Cass. Sez. III n. 5457 del 8 febbraio 2023 (CC 13 gen 2023)
Pres. Ramacci Est. Corbo Ric. Vitiello
Urbanistica.Condono e divieto di retroattività delle sanzioni amministrative punitive
Al principio del divieto di retroattività delle sanzioni amministrative punitive è del tutto estranea la disciplina delle sanatorie edilizie ed urbanistiche, nella quale rientrano le previsioni di cui all’art. 32, commi 26 e 27, d.lgs. n. 269 del 2003, e di cui agli artt. 32 e 33 legge n. 47 del 1985, nei testi vigenti. Sembra sufficiente osservare, infatti, che, mentre il divieto di retroattività mira ad evitare l’applicazione di sanzioni non prevedibili al momento della condotta che si intende “punire”, la disciplina dei condoni attiene, ben diversamente, all’individuazione dei presupposti per i quali una condotta prevista come illecita nel momento in cui è compiuta, possa, per ragioni di opportunità, non essere sanzionata, o essere sanzionata in modo più mite.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza adottata in data 11 luglio 2022, e depositata il 12 luglio 2022, il Tribunale di Nocera Inferiore, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza con la quale Clemente Vitiello aveva chiesto la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivamente realizzato, insistente su una superficie di circa 60 mq. e di volume pari a 236,574 mc., in particolare in ragione della pendenza di un ricorso al giudice amministrativo.
A fondamento della sua decisione, il Tribunale, in particolare, ha rilevato che non è intervenuto allo stato alcun provvedimento amministrativo di sanatoria, che non può ritenersi probabile l’accoglimento del ricorso, e ancor meno l’accoglimento dell’istanza di sanatoria, ricadendo l’immobile in un’area sulla quale è apposto il vincolo idrogeologico, e che la destinazione dell’edificio ad abitazione familiare non impone la revoca dell’ordine di demolizione.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe Clemente Vitiello, con atto sottoscritto dall’avvocato Antonio Abagnale, articolando cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento alla legge n. 326 del 2003 e alla legge n. 47 del 1985, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta insussistenza delle condizioni per la sanatoria dell’immobile per il diniego di rilascio della stessa da parte del Comune.
Si deduce che l’ordinanza impugnata ha erroneamente attribuito determinante rilievo preclusivo al diniego alla sanatoria dell’immobile da parte del Comune, trascurando che avverso tale provvedimento pende ricorso al T.A.R. Campania, e che il vincolo idrogeologico è stato apposto in epoca successiva alla realizzazione delle opere cui si riferisce l’ordine di demolizione.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento alla legge n. 689 del 1981 e alla legge n. 47 del 1985, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta insussistenza delle condizioni per la sanatoria dell’immobile per la presenza del vincolo idrogeologico.
Si deduce che il riferimento dell’ordinanza impugnata al requisito della doppia conformità di cui all’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, è erroneo, perché, nella specie, il problema attiene al diniego di concessione in sanatoria a norma del d.l. n. 269 del 2003 per l’insistenza dell’immobile oggetto del provvedimento di demolizione su un’area sottoposta a vincolo idrogeologico. Si precisa che, al momento dell’ultimazione dei lavori, avvenuta il 26 marzo 1999, non vi era neppure il progetto di vincolo, siccome adottato solo nel 2015. Si osserva, inoltre, che ritenere applicabile il vincolo anche ad immobili realizzati prima della sua adozione viola il divieto di retroattività sfavorevole, garantito per le sanzioni amministrative dalla legge n. 689 del 1981.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento alla legge n. 47 del 1985, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta insussistenza delle condizioni per la sanatoria dell’immobile ancora per la presenza del vincolo idrogeologico.
Si deduce che l’art. 32 legge n. 326 del 2003 esclude la sanabilità delle opere solo in caso di inedificabilità assoluta, ma non anche quando vi sia un vincolo di inedificabilità relativa superabile mediante giudizio di compatibilità ambientale, e che, nella specie, non vi è difformità urbanistica e il vincolo idrogeologico è stato previsto successivamente alla realizzazione dell’immobile.
2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta insussistenza delle condizioni per la sanatoria dell’immobile per la violazione della disciplina antisismica.
