Cass. Sez. III n. 17701 del 29 aprile 2019 (PU 11 gen 2019)
Pres. Cervadoro Est. Aceto Ric. D’Ambrosio
Urbanistica. Omessa denuncia lavori in zona sismica

Il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica, previsto dall'art. 93, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, è configurabile anche in caso di esecuzione di opere in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico, atteso che l'art. 83, comma secondo, del citato decreto, non pone alcuna distinzione in merito alle categorie delle zone medesime

RITENUTO IN FATTO

    1. Il sig. Giovanni D’Ambrosio, proponendo cinque motivi, ricorre per l’annullamento della sentenza del 22/07/2018 della Corte di appello di Lecce che, rigettando la sua impugnazione, ha confermato la condanna alla pena di cinque mesi di arresto e 11.000 euro di ammenda irrogata con sentenza del 13/02/2015 del Tribunale di Brindisi per il reato di cui agli artt. 81, cpv., cod. pen., 44, comma 1, lett. b), 93 e 95, d.P.R. n. 380 del 2001, contestato come commesso in Francavilla Fontana fino al 15/03/2013.
        1.1. Con il primo motivo deduce l’estinzione dei reati per prescrizione maturata al più tardi il 14/05/2018 ed eccepisce, al riguardo, il malgoverno degli artt. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., 157 e 161 cod. pen., avendo la Corte di appello erroneamente sospeso il corso della prescrizione per l’intero periodo che va dall’udienza del 05/06/2017 a quella del 22/01/2018, nonostante il rinvio fosse stato disposto in conseguenza del concomitante impegno professionale del difensore.
        1.2. Con il secondo motivo, deducendo la cessazione della permanenza del reato edilizio al momento della cessazione dei lavori e non del completamento dell’opera, eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 157, 158 e 161 cod. pen. e vizio di motivazione sul punto, essendo i reati prescritti ben prima della sentenza di appello.
        1.3. Con il terzo motivo, deducendo la bassa sismicità della zona oggetto di intervento, eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 93 e 95, d.P.R. n. 380 del 2001 e vizio di motivazione sul punto.
        1.4. Con il quarto motivo, deducendo l’immotivata subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusiva, eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 113 e 165 cod. pen.
        1.5. Con il quinto motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., l’eccessiva severità del trattamento sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

    2. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.

