Cass. Sez. III n. 44908 del16 novembre 2012 (Ud. 25 ott. 2012)
Pres. Mannino Est. Lombardi Ric. Delle Foglie
Urbanistica. Lottizzazione mediante realizzazione impianto industriale

Si ha lottizzazione (materiale) abusiva, ai sensi dell'art. 30, comma primo, del DPR n. 380/2001 "quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione". Pertanto, qualsiasi intervento edilizio realizzato in assenza delle prescritte autorizzazioni, che, per la sua consistenza, si palesi idoneo a conferire al territorio un assetto diverso da quello previsto dagli strumenti urbanistici, integra la fattispecie della lottizzazione abusiva. Detta fattispecie è, perciò, senz'altro integrata dalla realizzazione di un impianto di natura industriale e di altri manufatti in zona avente diversa destinazione d'uso, che stravolgano l'assetto del territorio pianificato dalla pubblica amministrazione, indipendentemente dal fatto che tale impianto renda necessaria la realizzazione di opere di urbanizzazione.

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza Impugnata la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Bari, sezione distaccata di M., in data 16/10/2009, con la quale era stata emessa pronuncia di non doversi procedere nei confronti di D.F.S., D. F.C. e D.F.L. in ordine ai reati: a) di cui al D.Lgs n. 42/2004, art. 142, lett G e F, artt. 143, 146 e 181;

b) di cui all'art. 30, in relazione alla L. n. 394 del 1991, art. 6, comma 3; c) di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c); d) di cui all'art. 44 lett. e) del DPR n. 380/2001; e) di cui all'art. 734 c.p.; f) di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a), b) e c), per essere detti reati estinti per prescrizione, ed era stata disposta la confisca del suoli e delle opere su essi realizzate.

In sintesi, le violazioni edilizie e paesaggistiche di cui ai vari capi di imputazione erano state contestate agli imputati per avere realizzato in zona agricola, sottoposta a vincoli paesaggistici di varia natura - Piano Urbanistico Territoriale Tematico "Paesaggio della Regione Puglia, area protetta ZPS Alta Murgia, zona SIC - un opificio per la produzione di fertilizzanti biologici e trasformazione di prodotti agricoli in compost, nonchè un impianto per attività floro-vivaistica in serra, in difformità dei progetto approvato ed in violazione dei predetti vincoli di inedificabilità assoluta, determinando una trasformazione urbanistica ed una modificazione dell'assetto del territorio rispetto alla sua destinazione.

La sentenza impugnata ha in primo luogo escluso che ricorressero le condizioni per l'assoluzione degli imputati con formula ampia ai sensi dell'art. 129 c.p.p.. E' stato, poi, affermato, quanto al reato di lottizzazione abusiva, che le opere realizzate risultavano totalmente difformi dal progetto approvato con Delib. Provincia di Bari n. 424 del 04/09/2000 e che tali difformità avevano determinato una modificazione sostanziale delle opere al sensi della D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 27 (cosiddetto Decreto Ronchi), a nulla rilevando che sotto il profilo edilizio le modifiche apportate avessero determinato l'impegno di una superficie di suolo di minore estensione. Richiamando la sentenza di primo grado sul punto, è stato altresì disatteso l'assunto difensivo secondo il quale le opere in questione non presupporrebbero la realizzazione di Interventi di urbanizzazione primaria e secondaria e, pertanto, non integrerebbero la fattispecie della lottizzazione abusiva.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso, tramite il difensore, D.F.S., che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione con vari mezzi di annullamento:

A) Violazione ed errata applicazione dell'art. 129 c.p.p..

La sentenza ha erroneamente affermato che la commissione del reato era cessata in data 18 ottobre 2004 per effetto del sequestro degli immobili. Trattandosi di reati permanenti, cosi come contestato dalla pubblica accusa, la cessazione del reati si era verificata con l'emissione del decreto penale di condanna ovvero con la sentenza di primo grado.

B) Violazione dell'art. 129 c.p.p., comma 2.

Erroneamente la sentenza ha affermato che non emergeva dagli atti processuali l'esistenza di una causa per il proscioglimento nel merito, risultando chiaro che l'imputato aveva agito sulla scorta di atti autorizzativi e, soprattutto, nella consapevolezza che tali atti fossero assolutamente leciti e sufficienti per portare a termine l'opera.

C) Mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione al reato di lottizzazione abusiva.

La sentenza ha affermato l'Impossibilità di effettuare un compiuto accertamento In ordine all'Inesistenza di elementi per pervenire al proscioglimento dell'imputato con diversa formula, mentre ha poi, contraddittoriamente, proceduto ad una approfondita valutazione della vicenda processuale in ordine alla sussistenza della lottizzazione abusiva.

L'illogicità della motivazione riguarda anche l'attribuzione di natura illecita allo svolgimento di attività autorizzate dalla pubblica amministrazione i cui provvedimento erano stati ritenuti legittimi dallo stesso giudice amministrativo con sentenze dal TAR di Bari n. 2590/04 e 2594/04. Si contesta, poi, la rilevanza delle difformità riscontrate dal giudice di merito, deducendo che la volumetria e la superficie occupate dall'opera risultavano inferiori a quelle previste in progetto.

C2) Mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione all'elemento psicologico del reato.

Si ribadisce che l'imputato ha operato in conformità delle autorizzazioni amministrative e si deduce, al fini della valutazione dell'elemento psicologico del reato, che doveva tenersi conto della complessità della normativa extrapenale, sulla cui osservanza ha fatto affidamento in buona fede il D.F., avendo agito nella convinzione, indotta da regolari provvedimenti amministrativi, della liceità del proprio comportamento.

D) Violazione ed errata applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2.

La confisca, secondo l'affermazione contenuta nella pronuncia della Corte Europea del diritti dell'uomo nella sentenza 30/08/2008, Matarrese, ha natura di pena con la conseguenza che la stessa deve essere rapportata all'esistenza di una infrazione penale, sicchè il giudice di appello, avendo rilevato la intervenuta prescrizione del reato e non ritenendo di dover entrare nel merito delle interpretazioni delle leggi statuali e regionali al fine di escludere la responsabilità del prevenuto avrebbe dovuto revocare la misura ablatoria.

E) illegittimità della confisca in caso di estinzione del reato in relazione all'art. 117 Cost..

Pur estendo stata già dichiarata la manifesta infondatezza della relativa eccezione, si ripropone la questione di legittimità della norma, in relazione al citato parametro costituzionale per incompatibilità con l'art. 7 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, ai sensi del cui disposto nessuno può essere condannato per una azione o omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale.

A tale principio di diritto internazionale era obbligato ad uniformarsi il legislatore nazionale ai sensi del citato art. 117 Cost. con la conseguente illegittimità di una norma che preveda la confisca obbligatoria in assenza di un pronunciamento di responsabilità penale.

3. Avverso la sentenza ha altresì proposto ricorso, tramite i difensori, D.F.L., che la denuncia per violazione di norme processuali e sostanziali, nonchè vizi di motivazione.

Il ricorrente dopo aver premesso una dettagliata ricostruzione delle vicende amministrativa e giurisdizionali, in sede amministrativa e penale, che hanno interessato la realizzazione dell'impianto di compostaggio, denuncia, in estrema sintesi:

3.1 Violazione degli art. 129 c.p.p., comma 2, art. 516 c.p.p., comma 1, e art. 521 c.p.p..

Il P.M. non ha contestato l'esecuzione di lavori in difformità del progetto approvato in uno specifico capo di imputazione, nè sul punto si è pronunciata la sentenza di primo grado. La sentenza impugnata, pertanto, ha violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza, ponendo a fondamento della decisione un fatto mai contestato agli imputati.

Violazione di norme processuali, sostanziali e vizi di motivazione in ordine all'accertamento della totale difformità delle opere, non avendo tale punto formato oggetto di un accertamento tecnico disposto dal P.M., ed essendo stata desunta l'esistenza di una variante sostanziale al sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 27 da elementi di valutazione del tutto incongrui.

3.2 violazione di norme processuali, sostanziali e vizi di motivazione.

La sentenza ha ignorato la determina dirigenziale della Provincia di Bari n. 91 del 21/08/2001, con la quale l'ente locale ha preso atto delle varianti apportate al progetto originario per una migliore ricaduta dell'Impatto dell'impianto sull'ambiente circostante.