Si deduce che illegittimamente l’ordinanza impugnata ha ritenuto necessario un accertamento di conformità dell’immobile alla normativa antisismica, in quanto nel procedimento amministrativo per la sanatoria non è mai stata rilevata alcuna violazione di tale disciplina.
2.5. Con il quinto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 8 CEDU e all’art. 32 Cost., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avendo riguardo al mancato esame dello stato di assoluta necessità abitativa.
Si deduce che l’ordinanza impugnata ha omesso qualunque valutazione in ordine alla situazione di assoluta necessità di costruire l’immobile, derivante dall’esigenza di assicurare un alloggio al nucleo familiare della figlia del ricorrente, impossibilitata a provvedere altrimenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è nel complesso infondato per le ragioni di seguito precisate.
2. Infondate sono le censure esposte nei primi quattro motivi, da esaminare congiuntamente perché tra loro strettamente connesse, le quali contestano il diniego di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione, deducendo che erroneamente è stato valorizzato il provvedimento di rigetto, da parte del Comune, della richiesta di concessione in sanatoria, presentata a norma dell’art. 32 d.l. n. 269 del 30 settembre 2003, convertito con modifiche dalla legge n. 326 del 2003, senza considerare la pendenza del ricorso al T.A.R. e l’anteriorità della realizzazione dell’immobile rispetto all’imposizione del vincolo idrogeologico, e che del tutto imprevedibilmente si è richiamata l’esigenza di un accertamento di conformità dell’immobile alla normativa antisismica.
3. Deve ribadirsi in questa sede, in continuità con quanto già affermato dalla giurisprudenza penale di legittimità, che, a norma dell’art. 32, comma 27, d.l. n. 269 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326 del 2003, per effetto del rinvio espresso all’art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nel testo vigente proprio a seguito delle modifiche recate dal d.l. n. 269 del 2003, le opere illegittimamente realizzate su aree “successivamente” sottoposte a vincolo sono suscettibili di sanatoria anche nel caso di abusi diversi da quelli di cui ai nn. 4, 5 e 6 di cui all’allegato 1 al d.l. n. 269 del 2003 (ossia concernenti opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria), ma solo se sia stato rilasciato parere favorevole dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo, e le costruzioni siano sostanzialmente conformi agli strumenti urbanistici, potendo le difformità attenere esclusivamente: -) alla disciplina antisismica e possano essere però successivamente collaudate; -) ovvero a norme urbanistiche che prevedano la destinazione ad edifici o spazi pubblici, e non contrastino però con le previsioni di varianti di recupero di cui al Capo III della legge n. 47 del 1985; -) ovvero alle norme sulle distanze minime di rispetto stradale in materia di edificazione fuori dei centri urbani, e non costituiscano però minaccia alla sicurezza del traffico.
3.1. In linea generale, secondo la giurisprudenza penale di legittimità, le opere abusive realizzate in aree sottoposte a vincolo a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici possono ottenere la sanatoria ai sensi dell'art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 solo per gli interventi edilizi di minore rilevanza (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo (così, specificamente, Sez. 3, n. 37865 del 04/05/2004, Musio, Rv. 230030-01).
La conclusione appena indicata è stata spiegata anche alla luce delle indicazioni della Relazione governativa al d.l. n. 269 del 2003. In particolare, si è osservato: «Nelle aree sottoposte a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici la norma anzidetta ammette, in effetti, la possibilità di ottenere la sanatoria soltanto per gli interventi edilizi di minore rilevanza (corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'Allegato 1: restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo. In proposito, appare opportuno ricordare che la Relazione governativa al D.L. n. 269/2003 si esprime nel senso che "... è fissata la tipologia di opere assolutamente insanabili tra le quali si evidenziano... quelle realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio nelle aree sottoposte ai vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici... Per gli interventi di minore rilevanza (restauro e risanamento conservativo) si ammette la possibilità di ottenere la sanatoria edilizia negli immobili soggetti a vincolo previo parere favorevole da parte dell'autorità preposta alla tutela. Per i medesimi interventi, nelle aree diverse da quelle soggetto a vincolo, l'ammissibilità alla sanatoria è rimessa ad uno specifico provvedimento regionale"» (così Sez. 3, n. 37865 del 2004, cit., in motivazione, § 4).
Il medesimo principio è stato poi richiamato dalla successiva giurisprudenza penale di legittimità, in particolare con riferimento alle aree sottoposte a vincolo paesaggistico (Sez. 3, n. 40676 del 20/05/2016, Armenante, Rv. 268079-01).
