TAR Campania (SA) Sez. II n. 588 del 23 marzo 2017
Beni ambientali. Richiesta di nulla osta e silenzio assenso

Il silenzio-assenso, previsto dall’art. 13, 1º e 4º comma, l. 394/91, sulle richieste di nulla osta agli Enti gestori dei parchi, non sia stato implicitamente abrogato dal d.l. 35/05

Pubblicato il 23/03/2017

N. 00588/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00493/2015 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 493 del 2015, proposto da:
Comune di Corleto Monforte, in persona del Sindaco in carica pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Marcello Fortunato, con domicilio eletto in Salerno, alla via SS. Martiri Salernitani, n. 31;

contro

Ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Salerno, al corso Vittorio Emanuele n. 58;

per l'annullamento

a) del provvedimento di cui alla nota prot. n. 17698/14, successivamente comunicato, con il quale il Direttore dell'Ente Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni ha espresso il nulla osta all'intervento di taglio delle particelle forestali n. 54 e 55 del P.A.F. imponendo una serie di prescrizioni;

b) di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e consequenziali


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2016 il dott. Giovanni Grasso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con ricorso notificato nei tempi e nelle forme di rito, il Comune di Corleto Monforte, come in atti rappresentato e difeso, premetteva che, avendo interesse al taglio delle particelle 54 e 55 del vigente Piano di assestamento forestale (P.A.F.), aveva a suo tempo depositato apposita istanza all'Ente Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni ai fini dell'acquisizione del relativo parere.

Aggiungeva che, nel termine di sessanta giorni di cui all'art. 13, comma 1 della L. n. 394/1991, l'Ente non aveva adottato alcun provvedimento: di tal che avrebbe dovuto ritenersi che, in data 09.11.2014, l’auspicato nulla osta dovesse intendersi rilasciato.

Precisava, del resto, che, sulla base di tale ritenuto presupposto, aveva proceduto alla consequenziale attivazione delle procedure di taglio.

Lamentava, peraltro, che, del tutto inopinatamente, in data 18.12.2014 (segnatamente, dopo cento giorni dal deposito dell'istanza e trentanove giorni dalla ritenuta formazione dell’assenso per silentium) l'Ente Parco aveva dato comunicazione della determinazione, meglio distinta in epigrafe, con la quale esprimeva bensì il proprio nulla osta all'intervento di taglio delle ridette particelle, imponendo tuttavia una serie di prescrizioni tali da rendere, in tesi, di fatto inattuabile il programmato taglio.

Sulle esposte premesse, impugnava il parere epigrafato, lamentandone l’illegittimità sotto plurimo profilo.

2.- Nella resistenza dell’Ente intimato, alla pubblica udienza del 9 novembre 2016, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- Il ricorso è fondato e merita di essere accolto.

Assume, a tal fine, carattere pregiudiziale ed assorbente la doglianza, formalizzata in principalità, con la quale il Comune assume violato l’art. 13 della l. n. 394/1991, nella parte in cui avrebbe scolpito una fattispecie di silenzio – assenso, a fronte della quale il provvedimento impugnato sarebbe stato, di conserva, assunto in assenza del relativo potere.

2.- La questione – che, come è noto, ha dato vita ad un accesso dibattito giurisprudenziale – risulta, da ultimo, composta, dopo la rimessione operata, ex art. 99 c.p.a., da Cons. Stato, sez. III, 17 febbraio 2016, n. 642, da Cons. Stato, ad. plen., 27 febbraio 2016, n. 17, che ha ritenuto operante, in subiecta materia, una ipotesi di silenzio con valore di tacito assenso.

Vale, invero, rammentare come la richiamata adunanza plenaria abbia risolto il contrasto insorto in merito all’abrogazione dell’ipotesi di silenzio-assenso prevista dall’art. 13, 1° comma, l. 6 dicembre 1991 n. 394 (legge quadro sulle aree protette), in seguito alla sostituzione del testo dell’art. 20 l. 7 agosto 1990 n. 241, ad opera dell’art. 3 d. l. 14 marzo 2005 n. 35 (convertito, con modificazioni, in l. 14 maggio 2005 n. 80).

L’art. 13 cit. stabilisce, invero, che per la realizzazione di interventi nei parchi nazionali il rilascio dei provvedimenti autorizzatori o concessori debba essere preceduto da un nulla osta dell’Ente gestore del parco; nel 1° comma, prevede che, sulla richiesta di nulla osta, tale Ente debba pronunciarsi entro sessanta giorni, decorsi i quali si forma il silenzio-assenso.

Questa disciplina, dettata dalla legge quadro per i parchi nazionali, era stata espressamente richiamata anche da varie regioni per i rispettivi parchi regionali (ai fini della pronuncia dell’adunanza plenaria assumeva rilievo l’art. 28 l. reg. Lazio 6 ottobre 1997 n. 29); una giurisprudenza di merito aveva sostenuto che, comunque, essa si doveva applicare ai procedimenti per interventi nei parchi regionali anche in mancanza di richiami espressi (cfr. Tar Lombardia, sez. II, 24 febbraio 2015, n. 543, con riferimento specifico ai parchi regionali istituiti nella Lombardia in base alla l. reg. 30 novembre 1983 n. 86).