La sentenza ha disposto la confisca delle aree e delle opere su di esse realizzate in relazione al reato di lottizzazione abusiva, benchè la normativa speciale di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 27, che disciplina la materia, non preveda alcun obbligo di lottizzazione e sia stata accertata con sentenze del TAR di Bari n. 2590 e 2594/04 la conformità delle opere alle previsioni dello strumento urbanistico generale del Comune di Grumo Appula.

3.3 Violazione ed errate interpretezione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 27, e travisamento delle risultanze dei provvedimenti amministrativi.

Premesso che l'autorizzazione di cui alla disposizione citata sostituisce tutte le altre autorizzazioni e costituisce variante allo strumento urbanistico comunale, oltre a dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori, si osserva che il comma 8 del predetto articolo dispone li rinnovo della procedura di approvazione dell'impianto solo nell'ipotesi di varianti sostanziali in corso di esercizio, mentre nel caso in esame l'impianto era ancora In costruzione. Si denuncia, poi, il travisamento delle risultanze della conferenza servizi in data 11/12/2003, con la quale sarebbe stato solo aperto un procedimento di riesame degli atti autorizzatoti, nonchè del parere del Comitato Tecnico Scientifico Provinciale in data 12/03/2004, che aveva concluso per l'inesistenza di modificazioni sostanziali degli impianti ed il miglioramento qualitativo della loro funzionalità.

3.4 violazione di norme sostanziali e processuali, nonchè vizi di motivazione. La sentenza ha sostanzialmente riconosciuto la irrilevanza sul piano urbanistico-edilizio delle varianti, ma ha contraddittoriamente affermato la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva.

Si ribadisce che nessuna norma prevede l'obbligo della preventiva approvazione di un piano di lottizzazione per la realizzazione di impianti autorizzati ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 27, e che l'opera era pienamente compatibile con il PRG del Comune di Grumo Appula, come affermato dalle diate sentenze del TAR di Bari.

Si denuncia contraddittorietà della motivazione della sentenza per avere recepito le argomentazioni di quella di primo grado in ordine alla sussistenza del reato di lottizzazione abusiva, ravvisato per la trasformazione dell'assetto del territorio prodotta dall'impianto, ed affermato subito dopo che l'autorizzazione ex art. 27 del Decreto Ronchi abbraccia tutti gli interassi compreso quello urbanistico ed edilizio, nonchè dell'ambiente. Nel prosieguo si ribadisce la insussistenza del reato di lottizzazione abusiva, stante la conformità dell'autorizzazione alla strumento urbanistico locale come accertato dalle citate sentenze del TAR. 3.5 Violazione di norme sostanziali e processuali, nonchè vizi di motivazione con riferimento all'elemento psicologico del reato.

La sentenza, nell'escludere la buona fede dell'imputato, ha totalmente ignorato la determina dirigenziale n. 91/2001 e omesso di motivare in ordine a rilevanti profili idonei ad escludere l'elemento psicologico del reato. Tra questi la stessa complessità della normativa extrapenale, ricordata dalla sentenza per giustificare la declaratoria di prescrizione in luogo di altra più favorevole.

Nel prosieguo si riportano i motivi di appello avverso la sentenza di primo grado per far rilevare la carenza di motivazione della sentenza impugnata in relazione alle argomentazioni negli stessi esposte anche con riferimento agli altri reati dei quali è stata dichiarata la prescrizione. In particolare con riferimento alla inesistenza di un vincolo paesaggistico derivante dal PUTT Paesaggio della Regione Puglia, nel quale PUTT non risulta inserita l'area in cui sono ubicati gli immobili, nonchè l'Inesistenza di un vincolo derivante dalia natura boschiva della stessa; con riferimento alla inesistenza di un vincolo derivante dall'inserimento dell'area negli elenchi delle Zone di Protezione Speciale ovvero dei siti di Interesse Comunitario per non essere stato approvato il citato elenco dalla Commissione Europea. Sul punto viene richiamata la sentenza della Corte di giustizia CE 13 gennaio 2005 - Causa C 117/03 in ordine all'inefficacia del vincolo fino alla approvazione degli elenchi da parte della Commissione. Con riferimento alle errata equiparazione delle aree ZPS e SIC alle Aree Naturali Protette, mentre le stesse sono riconducibili al regime di protezione previsto del D.P.R. n. 357 del 1997; con riferimento alla errata esclusione che la valutazione di impatto ambientale contenga la più mite valutazione di incidenza;

con riferimento all'esistenza di un vincolo derivante dalla ubicazione dell'area in "ciglio di scarpate" ai sensi dell'art. 3.09 del PUTT Puglia, di cui peraltro si contesta la sussistenza, essendo entrato in vigore il PUTT nel 2002; con riferimento all'esistenza dell'elemento psicologico del reati, nonchè delle ulteriori fattispecie contravvenzionali.

