Cass. Sez. III n. 13646 del 21 marzo 2017  (Ud 7 dic 2016)
Presidente: Amoresano Estensore: Renoldi Imputato: Ferrauto e altro
Tutela consumatori.Vendita prodotti industriali con segni mendaci

In tema di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, è configurabile il tentativo del reato di cui all'art. 517 cod. pen. qualora l'attività di messa in circolazione dei prodotti contraffatti sia preceduta da una serie di atti finalisticamente orientati al conseguimento del risultato offensivo, e pervenuti ad uno stadio di evoluzione dell'"iter criminis" tale da fare ritenere probabile che detto risultato sia effettivamente raggiunto. (Fattispecie relativa alla detenzione, in prossimità del punto di uscita dei clienti di un supermercato, di due borsoni contenenti profumi simili nel nome, nel colore della confezione esterna, nella forma e nel colore della boccetta e del tappo, ad un noto profumo in commercio).

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 25/03/2013 il Tribunale di Palermo condannò F.L. e A.S., riconosciute ad entrambi le attenuanti generiche, prevalenti sulla recidiva contestata per il solo A., alla pena di un mese di reclusione e di 200,00 di multa in relazione al delitto di cui agli artt. 110, 517 c.p., per avere, in concorso tra loro, posto in vendita due profumi "Rome", simili nel nome, nel colore della confezione esterna, nella forma e nel colore della boccetta del tappo, al noto profumo "(OMISSIS)" e, pertanto, atti ad indurre in inganno il compratore sull'origine e sulla qualità dei prodotti in questione; fatto accertato in (OMISSIS) il (OMISSIS).

2. Con sentenza del 1/04/2015 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riqualificò il fatto contestato come realizzato nella forma del tentativo, per l'effetto rideterminando la pena inflitta i due imputati in 15 giorni di reclusione e in 100,00 Euro di multa per ciascuno, confermando nel resto la sentenza impugnata.

3. Avverso la sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione i due imputati, a mezzo dei rispettivi difensori.

Con il primo motivo di impugnazione, comune ad entrambi, i ricorrenti deducono, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 56 e 517 c.p. nonchè la mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione alle prove raccolte nei loro confronti.

Sotto un primo profilo, si esclude che in relazione alle condotte di messa in vendita contemplate dall'art. 517 c.p. sia configurabile il tentativo; e, sotto altro aspetto, si lamenta l'assenza di prova in ordine al fatto che i due imputati intendessero vendere proprio la confezione recante segni mendaci, considerato che la stessa era presente, nei borsoni dagli stessi detenuti, unitamente a merce non contraffatta.

Con il secondo motivo, A. censura la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p., di cui sarebbero stati sussistenti tutti i requisiti di concedibilità.

Quanto a F., con il secondo motivo egli censura la mancata concessione della sospensione condizionale della pena nonchè la mancata sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono parzialmente fondati e, pertanto, devono essere accolti per quanto di ragione.

2. Preliminarmente giova sottolineare l'infondatezza del primo motivo di gravame, comune ad entrambi gli imputati.

Le sentenze di merito hanno puntualmente evidenziato come i due imputati fossero stati notati, nei pressi del supermercato (OMISSIS), nell'atto di contattare possibili acquirenti, nell'atto in cui questi ultimi uscivano dalla predetta struttura commerciale. Nel frangente, F. e A. recavano con sè due borsoni, all'interno dei quali, durante il successivo controllo effettuato da personale dell'Arma dei Carabinieri, furono rinvenuti alcuni profumi, tra i quali anche due confezioni, una per borsone, marca "Rome", simili nel nome, nel colore della confezione esterna, nella forma e nel colore della boccetta del tappo, al noto profumo "(OMISSIS)".

Sulla base di tali elementi, del tutto correttamente, i giudici di merito hanno ritenuto che la condotta ascritta ai due imputati fosse suscettibile di integrare il tentativo del delitto di cui all'art. 517 c.p., atteso che l'avere ripetutamente contattato i clienti che uscivano dal supermercato configura, certamente, un'attività idonea (in quanto probabilmente suscettibile, secondo un giudizio prognostico tratto dalla comune esperienza, di consentire il successivo perfezionamento della vendita) e diretta in modo non equivoco (in rapporto al raggiunto grado di sviluppo dell'azione) alla successiva cessione di tutti gli articoli detenuti, tra i quali le sentenze logicamente hanno compreso anche quelli recanti i segni distintivi mendaci, non essendovi elementi che consentissero, ragionevolmente, di escludere dall'offerta di vendita i soli due profumi per cui è processo.

2.1. Quanto, poi, alla configurabilità, nella forma tentata, del delitto di cui all'art. 517 c.p., è appena il caso di ricordare che secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, che ha superato un più risalente indirizzo contrario (Sez. 3, n. 589 del 9/03/1970, D'Amodio, Rv. 114551, nonchè Sez. 3, n. 4066 del 25/03/1997, P.M. in proc. Ngom Gora, Rv. 207765), il tentativo del delitto di "vendita di prodotti industriali con segni mendaci" è pienamente configurabile in presenza di atti idonei e diretti in modo non equivoco a mettere in circolazione merce con un marchio ingannevole (Sez. 3, n. 2003 del 13/11/2007, dep. 15/01/2008, Marzullo, Rv. 238556; Sez. 3, n. 28372 del 11/07/2006, dep. 8/08/2006, Di Matteo, Rv. 234951; Sez. 3, n. 11671 del 27/05/1999, P.G. in proc. Desaler, Rv. 215549).

