T.A.R. Campania, Sez. III n. 17 del 8 gennaio 2016
Beni Ambientali. Interventi in zona vincolata e sanzione demolitoria

In caso di interventi edilizi effettuati, in assenza di autorizzazione paesaggistica, in aree sottoposte a vincoli paesaggistici, la sanzione da immediatamente irrogare è, in ogni caso, sempre e soltanto quella demolitoria prevista dall’art. 27, comma 2, D.P.R. n. 380/2001, quale che sia il titolo urbanistico ed edilizio richiesto (D.I.A., super D.I.A., permesso di costruire, ecc.), con l’unica eccezione degli interventi ricompresi nell’ambito della manutenzione ordinaria, riconducibile alla libera attività edilizia.

N. 00017/2016 REG.PROV.COLL.

N. 04398/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4398 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
PANARIELLO RAFFAELE, rappresentato e difeso dagli Avv. ti Armando Alfieri e Nunzio Costa ed, agli effetti del presente giudizio, elettivamente domiciliato presso la Segreteria del T.A.R. Campania in Napoli, alla P. zza Municipio, n. 64;

contro

COMUNE DI TORRE DEL GRECO, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;

per l’annullamento, previa sospensione

- quanto al ricorso introduttivo:

- dell’Ordinanza R.O. n. 451 del 3.7.2009 (notificata il 4.7.2009) dell’Area 4^ - Ambiente, Territorio e Infrastrutture - Servizio Antiabusivismo Edilizio del Comune di Torre del Greco;

- di tutti gli atti premessi, connessi e/o consequenziali, ivi compreso, per quanto di ragione, il verbale di sequestro n. 374/08 del 20 ottobre 2008;

- quanto ai motivi aggiunti, notificati il 13.2.2010 e depositati il giorno 19 successivo:

- dell’Ordinanza R.O. n. 977 del 16.12.2009 (notificata il 17.12.2009) dell’Area 4^ - Ambiente, Territorio ed Infrastrutture - Servizio Antiabusivismo Edilizio di Torre del Greco;

- di tutti gli atti premessi, connessi e/o consequenziali, ivi compreso, per quanto di ragione, il verbale di cui al sopralluogo dell’1.12.2009.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti i motivi aggiunti in epigrafe;

Visti gli atti tutti della causa;

Vista l’ordinanza n. 2214 del 24 settembre 2009 di questa Sezione;

Uditi - Relatore alla Camera di Consiglio del 3 dicembre 2015 il dr. Vincenzo Cernese - i difensori delle parti come da verbale di udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso notificato il 17.7.2009 e depositato il 3.8.2009 Panariello Raffaele - proprietario di un fondo sito nel Comune di Torre del Greco al I Vico San Vito 17/d, ove svolge la propria attività di floricoltore con l’omonima azienda vivaistica estesa per una superficie complessiva si mq. 8.815,00 dei quali circa mq. 6.620,00 ricoperti con impianti serricoli, tutti autorizzati ex art. 15 L.R. n. 8 del 21.3.1995, con provvedimento del Comune di Torre del Greco prot. 54176 del 3.3.1998 - impugnava, innanzi a questo Tribunale, l’Ordinanza R.O. n. 451 del 3.7.2009, notificata il 4.7.2009, con cui il Dirigente dell’Area 4^ - Ambiente, Territorio e Infrastrutture - Servizio Antiabusivismo Edilizio del Comune di Torre del Greco, vista la Relazione prot. n. 2761/UF del 18.5.2009 redatta da tecnici del predetto Servizio a seguito di sopralluogo effettuato in sito al I° Vico S. Vito, n. 1/D - in riscontro a P.V. n. 374/2008, pervenuto in data 15.5.2009, elevato dal locale Comando di P.M. a carico di Panariello Raffaele - dalla quale evincevasi che quest’ultimo aveva effettuato lavori edili abusivi ivi descritti, ordinava ed ingiungeva a Panariello Raffaele di procedere ai sensi del 2° comma dell’art. 27, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i., “immediatamente”, dalla data di notifica dell’ordinanza, alla demolizione delle opere abusive ivi descritte ed al ripristino dello stato originario dei luoghi, avvertendo che, in caso di inottemperanza, si procederà alla demolizione delle opere indicate sopra a cura del Comune e a spese del responsabile dell’abuso.

Dopo aver premesso che, con l’intento di intraprendere una innovativa forma di coltivazione, detta “fuori terra” o “fuori suolo”, meno di un anno fa, provvedeva, in una limitatissima area dell’interno della serra, pari a circa 370 mq., a posare un massetto in calcestruzzo e ad appoggiare delle lamiere ibentate, lungo il perimetro di detta area, sui pannelli preesistenti, ma, in data 20 ottobre 2008, gli Agenti del Servizio di Polizia Municipale, recatisi sui luoghi e constatata la presenza di tali interventi, redigevano un verbale di sequestro (n. 374/08) preventivo delle aree, successivamente convalidato da parte del G.I.P. presso il Tribunale di Torre Annunziata, parte ricorrente, a sostegno del gravame deduceva, in via principale la illegittimità della impugnata ordinanza, in quanto basata su falsi presupposti di fatto, nonché sulla falsa applicazione delle norme del D.P.R. 380/2001, ed, in subordine che, a tutto concedere, le opere de quibus sarebbero soggette a Denuncia di Inizio Attività e non a Permesso di costruire.