4.1 Con motivi aggiunti depositati il 09/11/2011 la difesa del ricorrente ha sostanzialmente ribadito le precedenti deduzioni difensive con riferimento alla citate determina dirigenziale ed all'elemento psicologico del reato.

4.2 Con memoria difensiva depositata il 08/11/2011 la parte civile PARCO Nazionale dell'Alta Murgia ha contestato le deduzioni dei ricorrenti, chiedendo il rigetto del ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati nel limiti che di seguito vengono precisati.

2.1 Preliminarmente è opportuno osservare, in relazione al primo motivo di ricorso dell'Imputato D.F.S., che la declaratoria di estinzione per prescrizione del reati si palesa giuridicamente corretta con riferimento alla individuazione della data di cessazione dell'attività illecita.

E' noto che i reati aventi ad oggetto le violazioni edilizie e paesaggistiche hanno natura permanente finchè si protrae l'attività edificatoria abusiva (sez. un. 27/02/2002 n. 17178), sicchè il sequestro dei manufatti, nel caso in esame intervenuto il 18/10/2004, ha determinato la cessazione della commissione dei reati (sez. 3, 25/09/2001 n. 38136).

2.2 Va poi osservato, in relazione al terzo motivo di ricorso dell'imputato D.F.L., che la declaratoria di prescrizione del reato rende Inapplicabile il disposto dell'art. 521 c.p.p., comma 2, non essendo consentita, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., a seguito dell'accertamento della estinzione dei reati e della conseguente impossibilita di proseguire l'azione penale, la trasmissione degli atti al pubblico ministero perchè la eserciti per il fatto diverso da come descritto nei capo di Imputazione.

Peraltro, nel caso In esame si palesa evidente che gli imputati hanno avuto modo di difendersi con riferimento a tutti i profili di illegittimità del loro operato ritenuti dai giudici di merito.

3.1 Passando all'esame degli ulteriori motivi di ricorso non appare giuridicamente corretta l'affermazione della sentenza Impugnata, secondo la quale, nel caso di estinzione del reati, il giudice è esonerato dell'obbligo di vagliare la bontà di tesi giuridiche, interpretazioni di leggi statuali e regionali operata da indirizzi giurisprudenziali al fine di poter escludere che gli immobili su cui sorgono i manufatti oggetto di confisca siano o meno sottoposti a vincoli paesistico-ambientali" e, quindi, pervenire ad una pronuncia di proscioglimento con formula più favorevole di quella della declaratoria di prescrizione quale conseguenza della interpretazione di norme.

L'evidenza della prova dell'inesistenza del fatto costituente reato o che l'Imputato l'abbia commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato deve riferirsi, ex art. 129 c.p.p., comma 2, alle risultanze fattuali della condotta posta in essere e non alla individuazione ed Interpretazione delle norme gluridiche che trovano applicazione nel caso concreto.

Va aggiunto che, in ogni caso, allorchè all'accertamento della intervenuta estinzione per prescrizione del reato segue necessariamente ex art. 578 c.p.p. la valutazione del compendio probatorio ai fini della decisione in ordine alle statuizioni dcivili della sentenza, il giudizio sulla responsabilità degli imputati, ai fini della conferma delle predette statuizioni, non può non riverberarsi anche su quello penale, prevalendo sulla immediata declaratoria della causa estintiva del reato (sez. un. 29/05/2009 n. 35490, RV 24473).

3.2 A maggior ragione tale principio di diritto trova applicazione nell'ipotesi in cui alla declaratoria di proscioglimento dell'imputato per estinzione dei reato debba obbligatoriamente seguire la misura reale della confisca.

