Speculazioni edilizie ''travestite'' da alberghi.
di Stefano DELIPERI
Interessante sentenza del T.A.R. Toscana in materia di abusivismo edilizio in un ambito particolarmente delicato e, purtroppo, con riscontri sempre maggiori nella casistica concreta, la modifica di destinazione d’uso di strutture autorizzate quali esercizi ricettivi, il loro frazionamento ed utilizzo singulatim.
di Stefano DELIPERI
Interessante sentenza del T.A.R. Toscana in materia di abusivismo edilizio in un ambito particolarmente delicato e, purtroppo, con riscontri sempre maggiori nella casistica concreta, la modifica di destinazione d’uso di strutture autorizzate quali esercizi ricettivi, il loro frazionamento ed utilizzo singulatim.
La sentenza T.A.R. Toscana, sez. III, 29 gennaio 2009, n. 119 si inserisce bene in un filone giurisprudenziale ormai robusto che individua quali ipotesi di abuso edilizio la modifica della destinazione d’uso di edifici con destinazione formale ricettiva quando avvengano interventi di frazionamento fattuale e/o cartolare. Nel caso specifico si trattava di una ristrutturazione di un precedente albergo in una residenza turistica alberghiera – R.T.A., frazionata abusivamente in 13 diverse unità immobiliari e successivo accatastamento in categoria A/2 (indicante abitazione di tipo civile) anziché D/2 (propria di alberghi e pensioni). Il Comune interessato (Massa) emanava in proposito una serie di ordinanze tese a ripristinare la destinazione originaria autorizzata ed alla demolizione di varie opere edilizie non autorizzate. Il T.A.R. Toscana ne ha riconosciuto la legittimità. Infatti, la “destinazione (alberghiera, n.d.r.) che si caratterizza con l’apertura del bene al pubblico, ovvero si esprime attraverso atti di offerta al pubblico dei servizi ad esso inerenti e la gestione unitaria dell’immobile, come precisa l’art.27 della L.R.n.42 del 23/3/2000 (Cons.Stato, IV, 22/11/1989, n.824; TAR Emilia Romagna, Bologna, II, 20/4/2007, n.426; TAR Liguria, 21/2/1987, n.86). La caratteristica peculiare di tale tipologia di fabbricato è costituita dall’essere finalizzata all’accoglienza di soggetti terzi rispetto ai proprietari ed ai gestori”.
Ulteriore elemento sintomatico è rappresentato dal “frazionamento della proprietà in varie abitazioni, unitamente all’accampionamento nella categoria catastale A/2 (indicante abitazione di tipo civile) anziché D/2 (propria di alberghi e pensioni), è sintomatico del venir meno della necessaria unicità della struttura sotto il profilo gestionale e della sua naturale destinazione all’accoglienza di terzi, e connota l’esistenza di più unità immobiliari residenziali distinte, anziché di un’unica struttura ricettiva alberghiera (Cons.Stato, V, 21/5/1999, n.592)”.
E non esclude la ricostruzione della fattispecie abusiva “la clausola dei contratti di compravendita, richiamata nel ricorso, che impegna l’acquirente ad adibire l’immobile allo svolgimento di attività turistiche … , in quanto, mentre l’indivisibilità del bene ne costituisce caratteristica intrinseca opponibile a tutti, una volta che l’immobile sia frazionato in molteplici unità abitative il conferimento delle stesse ad una gestione unitaria sarebbe soltanto oggetto di un incoercibile impegno contrattuale di ciascun acquirente (TAR Emilia Romagna, Bologna, II, 20/4/2007, n.426). Infatti la destinazione turistico alberghiera, quale definita dall’art. 27 della L.R. n. 42/2000, viene meno qualora il godimento degli alloggi o dei sevizi provenga dalla titolarità delle unità abitative o delle quote nelle quali è stato frazionato l’immobile (TAR Emilia Romagna, Bologna, I, 11/9/2008, n.3974)”.