Preso atto che, successivamente, in data 17.12.2009, relativamente allo stesso immobile, gli era notificato un ulteriore provvedimento sanzionatorio, con il quale l’intimato Comune di Torre del Greco, sulla base di non meglio precisate note informative provenienti dalla Provincia di Napoli e di un sopralluogo dell’1.12.2009 (il cui verbale non gli era stato mai consegnato), con l’Ordinanza R.O. n. 977 del 16.12.2009 dell’Area 4^ - Ambiente, Territorio ed Infrastrutture - Servizio Antiabusivismo Edilizio in epigrafe aveva ordinato ed ingiunto a Panariello Raffaele di procedere ai sensi del 2° comma dell’art. 27, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i., “immediatamente”, dalla data di notifica dell’ordinanza, alla demolizione dei presunti ulteriori abusi, consistenti nell’innalzamento della porzione di serra in questione per un’altezza al colmo pari a cm. 50,00, con il ripristino dello stato originario dei luoghi, parte ricorrente, con motivi aggiunti notificati il 13.2.2010 e depositati il giorno 19 successivo, impugnava anche siffatta ordinanza, deducendo, oltre che, per invalidità derivata, le medesime censure già fatte valere con il ricorso introduttivo, anche l’eccesso di potere per carente ed irregolare istruttoria, e la violazione del principio del contraddittorio.

L’istanza cautelare era respinta da questa Sezione con l’ordinanza in epigrafe.

L’intimato Comune non si costituiva in giudizio ed alla pubblica udienza del 3 dicembre 2015 la causa passava in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Nel merito con la prima articolata censura si deduce la falsità presupposti di fatto, nonché la falsa applicazione delle norme del D.P.R. 380/2001, in quanto l’impugnata ordinanza, pur richiamando la normativa di settore ed i vincoli caratterizzanti le zone in cui ricadrebbero gli interventi in oggetto, si limiterebbe a definire abusive le opere, senza però individuare e precisare di quale tipologia di interventi realizzati “senza titolo abilitativo” si tratterebbe e la dettagliata descrizione degli interventi effettuati non risulterebbe poi supportata da un’adeguata argomentazione normativa, al riguardo, rilevandosi che:

- il ricorrente avrebbe realizzato alcune opere finalizzate alla produzione di piante “fuori suolo” riservando a tale scopo una piccola porzione dell’impianto serricolo già esistente ed autorizzato ex art. 15, L.R. n. 8 del 21.3.1995, con provvedimento del Comune di Torre del Greco prot. 54176 del 3.3.1998 e tali opere - come si evincerebbe dalla perizia giurata allegata - si concreterebbero nella sostituzione del calpestio esistente, originariamente in terra battuta, con un massetto in calcestruzzo e nella sostituzione di alcuni pannelli, delimitanti il perimetro della porzione di serra oggetto degli interventi, con dei nuovi pannelli coibentati, peraltro semplicemente poggiati ai preesistenti, mentre l’ordinanza impugnata, del tutto erroneamente, qualificherebbe tali interventi come effettuati “senza titolo abilitativo”, riconducendoli inequivocabilmente a quelli di cui all’art. 10 del D.P.R. 380/2001 che, tra gli “interventi subordinati a permesso di costruire”, in grado di comportare una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ricomprenderebbe (tra gli altri), alla lettera a) gli “interventi di nuova costruzione” ed alla lettera c) gli “interventi di ristrutturazione edilizia”;

- dal punto di vista sanzionatorio per l’inosservanza delle disposizioni di cui all’appena citata norma, il primo comma dell’art. 33 del D.P.R. 380/2001 rubricato “Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità”, per siffatti interventi, prevederebbe la loro rimozione ovvero demolizione e gli edifici resi conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistico - edilizi entro il congruo termine stabilito dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale con propria ordinanza;

- sembrerebbe evidente che la sanzione comminata al ricorrente sarebbe quella prevista dall’appena citato primo comma dell’art. 33 D.P.R. 380/2001, ma altrettanto evidente sarebbe la falsa applicazione dell’art. 10 del medesimo Testo Unico rispetto al caso concreto, all’uopo bastando anche una superficiale disamina della casistica prevista dall’art. 10, perché si possa rilevare che gli interventi effettuati dal ricorrente non sarebbero riconducibili ad alcuna delle fattispecie ivi contemplate: infatti la semplice sostituzione del calpestio preesistente in terra battuta con un massetto in calcestruzzo e l’aggiunta di lamiere coibentate ai preesistenti pannelli in plastica, non potrebbe, di certo, ricadere nella previsione di cui alla lettera a) dell’articolo in esame, in quanto non si tratterebbe di un intervento di nuova costruzione, né tantomeno si tratterebbe di ristrutturazione urbanistica e/o edilizia, di cui alle lett. b) e c) del citato art. 33, in quanto, ai sensi della lett. d) dell’art. 3 del D.P.R., sarebbero considerati “interventi di ristrutturazione edilizia”, unicamente quelli “rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che potrebbero portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumenti di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino aumenti della destinazione d’uso (…….)”;