E' noto che, secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, la confisca del terreni abusivamente lottizzati, che segue obbligatoriamente, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, l'accertamento dell'esistenza di una lottizzazione abusiva, ha natura di sanzione amministrativa (per tutte, sez. 3, 07/07/2004 n. 38728, RV 229609), che deve essere applicata dal giudice penale anche allorchè non si pervenga alla condanna dell'imputato o alla irrogazione della pena per causa diversa da quella inerente all'accertamento dell'insussistenza degli elementi oggettlvo e soggettivo del reato (sez. 3, 13/07/2009 n. 39078, RV 245347; conf. sentenze n. 37086 del 2004 Rv. 230031, n. 6396 del 2007 Rv. 236076, n. 9982 del 2008 Rv. 238984, n. 21188 del 2009 Rv. 243630 ed altre).

Va, poi, ricordato che la Corte Europea del Diritti Dell'uomo ha affermato, con sentenze 30 agosto 2007 e 20 gennaio 2009 nella causa Sud Fondi S.r.l. (relativa alla confisca della cosiddetta Punta Perotti), che la confisca conseguente alla lottizzazione abusiva deve qualificarsi come una pena, al sensi dell'art. 7 della CEDU, e, pertanto, presuppone l'accertamento anche dell'elemento soggettivo del reato ascritto al partecipante alla lottizzazione abusiva.

Il giudice di merito, pertanto, nell'applicare l'indicata misura ablatoria di diritti reali, a fronte dell'intervento di una causa estintiva del reato, non può esimersi dell'accertare compiutamente l'esistenza della lottizzazione abusiva e dell'elemento soggettivo del reato, che, stante la sua natura contravvenzionale, può consistere anche nella colpa.

3.3 Va ancora osservato, con riferimento alla deduzione del ricorrenti circa la non configurabilltà, nel caso in esame, del reato di lottizzazione abusiva in considerazione della natura delle opere realizzate, che si ha lottizzazione (materiale) abusiva, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, comma 1, "quando vengono Iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia del terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senta ia prescritta autorizzazione";

Pertanto, qualsiasi intervento edilizio realizzato in assenza delle prescritte autorizzazioni, che, per la sua consistenza, si palesi idoneo a conferire al territorio un assetto diverso da quello previsto dagli strumenti urbanistici, integra la fattispecie della lottizzazione abusiva.

Detta fattispecie è, perdo, senz'altro integrata dalla realizzazione di un impianto di natura industriale e di altri manufatti in zona avente diversa destinazione d'uso, che stravolgano l'assetto del territorio pianificato dalla pubblica amministrazione, indipendentemente dal fatto che tale impianto renda necessaria la realizzazione di opere di urbanizzazione, che pure vengono individuate dai giudici di merito.

4.1 Passando all'esame delle questioni oggetto delle valutazioni contenute nella sentenza impugnata va richiamata la normativa che disciplinava la materia degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti vigente all'epoca dei fatti, costituita dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 27 (decreto Ronchi), che trova rispondenza nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 208.

L'art. 27 Cost. disponeva;

- Approvazione del progetto e autorizzazione atta realizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero del rifiuti.

1. I soggetti che intendono realizzare nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla Regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione dei progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute e di sicurezza sul lavoro, e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale statale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente al predetti fini e il termine di cui al comma 3 resta sospeso fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della L. 8 luglio 1986, n. 349, art. 6, comma 4, e successive modifiche e integrazioni.

2. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui ai comma 1, la Regione nomina un responsabile del procedimento e convoca una apposita conferenza cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti, i rappresentanti degli enti locali interessati.

Alla conferenza è invitato a partecipare anche il richiedente l'autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire informazioni e chiarimenti.

3. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la conferenza:

a) procede alla valutazione dei progetti;

b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali;

c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;

d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla Giunta regionale.

4. Per l'istruttoria tecnica della domanda la Regione può avvalersi degli organismi individuati ai sensi del D.L. 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 gennaio 1994, n. 61.

5. Entro trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza, e sulla base delle risultanze della stessa, la Giunta regionale approva il progetto ed autorizza la realizzazione dell'impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali. L'approvazione stessa costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale, e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori.

6. Nel caso in cui il progetto approvato riguardi aree vincolate ai sensi della L. 29 giugno 1939, n. 1497, e del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, si applicano le disposizioni di cui al D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 82, comma 9, come modificato dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1985, n. 431.

7. (omissis).

8. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso di esercizio, che comportano modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata.

9 (omissis)".

Va inoltre ricordato che con L.R. n. 30 del 1986 la Regione Puglia ha delegato le province per il rilascio delle autorizzazioni in materia di rifiuti.