Si deve anche osservare che il cambio di destinazione d’uso di una residenza turistica alberghiera configura anche, per giurisprudenza ormai affermata, l’ipotesi di reato della lottizzazione abusiva (art. 30 L del D.P.R. n. 380/2001 e successive modifiche ed integrazioni): si sottolinea che “in materia edilizia, configura il reato di lottizzazione abusiva la modifica di destinazione d'uso di una R.T.A., residenza turistico alberghiera, realizzata attraverso la vendita di singole unità a privati allorchè non sussista una organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla concessione in locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni del contratto d'albergo, atteso che in tale ipotesi le singole unità perdono la originaria destinazione d'uso alberghiera per assumere quella residenziale, in contrasto con lo strumento urbanistico costituito dal piano di lottizzazione”, non rinvenendosi alcuna differenza, sul piano giuridico, con l’ipotesi di ordine generale (Cass. pen., sez. III, 15 febbraio 2007, n. 6396, sul caso della R.T.A. “Terrata 2”, in Comune di Golfo Aranci). E’ quindi pacifica, in giurisprudenza, la configurazione del reato di lottizzazione abusiva mediante la modifica della destinazione d’uso di immobili oggetto di un piano di lottizzazione attraverso il frazionamento di un complesso immobiliare in modo che le singole unità perdano l’originaria destinazione alberghiera per assumere quella residenziale, atteso che tale modifica si pone in contrasto con lo strumento urbanistico attuativo costituito dal piano di lottizzazione. L’ipotesi di lottizzazione abusiva è, poi, configurabile anche in relazione a un complesso immobiliare già definitivamente edificato e concluso attraverso il cambio di destinazione d’uso rilevabile dalla stipula di contratti preliminari di compravendita, come quelli aventi ad oggetto unità immobiliari abitative destinate a residenza privata e facenti parte di un unico complesso originariamente autorizzato per lo svolgimento esclusivo di attività alberghiera ( Cass. pen., sez. III, 28 febbraio 2007, n. 194; Cass. pen., sez. III, 29 novembre 2005, n. 6990; Cass. pen., sez. III, 21 gennaio 2005, n. 10889; Cass. pen., sez. III, 2 marzo 2004, n. 20661).
Naturalmente alla qualifica di lottizzazione abusiva conseguono le sanzioni penali ed amministrative previste dal testo unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380/2001 e successive modifiche ed integrazioni): oltre all’arresto ed all’ammenda, soprattutto la sospensione dei lavori (artt. 30 L, commi 7° ed 8°, e 31, comma 8°, del D.P.R. n. 380/2001 e successive modifiche ed integrazioni), la confisca delle aree abusivamente lottizzate (artt. 30 L e 44 L del D.P.R. n. 380/2001 e successive modifiche ed integrazioni) ed i provvedimenti demolitori e di ripristino ambientale (artt. 30 L, commi 7° ed 8°, 31, comma 8°, e 44 del D.P.R. n. 380/2001 e successive modifiche ed integrazioni).
Dott. Stefano Deliperi
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4 del 2007, proposto da Galimberti Fulvio, in proprio e quale legale rappresentante della Immobiliare dei Pini S.r.l., Ferdinando Priston, Maria Grazia Mingoia, Giuseppina Paraboschi e Mario Giambiasi, in proprio e quale legale rappresentante della Immobiliare Venere S.r.l., Pietro Tacchini, Florida Tallarini, in proprio e quale legale rappresentante della Immobiliare Stefania S.r.l., Alessia Interdonato, Giovanni Interdonato e Umberto Vigano', rappresentati e difesi dall'avvocato Lucia Varisco, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato Roberto Lombardi in Firenze, via del Parione n.13;
contro
Comune di Massa, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Morbidelli e Francesca Panesi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Firenze, via Lamarmora n.14;
per l'annullamento
- dell'ordinanza di demolizione di opere abusivamente realizzate e di ripristino dello stato dei luoghi, di cui alla determinazione n. 3818/06, a firma del Dirigente del Settore Urbanistica, nella parte in cui si contesta il cambio di destinazione e frazionamento di edificio concessionato come struttura ricettiva alberghiera in immobile composto di 13 unità immobiliari residenziali e si ordina il ripristino dello stato dei luoghi;
- delle ordinanze (di identico contenuto) di cessazione dell'utilizzazione abusiva dell'immobile e di ripristino della destinazione turistico-ricettiva (compreso l'accampionamento nella categoria D2) di cui alla determinazione n. 3926/06, nella parte in cui si contesta il cambio di destinazione ed il frazionamento di unità abitativa facente parte di unica struttura ricettiva alberghiera e si ordina la cessazione dell'utilizzazione abusiva dell'immobile ed il ripristino della destinazione turistico-ricettiva;
- delle ordinanze (di identico contenuto) di cessazione dell'utilizzazione abusiva dell'immobile e di ripristino della destinazione turistico ricettiva, di cui alle determinazioni nn. 3959/06, 3954/06, 4010/06, 4054/06, 4105/06, nella parte in cui si contesta il cambio di destinazione ed il frazionamento in unità immobiliare residenziale e si ordina la cessazione dell'utilizzazione abusiva dell'immobile ed il ripristino della destinazione turistico-ricettiva;
nonchè, per quanto occorrer possa, per l’annullamento in parte qua
- dell'art. 7 della parziale variante al P.R.G.C. finalizzata al recupero delle strutture ricettive alberghiere, adottata con deliberazione C.C. n. 77 del 5-12-2003, approvata con deliberazione del 6-12-2006 (incognita), laddove pone un divieto di frazionamento ed un obbligo di accampionamento nel caso di trasformazione di una struttura alberghiera in R.T.A., nonchè di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente, inclusi i verbali richiamati nelle ordinanze;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Massa;
Viste le memorie depositate in giudizio dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27/11/2008 il dott. Gianluca Bellucci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
In data 24/10/2000 il Comune di Massa ha rilasciato ai signori Pietro, Adriano e Anna Maria Inghirami la concessione edilizia n.9909071 per la ristrutturazione di fabbricato ad uso turistico ricettivo, con sanatoria ai sensi dell’art.13 della legge n.47/1985 per difformità dalla concessione edilizia del 6/12/1990, riguardante zona di ristrutturazione alberghiera e residenziale paesistica.
