Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1709, del 26 marzo 2013
Urbanistica.Terrapieno non è riconducibile a pertinenzialità ed è soggetto a permesso di costruire

La struttura di un muro di cemento armato per la realizzazione di un terrapieno artificiale alto mediamente ben 12.50 mt. costituisce senza dubbio un intervento che realizza un “ampliamento volumetrico” di consistenza tale da integrare una notevole trasformazione del territorio, per cui è necessario il previo rilascio di un permesso di costruire. Tale intervento non è riconducibile alla nozione urbanistica di pertinenza che per sua natura è collegata non solo all’esigenza di un oggettivo nesso funzionale e strumentale rispetto alla cosa principale ma sopratutto al fatto che comunque deve trattarsi di un’opera di dimensioni modeste e ridotte, altrimenti si rovescerebbe lo stesso nesso di pertinenzialità. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01709/2013REG.PROV.COLL.

N. 00258/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 258 del 2008, proposto da: 
Comune di Gignod, rappresentato e difeso dagli avv. Adriano Consol, Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare N. 14/A;

contro

Di Nardo Giuseppe, rappresentato e difeso dagli avv. Giorgio Santilli, Mario Menghini, con domicilio eletto presso Mario Menghini in Roma, via della Mercede 52;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VALLE D'AOSTA - AOSTA n. 00105/2007, resa tra le parti, concernente diniego condono edilizio opere realizzate



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2013 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Gabriele Pafundi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame il Comune di Gignod impugna la sentenza con cui è stato annullato il diniego del condono edilizio ex art. 84 della legge regionale n. 11/1998, relativo ad un muro di contenimento destinato all’ampliamento del piazzale per la sosta dei veicoli che era stato realizzato in difformità dall’originario titolo abilitativo ed in contrasto con l’articolo 22, lettera B, comma 7 del R.E. comunale che prescrive, per i muri di contenimento, un’altezza non superiore a mt. 2,50 rispetto al terreno naturale.

La sentenza è affidata al rilievo per cui la normativa regionale, con le limitazioni di cui al comma 2, ammetterebbe la sanatoria delle strutture pertinenziali agli edifici residenziali esistenti, che siano prive di funzionalità autonoma, ancorché comportino nuove opere o ampliamento volumetrico di manufatti, come i ”parapetti” o parcheggi non asserviti ad esercizi commerciali.

Per il TAR, anche se l’opera con cui era stato realizzato il parcheggio era asservito a un esercizio commerciale:

-- ciò non escluderebbe che l’opera in contestazione non potesse essere legittimamente “considerata fra le strutture pertinenziali, prive di funzionalità autonoma, ancorché comportino nuove opere o ampliamento volumetrico di manufatti, per le quali la legge regionale consente la definizione degli illeciti edilizi”;

-- l’ampliamento del piazzale destinato a parcheggio al servizio dell’impianto di distribuzione di carburanti rientrerebbe ” indubbiamente nel concetto di opera pertinenziale sanabile, … in quanto opera necessaria per la funzione strutturale di contenimento del terreno sovrastante deve essere considerato opera pertinenziale. … E’ pur vero che si tratta di opera di notevole impatto visivo, ma ciò non è sufficiente ad escluderne la natura pertinenziale.”

Il Comune, senza l’intestazione di specifiche rubriche, lamenta l’erroneità della predetta decisione per violazione della disciplina regionale, errore di valutazione del fatto e violazione del principio fra il richiesto ed il pronunciato. L’opera non sarebbe stata sanabile, come dimostrano le fotografie degli atti e le fotografie e la perizia allegate dal Comune.

Si è costituito in giudizio il controinteressato il quale ha sottolineato l’erroneità dell’appello e confermato che la natura pertinenziale discendeva dal fatto che già il progetto originario prevedeva un parcheggio di metri quadri 995,55 di pertinenza alla stazione di servizio, e che quindi il parcheggio così realizzato ammontava solo ad un terzo in più. L’ampliamento di un piazzale pertinenziale non poteva mutare la natura dell’intervento e comunque rispondeva alle esigenze, di cui anche alla legge regionale n. 36/2000, di un distributore con Bar-market, posto sulla direttrice della strada internazionale del gran San Bernardo. Le dimensioni sarebbero stati irrilevanti e comunque non del tutto sproporzionate.

Con memoria per la discussione entrambe le parti hanno specificato le proprie argomentazioni.

Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

L’appello è fondato.

___1. Con un primo profilo di carattere sostanziale (sub nn.1 e 2) si sottolinea che il muro di sostegno in cemento armato di un’altezza media pari a metri 12,50, riempito di terriccio al fine di realizzare un ampliamento del parcheggio del bar market della stazione di servizio dell’appellato, avrebbe integrato una vera e propria “nuova costruzione”, come tale non sanabile ai sensi ai sensi dell’art. 3 della legge Valle d’Aosta n. 1/2004, per il quale non sono comunque suscettibili di sanatoria le tipologie di illecito “…che comporti l’aumento volumetrico di un manufatto o nuove costruzioni”.