- infatti gli interventi, nella specie effettuati, non comporterebbero in alcun modo la sostituzione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, né vi sarebbe aumento di superficie, e soprattutto non comporterebbero aumenti della destinazione d’uso, bensì sarebbero strumentali alla destinazione di cui all’autorizzazione del Comune di Torre del Greco prot. 54176, sul punto richiamandosi sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 6464 del 2006;

- non sarebbe alcun dubbio che gli interventi effettuati, non comportando alcun aumento di volumetria o modifica della destinazione d’uso, essendo piuttosto, proprio rivolti a migliorare le condizioni in cui si svolgerebbe l’attività a cui le aree sarebbero destinate, andrebbero ricompresi nel novero degli interventi di “manutenzione ordinaria” di cui al comma I, lett. a) dell’art. 6 del D.P.R. 380/2001, come tali liberi nell’esecuzione e non necessitanti di alcun titolo abilitativo;

- il massetto cementizio poggiato, peraltro, su una superficie di modestissima entità rispetto alle dimensioni dell’azienda (370,00 mq. - e non 400,00 mq. come erroneamente riferito dall’Amministrazione - rispetto ai complessivi mq. 6.220,00 ricoperti con impianti serricoli) e di uno spessore di soli 10/15 cm. sarebbe opera evidentemente finalizzata al miglioramento delle condizioni di lavoro nell’azienda agricola ed all’incremento della produzione ed mediante la sperimentazione del sistema di coltura “fuori terra”, finalizzata a recuperare la piena produttività dell’intero impianto serricolo;

- l’altro intervento sanzionato dalla P.A. consistente nella presunta installazione di pannelli coibentati, non sarebbe in alcun modo riconducibile ad un abuso edilizio, in quanto si tratterebbe semplicemente di un’aggiunta di nuovi pannelli (mt. 20,90 sul lato nord - Vesuvio e mt. 16,65 sul lato ovest - Napoli), quale miglioramento della chiusura già esistente e regolarmente autorizzata, non implicante alcun mutamento della destinazione d’uso (anche in tal caso tratterebbesi di interventi finalizzati al miglior sfruttamento della stessa mediante la sperimentazione della c.d. coltura “fuori suolo”), né sulla volumetria della serra e che, nella specie, tratterebbesi di chiusura assolutamente legittima e già esistente, sarebbe inconfutabilmente confermato dall’autorizzazione del Comune di Torre del Greco prot. 54176 del 3.3.1998

La censura è complessivamente infondata.

Al riguardo, le opere delle quali, con l’impugnata ordinanza, ne è stato ordinato, ai sensi del 2° comma dell’art. 27 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 280 e s.m.i., di procedere “immediatamente” (dalla data di notifica dell’ordinanza stessa) alla demolizione ed al ripristino dello stato originario dei luoghi, sì come realizzate “senza titolo abilitativo”, sono così descritte nella richiamata Relazione prot. n. 2761/UF del 18.5.2009: “……...sottostante un preesistente impianto serricolo, per il quale risulta rilasciata in data 3.3.1998 dal Comune di Torre del Greco Autorizzazione per la regolarizzazione di serra con prot. n. 54176/06, senza titolo abilitativo, per una superficie di circa mq. 410,00, risulta realizzato un massetto di calpestio in calcestruzzo, di cui circa mq. 215,00 si presentano completi di rasatura, sempre in calcestruzzo. Infine, per i lati Napoli e Vesuvio del predetto impianto serricolo, risultano installati dei pannelli in lamiera coibentata, per una lunghezza complessiva di circa m. 40,00 e per un’altezza di m. 3,00”.

E’ subito da rilevare che parte ricorrente, erroneamente individuando la normativa di riferimento in base alla quale il Comune ha emanato la disposta misura demolitoria, imposta le sue censure sull’erroneo presupposto che la motivazione del provvedimento impugnato sia di carattere “urbanistico”, senza tener conto che l’impugnata ordinanza è stata emessa per una motivazione di valenza esclusivamente “paesaggistica”, ai sensi dell’art. 27, c, 2, del D.P.R. n. 380 del 2001, alla stregua del quale: << 2. Il dirigente o il responsabile, quando accerti l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Qualora si tratti di aree assoggettate alla tutela di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, o appartenenti ai beni disciplinati dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, nonché delle aree di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, il dirigente provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa (……..) >>.

Pertanto, coerentemente con la sua tesi, vanamente parte ricorrente si industria ad illustrare i motivi per i quali le opere ingiunte di demolizione con il provvedimento impugnato, non sarebbero classificabili tra gli “Interventi subordinati a permesso di costruire”, previsti dall’art. 10 del D.P.R. n. 380 del 2001, non trattandosi né di “Interventi di nuova costruzione” di cui alla lettera a), né di “interventi di ristrutturazione urbanistica” , di cui alla lettera b), né di “Interventi di ristrutturazione edilizia, di cui alla lettera c), nel tentativo di pervenire alla conclusione che le opere de quibus rientrerebbero tra gli interventi di “manutenzione ordinaria” di cui alla lettera a) dell’art. 3, D.P.R. n. 380 del 2001, rientranti nella libera attività edilizia spettante ad ogni proprietario in quanto tale.

