TAR Campania (NA), Sez. VIII, n. 2395, del 9 maggio 2013
Urbanistica.Carattere essenziale o meno di una variante alla concessione edilizia.

Secondo il tradizionale orientamento giurisprudenziale, per determinare il carattere essenziale o meno di una variante alla concessione edilizia, si deve avere riguardo al risultato complessivo dell'intervento costruttivo, per cui il relativo giudizio va formulato, non già esaminando l'intervento stesso nei suoi singoli elementi, ma valutando l'insieme delle modificazioni apportate al progetto originario, con particolare riferimento alle modifiche di carattere qualitativo o quantitativo, quali la superficie coperta, il perimetro, la volumetria e le caratteristiche funzionali e strutturali dell'edificio.
(Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02395/2013 REG.PROV.COLL.

N. 03230/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3230 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Mongillo Guido e Ruzzo Concetta, rappresentati e difesi dall'avv. Angelina Panella, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Pasquale Mellone in Napoli, via Serafino Biscardi, 31;

contro

Comune di Alvignano, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;

nei confronti di

Iannotta Giovanni e Paolelli Rosa, rappresentati e difesi dall'avv. Antonia D'Addio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Rispoli, in Napoli, piazza Trieste e Trento, 48;

per l'annullamento

del permesso di costruire in variante n. 16 del 7 maggio 2012 rilasciato dal Comune di Alvignano.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Iannotta Giovanni e Paolelli Rosa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2013 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 29 e 30 giugno e depositato in data 11 luglio 2012, i coniugi Mongillo Guido e Ruzzo Concetta impugnano, chiedendone l’annullamento, il permesso di costruire meglio specificato in epigrafe rilasciato dal Comune di Alvignano (CE) in variante a pregresso titolo abilitativo n. 14 del 1 luglio 2010 in favore dei Sig.ri Iannotta Giovanni e Paolelli Rosa per la costruzione in zona agricola “F” del Programma di Fabbricazione di un manufatto adibito a deposito di attrezzi agricoli con annessi cucina e bagno per la conduzione di un fondo, da edificarsi in località “Corte Piazza” in area allibrata in Catasto al Foglio 9, particella 334.

I ricorrenti premettono di essere proprietari di una porzione immobiliare finitima nonché titolari di una servitù di passaggio a carico del suolo interessato dalla erigenda costruzione ed affidano il mezzo di gravame ai profili di illegittimità di seguito rubricati:

1) violazione e falsa applicazione del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 e del Programma di Fabbricazione del Comune di Alvignano: l’atto concessorio sarebbe illegittimo per violazione dello strumento urbanistico generale con riguardo alla distanza minima dallo stradone interpoderale posto a confine;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 20 D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, dell’art. 220 R.D. 27 luglio 1934 n. 1265, eccesso di potere per sviamento e travisamento, illegittimità manifesta: si deduce l’inesistenza di alcun allaccio alla rete idrica comunale e si contesta la conformità delle opere alle norme igienico – sanitarie;

3) violazione dell’art. 12 D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380: il progetto assentito risulterebbe illegittimo per mancata predisposizione delle opere di urbanizzazione primaria;

4) violazione e falsa applicazione della L. Reg. 5 gennaio 2011 n. 1 e della L. Reg. 22 dicembre 2004 n. 16, violazione dell’art. 9 D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione delle circostanze di fatto e di diritto: il permesso di costruire in variante sarebbe divenuto inefficace in conseguenza della decadenza del titolo edilizio principale n. 14/2010 e, in ogni caso, il provvedimento impugnato si porrebbe in contrasto con il limite di densità fondiaria previsto dall’art. 9 T.U. Edilizia;

5) difetto di istruttoria, eccesso di potere, violazione della L. 18 maggio 1989 n. 183, violazione delle Norme di Attuazione del Piano Stralcio rischio frana dell’Autorità di Bacino, Liri, Garigliano e Volturno: l’atto sarebbe illegittimo per violazione del Piano Stralcio rischio frana che, per gli interventi da realizzare in area a rischio idrogeologico elevato, proibisce qualunque trasformazione dello stato dei luoghi sotto l’aspetto morfologico, infrastrutturale ed edilizio.

Si sono costituiti in giudizio i controinteressati che negano l’esistenza in capo ai ricorrenti di una servitù di passaggio sul fondo, ne eccepiscono il difetto di legittimazione e la carenza di interesse, replicando nel merito alle censure.

Con ordinanza n. 1173 del 5 settembre 2012 il Tribunale ha disposto incombenti istruttori a carico dell’ente locale (trasmessi dal Comune in data 21 novembre 2012) accogliendo la domanda incidentale di sospensione del provvedimento concessorio.

Con successivo atto di motivi aggiunti notificati il 3 gennaio e depositati in data 14 gennaio 2013 i ricorrenti deducono ulteriori profili di illegittimità:

1) violazione e falsa applicazione della L. Reg. 5 gennaio 2011 n. 1 e dell’art. 44 comma 4 bis della L. Reg. 22 dicembre 2004 n. 16, violazione dell’art. 9 D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380: il titolo edilizio sarebbe illegittimo per mancato rispetto del limite di densità fondiaria di 0,03 mc/mq e di quello riferito alla superficie coperta di 1/10 rispetto all’area di sedime;

2) violazione dell’art. 20 D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, eccesso di potere, violazione del procedimento amministrativo, sviamento: l’amministrazione avrebbe illegittimamente ammesso l’integrazione documentale prodotta dai controinteressati recante nuovo calcolo planovolumetrico con acclusa dichiarazione di conduzione del fondo da parte della Sig.ra Paolelli Rosa;

3) mancanza dei presupposti oggettivi e soggettivi per lo svolgimento di attività produttiva agricola, violazione della deliberazione n. 339 del 29 febbraio 2008 della Regione Campania: l’amministrazione locale avrebbe autorizzato la costruzione di un manufatto destinato ad attività produttiva in assenza dei presupposti normativi richiesti e, in particolare, in mancanza di certificazione e/o iscrizione che attesti la qualifica di imprenditori agricoli dei richiedenti.

Alla pubblica udienza del 24 aprile 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

In via preliminare, è destituita di fondamento l’eccezione in rito sollevata dalla difesa dei controinteressati.

Sul punto, non vi è ragione per discostarsi dal consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui l’interesse a ricorrere del terzo avverso il permesso di costruire trova piena giustificazione quando esiste una situazione soggettiva ed oggettiva di stabile collegamento con l’area coinvolta da una costruzione che, se illegittimamente assentita, è idonea ad arrecare un pregiudizio ai valori urbanistici della zona medesima. Pertanto, nel caso in esame, la qualifica giuridica di proprietario di un bene immobile confinante deve di per sé ritenersi idonea a creare la legittimazione e l'interesse al ricorso, non occorrendo altresì la verifica della concreta lesione di un qualsiasi altro interesse di rilevanza giuridica, riferibile a norme di diritto privato o di diritto pubblico (Consiglio di Stato, Sez. IV, 31 maggio 2007 n. 2849; 5 gennaio 2011 n. 18).

Passando al merito, con il primo motivo di diritto i ricorrenti assumono che il progetto edilizio autorizzato si porrebbe in contrasto con lo strumento urbanistico (tavola 5 del Programma di Fabbricazione del Comune di Alvignano) che prescrive una distanza non inferiore a mt. 15 da strade interpoderali, dal momento che la nuova costruzione si posizionerebbe a circa 5 metri dalla strada il cui tracciato si svolge lungo il confine con la particella 335.

La censura è destituita di fondamento in punto di fatto.

Tanto emerge dalla documentata relazione trasmessa dal Comune di Alvignano in esecuzione dell’ordinanza n. 1173/2012 di questo Collegio: vi si legge infatti che sulla planimetria allegata al progetto non sono rappresentate strade interpoderali insistenti sulla particella 334 e nello stradario comunale approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 15 del 19 aprile 1980 non risultano stradoni interpoderali ad uso pubblico che confinano o attraversano l’area oggetto di intervento, con la conseguenza che non può dirsi comprovata la deduzione articolata nel gravame.

Con il secondo e terzo motivo di diritto, il cui esame congiunto si impone in ordine logico, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 12 D.P.R. 380/2001, secondo cui “Il permesso di costruire è comunque subordinato alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte del comune dell'attuazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero all'impegno degli interessati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento oggetto del permesso”.

In particolare, secondo la prospettazione contenuta nel ricorso, contrariamente a quanto rappresentato dal tecnico progettista, il fondo di proprietà Iannotta – Paolelli non sarebbe servito da alcun allaccio alla condotta idrica comunale e, più in generale, difetterebbero le opere di urbanizzazione primaria necessarie al fine di rendere il territorio interessato dalla costruzione adeguato a soddisfare le esigenze ex art. 4 L. 29 settembre 1964 n. 847.

Le censure colgono nel segno.

Deve rammentarsi che, ai sensi dell’art.12 del D.P.R. 380/2001 ed in vista del rilascio del permesso di costruire, è necessario che esistano – ovvero se ne preveda l’imminente realizzazione – almeno le opere di urbanizzazione primaria stimate in concreto necessarie, in modo che la zona possa dirsi atta a soddisfare adeguatamente le esigenze indotte dal nuovo insediamento abitativo (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 25 settembre 2012 n. 3942 e 22 febbraio 2010 n. 1091).

Compito primario della pianificazione urbanistica è, infatti, quello di coordinare armonicamente l’attività edificatoria privata con la predisposizione di un adeguato sistema infrastrutturale che valga ad assicurare uno sviluppo edilizio del territorio ordinato e razionale.

A tal riguardo, vale poi aggiungere che le opere di urbanizzazione primaria sono elencate dall'art. 4 della L. 847/1964 e comprendono fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato, spazi di sosta o di parcheggio nonché strade residenziali.

Orbene, dalla documentazione versata agli atti di causa non risultano smentite le argomentazioni svolte dai ricorrenti e, anzi, dalla relazione trasmessa dal Comune emerge che la particella n. 334 del Foglio 9 allo stato attuale non risulta servita dall’acquedotto comunale e nello stalcio planimetrico non risulta rappresentata alcuna strada di accesso.

Ne consegue che la mancata predisposizione delle opere di urbanizzazione primaria, di cui occorre rimarcare l’indispensabilità, rende non predicabile il progetto edilizio coltivato dai controinteressati, atteso che la sua attuazione porterebbe alla realizzazione di un manufatto destinato in parte a fini abitativi e, quindi, alla permanenza continua e stabile di persone (come si evince dalla prevista realizzazione della cucina e dei servizi igienici; cfr. pag. 1 della relazione tecnica acclusa alla istanza di permesso di costruire n. 16/2012) non coordinato con la programmazione delle necessarie dotazioni infrastrutturali.

Si appalesa pertanto illegittimo il gravato atto concessorio.

Con il quarto profilo di illegittimità parte ricorrente sostiene che il permesso di costruire n. 14/2010 (del quale il titolo contestato costituisce variante) sarebbe decaduto per mancato inizio dei lavori entro il relativo termine di decadenza con conseguente inefficacia della successiva variante, siccome avvinta al permesso principale da un rapporto di accessorietà e complementarietà.

Rappresenta che, in ogni caso, non si tratterebbe di mera variante ma di titolo autonomo che introduce consistenti modifiche rispetto al progetto edilizio: pertanto, secondo la prospettazione attorea, dovrebbero applicarsi gli indici edilizi previsti dall’art. 9 T.U. Edilizia richiamati all’uopo dall’art. 44, comma 4 bis, della L. Reg. 16/2004 come modificata dalla L. Reg. 1/2011 secondo cui “Nei comuni nei quali è ancora in vigore il programma di fabbricazione nelle zone agricole si applicano fino alla definitiva approvazione ed entrata in vigore del Puc, i limiti di edificabilità previsti dal D.P.R. n. 380/2001, prevalenti su ogni diversa disposizione contenuta nel citato strumento urbanistico generale” parametri che non sarebbero stati rispettati nella redazione del censurato progetto edilizio.

La censura è fondata per quanto di ragione.

Al riguardo, mette conto evidenziare che non vi è contestazione sull’intervenuta decadenza del permesso di costruire n. 14/2010 per mancato avvio dei lavori entro il termine di decadenza annuale dalla data di rilascio, tanto che nel provvedimento impugnato n. 16/2012 si legge quanto segue “si dà atto che il permesso di costruire n. 14 dell’1.7.2010 è da ritenersi decaduto in quanto i lavori non hanno mai avuto inizio”.

Peraltro, ai sensi dell'art. 15 secondo comma T.U. Edilizia e alla luce dell’indirizzo espresso dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 febbraio 2012 n. 974), la pronuncia di decadenza del permesso di costruire è espressione di un potere strettamente vincolato, ha una natura ricognitiva, perché accerta il venir meno degli effetti del titolo edilizio in conseguenza dell'inerzia del titolare ed ha decorrenza ex tunc (secondo la menzionata disposizione “Il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata non può superare i tre anni dall'inizio dei lavori. Entrambi i termini possono essere prorogati, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, esclusivamente in considerazione della mole dell'opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari”).

Inoltre, il termine di durata del permesso edilizio non può mai intendersi automaticamente sospeso, essendo al contrario sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve comunque seguire un provvedimento da parte della stessa amministrazione che ha rilasciato il titolo abilitativo, che accerti l'impossibilità del rispetto del termine (e solamente nei casi in cui possa ritenersi sopravvenuto un "factum principis" ovvero l'insorgenza di una causa di forza maggiore).

Ribadita dunque la decadenza del permesso di costruire n. 14/2010, occorre verificare se il nuovo titolo abilitativo impugnato in questa sede debba essere considerato come variante alla pregressa concessione ovvero come provvedimento autonomo.

In argomento, giova rammentare il tradizionale orientamento giurisprudenziale, secondo il quale per determinare il carattere essenziale o meno di una variante alla concessione edilizia, si deve avere riguardo al risultato complessivo dell'intervento costruttivo, per cui il relativo giudizio va formulato, non già esaminando l'intervento stesso nei suoi singoli elementi, ma valutando l'insieme delle modificazioni apportate al progetto originario (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 agosto 2004 n. 5429; 22 gennaio 2003 n. 249; 18 ottobre 2001 n. 5496; T.A.R. Puglia, Bari, 14 dicembre 2006 n. 4355), con particolare riferimento alle modifiche di carattere qualitativo o quantitativo, quali la superficie coperta, il perimetro, la volumetria e le caratteristiche funzionali e strutturali dell'edificio.

Alla luce dell'orientamento richiamato deve ritenersi che si è in presenza di un autonomo titolo edilizio, posto che le variazioni progettuali apportate rivestono carattere essenziale incidendo sulle caratteristiche complessive dell'intervento già in pregresso assentito.

Difatti, come è desumibile dalla relazione tecnica allegata alla richiesta del nuovo permesso di costruire e dalla documentazione allegata versata in atti, la nuova soluzione progettuale prevede la realizzazione di un piano seminterrato di altezza pari a mt. 2,40, la modifica della sagoma e del prospetto esterno, nonché la variazione delle distanze dalle proprietà vicine ed una diversa localizzazione del manufatto (cfr. pag. 7 del ricorso introduttivo).

Detta opzione ermeneutica trova, inoltre, sostegno nella stessa disamina del titolo in variante poichè: a) nel nuovo atto concessorio si prevedono nuovi termini iniziale e finale per l'esecuzione delle opere (in caso di mera variante, viceversa, il dies a quo dell'avvio dei lavori deve essere determinato con riferimento al titolo concessorio originario); b) l'assenso alle opere in variante ha comportato, per i soggetti attuatori, l’obbligo di corrispondere nuovi oneri di urbanizzazione e nuovi costi di costruzione, a conferma del fatto che dalla variazione al progetto è conseguito un incremento del carico urbanistico.

Dalle svolte considerazioni discende che, trattandosi di nuovo ed autonomo atto concessorio, trova applicazione la normativa vigente ratione temporis e, segnatamente, l’art. 44 comma 4bis della L. Reg. 16/2004 (modificata dalla L. Reg. 1/2011) secondo cui “Nei comuni nei quali è ancora in vigore il programma di fabbricazione nelle zone agricole si applicano fino alla definitiva approvazione ed entrata in vigore del Puc, i limiti di edificabilità previsti dal D.P.R. n. 380/2001, prevalenti su ogni diversa disposizione contenuta nel citato strumento urbanistico generale”.

Tuttavia, si noti che il progetto assentito è stato redatto in conformità alla previsione di cui all’art. 4, primo comma, L. Reg. 20 marzo 1982 n. 17 secondo cui nei Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici approvati e all'esterno dei centri abitati, l'edificazione a scopo residenziale è soggetta alla limitazione di metri cubi 0,03 per ogni metro quadrato di area edificabile e, per le opere strettamente accessorie all'attività agricola, è consentito un indice di fabbricabilità aggiuntivo pari a 0,07 mc/mq (cfr. relazione tecnica allegata alla domanda di permesso di costruire).

Tale disposizione, pur essendo articolata in modo parzialmente diversa dall’art. 4 della L. 10/1977 (poi confluito nell’art. 9 D.P.R. 380/2001), non ne muta la caratteristica essenziale di distinguere, ai fini dei limiti di edificabilità da osservarsi nelle zone bianche, fra le opere da realizzare all’interno dei centri abitati (nelle quali è vietato ogni intervento edilizio, ad eccezione delle opere di ordinaria e straordinaria manutenzione, di restauro e di risanamento conservativo) e quelle ammissibili all’esterno.

Tuttavia, con riguardo a tali ultimi interventi edilizi, a differenza della normativa nazionale che prescrive un unico limite di densità fondiaria (0,03 mc/mq) la legislazione regionale, come si è visto, prevede due distinti parametri riferiti rispettivamente all’edificazione a scopo residenziale (0,03 mc/mq) e agli interventi strettamente accessori all’attività agricola (indice aggiuntivo 0,07 mc/mq) che possono essere quindi realizzati con una maggiore volumetria.

Quanto al rapporto tra normativa nazionale e legislazione regionale occorre osservare che l’art. 9 T.U. si presenta come una disposizione “di chiusura” del sistema, operante solo nei casi in cui non sia stata esercitata la funzione amministrativa pianificatoria da parte del Comune che ne è titolare, e sempre che non vi siano diverse, più restrittive, discipline regionali (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 27 gennaio 2006 n. 1123).

Ne consegue che, ai sensi del T.U. Edilizia, le eventuali diverse meno restrittive previsioni contenute nella L. Reg. 17/1982 vanno considerate oramai abrogate dalla data di entrata in vigore del nuovo Testo Unico dell’Edilizia (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 23 dicembre 2003 n. 15535). Tra queste ultime va annoverata anche la norma che consente fuori dal perimetro dei centri abitati la realizzazione di pertinenze agricole con indice di fabbricabilità aggiuntivo di 0,07 mc/mq trattandosi, come si è visto, di disposizione regionale di favore che mal si concilia con i limiti prescritti dalla normativa nazionale, con la conseguenza che per tutti i nuovi interventi edilizi – sia a scopo residenziale che per le opere accessorie all’attività agricola – vige l’unico limite di densità fondiaria di 0,03 mc/mq prescritto dal T.U. Edilizia.

Applicando tali coordinate ermeneutiche alla fattispecie in scrutinio deve allora concludersi per la illegittimità del gravato atto concessorio per violazione dell’art. 9 D.P.R. 380/2001.

E’ infine destituita di fondamento l’ultima censura svolta nel gravame introduttivo, con cui la ricorrente lamenta la violazione delle Norme di Attuazione del Piano Stralcio rischio frana dell’Autorità di Bacino, Liri, Garigliano e Volturno e la mancata acquisizione del parere dell’Autorità di Bacino, sul presupposto che si tratterebbe di costruzione da realizzare in area a rischio idrogeologico elevato che sarebbe inibita ai sensi dell’art. 3 delle Norme di Attuazione del predetto Piano.

In senso contrario, non è comprovato che la nuova costruzione ricada effettivamente nella predetta “zona rossa”, tenuto anche conto che risulta rilasciata l’autorizzazione sismica n. 4251 del 23 luglio 2012 ai sensi dell’art. 94 D.P.R. 380/2001.

Venendo ai motivi aggiunti, deve essere accolta l’eccezione di irricevibilità per tardività sollevata dalla difesa dei controinteressati.

Difatti, l’impugnazione è stata notificata il 3 gennaio 2013, quindi dopo oltre 60 giorni dalla conoscenza del permesso di costruire n. 16/2012, già gravato con il ricorso introduttivo, deducendo profili di illegittimità che potevano essere svolti già con il primo gravame.

Si aggiunga che la verifica circa la tempestività dei motivi aggiunti non può fondarsi sulla data di deposito della relazione istruttoria versata agli atti di causa dal Comune che, invero, non costituisce provvedimento amministrativo autonomamente impugnabile ma adempimento a quanto disposto dal T.A.R. con la richiamata ordinanza n. 1173/2012.

In conclusione, le censure contenute nel ricorso principale esaminate sub 2), 3) e 4) conducono all’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento del permesso di costruire n. 16/2012.

Spese ed onorari di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidati in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Comune di Alvignano al pagamento delle spese ed onorari di giudizio in favore dei Sig.ri Mongillo Guido e Ruzzo Concetta che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00).

Condanna altresì i Sig.ri Iannotta Giovanni e Paolelli Rosa, in solido tra loro, al pagamento delle spese ed onorari di giudizio in favore dei Sig.ri Mongillo Guido e Ruzzo Concetta che liquida in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Gianluca Di Vita, Primo Referendario, Estensore

Olindo Di Popolo, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)