Il dubbio sulla vigenza della previsione di silenzio-assenso contemplata dall’art. 13 l. 394/91 era, peraltro, legato particolarmente alle innovazioni introdotte dall’art. 3 d.l. 35/05. Tale disposizione ha sostituito il testo dell’art. 20 l. 241/90, attribuendo, come è noto, portata generale all’istituto del silenzio-assenso nei procedimenti su istanza di parte (cfr. il nuovo testo dell’art. 20, 1° comma); ha stabilito, però, che la nuova disciplina non trovi applicazione «agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente . ..» (cfr. il nuovo testo dell’art. 20, 3° comma).

In questo modo era sorto il dubbio che l’esclusione, proprio perché sancita in una disposizione di portata generale, valesse anche per le disposizioni precedenti sul silenzio-assenso.

Orbene, la richiamata adunanza plenaria, dopo un’ampia ricognizione della disciplina nazionale sui parchi e del riparto di competenza fra Stato e regioni per la tutela dell’ambiente, richiama, anzitutto, la giurisprudenza costituzionale che, con riferimento a disposizioni regionali, ha dichiarato l’illegittimità delle disposizioni regionali introduttive di nuove ipotesi di silenzio-assenso in materia ambientale, perché in questo modo risultava ridotta la protezione del bene ambientale (cfr. Corte cost. 16 luglio 2014, n. 209; Id. 4 dicembre 2009, n. 315; Id., 17 dicembre 1997, n. 404; Id.; 12 febbraio 1996, n. 26; Id., 27 aprile 1993, n. 194; Id., 13 novembre 1992, n. 437; Id., 1° luglio 1992, n. 306; Id., 10 marzo 1988, n. 302). In particolare, la Corte costituzionale, prima della riforma del 2005, aveva dichiarato illegittime le disposizioni regionali che avevano introdotto il silenzio-assenso rispetto all’approvazione di programma integrato di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale, in variante allo strumento urbanistico generale, lamentando l’utilizzo, da parte del legislatore regionale, del silenzio-assenso in un procedimento complesso ad elevata discrezionalità (Corte cost. 12 febbraio 1996, n. 26, cit.; Id., 27 luglio 1995, n. 408).

Da questa giurisprudenza costituzionale l’adunanza plenaria ricava, tuttavia, non l’impraticabilità del silenzio-assenso nella materia ambientale (come invece era stato prospettato anche da una parte della dottrina, ma (solo) il principio per cui spettano allo Stato «le determinazioni rispondenti ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio regionale». Di conseguenza, si deve escludere anche una generale inconciliabilità dell’istituto del silenzio-assenso con la tutela degli interessi ambientali.

Del resto, merita soggiungere in proposito che l’introduzione del silenzio-assenso non opera sopprimendo il potere dell’amministrazione di provvedere (come invece si riscontra per la d.i.a. o per la s.c.i.a.), ma ponendo un rimedio all’inerzia di un’Amministrazione che non ha provveduto nel termine stabilito dalla legge.

Una volta esclusa la generale inconciliabilità del silenzio-assenso con la tutela degli interessi ambientali, l’adunanza plenaria rileva, poi, che le modifiche apportate dal d.l. 35/05 all’art. 20 l. 241/90, nel quadro di una manovra diretta ad assegnare portata generale all’istituto del silenzio-assenso, non hanno comportato l’abrogazione di previsioni precedenti di silenzio-assenso. E ciò in quanto, altrimenti, a una disposizione legislativa diretta ad estendere la portata dell’istituto sarebbe stato assegnato l’effetto contrario, e non voluto, di abrogare previsioni precedenti di silenzio-assenso.

Del resto, vale comunque considerare – al di là della sua rilevanza del caso di specie – che l’art. 3 l. 7 agosto 2015 n. 124, sul c.d. silenzio-assenso nei rapporti fra amministrazioni, ha introdotto in via generale il silenzio-assenso nei rapporti fra amministrazioni in un procedimento amministrativo (ina una situazione in cui, in via di principio, non è improprio ricondurre anche il nulla-osta degli enti gestori dei parchi rispetto al rilascio di autorizzazioni o concessioni da parte di altre amministrazioni, ai sensi dell’art. 13 cit..: e da tale disciplina non sono stati sottratti i procedimenti relativi alla tutela ambientale o paesaggistica.

Deve, perciò, ritenersi che il silenzio-assenso, previsto dall’art. 13, 1º e 4º comma, l. 394/91, sulle richieste di nulla osta agli Enti gestori dei parchi, non sia stato implicitamente abrogato dal d.l. 35/05 cit.: con il che, una volta acclarato che il relativo termine era, nel caso di specie, decorso, la tardiva determinazione assunta dall’Ente deve ritenersi per ciò solo illegittima.

2.- Trattandosi di profilo assorbente, il ricorso deve essere senz’altro accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Resta, naturalmente, impregiudicata – alla luce dei principi generali operanti in subiecta materia – la possibilità, ricorrendone i presupposti, di attivare determinazioni revisionali in autotutela.

Le incertezze giurisprudenziali in materia, emergenti dalle considerazioni che precedono, giustificano l’integrale compensazione di spese e competenze di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente

Giovanni Grasso, Consigliere, Estensore

Rita Luce, Primo Referendario

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Giovanni Grasso        Francesco Riccio