Cass. Sez. III n. 20125 del 13 maggio 2009 (ud. 12 feb. 2009)
Pres. Onorato Est. Amoresano Ric. Nacci.
Tutela consumatori. Normativa speciale a tutela della qualità del prodotto

In materia alimentare, la normativa speciale di cui all\'art. 13 L. n. 283 del 1962, che tutela, in via amministrativa, la qualità del prodotto, concorre, nel caso di commercio come prodotti "d.o.p." di alimenti privi delle necessarie caratteristiche, con le disposizioni incriminatici di cui agli artt. 515 e 517 cod. pen., finalizzate, invece, a tutelare il leale esercizio del commercio e l\'interesse del consumatore. (Fattispecie relativa a vendita, come "grana padano", di formaggio sprovvisto della caratteristiche dello stesso).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente - del 12/02/2009
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - N. 349
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 013450/2008
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) NACCI Domenico, nato il 15.5.1956;
avverso la sentenza dei 2.10.2007 della Corte di Appello di Bari;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Silvio Amoresano;
sentite le conclusioni del P.G., Dr. Francesco Bua, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
sentito il difensore di parte civile avv. Patrizio Spinelli, in sostit. avv. Fabrizio Gobbi che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso o, in subordine, il rigetto dello stesso con conferma delle statuizioni civili.
OSSERVA
1) Con sentenza del 10.5.2006 il Tribunale di Bari, sez. di Modugno, condannava Nacci Domenico, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alle contestate aggravanti, alla pena di Euro 2.500,00 di multa per i reati di cui agli artt. 81, 110, 517 c.p. e art. 517 bis c.p. (capi a e c) e per i reati di cui agli artt. 81, 110, 515 e 517 bis c.p. (capi b e d), unificati sotto il vincolo della continuazione; danni e spese a favore della costituita parte civile.
La Corte di Appello di Bari, in parziale riforma della predetta sentenza, ritenuta la prevalenza delle già concesse circostanze attenuanti generiche, rideterminava la pena complessiva in Euro 700,00 di multa, confermando nel resto.
Premetteva La Corte, nel disattendere le doglianze difensive, che il Nacci aveva dichiarato di aver indicato e venduto come "grana padano" formaggio che non aveva le caratteristiche del prodotto D.O.P. e che quindi aveva ammesso di essersi reso responsabile dei reati contestati. Tale ammissione rendeva irrilevanti le modalità di accertamento dei fatti (in ogni caso i fatti erano precedenti ai decreti attuativi della L. 4 febbraio 2000, n. 526, con i quali era stato definitivamente stabilito che l\'attività di vigilanza dovesse essere svolta da agenti dei consorzi di tutela, con la qualifica di agenti di p.s. attribuita nelle forme di legge). Peraltro l\'attività dei dipendenti dell\'Orgav era consistita solo nell\'accertamento che, presso il supermercato, l\'imputato aveva venduto, indicandolo come grana padano, formaggio non proveniente dal consorzio e sprovvisto della caratteristica stampigliatura, e, quindi, in ordine a tali fatti essi assumevano la veste di testimoni.
Destituita di fondamento era poi la tesi difensiva del concorso apparente tra le disposizioni del codice penale contestate e quelle di cui alla L. n. 125 del 1954, art. 9 e L. n. 283 del 1962, art. 13, depenalizzate con la L. n. 507 del 1999, essendo diverso l\'interesse protetto (garanzia della qualità dei prodotti nelle norme speciali, e tutela della correttezza commerciale e del consumatore nelle norme penali). La conferma si ricavava dalla circostanza che proprio il D.Lgs. n. 507 del 1999 ha introdotto l\'art. 517 bis, prevedendo quindi un\'aggravante quando i fatti di cui agli artt. 515, 516 e 517 c.p. riguardano alimenti e bevande.
2) Propone ricorso per cassazione Nacci Domenico, denunciando, con il primo motivo, l\'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale. La giurisprudenza di legittimità ha escluso il concorso materiale tra la normativa speciale e quella prevista dal codice penale, ritenendo applicabile la L. 10 aprile 1954, art. 9 rispetto all\'art. 515 c.p. e la L. 30 aprile 1962, art. 13 rispetto all\'art. 517 c.p.. Tali norme speciali sono state depenalizzate. Con l\'inserimento poi dell\'art. 517 bis c.p. è stata posta in essere una tutela di carattere penale generale per alimenti e bevande ad esclusione del formaggio grana padano (se così non fosse si avrebbe per il solo grana padano una doppia tutela amministrativa e penale). Con il secondo motivo denuncia la manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 220 e 223 disp. att. c.p.p.. L\'unico organismo di controllo privato autorizzato e rispondente ai requisiti di cui alla L. n. 526 del 1999, art. 14 per il grana padano è stato individuato nella CSQA s.r.l. (D.M. 7 agosto 1998). La Orgav s.r.l., quindi, non era legittimata ad esercitare alcun potere di controllo. La motivazione della sentenza impugnata è completamente assente in ordine all\'eccezione proposta con i motivi di appello. Gli accertamenti compiuti, peraltro in violazione degli artt. 220 e 223 disp. att. c.p.p., sono pertanto completamente inutilizzabili. Tutt\'al più gli addetti all\'Orgav srl avrebbero potuto sporgere denuncia, come un qualsiasi altro cittadino.
Con il terzo motivo eccepisce l\'intervenuta prescrizione dei reati ascritti.
3) Con memoria, depositata in cancelleria, la parte civile costituita chiede che venga dichiarato inammissibile e comunque rigettato il ricorso; con conferma delle statuizioni civili ove venga emessa declaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione. 4) In ordine al primo motivo di ricorso, rileva il collegio che correttamente la Corte territoriale ha ritenuto configurabili i reati di cui agli artt. 515 e 517 c.p..
