Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17083 del 07/04/2006 Cc. (dep. 18/05/2006 ) Rv. 234193
Presidente: Postiglione A. Estensore: De Maio G. Relatore: De Maio G. Imputato: Miranda e altro. P.M. Di Popolo A. (Conf.)
(Rigetta, Trib. lib. Napoli, 4 novembre 2005)
EDILIZIA - IN GENERE - Pertinenza - In urbanistica - Differenza rispetto al cod. civ. - Tettoia - Definizione.

In tema di reati edilizi, deve ritenersi che la tettoia di un edificio non rientra nella nozione tecnico-giuridica di pertinenza, ma costituisce piuttosto parte dell'edificio cui aderisce: ciò in quanto in urbanistica il concetto di pertinenza ha caratteristiche sue proprie, diverse da quelle definite dal cod. civ., riferendosi ad un'opera autonoma dotata di una propria individualità, in rapporto funzionale con l'edificio principale, laddove la parte dell'edificio appartiene senza autonomia alla sua struttura.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 07/04/2006
Dott. De Maio Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 399
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 004730/2006
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) MIRANDA MARIO;
2) MIRANDA SALVATORE;
avverso ORDINANZA del 04/11/2005 TRIB. LIBERTÀ di NAPOLI;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DE MAIO GUIDO;
sentite le conclusioni del P.G. Dr. Di Popolo Angelo, rigetto dei ricorsi.
MOTIVAZIONE
Con istanza del 12.7.2005 la difesa di Miranda Mario e Salvatore chiese il dissequestro di due tettoie appoggiate a due opifici preesistenti che erano state oggetto di sequestro 20.4.2005 ad opra della P.G. Con provvedimento in data 12.7.2005 il GIP del Tribunale di Napoli respinse l'istanza rilevando che le tettoie in questione costituivano abusivo ampliamento dei corpi di fabbrica preesistenti non ascrivibili alla categoria delle pertinenze.
Avverso tale provvedimento la difesa degli indagati propose appello, che il Tribunale di Napoli ha rigettato con ordinanza del 4.11.2005, a sua volta impugnata con ricorso per cassazione. Il ricorrente denuncia con unico motivo la violazione del D.L. n. 9 del 1982, art. 7, lett. a) e del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 3, 10, 44 perché le tettoie incriminate, contrariamente a quanto ritenuto dal GIP, non creano nuovi volumi (come asseverato da relazione tecnica allegata) e per di più sono amovibili per cui "possono essere considerate come vere e proprie pertinenze, la cui costruzione non necessita di concessione edilizia". Il ricorso è infondato, in quanto il provvedimento impugnato ha esattamente ritenuto che le tettoie non possono essere ricondotte alla nozione tecnico-giuridica di pertinenza, costituendo piuttosto parti dell'edificio cui aderiscono. Infatti, questa Corte ha precisato, con indirizzo assolutamente maggioritario cui il Collegio ritiene di dover aderire, che in tema di urbanistica, il concetto di pertinenza ha caratteristiche sue proprie diverse da quella contemplata nel codice civile e si riferisce a un'opera autonoma, dotata di una propria individualità, che esaurisce la propria destinazione d'uso nel rapporto funzionale con l'edificio principale; come tale, la pertinenza si distingue dalla parte dell'edificio, che è compresa nella struttura di esso ed è quindi priva di autonomia (v, tra le molte, le sentenze, tutte di questa Sezione, 14.2.2005 n. 5465; 17.4.2003 n. 18299; 18.6.1999 n. 7872; 11.6. 1999 n. 7544). La decisione di segno contrario, anch'essa specificamente riferita a una tettoia, citata dal ricorrente è espressione di un indirizzo minoritario, che non ha tenuto conto dell'esigenza che la nozione di pertinenza in materia urbanistica si sostanzi in un'opera che - pur essendo preordinata a un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso - abbia comunque una propria individualità fisica e una propria conformazione strutturale e quindi non sia parte integrante o costitutiva di altro fabbricato. La detta esigenza è, invero, correlata alla necessità che l'assetto del territorio non sia alterato da un indiscriminato e incontrollato accrescimento degli edifici esistenti; alterazione che, per contro, è del tutto trascurabile se riferita a un'opera (quale deve essere la pertinenza nell'accezione urbanistica qui accolta) ontologicamente altra rispetto agli edifici preesistenti, sfornita di un autonomo valore di mercato e costituita da un volume minimo tale da non consentire una destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede. Risulta, peraltro, evidente che a nulla può rilevare, in riferimento a siffatta nozione di pertinenza, il fatto, pure dedotto dal ricorrente, che le tettoie di cui si discute fossero amovibili. Se poi tale circostanza volesse essere riferita (ma in concreto il ricorrente non lo ha fatto) a una nozione di precarietà dell'opera, va ricordato che la precarietà dell'opera edilizia, per la quale non è richiesto il permesso di costruire, non discende dalla più o meno facile rimovibilità delle parti che la compongono, bensì dalla sua destinazione a una necessità contingente; occorre, in altri termini, che la costruzione sia, sin dall'origine, oggettivamente destinata a servizio di un bisogno temporaneo, così che sussista a priori la certezza che, soddisfatta la transitoria necessità, la costruzione venga rimossa (giurisprudenza consolidata, cfr., tra le molte, Cass. sez. 3^, 27.9.2004 n. 37992; 10.6.2003 n. 24898).
Sulla base dei rilievi che precedono, il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti alle spese. P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorsa e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 aprile 2006.
Depositato in Cancelleria il 18 maggio