Nella fattispecie il titolo abilitativo dalla cui mancanza, con l’impugnata ordinanza, l’Autorità urbanistica ne fa derivare l’abusività dell’opera non è di natura “urbanistica” (permesso di costruire, D.I.A., ecc.), ma essenzialmente di valenza “paesaggistica” ed, infatti, come leggesi nella medesima ordinanza impugnata “le sopra citate opere ricadono in una zona vincolata del P.R.G. come E = Agricola; la zona del P.T.P. è: P.I. = protezione integrale; Territorio Comunale con grado di sismicità S = 9; Territorio Comunale soggetto a rischio idrogeologico con piano stralcio Autorità di Bacino del Sarno”).

Ne deriva che, nell’impugnata ordinanza la locuzione “senza titolo abilitativo” è da intendere come riferita alla mancanza di autorizzazione paesaggistica, unico motivo posto a fondamento dell’ordinanza medesima, motivo che, tuttavia, parte ricorrente non risulta avere in alcun modo censurato, atteso che i suoi profili di censura sono finalizzati a criticare il provvedimento impugnato esclusivamente sotto il profilo urbanistico.

In particolare, parte ricorrente asserisce che, del tutto erroneamente, il Comune qualificherebbe tali interventi come effettuati “senza titolo abilitativo”, riconducendoli inequivocabilmente a quelli di cui all’art. 10 del D.P.R. 380/2001 che, tra gli “interventi subordinati a permesso di costruire”, in grado di comportare una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ricomprenderebbe (tra gli altri), alla lettera a) gli “interventi di nuova costruzione” ed alla lettera c) gli “interventi di ristrutturazione edilizia”, tuttavia, dopo aver preso (correttamente) atto che il Comune aveva inteso sanzionare con disposta misura demolitoria la mancanza di titolo abilitante la realizzazione dell’opera erroneamente, identifica tale titolo nel permesso di costruire o nella D.I.A., senza tener conto che, trattandosi di intervento realizzato in zona vincolata ciò che si riteneva necessario a mo’ di titolo abilitante era - quanto meno nella presente sede - era unicamente l’autorizzazione paesaggistica.

Pertanto in caso di interventi effettuati in aree sottoposte a vincoli paesaggistici l’ordinamento (sempre, ovviamente, sul presupposto dell’assenza di autorizzazione paesaggistica) pone l’accento sulla sanzione da immediatamente irrogare che, è in ogni caso, sempre e soltanto quella demolitoria prevista dall’art. 27, quale che sia il titolo urbanistico ed edilizio richiesto (D.I.A., super D.I.A., permesso di costruire, ecc.) per rendere attuabile l’intervento, ed unico modo per ovviare alla - altrimenti inevitabile - eliminazione delle opere sarebbe - unicamente quello di ritenere - come fa il ricorrente - l’intervento ricompreso nell’ambito della manutenzione ordinaria, riconducibile alla libera attività edilizia, ma, nel caso di specie, tale evenienza è senz’altro da escludere.

Tale situazione è plasticamente descritta dalla giurisprudenza rilevandosi che: << A prescindere dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l'intervento edilizio in zona vincolata (DIA o permesso di costruire), ciò che rileva è il fatto che lo stesso è stato posto in essere in assoluta carenza di titolo abilitativo e, pertanto, ai sensi dell'art. 27 comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 deve essere sanzionato. Detto articolo riconosce, infatti, all'Amministrazione Comunale un generale potere di vigilanza e controllo su tutta l'attività urbanistica ed edilizia, imponendo l'adozione di provvedimenti di demolizione in presenza di opere realizzate in zone vincolate in assenza dei relativi titoli abilitativi, al fine di ripristinare la legalità violata dall'intervento edilizio non autorizzato. Ciò mediante l'esercizio di un potere - dovere del tutto privo di margini di discrezionalità in quanto rivolto solo a reprimere gli abusi accertati, da esercitare anche in ipotesi di opere assentibili con DIA, prive di autorizzazione paesaggistica >> (T.A.R. Napoli sez. VI, 26/03/2015, n. 1815); << L'art. 27, d.P.R. n. 380 del 2001 sanziona con la demolizione la realizzazione senza titolo di nuove opere in zone vincolate e siffatta misura resta applicabile sia che venga accertato l'inizio che l'avvenuta esecuzione di interventi abusivi e non vede la sua efficacia limitata alle sole zone di inedificabilità assoluta >> (T.A.R. Napoli, sez. VI, 22/10/2015, n. 4931 >>; ed, ancora: << L'art. 27, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 riconosce all'Amministrazione Comunale un generale potere di vigilanza e controllo su tutta l'attività urbanistica ed edilizia, imponendo l'adozione di provvedimenti di demolizione in presenza di opere realizzate in zone vincolate in assenza dei relativi titoli abilitativi, al fine di ripristinare la legalità violata dall'intervento edilizio non autorizzato. E ciò mediante l'esercizio di un potere - dovere del tutto privo di margini di discrezionalità in quanto rivolto solo a reprimere gli abusi accertati, da esercitare anche in ipotesi di opere assentibili con DIA, prive di autorizzazione paesaggistica >> T.A.R. Napoli, sez. VI, 17/09/2015, n. 4561); << L'art. 27, d.P.R. n. 380 del 2001, in presenza di manufatti realizzati in zona sottoposta a vincolo, rende doverosa la demolizione d'ufficio di tutti gli interventi realizzati sine titulo e non solamente degli interventi realizzati senza permesso di costruire >> (T.A.R. Napoli sez. VI, 17/09/2015, n. 4561); << L'art. 27, d.P.R. n. 380 del 2001, in presenza di manufatti realizzati in zona sottoposta a vincolo, rende doverosa la demolizione d'ufficio di tutti gli interventi realizzati sine titulo e non solo degli interventi realizzati senza permesso di costruire. Non vi è affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo non sana >> (T.A.R. Napoli sez. VI, 26/03/2015, n. 1815); << In presenza di aumenti volumetrici in zona vincolata, l'ordinanza di demolizione ai sensi dell'art. 27 d.P.R. n. 380 del 2001 è da ritenersi provvedimento doveroso e rigidamente vincolato >> (T.A.R. Napoli sez. VI, 10/02/2015, n. 980).