La riportata disciplina, pertanto, stabilisce espressamente che l'approvazione del progetto costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico locate, sicchè a nulla rileva la diversa destinazione attribuita dal PRG del Comune interessato all'area ove sorge l'impianto, e sostituisce ogni altro visto, parere, autorizzazione o concessione, fatta eccezione per le aree sottoposte a vincolo ai sensi della L. n. 1497 del 1939, nonchè della successiva cosiddetta L. Galasso, sostituita prima dal D.Lgs. n. 490 del 1999 ed attualmente dal D.Lgs. n. 42 del 2004.

Nel caso di aree vincolate, pertanto, l'operatività dell'approvazione del progetto dell'impianto di smaltimento dei rifiuti è subordinata all'esistenza delle autorizzazioni delle amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli individuati dalle norme richiamate.

4.2 Emerge nel caso in esame dalla sentenza impugnata che l'impianto di cui si tratta veniva realizzato a seguito di approvazione del progetto con Delib. n. 424/2000 della Provincia di Bari, emessa a seguito della conclusione dell'iter procedimentale prevista dall'art. 27 Decreto Ronchi.

La stessa sentenza ha anche ricordato le pronunce dal TAR Puglia citate dai ricorrenti, che avevano affermato la regolarità dei procedimento, preceduto dalia conferenza dei servizi, conclusosi con l'approvazione del progetto e l'inesistenza di vincoli sulle aree oggetto dell'intervento (sentenza del TAR Puglia n. 2590/2004).

Nè, peraltro, come Inizialmente rilevato la sentenza impugnata si è occupata di tale profilo par affermare l'eventuale illegittimità dei lavori in corso di esecuzione.

4.3 La sentenza ha, invece, ravvisato detta illegittimità esclusivamente per l'esecuzione di varianti sostanziali nella realizzazione dell'impianto che avrebbero reso necessario una nuova approvazione del progetto al sensi dell'art. 27, comma 8.

La valutazione dei giudici di merito, però, non si palesa fondata su elementi che la suffraghino adeguatamente.

Va precisato sul punto che, indipendentemente dal riferimento della norma a varianti sostanziali in corso di esercizio e non in sede di realizzazione dell'impianto, è evidente che la realizzazione di un impianto sostanzialmente diverso da quello approvato rende inoperante l'approvazione stessa.

In applicazione di un ordinario criterio ermeneutico, in assenza di indicazioni tecniche afferenti alla specifica materia di cui si tratta, per variante sostanziate deve intendersi la realizzazione di un impianto destinato ad una attività produttiva diversa da quella approvata, ovvero che, ferma restando la medesima tipologia di produzione, per le sue dimensioni o per l'adozione di diverse metodologie produttive abbia un impatto sul territorio incompatibile con quanto previsto dai progetto approvato.

4.4 Orbene, nel caso In esame, emerge dalla pronuncia di merito che le modifiche apportate all'impianto in corso di realizzazione, destinato alla medesime attività produttiva di compost, avrebbero determinato un minor consumo del territorio rispetto a quello previsto dal progetto approvato, mentre nulla e dato sapere in ordine al diverso impatto ambientale delle varianti.

La stessa sentenza, peraltro, a fronte del parere del consulente di parte, riportato in motivazione, circa la inesistenza di varianti sostanziali, si limita a contrapporre la diversa opinione del giudici di merito, mentre è stata del tutto ignorata la determina dirigenziale n. 91 del 21 agosto 2001 della Provincia di Bari, con la quale si prendeva atto delle modifiche apportate in corso d'opera, qualificate come soluzioni tecniche che "costituiscono un miglioramento funzionate ed ottimizzano l'esercizio dell'Impianto:

5. Da ultimo si osserva che la sentenza impugnata fa sostanzialmente coincidere l'elemento soggettivo del reato con la consapevolezza della condotta posta in essere dagli imputati, mentre non è stato esaminato l'eventuale affidamento del privato nei provvedimenti della pubblica amministrazione.

Anche sul punto non si è tenuto conto della citata determina dirigenziale, mentre la ricostruzione delle condotte successive e la attribuzione delle stesse ai singoli imputati appare frutto di una valutazione sommaria.

La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio per un nuovo esame che tenga conto degli affermati principi di diritto e dei rilievi che precedono.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Bari.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2012.