Il terrapieno creato artificialmente avrebbe dato origine ad una volumetria, ulteriore rispetto al piano originario di campagna di ben 2031,25 m³ e quindi avrebbe comunque ecceduto il limite posto dalla legge n. 326/2003 dei 750 m³ : si trattava dunque di una nuova costruzione che non avrebbe mai potuto esser oggetto di sanatoria.

___2. Con un secondo profilo di carattere sostanziale (sub n.3) si contesta poi l’affermazione della sentenza per cui i manufatti avrebbe invece avuto natura di “opere pertinenziali sanabili “.

Anche a voler ritenere le opere abusive pertinenze civili, le medesime non avrebbero le caratteristiche delle “pertinenze urbanistiche” ai sensi della legge Valle d’Aosta n. 5/2004 e relative norme di attuazione, che prevedano l’assoggettamento a sanatoria delle strutture pertinenziali illecite, ma con l’espressa eccezione di quelle che “comporti un aumento volumetrico o nuove costruzioni”. Erroneamente il Tar avrebbe ritenuto come fattore discriminante non l’aumento volumetrico ma la natura pertinenziale dell’opera, anche alla luce della deliberazione della Giunta Regionale n. 602 del 4 aprile 2004 e delle “linee guida” adottate con deliberazione G. R. n. 3872 del 22.11.2004.

L’opera in questione, per la sua consistenza, eccede i limiti di volumetria imposte la norma regionale e costituisce una vera e propria opera autonoma, con un notevole impatto ambientale che non rispetterebbe l’articolo 3 comma IV lettera a) e b) della citata legge regionale n. 1/2004 per cui sono strutture “pertinenziali” degli edifici esistenti quelle che sono destinate al servizio esclusivo degli edifici e comunque “presentino piccole dimensioni”. Tali nozioni sono riprese delle ricordate “Linee Guida” regionali per cui del tutto fuori luogo sarebbe la giurisprudenza richiamata dall’appellato perché non sarebbero comunque sanabili qualsiasi opera pertinenziali ma solo quella che presenta i requisiti specifici previsti dalla ricordata disciplina regionale.

Nel caso l’opera comporterebbe inoltre un palese aggravio urbanistico in quanto l’incremento dell’area di parcheggio sarebbe finalizzato non ad una maggiore comodità dei clienti della stazione di servizio ma, soprattutto, all’incremento del loro numero. Comunque per la sua ampiezza costituirebbe anche un’opera che, andando ben al di là delle esigenze del fabbricato principale, potrebbe anche essere suscettibile di un’autonoma utilizzabilità e funzionalità.

Nel caso in esame non si tratterebbe quindi di un cosiddetto “intervento edilizio minore”, ma di un’opera incidente sul carico urbanistico.

___3. L’assunto complessivo merita adesione.

La legge regionale Valle d’Aosta 5 febbraio 2004 n. 1, emanata con riferimento all'articolo 32, comma 4, del d.l. legge 30 settembre 2003, n. 269(conv . in L. n. 326/2003):

-- all’articolo 2, stabilisce che non è ammessa la sanatoria di interventi urbanistici o edilizi abusivi, “ad eccezione di quanto previsto dall'articolo 84 della legge regionale 6 aprile 1998, n. 11”, consentendo così che sia ammesso il rilascio di concessione in sanatoria solo nel caso di intervento che sia conforme agli strumenti di pianificazione nonché ai piani, programmi, attuativi del PRG e non contrasti con quelli adottati, con riferimento sia al tempo della realizzazione dell'intervento, sia al momento della presentazione della domanda di concessione in sanatoria;

-- all’articolo 3, prevede che in deroga al divieto di sanatoria di cui all'articolo 2, comma 1, sono suscettibili di sanatoria gli illeciti edilizi di cui all'articolo 32 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003 con le limitazioni specificate ai commi 2 e 3. In particolare:

- il comma 2 individua una serie di immobili per i quali trova applicazione l'articolo 32, comma 27, lettera d), del D.L. n. 269/2003 (conv. in L. n. 326/2003) che esclude dalla sanatoria le opere abusive realizzate su immobili soggetti a vincoli idrogeologici, ambientali,paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, ecc. .

- il comma 3 invece esclude dalla sanatoria le tipologie di illecito che comportino “ampliamento volumetrico di manufatti o nuove costruzioni”.

Inoltre le linee guida all’applicazione della legge regionale n. 1 del 2004, di cui alla deliberazione della Giunta Regionale 2 novembre 2004 n. 3872, ricordate anche dall’appellante, definiscono espressamente le strutture pertinenziali agli edifici esistenti come “…strutture prive di funzioni autonome e destinate al servizio esclusivo di edifici esistenti che non comportano carico urbanistico alcuno, non determinano aggravio sulle opere di urbanizzazione e presentano piccole dimensioni.”