3.2. Con specifico riguardo alle opere abusivamente realizzate su aree “successivamente” sottoposte a vincolo, poi, si è espressamente precisato che le stesse sono suscettibili di sanatoria anche nel caso di abusi diversi da quelli di cui ai nn. 4, 5 e 6 di cui all’allegato 1 al d.l. n. 269 del 2003, ossia concernenti opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, ma solo se le costruzioni siano sostanzialmente conformi agli strumenti urbanistici, perché le difformità consistano in quelle analiticamente elencate dall’art. 32 della legge n. 47 del 1985, e successive modificazioni, e, quindi, esclusivamente se attengano: -) alla disciplina antisismica e possano essere però successivamente collaudate; -) ovvero a norme urbanistiche che prevedano la destinazione ad edifici o spazi pubblici, e non contrastino, però, con le previsioni di varianti di recupero di cui al Capo III della legge n. 47 del 1985; -) ovvero alle norme sulle distanze minime di rispetto stradale in materia di edificazione fuori dei centri urbani, e non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico (così Sez. 3, n. 28517 del 29/05/2007, Marzano, Rv. 237140-01, in motivazione).
A fondamento del principio, si osserva che la soluzione indicata è imposta dal rinvio che il comma 27 dell’art. 32 d.lgs. n. 269 del 2003 effettua agli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985. Si precisa che i limiti di cui all’art. 32 della legge n. 47 del 1985, come modificato dall’art. 32, comma 43, della legge n. 326 del 2003, ossia proprio la legge di conversione del d.lgs. n. 269 del 2003, si riferiscono alla condonabilità delle opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo, perché per le opere realizzate successivamente si applicano i limiti di cui al comma 27, lett. d), dell’art. 32 d.lgs. n. 269 del 2003. Si aggiunge: «Tale interpretazione, ancorché restrittiva degli abusi condonabili, posto che la maggior parte del territorio italiano è vincolata, è tuttavia conforme alla lettera della legge, come sopra evidenziato, ed alla volontà del legislatore. Invero, nella Relazione governativa al D.L. n. 269 del 2003, si legge "... è fissata la tipologia di opere assolutamente insanabili tra le quali si evidenziano ... quelle realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio nelle aree sottoposte ai vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici ... Per gli interventi di minore rilevanza (restauro e risanamento conservativo) si ammette la possibilità di ottenere la sanatoria edilizia negli immobili soggetti a vincolo previo parere favorevole da parte dell'autorità preposta alla tutela"».
3.3. Anche la giurisprudenza amministrativa ritiene che le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, in ogni caso, sono sanabili solo se opere minori senza aumento di superficie e volume, e richiama le affermazioni della giurisprudenza penale di legittimità sopra richiamate.
In particolare, assai di recente si è affermato: «La giurisprudenza (cfr. Cons. St. n. 1664 del 02 maggio 2016; Cons. St. n. 735 del 23 febbraio 2016, Cons. St. n. 2518 del 18 maggio 2015) ha costantemente affermato che, ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), del decreto legge n. 269 del 30 settembre 2003, convertito nella l. n. 326 del 24 novembre 2003, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni – e cioè che le opere siano realizzate prima dell’imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo – siano opere minori senza aumento di superficie e volume (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria)» (cfr. Cons. Stato, Sez. 6, n. 9988 del 20/10/2022, pubblicata il 15/11/2022, in motivazione, § 5.1.).
3.4. Le conclusioni di Sez. 3, n. 28517 del 29/05/2007, Marzano, cit., sono condivisibili perché pienamente conformi al dettato normativo.
Invero, il comma 27 dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, nel testo vigente, dispone: «Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora: […] d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici; [….]».
Ora, la previsione «[f]ermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47», per conservare un significato utile, implica l’applicabilità di queste due disposizioni ad ipotesi diverse da quelle considerate dalle parti successive dell’art. 32, comma 27, d.l. n. 269 del 2003, in quanto idonee a dettare un’autonoma e compiuta disciplina.
