza valutare quanto esposto dalla ricorrente; 2) l’Amministrazione ha surrettiziamente cercato di conferire efficacia retroattiva al Decreto, finendo per rigettare un progetto già approvato in sede di VIA, in violazione della nota regola generale del nostro ordinamento dell’irretroattività dei provvedimenti; 3) illegittimità derivata da quella degli atti già impugnati col ricorso introduttivo.
1.3. La Regione, in memoria depositata in data 16.02.2017, ribadiva la legittimità del provvedimento impugnato.
In memoria depositata in data 21.07.2017 la Regione rinviava alla memoria del 16.02.2017, ribadendo l’infondatezza del ricorso e la sua inammissibilità per omessa impugnativa della delibera di GR 532/2016.
2.1. Preliminarmente, va respinta l’eccezione di inammissibilità opposta dalla Regione, atteso che la delibera di GR n. 532/2016 risulta espressamente impugnata dalla parte ricorrente (atto sub c) in epigrafe).
2.2. Nel merito, il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
L' art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità) disciplina il procedimento volto al rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. I commi 3 e 4 del suddetto art. 12 prevedono che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o dalle Province delegate dalla Regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla Regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. L'autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).
2.3. Il comma 10 del medesimo art. 12 dispone che le linee guida devono essere approvate in Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive (oggi Ministro per lo sviluppo economico), di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per i beni e le attività culturali. L'obiettivo delle linee guida, espressamente indicato, è quello di assicurare un corretto inserimento degli impianti, specie di quelli eolici, nel paesaggio.
La normativa statale (art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003) consente alle Regioni un limitato margine di intervento, al solo fine di individuare «aree e siti non idonei all'installazione di specifiche tipologie di impianti», in attuazione delle predette linee guida.
Queste ultime sono state adottate con il decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010, emanato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per i beni e le attività culturali (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili). Nella Parte I, Disposizioni generali, le suddette linee guida stabiliscono che le Regioni possono porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio per l'installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili, esclusivamente nell'ambito e con le modalità di cui al paragrafo 17. Tale paragrafo indica i criteri e i principi che le Regioni devono rispettare al fine di individuare le zone nelle quali non è possibile realizzare gli impianti alimentati da fonti di energia alternativa. Le Regioni possono procedere alla individuazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità di cui al suddetto punto e sulla base dei criteri di cui all'allegato 3. L'allegato 3 prevede, poi, che l'individuazione delle aree e dei siti non idonei alla realizzazione degli impianti in questione «deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto» e che non può riguardare «porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi nell'identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela».
3.1. Tutto ciò premesso, occorre accertare se risulti legittimo il criterio elaborato dalla Regione – e contestato dalla parte ricorrente – secondo cui “Non sono idonee all’installazione di nuovi impianti eolici le aree situate in Comuni il cui «carico insediativo medio comunale» supera di 5 volte il «carico insediativo medio regionale». Per «carico insediativo medio regionale» s’intende il rapporto tra la potenza complessivamente installata e la superficie complessiva del territorio regionale; viene, invece, definito «carico insediativo medio comunale» il rapporto tra la potenza complessivamente installata e la superficie complessiva del territorio comunale”.
3.2. Sul punto, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha precisato che “in materia di localizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, alle Regioni è consentito soltanto individuare, caso per caso, «aree e siti non idonei», avendo specifico riguardo alle diverse fonti e alle diverse taglie di impianto, in via di eccezione e solo qualora ciò sia necessario per proteggere interessi costituzionalmente rilevanti” (C. Cost. n. 13/2014). In tale sentenza, la Consulta ha ritenuto costituzionalmente illegittimo il criterio della distanza minima di 800 metri dall'aerogeneratore più vicino preesistente o già autorizzato, previsto dalla legge della Regione Campania n. 11/2011 (art. 1 comma 2) perché “il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale per individuare «le aree e i siti non idonei» alla installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile ai sensi dell' art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 e del paragrafo 17 delle linee guida, non permette in alcun modo che le Regioni prescrivano limiti generali, valevoli sull'intero territorio regionale, specie nella forma di distanze minime, perché ciò contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformità alla normativa dell'Unione europea.” (così, ancora, Corte Cost. n. 13/2014).
3.3. Nel caso di specie, tuttavia, la Regione non ha adottato il criterio della distanza; e neppure ha prescritto “limiti generali, valevoli sull'intero territorio regionale”: il criterio elaborato dalla Regione appare piuttosto finalizzato ad evitare un’eccessiva concentrazione di impianti in talune aree, ed il criterio in questione serve per l’appunto ad individuare le aree da ritenersi tali.
A ciò si aggiunga che, in base alle linee guida, le Regioni possono – nell’individuazione di aree e siti non idonei all’istallazione degli impianti in questione – “tenere conto sia di elevate concentrazioni di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili nella medesima area vasta prescelta per la localizzazione, sia delle interazioni con altri progetti, piani e programmi posti in essere o in progetto nell'ambito della medesima area” (così la lett. e) dell’Allegato 3 sopra ricordato).