In sede cautelare il ricorso è stato ritenuto, prima facie, sfornito del predetto fumus, in considerazione anche dei precedenti giurisprudenziali di questo Tribunale circa la necessità di titolo abilitativo per la realizzazione di opere analoghe a quelle oggetto del provvedimento impugnato (cfr. T.A.R. Napoli, VII sez., n. 2084 del 21.4.2009) ed in questa sede, propriamente merituale, il Collegio, nel ribadire quanto già rilevato, si riporta ad ulteriore analoga giurisprudenza con l’avvertenza che le sentenze che vengono richiamate si riferiscono ad opere analoghe (realizzazione di una piattaforma in calcestruzzo su di un’area di terreno ed installazione di pannelli coibentati) a quelle per cui è causa, per le quali la sanzione demolitoria risulta irrogata a motivo dalla mancanza di permesso di costruire non essendo - in quei casi - implicati motivazioni di natura paesaggistica,

Ma il richiamo è funzionale anche alla presente fattispecie sia per comprovare che le opere in discussione non rientrano certo tra gli interventi di manutenzione ordinaria, sia per la considerazione che, se il contestato intervento necessita di permesso di costruire, qualora essa sia stato effettuato su area vincolata, necessiterà anche dell’autorizzazione paesaggistica, fermo restando che - almeno con riferimento al presente contenzioso - il titolo abilitante la cui mancanza legittima il provvedimento impugnato resta l’autorizzazione paesaggistica.

Ciò precisato, si passa alla disamina della ricca casistica giurisprudenziale pertinente alla materia de qua: << In materia edilizia, la realizzazione di una piattaforma in calcestruzzo rientra tra le opere da qualificare come attività di trasformazione urbanistica ed edilizia per le quali necessita la concessione edilizia >> (T.A.R. Palermo sez. II, 21/02/2012, n. 416); << La realizzazione di una piattaforma in cemento e della relativa copertura metallica, in considerazione dello stabile collegamento al suolo abbisogna del previo rilascio della concessione edilizia, in quanto rientrano nella nozione giuridica di costruzione, soggetta a tale concessione, tutti quei manufatti che, non necessariamente infissi al suolo e pur semplicemente aderenti a quest'ultimo, alterino lo stato dei luoghi in modo definitivo e rilevante e non meramente occasionale >>. (T.A.R. Roma, sez. II, 03/07/2007, n. 5968); << Occorre la concessione edilizia non soltanto per le attività di edificazione in senso stretto, ma anche per ogni attività di trasformazione urbanistica ed edilizia, pur in assenza di opere in muratura, come per l'ipotesi di realizzazione di una piattaforma di calcestruzzo da adibire a sosta autovetture, su terreno agricolo >> (T.A.R. Napoli sez. VI, 18/02/2005, n. 1181); << La realizzazione di una piattaforma in cemento e della relativa copertura metallica, in considerazione dello stabile collegamento al suolo abbisogna del previo rilascio della concessione edilizia, in quanto rientrano nella nozione giuridica di costruzione, soggetta a tale concessione, tutti quei manufatti che, non necessariamente infissi al suolo e pur semplicemente aderenti a quest'ultimo, alterino lo stato dei luoghi in modo definitivo e rilevante e non meramente occasionale >> (Consiglio di Stato sez. V, 17/03/2001, n. 1597); << Rientrano nella nozione giuridica di costruzione, per la quale occorre la concessione edilizia, tutti quei manufatti che, non necessariamente infissi al suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale (nella specie è stata ritenuta necessaria la concessione edilizia per la realizzazione di una piattaforma in cemento, con superficie di circa 80 mq., ancorata all'arenile su blocchi pure in cemento) >> (Consiglio di Stato sez. V, 20/06/1987, n. 397); << Gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di cui all'art. 31, lett. a) e b), l. 5 agosto 1978 n. 457, s'inquadrano tra gli interventi tesi al recupero del patrimonio edilizio esistente e non si attagliano all'ipotesi di interventi su una nuda area trasformata mediante livellamento, recinzione e realizzazione di una piattaforma in cemento per le esigenze dell'esposizione e vendita di beni >> (T.A.R. Lazio, sez. II, 20/09/1986, n. 1861).