Il predetto titolo è stato volturato, in data 24/3/2001, a favore della Immobiliare dei Pini s.r.l.; sono seguiti il rilascio della concessione edilizia n.51656 del 23/10/2003, avente ad oggetto varianti in corso d’opera, la dichiarazione di ultimazione dei lavori avvenuta in data 24/10/2003 e il deposito del certificato di abitabilità in data 27/4/2004.
Successivamente la predetta società ha venduto, in forza di più contratti di compravendita, parte del complesso edilizio, realizzato in conformità a quanto assentito fatte salve opere di modesta entità quali due muretti con fioriere alti 20 centimetri ed il recupero come cantine di un vano concessionato come inaccessibile.
Su 13 appartamenti realizzati la società istante ne ha ceduti 6.
In data 11/8/2006 quest’ultima ha presentato denuncia di inizio attività per struttura ricettiva denominata “Residence immobiliare dei Pini R.T.A.” (documento n.17 depositato in giudizio dai ricorrenti), in cui il duplice riferimento alle categorie del residence e della residenza turistico alberghiera, secondo quanto dedotto nell’atto di impugnativa, sarebbe sintomatico della dubbia individuazione dell’uso assentito dall’Ente.
Il Comune, con nota prot.n.38601 del 18/8/2006, ha comunicato alla citata Immobiliare dei Pini l’avvio del procedimento per violazione urbanistico edilizia, contestando alla stessa l’abusivo uso come cantine di vano non accessibile, il cambio di destinazione del fabbricato da struttura ricettiva alberghiera a edificio residenziale ed il frazionamento dell’originaria struttura alberghiera in forza di cessione di 6 unità abitative a privati; analoghe comunicazioni sono anche pervenute agli altri ricorrenti.
E’ seguita la determinazione n.3818 del 10/10/2006, con la quale l’Ente, rilevato che la Immobiliare dei Pini s.r.l. ha realizzato un organismo edilizio diverso per utilizzazione da quello assentito, sia tramite cambio di destinazione e frazionamento in immobile composto da 13 unità residenziali, sia tramite formazione di due muretti e realizzazione di cantine in vano inaccessibile, ha ingiunto a quest’ultima il ripristino dello stato dei luoghi; sono altresì seguite nello stesso mese altre determinazioni, indirizzate agli altri ricorrenti, con le quali il Comune, constatata la realizzazione di organismo edilizio diverso tramite cambio di destinazione e frazionamento in residenza accampionata come categoria A2, ha ingiunto “la cessazione dell’utilizzazione abusiva dell’immobile ed il ripristino della destinazione turistico ricettiva (compreso l’accampionamento nella categoria D2)”.
Avverso i suddetti provvedimenti gli esponenti sono insorti deducendo:
1) eccesso di potere per illogicità manifesta e violazione del principio di ragionevolezza; violazione di legge sotto il profilo della mancata applicazione della disciplina urbanistica comunale; perplessità;
2) eccesso di potere per travisamento dei fatti; illogicità manifesta; violazione dei principi di economicità e di efficienza dell’azione amministrativa;
3) violazione dell’art.42 della Costituzione; eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento.
Si è costituito in giudizio il Comune di Massa.
All’udienza del 27 novembre 2008 la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
In via preliminare occorre soffermarsi sulle questioni in rito.
E’ stata eccepita l’inammissibilità del ricorso sulla base del rilievo che le posizioni dei deducenti non sarebbero identiche, in quanto da una parte vi è la società proprietaria di alcune unità immobiliari e delle parti ad uso comune, dall’altra vi sono i proprietari delle singole unità immobiliari, ed in quanto alcune ordinanze impugnate sono riferite al mutamento di destinazione, altre hanno ad oggetto alcuni interventi edilizi abusivi.