E la ragionevolezza di questa soluzione ermeneutica risulta anche da una lettura sinottica della lett. d) del comma 27 dell’art. 32 d.l. n. 269 del 2003 e dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985. In effetti, mentre la lett. d) del comma 27 dell’art. 32 cit. fa riferimento alle opere realizzate su immobili soggetti a vincoli istituiti «prima» della loro esecuzione, l’art. 32 della legge n. 47 del 1985, nel testo vigente, al comma 2, ha ad oggetto le condizioni alle quali sono suscettibili di sanatoria le opere insistenti su aree vincolate «dopo» la loro esecuzione.
Inoltre, la “complementarietà” dell’ambito applicativo delle due disposizioni appena citate, comportante l’applicazione della disciplina di cui all’art. 32 della legge n. 47 del 1985 in relazione all’ammissibilità della sanatoria delle opere abusivamente realizzate su aree “successivamente” sottoposte a vincolo, risulta coerente anche con il dato temporale dell’entrata in vigore del testo applicabile di quest’ultima disposizione: l’art. 32 della legge n. 47 del 1985 è stato così modificato proprio per effetto dell’intervento recato dalla legge n. 326 del 2003, ossia esattamente in forza della legge di conversione di quel d.l. n. 269 del 2003, che, all’art. 32, comma 27, lett. d), disciplina le condizioni per la sanatoria delle opere abusivamente realizzate su aree “già” sottoposte a vincolo.
Occorre aggiungere che le condizioni indicate dal comma 2 dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985 per l’ammissibilità della sanatoria sono tassative, perché il medesimo art. 32, al comma 3, dispone che «[q]ualora non si verifichino le condizioni di cui al comma 2, si applicano le disposizioni dell'art. 33», le quali escludono ogni possibilità di “legalizzazione”, e che, anche in presenza delle precisate condizioni, è necessario il parere favorevole delle Amministrazioni preposte a tutela del vincolo successivamente apposto, a norma dei commi 1 e 4 dell’art. 32 ult. cit.
Per completezza, può riportarsi il testo del comma 2 dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985: «Sono suscettibili di sanatoria, alle condizioni sottoindicate, le opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino:
a) in difformità dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, e successive modificazioni, e dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, quando possano essere collaudate secondo il disposto del quarto comma dell'articolo 35;
b) in contrasto con le norme urbanistiche che prevedono la destinazione ad edifici pubblici od a spazi pubblici, purché non in contrasto con le previsioni delle varianti di recupero di cui al capo III;
c) in contrasto con le norme del decreto ministeriale 1° aprile 1968, n. 1404, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, e con gli articoli 16, 17 e 18 della legge 13 giugno 1991, n. 190, e successive modificazioni, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico».
3.5. Né può dirsi che la soluzione accolta si pone in contrasto con il divieto di retroattività delle sanzioni amministrative di cui alla legge n. 689 del 1981.
In effetti, al principio del divieto di retroattività delle sanzioni amministrative punitive è del tutto estranea la disciplina delle sanatorie edilizie ed urbanistiche, nella quale rientrano appunto le previsioni di cui all’art. 32, commi 26 e 27, d.lgs. n. 269 del 2003, e di cui agli artt. 32 e 33 legge n. 47 del 1985, nei testi vigenti.
Sembra sufficiente osservare, infatti, che, mentre il divieto di retroattività mira ad evitare l’applicazione di sanzioni non prevedibili al momento della condotta che si intende “punire”, la disciplina dei condoni attiene, ben diversamente, all’individuazione dei presupposti per i quali una condotta prevista come illecita nel momento in cui è compiuta, possa, per ragioni di opportunità, non essere sanzionata, o essere sanzionata in modo più mite.
3.6. Non sembra dubbio, ancora, che la disciplina di cui all’art. 32 della legge n. 47 del 1985 abbia riguardo anche alle opere insistenti su aree sottoposte a vincolo idrogeologico.
Innanzitutto, l’art. 32 legge cit. non procede ad una elencazione delle tipologie di vincoli che assumono rilevanza, ma opera un rinvio aperto, tale da ritenere inclusi anche quelli idrogeologici. In particolare, il comma 1, primo periodo, recita: «Fatte salve le fattispecie previste dall’art. 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso». Inoltre, il comma 4, intermini ancor più ampi, nel secondo periodo, dispone: «Il motivato dissenso espresso da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, ivi inclusa la soprintendenza competente, alla tutela del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute preclude il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria».
E, poi, con puntuale chiarezza, l’art. 33 legge n. 47 del 1985, cui appunto l’art. 32 della medesima legge fa rinvio, indica espressamente, tra i vincoli che assumono rilevanza, anche quelli «idrogeologici».