Inoltre il precedente dal T.A.R. Sicilia, sez. I, n. 496/2001 richiamato dal ricorrente non si attaglia alla fattispecie in esame atteso che quel caso, in relazione al quale non si era ritenuto necessario alcun titolo abilitativo, ineriva alla pavimentazione in terra battuta di una superficie avente come destinazione urbanistica il parcheggio di autoveicoli, sostituita con un massetto in calcestruzzo, per renderla maggiormente idonea all’uso, senza alcun mutamento di destinazione, mentre nella fattispecie in esame, si è trattato di reprimere l’abuso conseguente alla realizzazione di opere (non certo di manutenzione ordinaria) in area vincolata, in assenza di autorizzazione paesaggistica.

Ne deriva l’infondatezza della censura.

Analogamente infondata e per le medesime motivazioni sopra esposte si rivela anche la seconda censura con cui, sia pure in subordine, si deduce che, quand’anche le opere fossero da considerare abusive, il provvedimento impugnato sarebbe in ogni caso illegittimo nella sanzione che comminerebbe (demolizione e riduzione in pristino) in quanto, essendo stato dimostrato con la precedente censura che le opere realizzate, in nessun caso potrebbero rientrare in alcuna delle fattispecie per le quali l’art. 10 del D.P.R. 380/2001 prescriverebbe la necessità di previo ottenimento del permesso a costruire, le opere stesse, a tutto voler concedere, sarebbero soggette a D.I.A., secondo la casistica dell’art. 22 in mancanza della quale la sanzione non sarebbe quella di cui all’art. 31 e, cioè, il loro abbattimento delle opere, come erroneamente comminata dall’Amministrazione, ma solo quella pecuniaria, di cui al successivo art. 37 (“Interventi eseguiti in assenza o in difformità della denuncia di inizio attività e accertamento di conformità”).

Resta da aggiungere soltanto che, ancora una volta, parte ricorrente incorre nell’errore di ritenere che il titolo abilitativo dalla cui mancanza è scaturita l’impugnata ordinanza di demolizione sia contemplato dalla normativa urbanistica ed edilizia (stavolta non sotto forma di permesso di costruire, ma di D.I.A.), piuttosto che - come appare univocamente dal richiamo all’art. 27, co. 2, D.P.R. 380 del 2001 - dalla normativa paesaggistica, senza tuttavia che, sotto tale decisivo profilo, risulti sollevata alcuna censura.

In definitiva il ricorso introduttivo è infondato e va dunque respinto.

Con i motivi aggiunti in epigrafe parte ricorrente ha, invece, impugnata l’Ordinanza R.O. n. 977 del 16.12.2009 in epigrafe con cui il Coordinatore dell’Area 4^ - Ambiente, Territorio ed Infrastrutture - Servizio Antiabusivismo Edilizio con cui, richiamata la precedente Ordinanza dell’Ordinanza R.O. n. 451 del 3.7.2009 e la Relazione prot. n. 2971/1/Uff. dell’1.12.2009 redatta da tecnici del Servizio Antiabusivismo Edilizio a seguito di sopralluogo effettuato in sito, dal quale si evinceva che il Panariello aveva realizzato opere edilizie abusive così descritte: “nella parte Nord della serra regolarizzato sotto la lettera “B” e precisamente per mq. 410,00, l’innalzamento dell’impianto serricolo di un’altezza di mt. 1,30 sui laterali e di mt. 0,50 al colmo della stessa”, gli aveva ordinato ed ingiunto di procedere, ai sensi del 2° comma dell’art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001 e s.m.i. “immediatamente”, dalla data di notifica dell’ordinanza alla rimozione delle opera abusive sopra descritte ed al ripristino dello stato originario dei luoghi, deducendo, oltre che, per invalidità derivata, le medesime censure già fatte valere con il ricorso introduttivo - e già sopra ritenute infondate - anche la ulteriore censura di carente ed irregolare istruttoria, al riguardo, rilevando che:

- l’ordinanza impugnata farebbe riferimento ad un presunto sopralluogo effettuato in data 1.12.2009 della cui esistenza ne sarebbe venuto a conoscenza solo oggi, atteso che a tale sopralluogo (evidentemente tenutosi nella sua proprietà), egli non avrebbe mai partecipato, né avuta copia del verbale, mentre sarebbe nel pieno diritto del destinatario del provvedimento non solo partecipare all’istruttoria tecnica, ma anche contribuire alla sua formazione;