L’obiezione è infondata.
Le posizioni dei ricorrenti sono tra loro omogenee in relazione sia al petitum azionato, sia alle censure sollevate, facendo valere ciascuno di essi l’analogo interesse a conservare l’attuale destinazione ed assetto della struttura immobiliare, ed aderendo tutti alla tesi, contraria a quella dell’Ente, secondo la quale l’immobile nell’insieme sarebbe oggetto di gestione unitaria, non vi sarebbe alcun utilizzo improprio dello stesso e nessuna norma ne precluderebbe il frazionamento. Va pertanto esclusa la sussistenza di un conflitto di interessi tra i vari proponenti il ricorso collettivo in epigrafe (TAR Lazio, Roma, III, 19/2/2008, n.1471; TAR Lazio, Roma, I, 16/5/2005, n.3770).
In via subordinata il Comune, rilevato che i ricorrenti hanno adempiuto a quanto ingiunto con gli atti impugnati (in quanto è stato variato il classamento catastale da A/2 a D2 e sono state demolite le opere abusive) e che è sopravvenuta in data 19/7/2007, in pendenza del giudizio, la presentazione di d.i.a. avente ad oggetto l’esercizio di residenza turistico alberghiera, ha chiesto la declaratoria di cessazione della materia del contendere.
L’assunto non è condivisibile.
Sul punto è sufficiente osservare che la declaratoria di improcedibilità presuppone una sopravvenienza, in fatto o in diritto, del tutto nuova rispetto a quella esistente al momento della proposizione del gravame, tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della decisione.
La concreta individuazione di tali ipotesi va ancorata a criteri restrittivi, considerato che non deve tradursi in una sostanziale elusione dell’obbligo del giudice di pronunciarsi sulla domanda e che l’interesse alla pronuncia sul merito della controversia va inteso alla luce degli effetti conformativi e ripristinatori dell’eventuale sentenza di accoglimento (Cons.Stato, IV, 28/4/2006, n.2411; TAR Campania, Salerno, I, 22/5/2006, n.735).
Orbene, nel caso in esame l’esecuzione delle ordinanze di ripristino impugnate non può essere interpretata come manifestazione di acquiescenza, giacchè il suddetto adempimento non esprime spontanea adesione al precetto amministrativo, ma assume carattere forzoso, valendo ad evitare che il provvedimento sia eseguito d’ufficio a cura del Comune. Laddove, come nel caso di specie, la condotta attuativa del provvedimento non è spontanea, ma coartata dalla valenza precettiva del medesimo, non può esservi acquiescenza, ovvero non sussiste volontaria accettazione degli effetti dell’atto impugnato e conseguente dismissione della pretesa azionata (TAR Campania, Napoli, II, 15/3/2007, n.2218; TAR Piemonte, 3/6/1980, n.414).
Per la stessa ragione non rileva la sopravvenuta presentazione di una nuova d.i.a. (TAR Veneto, II, 28/1/1989, n.238).
Tale conclusione trova ulteriore fondamento nella circostanza che, con memoria difensiva depositata in giudizio il 14/11/2008, i ricorrenti insistono per l’accoglimento dell’impugnativa.
Entrando nel merito del ricorso il Collegio osserva quanto segue.
Con la prima censura i deducenti sostengono che, per effetto di d.i.a. presentata l’11/8/2006, è stata iniziata la gestione unitaria della struttura ed assicurato il rispetto della prevista destinazione turistico ricettiva; aggiungono che, contrariamente a quanto ritiene il Comune, al momento del rilascio dei titoli abilitanti alla ristrutturazione effettuata non sussisteva alcun divieto di frazionare la proprietà dell’immobile in questione.
Il motivo è infondato.
La relazione tecnica del 15/7/1999, allegata al progetto di ristrutturazione, precisa la destinazione a residenza turistico alberghiera dell’immobile, precedentemente adibito ad albergo tradizionale (documento n.4 depositato in giudizio dal Comune di Massa), destinazione che si caratterizza con l’apertura del bene al pubblico, ovvero si esprime attraverso atti di offerta al pubblico dei servizi ad esso inerenti e la gestione unitaria dell’immobile, come precisa l’art.27 della L.R.n.42 del 23/3/2000 (Cons.Stato, IV, 22/11/1989, n.824; TAR Emilia Romagna, Bologna, II, 20/4/2007, n.426; TAR Liguria, 21/2/1987, n.86). La caratteristica peculiare di tale tipologia di fabbricato è costituita dall’essere finalizzata all’accoglienza di soggetti terzi rispetto ai proprietari ed ai gestori.
