Cass. Sez. III n. 15756 del 24 aprile 2012 (Cc. 22 feb. 2012)
Pres. Petti Est. Marini Ric. De Rosa
Urbanistica. Violazione di sigilli e misure cautelari personali

In tema di violazione di sigilli, allorquando l'immobile risulta terminato e abitato da diversi mesi e non sono stati accertate in atti ulteriori violazioni successive  l'emissione di una misura con finalità di cautela personale (nella fattispecie, a oltre nove mesi di distanza dal sopralluogo) non appare sul piano logico riferita a esigenze di prevenzione di nuove condotte illecite e sembra, piuttosto, rispondere all'esigenza di inibire all'indagato l'utilizzo del bene, finalità alla quale potrebbe più correttamente rispondere il diverso istituto del sequestro preventivo del manufatto.

RITENUTO IN FATTO

1. La polizia giudiziaria il 9/11/2010 ha accertato che il Sig. D. R. aveva violato i sigilli apposti coi sequestri d'iniziativa effettuati il 23/11/2007 e il 6/12/2007 ad un immobile di sua proprietà che egli stava realizzando in area sismica senza alcuna autorizzazione; ha accertato, altresì, che egli nel tempo aveva portato abusivamente a compimento l'edificazione dell'immobile, realizzando anche due nuove verande.

2. Sulla base della segnalazione di reato il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri ha ritenuto sussistere gravi indizi del delitto continuato di violazione dei sigilli commesso dal Sig. D.R. in qualità di custode e ha richiesto l'emanazione della misura del divieto di dimora nel territorio comunale.

3. Il Giudice delle indagini preliminari ha accolto la richiesta del Pubblico ministero ed emesso la misura cautelare in data 12/8/2011.

4. Avverso tale misura il Sig. D.R. ha presentato istanza di riesame, lamentando la irritualità della richiesta del Procuratore della Repubblica sia con riferimento alla tardività rispetto al provvedimento di avocazione dell'indagine disposta dal Procuratore generale della Repubblica sia con riferimento alla circostanza che la richiesta si fonda su ipotesi di reato ormai prescritte. Il Sig. D. R. ha, poi, lamentato l'assenza di esigenze cautelari, atteso che l'edificio fu ultimato nell'anno 2007 e da allora da lui abitato con la famiglia.

5. Il Tribunale di Roma ha respinto l'istanza del Sig. D.R., ritenendo che il "fumus" di reato sia fuori discussione e che le date di commissione dei fatti si collocano nell'anno (OMISSIS), così dovendosi escludere qualsiasi ipotesi di maturazione dei termini prescrizionali del delitto. Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale evidenzia la pluralità delle violazioni, la piena consapevolezza della loro commissione e l'intensità del dolo, tutti elementi che giustificano il giudizio del Giudice delle indagini preliminari circa l'esistenza di un pericolo di recidiva.

6. Avverso tale decisione il Sig. D.R. propone ricorso tramite il Difensore, in sintesi lamentando:

a) errata applicazione di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) in quanto, essendo stata depositata l'istanza di riesame il 18/8/2011, la fissazione dell'udienza camerale per il giorno 23/9/2011 comporta un decorso di 8 giorni a partire dal 15/9/2011, con violazione del termine previsto dall'art. 309 c.p.p., comma 5;

b) errata applicazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) per insussistenza delle esigenze cautelari: il ricorrente vive nell'immobile abusivo, di soli 50 mq, dal 2007 e non vi sono ragioni per cui egli debba reiterare condotte criminose, avendo tra le altre cose presentato istanza di condono edilizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato e deve essere respinto.

L'art. 309 cod. proc. pen., commi 5 e 9 disciplinano i tempi di trasmissione degli atti al tribunale del riesame da parte dell'autorità procedente e il termine di fissazione dell'udienza camerale a partire dalla ricezione degli atti, rispettivamente determinati in cinque e dieci giorni. Al mancato rispetto di questi termini conseguono gli effetti caducatori della misura previsti dallo stesso art. 309 cod. proc. pen. La medesima disposizione prevede, poi, che il tribunale del riesame, ricevuta l'istanza della parte, proceda a richiedere immediatamente la trasmissione degli atti all'autorità procedente; l'eventuale ritardo non è accompagnato da alcuna specifica sanzione e, dunque, alla luce del principio di tassatività fissato dall'art. 177 cod. proc. pen. non può dare luogo ad alcuna nullità dell'udienza e della successiva ordinanza.

Ciò premesso, la Corte rileva che l'udienza camerale si è tenta in data 29 settembre, e dunque all'interno del termine di dieci giorni dal pervenimento degli atti e all'interno del termine massimo dei quindici giorni decorrenti dal 16 settembre, primo giorno successivo alla cessazione del periodo di sospensione dei termini previsto dalla legge. Deve pertanto concludersi che non sussiste il vizio lamentato.

2. Merita, invece, accoglimento il secondo motivo di ricorso. In effetti, la stessa ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale rende evidente che almeno a far data dal mese di novembre 2010 l'immobile risulta terminato e abitato e consente di affermare che non sono stati accertate in atti ulteriori violazioni successive a tale data. Queste circostanze impongono di considerare che l'emissione della misura con finalità di cautela personale a oltre nove mesi di distanza dal sopralluogo non appare sul piano logico riferita a esigenze di prevenzione di nuove condotte illecite e sembra, piuttosto, rispondere all'esigenza di inibire all'indagato l'utilizzo del bene: finalità alla quale potrebbe più correttamene risponde il diverso istituto del sequestro preventivo del manufatto.

Sulla base delle considerazioni che precedono, difettando i presupposti per l'emissione della misura, l'ordinanza deve essere annullata senza rinvio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e revoca la misura imposta. Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di rito.
Così deciso in Roma, il 22 marzo 2012.