Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2516, del 18 maggio 2015
Urbanistica.Trasformazione stalla in abitazione senza concessione edilizia né autorizzazione paesaggistica. Legittimità diniego sanatoria

Legittimamente il Tribunale amministrativo ha considerato, che, ai fini della decisione, non è rilevante se il piano terra fosse stato utilizzato come stalla o fienile o per altri scopi agricoli, la destinazione d’uso è solo quella di agricoltura; e che, trattandosi di un fabbricato situato nel verde alpino, la sua destinazione d’uso non può essere cambiata se non in forza di una concessione edilizia e un’autorizzazione paesaggistica. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)



N. 02516/2015REG.PROV.COLL.

N. 03855/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3855 del 2014, proposto da:
Martiner Ivo Maria, rappresentato e difeso dagli avv. Manfred Schullian, Christoph Senoner e Luca Mazzeo, con domicilio eletto presso lo studio dell’ultimo in Roma, via Giosué Borsi, 4;

contro

Comune di Castelrotto, Provincia Autonoma di Bolzano;

per la riforma

della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, sezione autonoma della provincia di Bolzano n. 24/2014, resa tra le parti, concernente diniego rilascio concessione edilizia in sanatoria.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 20 gennaio 2015 il consigliere Andrea Pannone e uditi per le parti gli avvocati Schullian e Mazzeo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Il signor Martiner Ivo Maria ha impugnato innanzi il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa i seguenti atti:

a) l’ordinanza del Sindaco del Comune di Castelrotto dd. 17.02.2012, n. 140/2011, prot. n. 3163/12/BA/ND, avente per oggetto: trasformazione della stalla nella p.ed. 4023, CC Castelrotto, in località “Hartl” all’alpe di Siusi nel verde alpino, in contrasto all’articolo 4, comma 1) D. P. G. P. del 10 febbraio 1992, nr. 269/V/81, in contrasto alle disposizioni della L.P. del 25.07.1970, nr. 16 e senza concessione edilizià, con la quale è stata ingiunta al ricorrente la rimozione di tre finestre e delle separazioni interne dell’edificio p.ed. 4023, C.C. Castelrotto, nonché il ripristino dell’asserita destinazione originaria del piano terra del medesimo edificio come stalla (cfr. doc. B, n. 1), nonché di ogni altro atto propedeutico, infraprocedimentale, susseguente o comunque connesso con il provvedimento impugnato, anche se non espressamente indicato o non conosciuto, ivi compresa la comunicazione del Comune di Castelrotto di avvio del procedimento dd. 13.09.2011, prot. n. 11892/BA/ND (cfr. doc. B, n. 2), della comunicazione del Comune di Castelrotto dd. 10.10.2011, prot. n. 12686 (cfr. doc. B, n. 3), e delle comunicazioni della stazione forestale Castelrotto dd. 27.07.2011, prot. n. 423334 (cfr. doc. B, n. 4) e dd. 21.11.2011, prot. n. 647666 (doc. B, n. 5)

b) il provvedimento del Direttore della ripartizione natura e paesaggio della Provincia Autonoma di Bolzano dd. 14.02.2012, prot. n. 87211, con cui è stata disposta la restituzione al Comune di Castelrotto senza valutazione paesaggistica degli atti riguardanti la domanda del ricorrente volta al rilascio della concessione edilizia in sanatoria di alcune opere all’interno dell’edificio p.ed. 4023, C.C. Castelrotto (doc. B, n. 6), nonché di ogni altro atto propedeutico, infraprocedimentale, susseguente o comunque connesso con il provvedimento impugnato, anche se non espressamente indicato o non conosciuto, ivi compresa la comunicazione del Comune di Castelrotto dd. 12.12.2011, prot. n. 14574/BA/ND/eg (cfr. doc. B, n. 7), dell’ivi citato parere della commissione edilizia del Comune di Casteirotto dd. 06.12.2011, nonché della già citata comunicazione della stazione forestale Castelrotto dd. 21.11.2011, prot. n. 647666 (doc. B, n. 5).