L\'art. 515 c.p. tutela il leale esercizio del commercio e, perciò, sia l\'interesse del consumatore a non ricevere una cosa diversa da quella richiesta che quello del produttore a non consentire che i suoi prodotti vengano scambiati con altri; e l\'oggetto della tutela dell\'art. 517 c.p. è l\'ordine economico che deve essere garantito contro gli inganni tesi ai consumatori. Le norme in questione tutelano quindi sia la correttezza e lealtà commerciale che il consumatore.
La normativa speciale, che tutela la qualità del prodotto, non esclude, pertanto, il concorso materiale delle norme (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 4351 del 4.12.2003 - Colasanti).
La conferma si ricava dal fatto che il D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 che ha depenalizzato la normativa speciale richiamata nel ricorso (L. n. 125 del 1954, art. 9 e L. n. 283 del 1962, art. 13) ha introdotto l\'aggravante di cui all\'art. 517 bis c.p. ("le pene stabilite dagli artt. 515, 516 e 517 c.p. sono aumentate se i fatti da essi previsti hanno ad oggetto alimenti o bevande la cui denominazione di origine o le cui caratteristiche sono protetti dalle norme vigenti").
Risulta palese che per gli alimenti e bevande si è voluto prevedere una sorta di tutela "rafforzata", che non avrebbe avuto ragion d\'essere se la tutela stessa fosse stata "depenalizzata". Nè è sostenibile la tesi del ricorrente, secondo cui con l\'art. 517 bis c.p. sarebbe stata posta in essere una tutela di carattere penale per gli alimenti e bevande ad esclusione del formaggio "gran/padano". Siffatta esclusione sarebbe del tutto arbitraria sol che si consideri che proprio la L. n. 283 del 1962, art. 13, richiamato dal ricorrente, fa riferimento genericamente a "sostanze alimentari". La "doppia tutela" (amministrativa e penale) riguarda quindi non solo il grana padano ma ogni sostanza alimentare.
4.1) Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
La Corte territoriale ha ricordato, infatti, che il prevenuto ha esplicitamente ammesso di essersi reso responsabile dei fatti contestati, per cui basterebbe già questo a rendere irrilevanti le modalità di accertamento. I giudici di merito hanno, comunque, evidenziato correttamente che l\'attività dei dipendenti dell\'ORGAV consistette nella mera constatazione della vendita, come formaggio "grana padano", di formaggio non proveniente dal consorzio e che non aveva la caratteristica stampigliatura. Gli agenti dell\'Orgav quindi, in relazione a tali fatti, furono testimoni diretti e come tali potevano essere sentiti. Irrilevante, in relazione alle fattispecie contestate, era, invece, la raccolta di campioni.
Non è esatto quindi che la Corte non abbia motivato in ordine all\'eccezione di inutilizzabilità.
4.2) Va dichiarata, invece, la prescrizione.
I reati ascritti all\'imputato non si sono prescritti in data 4 e 11 ottobre 2007 come sostiene il ricorrente, ma successivamente e cioè, rispettivamente il 15 aprile 2008 (capi 1 e 2) e 22 aprile 2008 (capi 3 e 4), dovendosi tenere conto dei periodi di sospensione (per impedimento dell\'imputato) dall\'1.12.2004 al 27.4.2005, dal 27.4.2005 al 25.5.2005, dal 18.9.2007 al 2.10.2007, e (per adesione del difensore alla astensione dalle udienze) dal 18.1.2006 al 5.4.2006, per complessivi giorni 191.
In ogni caso, anche secondo l\'assunto del ricorrente, la prescrizione è, comunque, maturata dopo l\'emissione (2.10.2007) della sentenza impugnata.
Questa Corte si è pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per ultimo sent. n. 23428/2005 - Bracale).
Si è ritenuto così che le cause di inammissibilità originaria riconducibili all\'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. a), b) e c) privano il ricorso dei requisiti minimi perché l\'atto possa avere natura impugnatoria. Si è in presenza, infatti, di "un simulacro di gravame che il provvedimento che ne dichiara l\'inammissibilità, per sua natura dichiarativo, rimuove dalla realtà giuridica fin dal momento della sua origine".
Anche per le cause di inammissibilità previste dall\'art. 606 c.p.p., comma 3 la sentenza a sez. un. 30.6.1999 - Piepoli, superando gli approdi interpretativi precedenti, ha considerato come causa di inammissibilità originaria del ricorso i motivi non consentiti e la denuncia di violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello. Infine, con ulteriore pronuncia (sez. un. 22.11.2000 - De Luca) è stato enunciato il principio che l\'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell\'art. 129 c.p.p..
Tanto premesso, la non manifesta infondatezza, del primo motivo di ricorso, essendosi, prima della introduzione dell\'art. 517 bis c.p. con il D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, formato un indirizzo giurisprudenziale nel senso indicato dal ricorrente (cfr. Cass. sez. 3 n. 137 del 21.1.1997; Cass. pen. sez. 3 n. 14448 dell\'11.11.1999), consente, per la forza propulsiva dell\'atto di impugnazione, di dichiarare la causa estintiva della prescrizione anche se maturata dopo la sentenza impugnata.
A norma dell\'art. 578 c.p.p. vanno confermate le statuizioni civili ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese sostenute in questa fase dalla costituita parte civile e che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per prescrizione. Conferma le statuizioni civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del grado a favore della parte civile che liquida in Euro 2.000,00 oltre accessori di legge. Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2009