La nozione urbanistica di pertinenza è, infatti, per sua natura collegata non solo all’esigenza di un oggettivo nesso funzionale e strumentale rispetto alla "cosa" principale ma sopratutto al fatto che comunque deve trattarsi di un’opera di dimensioni modeste e ridotte, altrimenti si rovescerebbe lo stesso nesso di pertinenzialità (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent. 15 gennaio 2013 n. 211).

Nel caso, la struttura stessa di un muro di cemento armato per la realizzazione di un terrapieno artificiale alto mediamente ben 12.50 mt. costituiva senza dubbio un intervento che realizzava un “ampliamento volumetrico” di consistenza tale da integrare una notevole trasformazione del territorio, per cui sarebbe stato necessario il previo rilascio di un permesso di costruire (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2011 n. 3134).

Né l’assunta esclusiva natura pertinenziale poteva nullificare tale rilievo urbanistico. Al riguardo si concorda totalmente con l’affermazione della difesa dell’Amministrazione appellante per cui la nozione di pertinenza urbanistica ha una sua peculiarità propria, autonoma e distinta dalla nozione civilistica.

La pertinenza urbanistica deve avere non solo una propria identità fisica ed una propria conformazione strutturale, ma non deve essere suscettibile di avere una destinazione autonoma e diversa e non deve possedere un autonomo valore di mercato. Sulla scia di un antico e consolidato indirizzo giurisprudenziale (Cfr. Cons. Stato, sez. IV sent. 2 febbraio 2012 n. 615 Cons. Stato, sez. II, 12 maggio 1999 n. 729; sez. V, 23 marzo 2000 n. 1600; idem 31 marzo 2009 n. 1998) la considerazione delle dimensioni dell’opera in questione deve far escludere che trattasse di una mera pertinenza dato che:

-- nel campo urbanistico, costituisce "pertinenza" quella per la cui realizzazione è (ed era fin dall’art. 7 d.l. n. 9/1982, conv. in l. n. 92/1982), richiesto non già il permesso di costruire, bensì la mera autorizzazione edilizia;

-- la pertinenza è per sua natura caratterizzata dalle dimensioni ridotte e modeste del manufatto rispetto alla cosa cui esso inerisce, per cui non può essere considerata tale, e quindi soggiace a concessione edilizia, la realizzazione di un'opera di rilevanti dimensioni che modifica l'assetto del territorio e che occupa aree e volumi diversi rispetto alla "res principalis", indipendentemente dal vincolo di servizio o d'ornamento nei riguardi di essa.

Inoltre, il primo giudice del tutto apoditticamente afferma la necessità dell’opera ai fini strutturali per il contenimento del terreno sovrastante. Anche considerando tale aspetto, l’opera realizzata non era comunque sanabile, in quanto si sarebbe comunque dovuto applicare l’art. 22 lett. B) del Regolamento Edilizio del Comune per cui i muri di contenimento di terrapieni non potevano comunque avere un’altezza superiore ai 2,50 mt. rispetto al terreno naturale e comunque andavano tamponati con pietra naturale.

D’altra parte anche il TAR ammette che è “..pur vero che si tratta di opera di notevole impatto visivo…” ma a tal proposito arbitrariamente sovrappone la propria opinione estetica, suggerendo “piantumazioni o “inerbimenti tali da rendere più gradevole la vista”, quando invece, ammesso e non concesso che vi fosse effettivamente un problema di statica del sito, sarebbe bastato, in luogo del parcheggio, strutturare su diversi gradoni ciascuno di 2.50 mt. la struttura di sostegno.

In sostanza un muraglione di contenimento alto c.a. 12.50 mt per un volume di quasi tre volte il limite volumetrico dei 750 mc. di cui all'articolo 32, comma 27, lettera d), del D.L. n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003) non né è un opera di piccole dimensioni, né poteva essere considerato una mera pertinenza di modeste dimensioni ai fini della sua condonabilità ai sensi dell’art. 3 comma 3 della legge regionale Valle d’Aosta 5 febbraio 2004 n.1.

___ 4. In definitiva l’appello è fondato per cui deve affermarsi la legittimità del provvedimento di diniego di condono e per contro deve essere pronunciato l’annullamento della decisione impugnata.

Le spese del doppio grado, ai sensi degli artt. 26 e segg. seguono la soccombenza e sono liquidate in € 4.000,00, oltre agli accessori come per legge, a carico dell'attuale parte appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

___ 1. accoglie l'appello, come in epigrafe proposto e, per l'effetto, in riforma della decisione impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

___ 2 Condanna Giuseppe Di Nardo al pagamento delle spese per entrambi i gradi del giudizio, che vengono omnicomprensivamente liquidate in € 4.000,00, oltre ad IVA, CPA ed al rimborso contributo unificato di cui all'art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 in favore del Comune di Gignod.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Anna Leoni, Presidente FF

Sergio De Felice, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)