Cass Sez. 3n. 31029 del 20 luglio 2016  (Cc 20 mag 2016)
Presidente: Fiale Estensore: Di Nicola Imputato: Staiano e altro
Urbanistica.Demolizione del manufatto e procedura applicabile

In caso di condanna per costruzione effettuata in violazione sia della normativa edilizia che di quella antisismica, alla demolizione del manufatto si applica la sola procedura di cui all'art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 e non anche quella - di competenza regionale - di cui all'art. 98 dello stesso d.P.R., con la conseguenza che compete al Pubblico Ministero, per entrambe le violazioni, l'iniziativa per la relativa esecuzione. (In motivazione, la Corte ha osservato che la deroga al principio generale che attribuisce al PM l'esecuzione dei provvedimenti giudiziali è di stretta interpretazione e deve essere pertanto limitata all'unica ipotesi di demolizione collegata in via esclusiva alla condanna per contravvenzioni in materia antisismica, di competenza dell'Ufficio Tecnico Regionale).

 RITENUTO IN FATTO

1. S.G. e M.M. ricorrono per cassazione impugnando l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il tribunale di Torre Annunziata, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza volta ad ottenere la sospensione o la revoca dell’ordine di demolizione emesso con sentenza del 23 novembre 2006, irrevocabile in data 15 novembre 2009.

2. Per la cassazione dell’impugnata ordinanza, i ricorrenti, tramite il comune difensore, articolano i seguenti motivi di impugnazione, qui enunciati ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente necessari per la motivazione.

Con essi deducono la nullita’ dell’ingiunzione per omessa notifica al difensore do fiducia (primo motivo); l’incompetenza del giudice di primo grado a conoscere dell’esecuzione sulla competenza in executivis che apparterrebbe alla Corte di appello di Napoli avendo quest’ultima riformato la prima sentenza (secondo motivo); il difetto di legittimazione passiva dei ricorrenti, essendo legittimato il Comune di Vico Equense per aver acquisito l’immobile al patrimonio comunale (terzo motivo); l’incompetenza dell’autorita’ giudiziaria ordinaria, spettando alla Regione Campania o al genio la competenza ad emettere e ad eseguire l’ordine di demolizione, posto che la condanna e’ intervenuta anche con riferimento ai violazioni antisimiche (quarto motivo).

3. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso in considerazione dell’infondatezza dei motivi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato.

2. Quanto al primo motivo, va ricordato che la Corte di cassazione si e’ espressa nel senso che, in materia di reati edilizi, l’ingiunzione a demolire, conseguente all’ordine di demolizione disposto dal giudice con la sentenza di condanna D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 31, comma 9, non deve essere notificata dal pubblico ministero al difensore, ma esclusivamente al condannato, essendo preordinata a consentirgli lo spontaneo adempimento dell’obbligo senza ulteriori aggravi di spese a suo carico (Sez. 3, n. 254 del 07/10/2014, dep. 2015, Menduni, Rv. 261789).

3. Il secondo motivo di gravame e’ manifestamente infondato perche’, essendo stata la sentenza di primo grado riformata soltanto in relazione alla pena, l’art. 665 c.p.p., comma 2, chiaramente stabilisce che, in tal caso, il giudice competente a conoscere dell’esecuzione del provvedimento e’ il giudice che lo ha emesso, ossia il giudice di primo grado, residuando la competenza del giudice di appello esclusivamente nei casi di riforma totale del primo provvedimento.

4. Il terzo motivo e’ invece infondato.

Quanto, infatti, alla carenza di legittimazione passiva dei ricorrenti in ragione dell’acquisizione dell’immobile abusivo al patrimonio comunale, il Collegio osserva che l’acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune non e’ incompatibile con l’ordine di demolizione emesso dal giudice con la sentenza di condanna e con la sua successiva esecuzione da parte del pubblico ministero, a spese del condannato, sussistendo incompatibilita’ solo nel caso in cui l’ente locale stabilisca, con propria delibera, l’esistenza di interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive, prevalenti rispetto a quello del ripristino dell’assetto urbanistico violato (Sez. 3, n. 42698 del 07/07/2015, Marche, Rv. 265495).