- al di là, quindi, delle presunte risultanze di tale sopralluogo, al ricorrente sarebbe stato, di fatto, inibito di partecipare a tale fase del procedimento, la quale avrebbe rilevato la presenza di ulteriori e presunti abusi, non fatti oggetto di contestazione negli atti precedenti - impugnati con ricorso principale - e, quindi, mai fatti oggetto di un seppur minimo contraddittorio;

- l’illegittimità della mancata comunicazione e partecipazione al procedimento de quo emergerebbe viepiù ove la contestazione del presunto abuso fosse comparata a quella oggetto del ricorso principale, laddove, nella fattispecie precedente, con il verbale di sopralluogo, sia gli sarebbe stato consentito di avere precisa contezza delle presunte opere abusive contestategli, sia sarebbe stato disposto un sequestro di tali opere che (seppur illegittimo), gli avrebbe comunque consentito una seppur minima interazione con l’amministrazione procedente, di contro, nel caso di specie, non vi sarebbe stata alcuna preliminare contestazione degli ulteriori abusi presuntivamente rilevati con alcuna possibilità, quindi, per il ricorrente di partecipare all’attività decisionale della P.A., tenuto anche conto dell’assoluta gravità della sanzione inflitta (demolizione immediata);

- tali circostanze si concreterebbero in un palese eccesso di potere in cui sarebbe incorsa l’amministrazione, la quale nell’ordinare l’immediata riduzione in pristino delle opere, avrebbe, alla luce dell’assoluta carenza di qualsivoglia atto presupposto del quale il ricorrente avrebbe potuto avere contezza, di fatto, inibito la facoltà di quest’ultimo di poter partecipare all’istruttoria;

- l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione del principio del contraddittorio si evidenzierebbero anche alla luce della circostanza che, del tutto ragionevolmente e di certo più opportunamente, l’Amministrazione avrebbe potuto (rectius: dovuto), previamente diffidare il ricorrente a sospendere le attività e successivamente ordinare la riduzione in pristino, alla luce di quanto previsto al comma 3 dell’art. 27, T.U. n. 380/2001, e (considerata la mancata comunicazione di avvio del procedimento), neppure surrogata dal rilascio di un verbale di sopralluogo tenutosi in data 1.12.2009;

- i vizi sopra lamentati assumerebbero rilievo pregnante anche avuto riguardo all’assoluta modestia (forse irrilevanza) dell’intervento contestatogli, atteso che, dallo stralcio del rilievo aerofotogrammetrico allegato alla perizia giurata depositata con il ricorso principale, l’immobile de quo consisterebbe in una serra estremamente estesa, una cui minima porzione sarebbe stata innalzata di soli 50 cm. (la serra avrebbe una superficie complessiva di. 6.220 mq., mentre la minima frazione - innalzata, appunto di soli 50 cm. - sarebbe pari a soli 370 mq.), al punto che, avuto riguardo alla volumetria complessiva, il presunto abuso contestato si evidenzierebbe, senza neanche la necessità di alcun supporto tecnico, quale una infima difformità tra l’assentito ed il realizzato, che ben potrebbe rientrare, ai sensi della normativa di settore vigente anche nel territorio comunale, nei limiti di una certa tollerabilità;

- anche alla luce di tali argomentazioni, pertanto, si evidenzierebbe l’assoluta mancanza di ragionevolezza nell’applicazione dell’art. 27 del T.U. 380/2001, in quanto, posto il potere della P.A. di provvedere all’emissione dell’ordine di immediata riduzione in pristino, data la lievità dell’intervento (e tenendo presente quanto dedotto al punto precedente circa la carenza di istruttoria), il Comune di Torre del Greco avrebbe comminato una sanzione assolutamente sproporzionata rispetto all’entità dell’intervento posto in essere.

La prospettazione di parte ricorrente non merita condivisione.

Relativamente alla mancata sua presenza, in qualità del proprietario all’atto del sopralluogo è da tener presente che l’effettuazione di un sopralluogo è finalizzata ad acquisire cognizione dello stato dei luoghi e consiste in attività materiali di osservazione, descrizione e misurazione dei luoghi. Tale attività ha carattere meramente ricognitivo e non presuppone l'instaurazione di un contraddittorio. Essa non influisce in alcun modo sulla partecipazione procedimentale del soggetto interessato, data la possibilità di accedere agli atti e di contestare eventuali discordanze tra lo stato dei luoghi quale rappresentato e quello definitivo (Cfr. T.A.R. Catanzaro sez. I, 13/11/2013, n. 997).

Inoltre in materia di edilizia ed urbanistica, è sufficientemente motivato il provvedimento che, a fronte di un abuso edilizio, ne ordina la demolizione con il mero richiamo al verbale di sopralluogo dei tecnici comunali dato che, il provvedimento sanzionatorio in materia edilizia ha natura del tutto vincolata giacché è conseguente ad un accertamento tecnico della consistenza delle opere abusive realizzate; inoltre - appena è il caso di rilevarlo - il verbale redatto e sottoscritto dagli agenti e dai tecnici del Comune a seguito di sopralluogo, attestante l'esistenza di manufatti abusivi, costituisce atto pubblico, fidefaciente fino a querela di falso, ai sensi dell'art. 2700 c.c., delle circostanze di fatto in esse accertate sia relativamente allo stato di fatto e sia rispetto allo "status quo ante" (Cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 14/02/2012, n. 703, T.A.R. Napoli sez. IV, 14/11/2011, n. 5322; T.A.R. Napoli sez. IV, 04/08/2011, n. 4207).

