Cass. Sez. III n. 23996 del 15 giugno 2011 (CC 12 mag.2011)
Pres.De Maio Est.Lombardi Ric.De Crescenzo
Beni Ambientali.Sanatoria paesaggistica e condono

Il divieto di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica in sanatoria (art. 146, comma quarto, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, nel testo risultante dalle modd. introdotte dall'art. 2, comma primo, lett. s), del D.Lgs. n. 63 del 2008) non si applica alle ipotesi in cui la sanatoria sia prevista dalla normativa in materia di condono edilizio. (In motivazione la Corte ha ulteriormente precisato che la normativa sul condono edilizio assume carattere di specialità rispetto alle disposizioni che disciplinano la sanatoria degli abusi edilizi in via ordinaria, prevista dall'art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 12/05/2011
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 982
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 38741/2010
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dall'avv. Borrelli Michele, difensore di fiducia di De Crescenzo Gennaro, n. a Ercolano, il 20.6.1964;
avverso l'ordinanza in data 18.6.2010 del Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Portici, con la quale è stata respinta l'istanza di revoca dell'ingiunzione a demolire un manufatto abusivo emessa dal P.M. in data 5.6.2009.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
Lette le richieste del P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale, Dott. VOLPE Giuseppe che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Portici, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha respinto l'istanza, proposta da De Crescenzo Gennaro, di revoca dell'ingiunzione a demolire un manufatto abusivo emessa dal P.M. in data 5.6.2009 in esecuzione dell'ordine contenuto nella sentenza del Pretore di Portici del 13.6.1996, divenuta irrevocabile il 27.9.1996. Il giudice dell'esecuzione ha osservato che nel caso in esame non sussistono elementi idonei a dimostrare che l'istanza di condono edilizio presentata dalla interessato sia suscettibile di concludersi favorevolmente con l'emanazione di atti incompatibili con l'ordine di demolizione emesso dall'autorità giudiziaria.
È stata, al contrario, rilevata nell'ordinanza la inapplicabilità della normativa sul condono edilizio al manufatto di cui è stato disposto l'abbattimento, in quanto ubicato in zona vincolata, in cui è possibile ottenere la sanatoria solo per gli interventi edilizi di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.
È stato inoltre osservato che il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146, comma 10, ha espressamente sancito il divieto e l'inefficacia di nulla osta paesaggistici rilasciati dopo l'esecuzione delle opere, sicché la possibilità di sanatoria del D.P.R. n. 380 del 2001 , ex art. 36 deve intendersi limitata alle sole zone non vincolate. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore del De Crescenzo, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
Il ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39.
Si deduce, in sintesi, che la norma citata non prevede alcun limite alla condonabilità dei manufatti realizzati in zona vincolata, previo rilascio del nulla osta da parte dell'amministrazione competente alla tutela del vincolo, sicché il giudice dell'esecuzione, nel disporre la sospensione o revoca dell'ordine di demolizione, deve controllare esclusivamente che la domanda sia stata proposta tempestivamente, nonché la regolarità formale e sostanziale della stessa in relazione alle previsioni della predetta legge.
Si deduce inoltre che nel caso in esame non risulta applicabile il divieto di emissione della autorizzazione paesaggistica in sanatoria, di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146 costituendo la citata normativa sul condono edilizio una legge speciale, che deroga alla norma ordinaria e, pertanto, la legge speciale avrebbe dovuto formare oggetto di espressa abrogazione.
Si osserva infine che l'ordinanza ha fatto impropriamente riferimento al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36 che disciplina la possibilità di sanatoria ordinaria degli abusi edilizi, mentre nella specie si applicano le disposizioni sul condono edilizio.
Con memoria depositata il 20.4.2011 il difensore del De Crescenzo ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati. Secondo l'ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, in sede di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito con la sentenza di condanna, il giudice, al fine di pronunciarsi sulla sospensione dell'esecuzione, a seguito dell'avvenuta presentazione della domanda di condono edilizio, deve accertare la esistenza delle seguenti condizioni: a) la tempestività e proponibilità della domanda; b) la effettiva ultimazione dei lavori entro il termine previsto per l'accesso al condono; c) il tipo di intervento e le dimensioni volumetriche; d) la insussistenza di cause di non condonabilità assoluta; e) l'avvenuto integrale versamento della somma dovuta ai fini dell'oblazione; f) l'eventuale rilascio di un permesso in sanatoria o la sussistenza di un permesso in sanatoria tacito, (cfr. sez. 3, 12.12.2003 n. 3992 del 2004, Russetti, RV 227558; sez. 4, 5.3.2008 n. 15210, Romano, RV 239606;
sez. 3, 26.9.2007 n. 38997, Di Somma, RV 237816).
Va quindi rilevato che la L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39, comma 8, stabilisce che "Nel caso di interventi edilizi nelle zone e fabbricati sottoposti a vincolo ai sensi delle L. 1 giugno 1939, n. 1089, L. 29 giugno 1939, n. 1497, e del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, il rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria, subordinato al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, estingue il reato per la violazione del vincolo stesso".
La citata legge sul condono edilizio inoltre, a differenza di quanto previsto dal D.L. n. 269 del 2003, art. 32, comma 26, lett. a) e b), convertito con modificazioni dalla L. n. 326 del 2003, non limita la possibilità di fruire della sanatoria ai soli abusi minori, ma pone quali limiti quelli stabiliti in generale dal primo comma del medesimo articolo per tutte le tipologie di abuso.
La giurisprudenza citata nell'impugnato provvedimento, infatti, si riferisce esclusivamente alla applicabilità del condono edilizio previsto dal D.L. n. 269 del 2003, convertito in L. n. 326 del 2003. Deve essere inoltre osservato che la normativa sul condono edilizio assume certamente carattere di specialità rispetto alle disposizioni che disciplinano la possibilità di sanatoria degli abusi edilizi in via ordinaria (del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36), sicché il divieto dì rilascio dell'autorizzazione paesaggistica in sanatoria, di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146, comma 4, come sostituito dal D.Lgs. n. 63 del 2008, art. 2, comma 1, lett. s), non si applica alle ipotesi in cui la sanatoria stessa sia prevista da una normativa speciale quale quella in materia di condono edilizio. Peraltro, va anche osservato che il predetto divieto deve ritenersi applicabile esclusivamente agli abusi commessi successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 42 del 2004.
Alla luce dei citati principi di diritto e riferimenti normativi, pertanto, il giudice dell'esecuzione, ai fini dell'accoglimento o rigetto della domanda di sospensione dell'esecuzione, deve accertare se nel caso in esame è stata presentata domanda di condono ai sensi della L. n. 724 del 1994 ovvero del D.L. n. 269 del 2003, convertito in L. n. 326 del 2003, nonché la tempestività della domanda, l'esistenza degli altri requisiti sopra precisati e, eventualmente, tramite informazioni presso le competenti autorità amministrative, le ragioni per le quali la domanda non è stata ancora accolta, al fine di verificare la possibilità di un suo accoglimento entro tempi ragionevoli.
La ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio per un nuovo esame che tenga conto dei precisati riferimenti normativi e principi di diritto.
P.Q.M.
La Corte annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per un nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 maggio 2011. Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2011