Tale interpretazione va condivisa, nonostante la natura di reato di pericolo della fattispecie contemplata dall'art. 517 c.p., dovendo escludersi la compatibilità tra tentativo e reati di pericolo nei soli casi in cui la scelta legislativa di anticipare la tutela penalistica di un determinato bene giuridico attraverso il ricorso a quello specifico paradigma penalistico si traduca nella costruzione della fattispecie secondo caratteristiche strutturali che non consentano, da un punto di vista logico, di ipotizzare la realizzazione di "atti idonei e diretti in modo non equivoco" alla realizzazione del fatto materiale tipico. Ciò che, con riferimento al delitto contestato, non è certamente configurabile, potendo logicamente ipotizzai che l'attività di messa in circolazione dei beni de quibus sia preceduta da una serie di atti finalisticamente orientati al conseguimento del risultato offensivo, i quali, essendo giunti ad un adeguato stadio di evoluzione dell'iter criminis, consentano di ritenere probabile che detto risultato sia effettivamente raggiunto: si pensi, appunto, alla detenzione in luogo frequentato da possibili acquirenti, accompagnata da contatti con gli stessi in vista di una successiva offerta.

Ne consegue, conclusivamente, l'infondatezza del primo motivo di doglianza.

3. Quanto, invece, al secondo motivo, con il quale A. censura la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p., ritiene il Collegio che la censura sia fondata.

3.1. Sul punto giova premettere che avendo, l'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, natura sostanziale, esso è applicabile anche ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28 e, per quanto qui di interesse, anche ai procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione, in relazione ai quali la relativa questione è pienamente deducibile (Sez. Un., n. 13681 del 25/02/2016, dep. 6/04/2016, Tushaj, Rv. 266593), peraltro a condizione che essa non costituisca una questione "nuova" ovvero che non sia stata tempestivamente dedotta, pur potendo esserlo, davanti al giudice di merito, atteso che, in una siffatta evenienza, la relativa richiesta sarebbe inammissibile (Sez. 7, Ordinanza n. 43838 del 27/05/2016, dep. 17/10/2016, Savini, Rv. 268281; Sez. 6, n. 20270 del 27/04/2016, dep. 16/05/2016, Gravina, Rv. 266678). Nel caso di specie, peraltro, la sentenza di appello era stata emessa il 1/04/2015 e, dunque, il giorno prima della entrata in vigore del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, sicchè la relativa richiesta, formulata in sede di ricorso per cassazione, è pienamente ammissibile.

Giova indi sottolineare che, secondo quanto in passato ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte, quand'anche a carico dell'imputato risultasse l'eventuale presenza di precedenti penali, tale condizione non potrebbe costituire "implicita" motivazione del mancato accoglimento della richiesta dell'imputato di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, atteso che i parametri di valutazione previsti dall'art. 131-bis c.p., comma 1 hanno natura e struttura oggettiva (pena edittale, modalità e particolare tenuità della condotta, esiguità del danno), mentre quelli da valutare ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche sono prevalentemente collegati ai profili soggettivi del reo (Sez. 5, n. 45533 del 22/07/2016, dep. 28/10/2016, Bianchini, Rv. 268307).

Ne consegue, da un lato, che i modesti precedenti dell'odierno ricorrente (che, non a caso, hanno indotto i giudici di merito a ritenere la recidiva sub-valente alle attenuanti generiche) non possono considerarsi ostativi della applicabilità dell'istituto in questione; e, dall'altro lato, che, considerata l'oggettiva scarsa rilevanza dell'offesa e l'apparente assenza di elementi di segno contrario alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità, il relativo motivo deve essere accolto. Peraltro, essendo necessario procedere ad una valutazione strettamente attinente al merito, deve conclusivamente farsi luogo a rinvio alla Corte di appello di Palermo, altra Sezione, per l'esame del profilo dedotto.

4. Quanto a F., con il secondo motivo di impugnazione è stata dedotta la mancata concessione della sospensione condizionale della pena nonchè la mancata sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria. Il relativo rigetto, infatti, è stato giustificato, in particolare dalla Corte di appello, con "i plurimi precedenti penali dell'imputato", che ne connoterebbero negativamente la personalità, rendendolo non meritevole dei benefici richiesti.

Sul punto, osserva nondimeno il Collegio che dal certificato del casellario giudiziale emerge, a carico dell'imputato, un unico precedente, peraltro datato ed eterogeneo rispetto al reato per cui è processo, sicchè non è possibile, alla stregua di circostanze di fatto oggetto, da parte del giudice di merito, di un evidente travisamento, verificare la correttezza del giudizio prognostico compiuto per negare sia la sostituzione della pena detentiva in pena pecuniaria, sia la sospensione condizionale della pena.

Ne consegue che, anche in questo caso, deve farsi luogo all'annullamento della sentenza per un nuovo esame.

5. Alla luce delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata, nei confronti di A.S., limitatamente all'applicabilità dell'art. 131-bis c.p. e, nei confronti di F.L., limitatamente alla concedibilità della sostituzione della pena detentiva e del beneficio della sospensione. Pertanto, deve disporsi il rinvio, per nuovo esame, ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo.

Nel resto i ricorsi devono essere rigettati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di A.S. limitatamente all'applicabilità dell'art. 131 bis c.p. e, nei confronti di F.L., limitatamente alla concedibilità della sostituzione della pena detentiva e del beneficio della sospensione e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo. Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2016.