Orbene, il frazionamento della proprietà in varie abitazioni, unitamente all’accampionamento nella categoria catastale A/2 (indicante abitazione di tipo civile) anziché D/2 (propria di alberghi e pensioni), è sintomatico del venir meno della necessaria unicità della struttura sotto il profilo gestionale e della sua naturale destinazione all’accoglienza di terzi, e connota l’esistenza di più unità immobiliari residenziali distinte, anziché di un’unica struttura ricettiva alberghiera (Cons.Stato, V, 21/5/1999, n.592).
Non depone in senso contrario la clausola dei contratti di compravendita, richiamata nel ricorso, che impegna l’acquirente ad adibire l’immobile allo svolgimento di attività turistiche (documento n.15 depositato in giudizio dai deducenti), in quanto, mentre l’indivisibilità del bene ne costituisce caratteristica intrinseca opponibile a tutti, una volta che l’immobile sia frazionato in molteplici unità abitative il conferimento delle stesse ad una gestione unitaria sarebbe soltanto oggetto di un incoercibile impegno contrattuale di ciascun acquirente (TAR Emilia Romagna, Bologna, II, 20/4/2007, n.426). Infatti la destinazione turistico alberghiera, quale definita dall’art.27 della L.R. n. 42/2000, viene meno qualora il godimento degli alloggi o dei sevizi provenga dalla titolarità delle unità abitative o delle quote nelle quali è stato frazionato l’immobile (TAR Emilia Romagna, Bologna, I, 11/9/2008, n.3974).
Inoltre, nonostante l’univoca classificazione della struttura come residenza turistico alberghiera espressa in sede di presentazione del progetto di ristrutturazione (documento n.4 depositato in giudizio dal Comune), i ricorrenti non hanno indicato alcun nominativo di terzi, diversi dai proprietari e dal gestore, che abbiano usufruito dei servizi della struttura medesima.
Pertanto, a prescindere dall’esistenza, al momento della realizzazione dell’intervento edilizio, di norma urbanistica esplicitamente preclusiva del frazionamento, l’effettuazione di quest’ultimo, unitamente agli altri elementi sopra evidenziati, appare incompatibile con la destinazione impressa all’edificio.
Con la seconda doglianza gli istanti sostengono che il Comune avrebbe travisato i fatti equiparando la ritardata attivazione dell’attività ricettiva con un asserito cambio di destinazione d’uso, cambio che in realtà non vi sarebbe stato, in quanto in sede di ristrutturazione sono state realizzate le parti comuni proprie di una struttura ricettiva, nei contratti di compravendita è prevista la conservazione della finalità turistico ricettiva ed è stata presentata denuncia di inizio attività per l’attuazione della prevista destinazione.
Il rilievo non è condivisibile.
Gli elementi fattuali cui fanno riferimento le impugnate determinazioni, unitamente alle circostanze evidenziate dal Collegio nella trattazione della prima censura, inducono a ritenere che sia stata pretermessa la destinazione turistico alberghiera dell’edificio.
Il terzo motivo è incentrato sull’illegittimità dell’art.7 delle N.T.A. (il quale per le residenze turistico alberghiere vieta il frazionamento e impone la categoria catastale D2) per violazione dell’art.42 della Costituzione ed eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento.
La censura è infondata.
Il predetto divieto non impedisce il trasferimento per quota di proprietà indivisa, ma preclude il frazionamento in più proprietà divise, e risponde all’interesse pubblico di assicurare efficacemente l’osservanza della destinazione turistico alberghiera (TAR Emilia Romagna, Bologna, II, 20/4/2007, n.426). Peraltro, come visto, appaiono di per sé ostativi al frazionamento ed all’accampionamento in categoria catastale diversa dalla D2 i contenuti propri della destinazione a residenza turistico alberghiera, indicati nell’art.27 della L.R.n.42/2000.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di giudizio, compresi gli onorari difensivi, sono determinate in euro 3000 (tremila) oltre IVA e CPA, da porre a carico dei ricorrenti, in solido tra loro.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo regionale per la Toscana, Terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a corrispondere al Comune di Massa la somma di euro 3.000 (tremila), oltre IVA e CPA, a titolo di spese di giudizio comprensive di onorari difensivi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nelle camere di consiglio del 27 novembre e del 18 dicembre 2008 con l'intervento dei Magistrati:
Angela Radesi, Presidente
Gianluca Bellucci, Consigliere, Estensore
Alessio Liberati, Primo Referendario
|
|
|
|
|
|
L'ESTENSORE
|
|
IL PRESIDENTE
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/01/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO