Acqua pubblica, votiamo Si. Ma l’acqua non è solo quella che beviamo.
di Luigi Antonio Pezone

 

Il 12 giugno con due quesiti referendari ci sarà chiesto se siamo  d'accordo a cancellare il D.L. 23bis e il comma 1 dell’art. 154 del TUA che obbligano rispettivamente  a rendere privata l'acqua del rubinetto  e alla remunerazione del capitale investito nel servizio idrico. Ovviamente dobbiamo votare SI per evitare indecenti speculazioni sul bene più prezioso donatoci dalla natura (a pari merito con l’aria) e non ce ne importa niente del rientro economico del capitale investito in un sistema che dal punto di vista idrico  perde quasi il 50% di acqua per strada; da quello  fognario  sviluppa idrogeno solforato e acido solforico, degenera e sversa  i liquami (in condizioni assai peggiori di quando è stato accolto in fogna) in fiumi, laghi e mari; da quello depurativo, le rare volte che riesce a depurare,  con vasche di trattamento a cielo aperto  emette cattivi odori e tutti i gas serra possibili e immaginabili in atmosfera, mentre il mondo intero deve ridurre questi gas. Tutti questi problemi non possono essere addebitati ai cittadini nella bolletta del (dis)servizio idrico integrato.  Inoltre, i nuovi gestori per fatturare di più incentivano i consumi anziché il risparmio. Emblematico fu il caso della città di Firenze dove il Comune  con una  campagna pubblicitaria,  riuscì a ottenere consistenti risparmi idrici suscitando un anno dopo la reazione del gestore (Pubbliacqua) che  inviò una lettera agli utenti nel quale giustificava gli aumenti tariffari proprio  con l'avvenuta riduzione dei consumi.  L'articolo che denuncia questo paradosso è stato  pubblicato su La Repubblica del 14/11/2008. Ma, purtroppo,  esiste un problema ancora più grande.  L’acqua non è solo  quella che usiamo, degeneriamo e poi, se ci riusciamo, depuriamo. E’ anche quella che non usiamo e non depuriamo che è ugualmente inquinata. Parlo dell’acqua dei fiumi, dei laghi e delle zone costiere. Quell’acqua, che insieme alle altre acque oceaniche rappresenta il 99,9 % degli 1,4 miliardi di Km3 presenti sulla Terra,  sembra che non abbia padrone. Raccoglie piccoli e soprattutto  grandi disastri ambientali causati da multinazionali petrolifere, chimiche, nucleari, a volte per incidenti a volte per pura avidità di guadagni. Se elencassi i dettagli dei  disastri ambientali disponibili in rete ci vorrebbero centinaia di pagine, diventando noioso e accentuerei  il senso di impotenza di fronte a questi disastri. Invece penso che qualcosa possiamo e dobbiamo fare.    Per la fine del 2015, secondo il T.U.A. (D.L 152/06), almeno le acque superficiali dei  bacini e corsi d’acqua  europei  dovrebbero  essere portati    allo stato di buono, ma in Italia non si vedono cantieri, non si conoscono progetti di risanamento. Solo un miracolo potrebbe risolvere la situazione ed evitare le sanzioni europee. Secondo il rapporto di Goletta verde 2010 nel nostro Paese 132 foci di fiumi sono inquinate. Riporto le parole di Legambiente:  “La ragione è tremendamente banale: la rete fognaria è insufficiente. Per il 15 per cento della popolazione è addirittura assente. Diciotto milioni di cittadini scaricano i propri reflui non depurati direttamente nei fiumi, nei laghi o in mare. Numeri che farebbero pensare a Calcutta (con tutto rispetto per la città indiana) e non alla settima economia mondiale”. Se buona parte delle acque costiere marine  (lontane dalle foci) sono ancora balneabili è dovuto soltanto alla grande capacità tampone delle acque saline, alle correnti, e alla grandissima diluizione delle sostanze inquinanti nel mare. Ma essendo  balneabili non significa che le acque costiere italiane non collaborino  al  grave problema dell’acidificazione oceanica mondiale (negli ultimi 150 anni hanno perso il 30% dell’alcalinità originale), in parte dovuta pure  alle maggiori emissioni di CO2, ma soprattutto all’inquinamento. Infatti,  se il fenomeno fosse prevalentemente dovuto al CO2 sarebbe meno accentuata la differenza del PH costiero (7,5- 7,8) con quello misurato al centro degli oceani (8,1).  Dunque, se le acque oceaniche avessero un padrone, questi ricercherebbe le cause dell’acidificazioni sulla terra con maggiore obiettività di quando non si faccia adesso anche a livello internazionale (vedi I.P.C.C.)  concentrandosi soltanto su una effimera riduzione delle emissioni di CO2, che da solo non può risolvere il problema del riscaldamento globale.  Stranamente in Italia non si vuole parlare della depurazione globale, mentre all’estero è presumibile che nessuno la conosca, perché i nostri rappresentanti non ne hanno voluto parlare a Cancun, anche il Focal Point italiano dell’ IPCC tace. La stessa Legambiente, che ci accomuna a Calcutta, tace sulle proposte depurative del sottoscritto. Ma nessuno può pretendere che taccia anche il sottoscritto che  lavora  da tempo per arrivare a formulare queste proposte.  Si parte con semplicissimi mini impianti domestici che potrebbero sembrare banali e invece  potrebbero consentire di risparmiare il 25 % di acqua potabile senza uscire dai singoli appartamenti e quindi consentire anche di depurare il 25% di acqua in meno, ma potrebbero anche essere un potentissimo strumento di prevenzione ambientale alcalinizzando le acque di scarico; si prosegue con la sedimentazione fognaria che potrebbe consentire di tenere pulite le fogne e di anticipare nelle stesse una parte del trattamento depurativo; si arriva a dei depuratori coperti, che potrebbero depurare l’acqua e l’aria contemporaneamente neutralizzando anche il CO2 con costi, ingombri e consumi  nettamente inferiori ai depuratori attuali (che quando ci riescono depurano soltanto l’acqua); nonché alternativa sostenibile all’insostenibile sistema C.C.S. (carbon capture and sequestraction).

Invito tutti a vistare la mia pagina di face book dove sono raccolti tutti i Link delle pubblicazioni, (che fortunatamente alcune riviste on line pubblicano altrimenti, queste proposte sarebbero già morte tra le Spam degli addetti ai lavori)   e di leggere soprattutto quelli recentemente inseriti. Sono  interessanti  perché propongono   nuove fosse tipo IMHOFF che, oltre a  depurare l’acqua, neutralizzerebbero  anche il CO2 e  il metano. Queste sono l’ ultima versione dei depuratori coperti  proposti dal sottoscritto per tutelare l’ambiente dove non è tutelato e dove è tutelato male.  Nelle città potrebbero contribuire a neutralizzare i gas di scarico delle caldaie e  lo smog.  Infossate nei corpi idrici nelle zone costiere  inquinate potrebbero depurare le acque in entrata e risanare le acque già presenti. Accoppiate come settori modulari autonomi potrebbero sostituire i depuratori  con qualsiasi carico idraulico ed organico, occupando 1/10 dello spazio dei depuratori, costando meno di un decimo degli stessi, utilizzando sistemi depurativi più  affidabili  del sistema a fanghi attivi: ossidazione endogena, fotosintesi, digestione metanica dei fanghi. Accoppiate  con moduli di disidratazione statici, fissi o mobili, a base di polveri di calcio, potrebbero arrivare a fornire fanghi disidratati e stabilizzati. Sono interessanti perché propongono una nuova depurazione fatta tutta al coperto, quindi senza emissioni di gas serra.   I sistemi depurativi attuali e le stesse autodepurazioni naturali, basati/e  su processi  di ossidazione e digestione  delle sostanze organiche a cielo aperto  emettono  CO2 e metano nell’atmosfera.  Nel caso del CO2, almeno il 50%   sarà subito  riassorbito   dalle acque, in altre parti del mondo, apportando  di nuovo un notevole contributo alle acidificazioni lacustri e oceaniche  in un circolo vizioso. L’altro 50%  resta nell’atmosfera per  un tempo variabile dai 30 ai 120 anni  (non c’è accordo tra gli scienziati in una scala da 1 a 4 sui tempi di permanenza), nel frattempo le quantità di  immissioni nel Pianeta  crescono e le percentuali nell’atmosfera aumentano (40% negli ultimi 150 anni). La stessa cosa avviene anche per gli altri gas serra  con tassi di  crescita e permanenza  nell’atmosfera diversi, caso per caso, alcuni alimentati dagli stessi depuratori delle acque (CO2, CH4, NOx, SOx). Il problema delle emissioni in atmosfera non è  mai stato preso in considerazione nella progettazione degli impianti di depurazione,  ma non potrà più essere trascurato in futuro se veramente si vuole combattere il riscaldamento globale. Rimandando i dettagli ad altri documenti,  già pubblicati, il sottoscritto sta cercando di  dimostrare   che  i depuratori delle acque, riveduti e corretti, potrebbero diventare il più potente strumento di lotta contro il riscaldamento globale, riducendo l’inquinamento acquifero e il CO2 non solo antropico, ma anche naturale (in realtà buona parte di quello che chiamiamo naturale è dovuto proprio all’inquinamento delle acque).   Nei  nuovi depuratori coperti,  il CO2 diventerebbe un elemento  prezioso  per fornire, tramite una fotosintesi intensiva in serra,  carbonio,  materiale organico  e ossigeno all’ossidazione endogena e  alla nitrificazione che avverrebbe negli stessi impianti. In questi depuratori  si metteranno insieme tutti i processi depurativi conosciuti  che consumano gas serra (CO2, CH4, NOx, SOx) prodotti dallo stesso processo e anche immessi dall’esterno, senza espellerli in atmosfera  (fotosintesi,ossidazione endogena, nitrificazione, alcalinizzazione, carbonatazione). Anche gli aerosol, cioè  quelle minutissime particelle solide o liquide disperse in aria e che possono provenire sia dalle attività umane (come gli inquinanti urbani ed industriali, i residui di processi di combustione, ecc), se aspirati e immessi nelle acque sarebbero neutralizzati  passando attraverso i bacini di ossidazione endogena e il trattamento dei fanghi. Come si fa a mettere insieme questi processi che hanno tempi di trattamento diversi? E’ semplicissimo: ponendo in parallelo al processo la fotosintesi, sopra al bacino di ossidazione endogena, in modo che i tempi necessari al ciclo di vita del fitoplancton (12-15 g) non influenzino i tempi di trattamento, e facendo uscire le acque trattate al di sotto della zona galleggiante di fitoplancton, costrette a risalire alla quota di sfioro tramite  un setto o un tubo separatore (secondo la grandezza dell’impianto).  Nelle fosse globali il metano  prodotto dalla digestione sarà costretto a passare attraverso l’ossidazione trasformandosi in CO2 e il CO2 prodotto dall’ossidazione sarà costretto a passare attraverso la fotosintesi  per essere metabolizzato e trasformato in zuccheri e ossigeno.  Quello  in eccesso si  accumulerà sotto la copertura (effetto serra) e sarà ricircolato nel bacino di ossidazione  fino al completo esaurimento. La naturale  sovrapposizione delle  zone  fanghi, ossidazione e fotosintesi,  consentirà   la precipitazione dei microrganismi che avranno esaurito il ciclo di vita  e la migrazione dei batteri  dalla superficie ai  fondali  e viceversa. Il ciclo di vita del fitoplancton assicurerà  una vita batterica sufficiente a tenere in vita il processo  di ossidazione endogena in ogni caso. Contrariamente agli impianti a fanghi attivi, non ci saranno dubbi su dove conviene nitrificare, denitrificare e dove e come eliminare il fosforo. Dubbi che nei depuratori a fanghi attivi permangono ancora dopo 100 anni di sperimentazioni in ogni parte del mondo e l’impegno di centinaia di migliaia di tecnici di varie generazioni, con sprechi enormi di spazi, costi e tecnologia.  Nei depuratori coperti ogni cosa è al posto naturale, non c’è bisogno nemmeno delle sperimentazioni, per essere sicuri della funzionalità, se non per definire i rendimenti. Se dovremo trattare alti carichi organici utilizzeremo più moduli depurativi in serie, aggiungendo lo stadio di fotosintesi solo ai moduli finali. Se avremo altissimi carichi idraulici, con bassissimi carichi organici,  come sarà nella maggioranza dei casi per consumare CO2, metteremo in parallelo moltissimi moduli depurativi. Ognuno completamente autonomo. Solo In questo modo sarà possibile sottrarre in grandi quantità  all’aria CO2,  metano, SOx e aerosol  e  all’acqua i nutrienti indesiderati, azoto ammoniacale, sostanze tossiche, metalli pesanti in modo sostenibile e occupando pochissimo spazio. Solo in questo modo possiamo semplificare e standardizzare le depurazioni in grandissimi e piccolissimi impianti coprendo tutti i territori e semplificare i percorsi fognari che in molti casi potranno essere canali scoperti per la purezza delle acque. I depuratori coperti, pur essendo degli impianti semplicissimi, potrebbero essere la migliore  invenzione ambientale di tutti i tempi. Lo dico senza usare mezzi termini sperando che autorevoli silenzi si trasformino in critiche nei miei confronti pur di aprire  un pubblico dibattito su queste possibilità di risanamento ambientale trascurate.

Indipendentemente dal CO2, si sarebbe già dovuto pensare  a trattamenti depurativi delle acque più leggeri di quelli esistenti per combattere quell’inquinamento diffuso, e quasi impercettibile,  che esiste in ogni fiume lago o litorale marino (soprattutto presso le foci dei fiumi), dove è facile trovare tracce importanti non autodepurabili di coliformi fecali, azoto ammoniacale, nitriti, nitrati, arsenico, fosforo, ecc. che con il tempo, gradualmente e lentamente, portano all’eutrofizzazione e alla morte degli ecosistemi. Ma i sistemi depurativi attuali, che non si adattano a questo tipo di trattamento, ci hanno impedito di  pensare  a soluzioni semplici e lineari basati sul semplice potenziamento dei sistemi naturali. L’incremento del CO2 nell’aria e nell’acqua è soltanto una ragione in più, anche se molto importante, per rivedere i sistemi di trattamento delle acque. Per arrivare a concepire i  depuratori  coperti che potrebbero chiudere il ciclo depurativo  dell’acqua e dell’aria al loro interno è stato necessario ripartire da zero, come se la centenaria storia dei depuratori non esistesse. La base di partenza è stata  la “depurazione nelle case e nelle fogne” ideate precedentemente e  snobbata dagli addetti ai lavori e dalle autorità ambientali. E’ solo distrazione?  Spero ancora di si. Tutti parlano di sostenibilità ambientale, ma la sostenibilità non deve servire  a creare delle isole ecologiche circondate a 360 gradi dall’inquinamento. Occorre una progettazione globale sostenibile che anticipi le acidificazioni e circoscriva l’inquinamento dove nasce (industrie ed abitazioni) e dove finisce  (laghi e zone costiere) coinvolgendo anche e i gas emessi dal processo con impianti posizionati strategicamente per proteggere gli ecosistemi e l’atmosfera, chiudendo il ciclo depurativo nei depuratori  ed asportandone i fanghi stabilizzati che i processi endogeni e digestivi non riescono a consumare.  Questo sistema non è  trattato in nessun testo di depurazione ambientale. Per concepirlo  è stato  necessario mettere in discussione il sistema depurativo attuale  dalle fondamenta, cercando prima di risparmiare acqua, poi di prevenire i fenomeni degenerativi fognari, infine di depurare senza emettere  CO2. Nessuno di questi obiettivi rientra nei sistemi depurativi attuali, come se questi problemi non esistessero. C’è molta burocrazia  nella gestione depurativa e poca sostanza.  A che serve essere precisi  nei regolamenti fognari  che dettagliano cosa si può scaricare in fogna e in quali quantità se poi ci pensano le fogne a peggiorare il liquame e a miscelare quelli  urbani con quelli industriali? Perché i fanghi industriali non si estraggono prima? Le fosse globali e i sedimentatori fognari potrebbero evitare tutti questi problemi e consentire di avere  fanghi separati per gestirli in modo più utile per la collettività. Non dobbiamo dimenticare che per il 2040 si prevede una crescita della popolazione mondiale fino a nove miliardi e che fino ad  ora abbiamo visto solo un assaggio dello sviluppo industriale disordinato e distruttivo dei paesi emergenti. Già oggi dovremmo depurare (con trattamenti più leggeri) portate di acqua cento volte superiori per sottrarre acidità e CO2. Cosa succederà nel 2040? I depuratori  coperti  sono l’unica soluzione che potrebbe fronteggiare i problemi ambientali che questa crescita comporterà, poiché si basano su sistemi flessibili e modulari, che potrebbero accompagnare gradualmente le nuove esigenze proteggendo l’aria e l’acqua  con applicazioni che sarebbero  impossibili da realizzare con gli attuali sistemi depurativi. E’ chiaro da tantissimo tempo che la società  dei consumi consuma anche l’ambiente producendo grandi quantità di  CO2 e acidificando le acque. I due problemi insieme porteranno al riscaldamento globale indipendentemente da fenomeni naturali e cosmici. Creare dei grandissimi e piccolissimi  manufatti coperti con pannelli solari, distribuiti strategicamente in ogni parte del mondo, per neutralizzare CO2 prima di rilasciarlo nell’atmosfera e restituire purezza e alcalinità alle acque avrebbe dovuto essere la soluzione logica per eccellenza. Invece è accolta nel massimo silenzio dagli addetti ai lavori abituati a nascondere tutto: dalle incoerenze del sistema depurativo attuale, agli sversamenti di liquami non depurati nei laghi fiumi e coste, alle condotte sottomarine che sfociano al largo nel mare, alle scorie nucleari e prossimamente anche il CO2.   Se paragonassimo  l’ambiente mondiale all’umanità, potremmo dire che la cura dell’ambiente anziché essere affidata ai servizi sanitari  è affidata ai servizi funebri, e i becchini si riuniscono diverse volte all’anno per studiare nuove strategie di occultamento dei problemi, pur di non mettere le mani nelle tasche dei grandi inquinatori per realizzare grandi opere di disinquinamento, che sono più semplici di quanto si possa pensare e  potrebbero creare tantissime opportunità di lavoro.  La crisi occupazionale che affligge i giovani è dovuta anche al mancato potenziamento delle strutture di  protezione ambientale, le quali avrebbero dovuto svilupparsi parallelamente a quelle industriali e demografiche. Siamo almeno con 150 anni di ritardo e si continua a fingere di cercare delle soluzioni che non si vogliono trovare.

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