2. Il giudice di primo grado ha ricostruito la vicenda nei termini seguenti.

Il sig. Martiner contesta l’ordinanza n. 140/2011 del sindaco del Comune di Castelrotto, con la quale è intimato al ripristino dello stato dei luoghi nella p.ed. 4023 C.C. Castelrotto (Alpe di Siusi, località Hartl), perché secondo il Corpo Forestale ha aperto abusivamente tre finestre nella stalla del fienile montano situato nel verde alpino, ha costruito una terrazza in legno e ha effettuato una partizione interna dell’edificio.

Il ripristino dello stato dei luoghi è stato ordinato, in quanto per la trasformazione della stalla per motivi abitativi non era stata richiesta né la concessione edilizia per la conversione della destinazione, né una autorizzazione paesaggistica.

È impugnata anche l’ordinanza dd. 14.02.2012 del Direttore dell’Ufficio urbanistico, con la quale è stato restituito il progetto in sanatoria presentato per il riconoscimento della situazione di fatto in data 10.11.2011 e per la valutazione agricola (due camere con anticamera e un gabinetto, tre finestre interne e una terrazza in legno), perché in contrasto con le disposizioni di attuazione del piano paesaggistico dell’Alpi di Siusi.

Il sig. Martiner ha formulato i seguenti motivi di ricorso:

“a. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 80 e segg. legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13. Eccesso di potere per travisamento di fatti decisivi, per carenza di istruttoria, per erronea supposizione di fatti inesistenti o irrilevanti, nonché per illogicità manifesta”.

“b. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 80 e segg. legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13. Eccesso di potere per carenza di motivazione in relazione alla sussistenza di un pubblico interesse al ripristino della presunta destinazione d’uso originaria”.

“c. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, legge provinciale 26 luglio 1970, n. 16, nel combinato disposto con l’art. 4, comma 1, lett. a), norme di attuazione al piano paesaggistico Alpe di Siusi (D.P.G.P. n. 269/V/81 dd. 10 febbraio 1992, e s. m.). Eccesso di potere per travisamento di fatti decisivi, per carenza di istruttoria, per erronea supposizione di fatti inesistenti o irrilevanti, nonché per illogicità manifesta”.

3. Il giudice di primo grado, nel respingere il ricorso, ha sottolineato che la questione di fondo, dalla cui soluzione dipende l’esito della lite, concerne la destinazione d’uso originaria del piano terra.

Secondo il ricorrente, il piano terra è stato sempre utilizzato come dormitorio. La Provincia Autonoma afferma invece che recentemente è stato eseguito un illecito cambio di destinazione d’uso, perché prima il piano terra serviva come stalla.

Il Tribunale amministrativo ha considerato, che, ai fini della decisione, non è rilevante se il piano terra fosse stato utilizzato come stalla o fienile o per altri scopi agricoli, dato che ai sensi dell’art. 75 L.P. la destinazione d’uso è solo quella di agricoltura; e che, trattandosi di un fabbricato situato nel verde alpino, la sua destinazione d’uso non può essere cambiata se non in forza di una concessione edilizia e un’autorizzazione paesaggistica.

La difesa della Provincia elenca circostanze che depongono tutte nel senso di un utilizzo del fabbricato in questione a fini agricoli. Queste circostanze possono essere valutate come indizi ai sensi dell’art. 2729 c.c..

In particolare la sentenza, sotto la lettera b) dell’elenco, ha evidenziato che le caratteristiche del fabbricato sulla p.ed. 4023 lasciano supporre che si tratti di una stalla o un fienile. La baita (“Hiitte”) non è munita di una porta, ma di un grande portone d’ingresso, il quale serve per portare le mucche o il fieno nella stalla. Originariamente la baita (“Hiitte”) era senza finestre. Solo in seguito è stata dotata di tre finestre, come risulta dalle foto depositate. Il legno della cornice delle finestre nuove non è ancora degradato e spicca a causa del suo colore più chiaro rispetto al vecchio e degradato legno del restante fienile (“Schupfe”). Se la baita (“Hiitte”) fosse stata costruita per motivi abitativi, sarebbero state montate già dall’inizio finestre e una porta e non un portone da fienile (“Scheunentor”).