Quanto alla omessa comunicazione dell’aggio del procedimento, giurisprudenza del tutto prevalente e condivisa rileva che: << L’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario dare notizia dell’avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto >> (T.A.R. Campania Sez. VII, 5.12.2014, n. 6383); ed, ancora: << Gli atti di repressione degli abusi edilizi hanno natura urgente e strettamente vincolata (essendo dovuti in assenza di titolo per l’avvenuta trasformazione del territorio), con la conseguenza che, ai fini della loro adozione, non sono richiesti apporti partecipativi del soggetto destinatario e quindi non devono essere necessariamente preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento >> (T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 15.1.2015, n. 233); << L’adozione di provvedimenti repressivi di abusi edilizi non deve essere preceduta dall’avviso di avvio del procedimento, trattandosi di provvedimenti tipici e vincolati, emessi all’esito di un mero accertamento tecnico della consistenza delle opere realizzate e del carattere abusivo delle medesime >> (T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 30.12.2014, n. 13335); << L’ordine di demolizione in quanto atto dovuto e dal contenuto rigidamente vincolato, presupponente un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere non assentito delle medesime, non richiede la previa comunicazione di avvio del procedimento e la partecipazione procedimentale degli interessati >> (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 9.12.2014, n. 6425).

Alla stregua della riferita giurisprudenza, non essendo prescritta la comunicazione di avvio dei procedimento di irrogazione di sanzioni per abusi edilizi, in ragione della natura vincolata della relativa attività repressiva, nel caso di specie, l’intimato Comune resistente non aveva alcun obbligo di inviare la predetta comunicazione al destinatario del provvedimento.

Parte ricorrente, in assenza di comunicazione e partecipazione al procedimento, invoca, quanto meno, l’applicazione della disposizione di cui all’art. 27, co. 3, L. n. 241 del 1990, alla stregua del quale << 3. Ferma rimanendo l'ipotesi prevista dal precedente comma 2, qualora sia constatata, dai competenti uffici comunali d'ufficio o su denuncia dei cittadini, l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità di cui al comma 1, il dirigente o il responsabile dell'ufficio, ordina l'immediata sospensione dei lavori, che ha effetto fino all'adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi articoli, da adottare e notificare entro quarantacinque giorni dall'ordine di sospensione dei lavori. Entro i successivi quindici giorni dalla notifica il dirigente o il responsabile dell’ufficio, su ordinanza del sindaco, può procedere al sequestro del cantiere >>.

Tuttavia, nel caso di specie, alcun spazio v’era per farsi luogo alla previsione di cui al suddetto terzo comma, atteso che, allorquando in data 1.12.2009 i tecnici del Servizio Antiabusivismo Edilizio a seguito di sopralluogo, rinvenivano per la prima volta gli ulteriori abusi in sito, le opere erano già state ultimate.

Infine appena il tentativo di parte ricorrente teso a minimizzare o, addirittura a “banalizzare”, la portata degli ulteriori abusi commessi è destinato a cadere a fronte della intensificazione degli abusi già da lui commessi e sanzionati, atteso che, con l’innalzamento dell’impianto serricolo (sulla cui superficie era stato posizionato il massetto in calcestruzzo, di un’altezza di mt. 1,30 sui laterali e di mt. 0,50 al colmo della stessa”), la “nuova opera” - contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente - ha finito in ogni caso con lo giovarsi anche di un sensibile ampliamento anche sotto il profilo volumetrico.

Né opere di siffatto impatto sul territorio potrebbero giustificarsi considerandole come una semplice miglioria apportata all’area medesima per renderla maggiormente idonea all’uso cui è destinata, al fine di recuperare la piena produttività dell’intero impianto serricolo, adombrando in tal modo un concetto di abuso di necessità che, però, non trova alcun spazio nel nostro ordinamento che, nella materia urbanistica ed edilizia appresta un meccanismo di tutela “oggettivo” che, prescinde, cioè, dai motivi particolari per i quali è stato commesso l’abuso, dovendosi apprestare un sistema repressivo e sanzionatorio a presidio di beni e valori di assoluto rilievo primario assolutamente inderogabili.

In definitiva, preso atto della doverosità e della proporzionalità della sanzione irrogata, coerentemente con la violazione accertata, anche i motivi aggiunti sono infondati e devono respingersi.

Nessuna pronuncia deve rendere il Collegio sulle spese, non risultando l’intimato Comune costituito in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso (n. 4398/2009 R.G.), come proposto anche attraverso motivi aggiunti, da Panariello Raffaele, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

Fabio Donadono, Presidente

Vincenzo Cernese, Consigliere, Estensore

Giuseppe Esposito, Consigliere

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/01/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)