    2. I primi due motivi, comuni per l’oggetto, sono inammissibili perché manifestamente infondati.
        2.1. Costituisce insegnamento consolidato di questa Corte quello secondo il quale il reato di costruzione abusiva cessa con il totale esaurimento dell'attività illecita e, quindi: a) quando siano terminati i lavori di rifinitura (Sez. 3, n. 3183 del 18/01/1984, Rv. 163580, con richiamo a numerosi precedenti conformi, nonché, più recentemente, Sez. 3, n. 48002 del 17/09/2014, Surano, Rv. 261153, secondo cui deve ritenersi "ultimato" solo l'edificio concretamente funzionale che possegga tutti i requisiti di agibilità o abitabilità, di modo che anche il suo utilizzo effettivo, ancorché accompagnato dall'attivazione delle utenze e dalla presenza di persone al suo interno, non è sufficiente per ritenere sussistente l'ultimazione dell'immobile abusivamente realizzato, coincidente generalmente con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni; Sez. 3, n. 8172 del 27/01/2010, Vitali, Rv. 246221); b) ovvero, se precedente, con il provvedimento di sequestro, che sottrae all'imputato la disponibilità di fatto e di diritto dell’immobile (Sez. 3, n. 5654 del 16/03/1994, Rv. 199125).
        2.2. Nel caso di specie, la Corte di appello, dando contezza delle condizioni nelle quali si trovava l’immobile, afferma con chiarezza che esso era stato sottoposto a due sequestri, il secondo dei quali (quello del 07/03/2013) adottato per impedire la prosecuzione dei lavori nonostante il precedente sequestro del 25/02/2013.
        2.3. Dunque i lavori erano in corso al momento del sequestro del 07/03/2013 ed il cantiere era aperto.
        2.4. Quanto al reato di cui all’art. 95, d.P.R. n. 380 del 2001, va premesso che al ricorrente sono contestate violazioni di tipo formale che non riguardano la realizzazione delle opere in difformità dalle prescrizioni tecniche in materia antisismica. La decorrenza iniziale del termine di prescrizione è stata  variabilmente risolta da questa Suprema Corte a seconda che sia contestata la violazione sostanziale delle prescrizioni tecniche in materia antisismica (nel qual caso la permanenza ha termine con la cessazione dei lavori; cfr. Sez. Un., n. 18 del 23/07/1999, Lauriola, Rv. 213932; Sez. U, n. 17178 del 27/02/2002, Cavallaro, Rv. 221400) o, come nel caso di specie, che vengano contestate le violazioni formali della omessa denunzia dei lavori e/o dell’omesso deposito dei progetti (nel qual caso si registra un contrasto di giurisprudenza tra chi ritiene la natura istantanea del reato - Sez. Un., n. 18/99, cit., Rv. 213933; Sez. 3, n. 20728 del 29/03/2018, Staiano, Rv. 273225; Sez. 3, n. 23656 del 26/05/2011, Armatori, Rv. 250487 -  e chi, invece, ne afferma la natura permanente con cessazione alla data di adempimento degli obblighi formali ovvero di cessazione dei lavori - così, da ultimo, Sez. 3, n. 12235 del 11/02/2014, Petrolo, Rv. 258738; Sez. 3, n. 1145 del 08/10/2015, Stabile, Rv. 266015; Sez. 3, n. 2209 del 03/06/2015, Russo, Rv. 266224).
        2.5. Sennonché è certo che al primo sequestro del 25/02/2013 fece seguito la ripresa dei lavori con conseguente decorrenza di un nuovo termine di prescrizione derivante dalla ripresa dell’attività illecita in assenza di denunzia dei lavori e del deposito del relativo progetto.
        2.6. Ne consegue che, a tutto concedere, la prescrizione sarebbe maturata il 25/02/2018, in epoca, cioè comunque successiva alla data della sentenza impugnata, a prescindere dalla fondatezza della questione posta con il primo motivo.

    3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
        3.1. Si imputa al ricorrente di aver iniziato i lavori senza averne dato preavviso scritto si sensi dell’art. 93, d.P.R. n. 380 del 2001. Non è stata  contestata la mancanza di autorizzazione di cui al successivo art. 94. Sicché non ha alcun rilievo, né si comprende, la eccepita mancanza di motivazione sulla dedotta bassa sismicità dell’area di intervento. E’ noto, infatti, che il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica, previsto dall'art. 93, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, è configurabile anche in caso di esecuzione di opere in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico, atteso che l'art. 83, comma secondo, del citato decreto, non pone alcuna distinzione in merito alle categorie delle zone medesime (Sez. 3, n. 30651 del 20/12/2016, dep. 2017, Rubini, Rv. 270233; Sez. 3, n. 22312 del 15/02/2011, Morini, Rv. 250369).

    4. Il quarto motivo propone una questione non devoluta in appello.
        4.1. Il Tribunale, infatti, aveva subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive.
        4.2. Questo punto della decisione non è stato oggetto di appello, con conseguente improponibilità della questione in questa sede.

    5. Non diversa sorte merita l’ultimo motivo, posto che il corrispondente motivo di appello era assolutamente generico ed articolato in modo assertivo senza alcuna specificazione delle ragioni che militavano a favore della applicazione delle circostanze attenuanti generiche e di un più mite trattamento sanzionatorio.
        1.1. Sicché è corretta e del tutto insindacabile la decisione della Corte di appello di confermare la pena inflitta in primo grado in considerazione dell’oggettiva consistenza dell’intervento e della mancata deduzione di specifici indici di attenuazione della pena.

        7. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso (che preclude la rilevabilità d’ufficio della prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata) consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 11/01/2019.