Da tutto ciò sono desumibili una serie di indizi obiettivi, i quali dimostrano in modo univoco e preciso, che la baita è stata costruita originariamente per l’uso agricolo e non per l’uso abitativo. Perciò –ha ritenuto il primo giudice- non solo la Commissione edilizia ha dato correttamente parere negativo al progetto di sanatoria, ma anche il Direttore dell’Urbanistica ha agito correttamente ai sensi dell’art. 8 della legge sulla protezione del paesaggio n. 16/70, quando ha restituito i documenti ricevuti, senza esaminare il progetto.

Il Tribunale ha quindi ritenuto che, in tale contesto, l’ordinanza di ripristino non richiede una specifica motivazione (in questo senso ex multis: CdS, VI, 5869/13). Solo in casi molto rari, nei quali può essere dimostrata la “buona fede” e dove la coscienza dell’abuso edilizio si è persa col passaggio del tempo, la fiducia è meritevole di tutela. Nel caso concreto l’abuso edilizio non è molto remoto nel tempo. Non si può neanche invocare la buona fede; al contrario, il fatto che le finestre montate non fossero visibili dall’esterno (come risulta dalla documentazione fotografica nel fascicolo della Provincia) consente di concludere che le finestre siano state realizzate in piena consapevolezza dell’abuso edilizio.

4. Con il ricorso in appello, il sig. Martiner ha dedotto i seguenti motivi così epigrafati:

a) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2729 c.c., 64, comma 4, c.p.a. e 112, c.p.c. Erroneità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, per travisamento di fatti decisivi e per erronea valutazione del materiale probatorio in relazione alla destinazione d’uso originaria del piano terra del fabbricato p.ed. 4023, C.C. Castelrotto.

In particolare il ricorrente ha affermato che non assume rilievo nemmeno la mancanza di finestre, considerato che il piano terra veniva e viene tutt’ora utilizzato esclusivamente per il pernottamento.

b) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 80 e ss. 1.p. 11 agosto 1997, n. 13. Erroneità della sentenza per motivazione insufficiente in ordine ad un fatto decisivo della controversia.

Secondo un orientamento giurisprudenziale che fa leva sul principio generale della certezza delle situazioni giuridiche le ordinanze repressive degli abusi edilizi devono contenere una congrua motivazione in ordine al pubblico interesse sotteso all’adozione dell’ordinanza, diverso da quello al ripristino della legalità, qualora tra la commissione dell’abuso e l’adozione dell’ordinanza intercorre un lungo lasso di tempo, tale da ingenerare una posizione di affidamento nel privato (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 15/07/2013, n. 3847).

5. Il ricorso in appello è infondato.

6. La sentenza appellata ha evidenziato una serie di circostanze tra le quali assume particolare rilievo –contrariamente a quanto deduce l’appellante- la recente realizzazione di tre finestre, desumibile dal colore del legno, più chiaro rispetto al vecchio e degradato legno del restante fienile.

L’appellante, in ordine a tale parte della motivazione, si limita ad affermare che essa non ha alcun rilievo perché non vi sarebbe stato mutamento di destinazione d’uso.

Tale assunto non può essere condiviso perché la realizzazione delle tre finestre comporta la modificazione dell’immobile, rendendolo utilizzabile a fini abitativi.

In ordine al secondo motivo di appello, con il quale si invoca il principio dell’affidamento per il lungo tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso, la Sezione non può che confermare il proprio orientamento manifestato nel precedente richiamato nella sentenza qui impugnata, con l’ulteriore precisazione che l’affidamento può radicarsi su un provvedimento illegittimo, ma efficace, ma non su un fatto illecito, qual è la costruzione in assenza di titoli legittimanti.

Alla luce delle svolte considerazioni nonché delle argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, che la Sezione condivide e che non sono in maniera idonea inficiate dalle censure dedotte in appello, il gravame deve essere respinto.

7. La mancata costituzione in giudizio di parte appellata esime il giudice dal pronunciarsi sulle spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/05/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)