3.4. Dunque, il criterio contestato non appare illegittimo: contrariamente a quanto affermato dalla parte ricorrente, non risulta in contrasto né con la giurisprudenza della Consulta né con le linee guida ministeriali. Il criterio, infatti, non comporta un divieto indiscriminato di installazione che riguarda l’intero territorio regionale o porzioni significative dello stesso; non riguarda zone genericamente soggette a tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né si traduce nell'identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela (lett. d) dell’Allegato 3). Il criterio riguarda inoltre, specificamente, l’installazione di impianti eolici con potenza superiore a 20 Kw; sicché non può sostenersi che non vi sia stata una differenziazione “con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto” (così la lett. b) dell’Allegato 3). Infine, risponde ad un’esigenza ritenuta meritevole di tutela dalle stesse linee guida, atteso che la Regione, con l’atto impugnato, ha inteso evitare «eccessive concentrazioni in alcuni ambiti territoriali e relativo effetto “selva”»: ciò che appare conforme alla già ricordata lett. d) dell’Allegato 3.
3.5. La società ricorrente lamenta, in particolare, il fatto che il criterio elaborato dalla Regione non consideri la specificità degli impianti eolici, che sono naturalmente concentrati sulle linee del vento; sicché il criterio in questione si risolverebbe in un generalizzato divieto di nuove istallazioni. Orbene, se è vero che gli impianti eolici possono essere realizzati solo in determinate zone, è altrettanto vero che il territorio è una risorsa limitata e non riproducibile: sicché, se in tali zone è già stato realizzato un considerevole numero di impianti, non può essere ritenuto irragionevole un divieto di ulteriori istallazioni.
3.6. Dunque, il criterio non può dirsi, in astratto, illegittimo; questione diversa è se esso risulti in concreto eccessivo, irragionevole o sproporzionato; nel qual caso la Regione non potrebbe vietare l’istallazione dell’impianto appellandosi all’esistenza del criterio in parola. Ma, per l’appunto, la società ricorrente avrebbe dovuto dimostrare la sproporzionalità o irragionevolezza del criterio in concreto; in particolare, si sarebbe dovuto dimostrare che il criterio in questione comporta l’impossibilità di istallare tali impianti in porzioni troppo ampie del territorio regionale, ovvero che nell’area in questione non c’è una eccessiva concentrazione di impianti, ben potendo essere istallato un impianto ulteriore senza che si determini il cd. “effetto selva”. Tale prova, tuttavia, non è stata fornita.
Pertanto, la prima e la seconda censura devono ritenersi infondate.
4.1. È infondata anche la terza censura, con la quale ci si duole della violazione dei principi del giusto procedimento; in buona sostanza, ci si duole del fatto che il procedimento sia durato troppo a lungo, anzi che la Regione lo abbia appositamente ritardato proprio per approvare, nelle more, i nuovi criteri di localizzazione, penalizzanti per la società ricorrente. Orbene, senza dubbio la durata del procedimento appare, nel caso di specie, abnorme. Tuttavia, tale eccessiva durata – se ben può legittimare altre azioni da parte della ricorrente – non può esonerare l’Amministrazione dal rispetto dei criteri nelle more adottati, attesa la vigenza del principio tempus regit actum; sicché il procedimento deve adeguarsi alla nuova normativa nelle more sopravvenuta.
4.2. Sono infine infondati anche i motivi aggiunti. Col primo dei motivi aggiunti la ricorrente si duole della violazione dell’art. 10 bis l. n. 241/1990, atteso che le sue osservazioni non sarebbero state minimamente prese in considerazione dalla Regione.
La censura è infondata. Nelle osservazioni presentate ai sensi dell’art. 10 bis l. n. 241/1990 la ricorrente ribadisce l’eccessiva durata del procedimento e l’illegittimità del criterio: ma, come si è illustrato, il fatto che il procedimento sia durato così a lungo non significa che il criterio nelle more adottato non debba trovare applicazione; e si è pure già illustrato come il predetto criterio non possa considerarsi di per sé illegittimo.
4.3. È infondata anche la seconda censura aggiunta, con cui la ricorrente si duole del fatto che la Regione abbia surrettiziamente cercato di conferire efficacia retroattiva al Decreto, finendo per rigettare un progetto già approvato in sede di VIA. In realtà l’approvazione del progetto in sede di VIA non è di per sé sufficiente a concludere il procedimento, che termina con il rilascio dell’autorizzazione (o con il diniego della stessa); sicché non può sostenersi che il decreto abbia efficacia retroattiva.
4.4. La riconosciuta infondatezza delle censure proposte con il ricorso introduttivo determina l’infondatezza anche della terza censura aggiunta, con cui la ricorrente si duole della illegittimità derivata da quella degli atti già impugnati con il ricorso introduttivo.
Sussistono giusti motivi, attese la complessità e la novità della questione, per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Settima Sezione di Napoli, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:
1. Respinge il ricorso n. 372 dell’anno 2017;
2. Compensa integralmente le spese tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Rosalia Maria Rita Messina, Presidente
Guglielmo Passarelli Di Napoli, Consigliere, Estensore
Luca De Gennaro, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Guglielmo Passarelli Di Napoli Rosalia Maria Rita Messina