Ne consegue che siffatta incompatibilita’ deve rivestire i caratteri dell’assolutezza e soprattutto della attualita’, non assumendo alcuna rilevanza una incompatibilita’ futura e meramente eventuale (per tutte, Sez. 3, n. 3682 del 19/11/1999, dep. 2000, Puglisi, Rv. 215456), posto peraltro che la sanzione demolitoria e’ caratterizzata in senso essenzialmente riparatorio, ha carattere reale e ricade direttamente sul soggetto che e’ in rapporto con il bene, senza che rilevi il fatto che esso sia o meno l’autore dell’abuso, conseguendo da cio’ che la legittimazione passiva compete al soggetto che si trova nella disponibilita’ materiale del manufatto.

Nel caso in esame, intervenuta l’acquisizione del bene al patrimonio del Comune, non risulta che il consiglio comunale di Vico Equense abbia escluso (D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 31, comma 5) la necessita’ di procedere alla demolizione dell’immobile abusivo in oggetto, ne’ risulta che abbia ravvisato la presenza di prevalenti interessi pubblici al suo mantenimento, previo accertamento di una situazione di inesistente contrasto con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali.

Ne’ rileva la pendenza di eventuali istanze di condono, avendo il giudice, con logica ed adeguata motivazione, neppure specificamente censurata sul punto, escluso che il procedimento di sanatoria fosse definibile in tempi brevi e la sospensione dell’esecuzione dell’ingiunzione a demolire puo’ conseguire soltanto nel caso in cui sia concretamente pronosticabile un rapido esaurimento del procedimento amministrativo inerente alla definizione della domanda di condono (Sez. 3, n. 47263 del 25/09/2014, Russo, Rv. 261212).

5. Quanto infine al quarto motivo, sollevato con riferimento alla carenza di potere dell’autorita’ giudiziaria sul presupposto che si debba individuare la Regione come autorita’ competente a promuovere (tanto ad emettere quanto ad eseguire) la demolizione, in materia antisismica, la censura deve ritenersi parimenti infondata.

La L. 3 febbraio 1974, n. 64, art. 23, comma 3, (ora D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 98) prevede l’irrogazione, con il decreto o la sentenza di condanna, della sanzione amministrativa demolitoria da parte dell’autorita’ giudiziaria penale allorche’ le opere siano state eseguite in difformita’ dalle norme tecniche prescritte in materia di costruzioni in zone sismiche, con la conseguenza che, in materia di costruzioni in dette zone, la competenza ad emettere l’ordine di demolizione delle opere abusive ovvero a impartire le prescrizioni necessarie a renderle conformi alle norme della L. n. 64 del 1974 spetta al giudice penale che pronuncia la sentenza o il decreto penale di condanna mentre spetta, per disposizione del successivo art. 25 (ora art. 100 T.U.E.) e con la procedura in esso indicata, alla Regione soltanto in seguito all’estinzione del reato per qualsiasi causa.

Ne consegue che la competenza ad emettere l’ordine di demolizione, anche con riferimento a violazioni della legge antisismica, e’ attribuita al Giudice penale.

Per quanto concerne invece la competenza ad eseguire l’ordine di demolizione, occorre considerare che la condanna non e’ intervenuta esclusivamente per la violazioni alla normativa antisismica (in relazione alla quale competente alla demolizione e’ l’Ufficio Tecnico Regionale) ma anche per le violazioni concernenti il cemento armato e per edificazione priva dei titoli abilitativi (urbanistici e paesaggistici). In questa situazione, non e’ plausibile che per l’abbattimento di uno stesso bene si instaurino due procedure esecutive, l’una, da parte dell’autorita’ giudiziaria, e l’altra, da parte dell’Ufficio Tecnico Regionale. La procedura deve essere unica ed ai sensi dell’art. 31 TUE in quanto la deroga al generale principio che attribuisce al Pubblico Ministero la esecuzione dei provvedimenti giudiziali deve essere di stretta interpretazione e limitata ai casi nei quali la demolizione e’ collegata in via esclusiva alla condanna per contravvenzioni in materia antisismica (Sez. 3, n. 46209 del 12/10/2011, Pacchioni, Rv. 251593).

Pertanto, anche sotto tale specifico aspetto, la doglianza e’ infondata.

6. Sulla base delle precedenti considerazioni, i ricorsi devono essere rigettati con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2016