4. Posto che le opere illegittimamente realizzate su aree successivamente sottoposte a vincolo sono suscettibili di sanatoria solo se sia stato rilasciato parere favorevole dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo e le stesse siano sostanzialmente conformi agli strumenti urbanistici, perché le difformità attengano esclusivamente alle ipotesi previste dall’art. 32 legge n. 47 del 1985, si deve ritenere che, nella specie, legittimamente l’ordinanza impugnata ha escluso l’ammissibilità di una sanatoria.
L’ordinanza impugnata, infatti, rappresenta che: -) l’opera abusiva consiste in un manufatto realizzato in economia, in aderenza ad altro fabbricato preesistente, insistente su una superficie di circa 60 mq. e di volume pari a 236,574 mc.; -) la richiesta di concessione in sanatoria è stata rigettata in data 12 settembre 2019; -) l’istante ha presentato il progetto, i calcoli di verifica strutturale, il collaudo; -) ai fini del rilascio della sanatoria occorrerebbe comunque acquisire sia il parere favorevole dell’Autorità di bacino, competente per il vincolo idrogeologico, a maggior ragione per l’insistenza dell’immobile in zona a rischio idraulico elevato e in fascia B per quanto riguarda le fasce fluviali, come da relazione tecnica asseverata, sia l’autorizzazione sismica in sanatoria del Genio Civile che certifichi la compatibilità delle opere con la normativa antisismica; -) l’eventuale accoglimento, da parte dei Giudici amministrativi, dell’impugnazione del provvedimento di rigetto della richiesta di concessione in sanatoria non sarebbe risolutivo anche per la necessità di acquisire i pareri favorevoli dell’Autorità di bacino e del Genio civile.
I rilievi appena indicati, infatti sono dirimenti, perché, pure in caso di opere illegittimamente realizzate su aree successivamente sottoposte a vincolo idrogeologico, occorre: -) accertare la sostanziale conformità delle stesse agli strumenti urbanistici; -) acquisire il parere favorevole dell’Autorità preposta, nella specie difficilmente ipotizzabile per l’insistenza dell’immobile in zona a rischio idraulico elevato e in fascia B per quanto riguarda le fasce fluviali; -) verificare la compatibilità di quanto realizzato con la normativa antisismica. Con riferimento a quest’ultimo presupposto, va precisato che lo stesso rileva perché una delle condizioni per la sanabilità di opere illegittimamente realizzate su aree successivamente sottoposte a vincolo previsto dall’art. 32, comma 2, legge n. 47 del 1985, nel testo in vigore, è la possibilità di collaudare le stesse a norma dell’art. 35, quarto comma, della medesima legge n. 47 del 1985.
Del resto, con riferimento ai tre profili in questione, ciascuno dei quali costituente condizione necessaria per l’ammissibilità della sanatoria dell’immobile, il ricorrente nulla rappresenta di specifico. E l’omissione è particolarmente significativa proprio in relazione alle criticità derivanti dal rischio idrogeologico, siccome puntualmente evidenziate nell’ordinanza impugnata.
5. Prive di specificità, e comunque manifestamente infondate, sono le censure formulate nel quinto motivo, le quali contestano il mancato esame dello stato di assoluta necessità abitativa.
L’ordinanza impugnata, in effetti, espone che non risultano elementi idonei a dimostrare che l’immobile abusivamente realizzato sia destinato ad alloggiare la famiglia della figlia del ricorrente, impossibilitata a provvedere altrimenti a tali esigenze, poiché sono stati depositati solo un certificato di residenza e di stato di famiglia della donna. Aggiunge, inoltre, con argomento in ogni caso dirimente, che, anche a voler ritenere che l’immobile sia destinato ad abitazione familiare, tale situazione, come osserva la giurisprudenza di legittimità sulla base di un esame di quella della Corte EDU (si citano, in particolare, Sez. 3, n. 2532 del 24/01/2022, e Sez. 3, n. 5822 del 18/01/2022), può, «al più, implicare particolari accortezze quanto alle modalità e alle tempistiche dello sgombero e imponendo il rispetto di garanzie procedurali che, nel caso in esame, sono state ampiamente osservate».
6. Alla complessiva infondatezza delle censure segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13/01/2023