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Cass. Sez. III sent. 20499 del 1 giugno 2005 (p.u. 14 aprile 2005)
Pres. Papadia Est. Amoroso Ric. Colli

Rifiuti - Nozione di rifiuto ed interpretazione autentica alla luce della normativa e della giurisprudenza comunitaria

Tenuto conto della giurisprudenza comunitaria, anche per la normativa nazionale deve accedersi , quanto all'ipotesi dei residui di produzione, ad una interpretazione della fattispecie derogatoria di cui al secondo comma dell'articolo 14 D.L. 138-2002, orientata dall'esigenza di conformità alla normativa comunitaria, disattendendosi all'opposto una (pur plausibile) interpretazione estensiva di "beni o sostanze e materiali residuali di produzione" quale rifiuto solo eventualmente riutilizzabile previa trasformazione, perché una tale lettura della norma comporterebbe un contrasto con la normativa comunitaria, chiaramente evidenziato dalla più recente pronuncia della Corte di Giustizia

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Svolgimento del processo

Con la decisione indicata in premessa, la Corte di Appello di Lecce confermava integralmente la sentenza 5/11/2003 del Tribunale di Brindisi, in composizione monocratica, con la quale Argentieri Narduccio era stato condannato alla pena - condizionalmente sospesa - di mesi 4 di arresto ed € 2.000,00 di ammenda in ordine al reato di cui all'art. 51, comma 3, D.L.vo n. 22/1997, accertato il 27/5/200, "per aver realizzato e comunque gestito una discarica di veicoli a motore in assenza di autorizzazione".

Avverso detta decisione propone ricorso l’imputato, deducendo violazione dell' art. 51 D.L.vo n. 22/1997 in relazione all'art. 606 lett. e) c.p.p., nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione, giacché, svolgendo egli attività di meccanico, utilizzava i veicoli fuori uso trovati sull'area in questione per recuperare pezzi di ricambio, per cui essi non potevano ritenersi rifiuti, donde l’insussistenza dell'elemento materiale del contestato reato.

Subordinatamente il ricorrente evidenzia che neppure risulta provato il degrado dello stato dei luoghi, per effetto della presenza degli autoveicoli de quibus, che rappresenta una delle condizioni richieste per la configurabilità della contravvenzione prevista dal terzo comma del menzionato art. 51. Pertanto, anziché discarica abusiva, potrebbe al più ravvisarsi il reato - meno grave - di cui al primo comma dell'art. 51 (raccolta e smaltimento di rifiuti speciali prodotti da terzi), che in genere viene contestato in casi analoghi. Infine l’Argentieri eccepisce l’avvenuta prescrizione del reato, essendo stata sequestrata l’area in questione il 27/5/2000.

All'odierna udienza dibattimentale, il P.G. conclude come riportato in premessa.

Il ricorso è infondato.

Preliminarmente deve rilevarsi che il reato non è prescritto, pur decorrendo il termine di cui agli artt. 157-160 c.p. dalla data di sequestro dell' area (27/5/2000), come ritenuto dal ricorrente; invero il termine di quattro anni e mezzo è rimasto sospeso (alla luce della nota sentenza SS.UU. 28/11/2001, Cremonese) per complessivi mesi 7 e giorni 26 (dal 12/4 al 7/6/2002, dal 18/9 al 5/11/2002, dal 24/6 al 5/11/2003) per rinvii del dibattimento chiesti dalla difesa, per cui il termine prescrizionale maturerà solo il 23/7/2005.

Nel merito l’imputato contesta, in primo luogo, che i veicoli in questione fossero qualificabili "rifiuti" ai sensi della vigente disciplina. Il rilievo è infondato.

Detta circostanza, invero, va accertata alla luce del disposto dell'art. 6, comma 1 lett. a), D.L.vo n. 22/1997, stabilendo dapprima se i veicoli fuori uso rientrino nell'elenco CER (e vi rientrassero all'epoca dei fatti) ed indi se di quelli in questione il detentore si fosse disfatto, avesse deciso o avesse l’obbligo di farlo.

Ebbene, per quanto concerne il primo aspetto, nel nuovo CER i veicoli fuori uso figurano alla voce 16 01 04 come rifiuti pericolosi e sono stati oggetto, in sede comunitaria, di una decisione ad hoc (dec. 27/1/2001, n. 119/2001/CE); nel previgente elenco CER erano annoverati tra i rifiuti speciali (cod. 16 01 00), coerentemente con la disposizione dell' art. 7, comma 3 lett. 1), del decreto Ronchi. Pertanto sussiste la prima condizione.

L' altra condizione è affatto pacifica: i proprietari, oltre ad avere l’obbligo giuridico di disfarsene ex art. 46 D.L.vo n. 22/1997, si erano in concreto disfatti di tali rifiuti, come si evince incontrovertibilmente dalle condizioni in cui essi sono stati rinvenuti (privi di targhe, ridotti a carcasse, smembrati, ecc.) e dalle stesse asserzioni dell'imputato, che intendeva usare i detti veicoli per recuperare pezzi di ricambio da utilizzare nella sua attività di meccanico.

Quindi i mezzi in questione dovevano considerarsi "rifiuti speciali" prodotti da terzi, come tali gestibili solo previa autorizzazione regionale.

A questo punto si pone il secondo problema giuridico, e cioè se la condotta posta in essere dall'Argentieri concreti il reato contestato, quello di cui al terzo comma dell'art. 51 D.L.vo n. 22/1997 (realizzazione o gestione di discarica abusiva), oppure quello, meno grave, previsto dal primo comma della stessa norma (raccolta e smaltimento di rifiuti prodotti da terzi).

Ebbene rileva il Collegio che il giudizio circa la ravvisabilità della discarica, piuttosto che di luogo semplicemente destinato a raccolta e smaltimento rifiuti, tenuto conto degli arresti giurisprudenziali in materia, implica una valutazione tipicamente “in fatto”, riservata quindi al giudice del merito e sottratta al vaglio di legittimità se motivata, come nella fattispecie in esame, in maniera congrua e non manifestamente illogica.

La Corte distrettuale ha, invero, precisato in proposito, sulla base della documentazione fotografica in atti, che il sito, di dimensioni apprezzabili (circa mq. 3.000) e recintato - su cui erano disordinatamente sparsi, oltre a 39 carcasse di autoveicoli, rottami vari, vecchi pneumatici, batterie, lamiere, sedili, sportelli, ecc. - era stato, con una condotta protrattasi nel tempo, inequivocamente destinato "alla definitiva ricezione di rifiuti, con stabile e consistente alterazione dello stato dei luoghi ed evidente degrado degli stessi".

Deve ritenersi pertanto integrato il contestato reato, non avendo l’Argentieri neppure tentato di dimostrare un diverso titolo di detenzione dei menzionati veicoli, né che per essi siano state osservate le prescrizioni di cui al citato art. 46, pur non potendosi applicare ai fatti de quibus accertati nel maggio 2000, il disposto dell'art. 13 D.L.vo n. 209/2003, attuativo della Direttiva comunitaria n. 2000/53/CE, relativa ai veicoli fuori uso.

D' altronde non può parlarsi, nella fattispecie in esame, di "deposito temporaneo", peraltro neanche prospettato dalla difesa. Infatti, come definito dall'art. 6, comma 1 lett. m), del decreto Ronchi, esso consiste nel “raggruppamento di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti”, purché ricorrano una serie di condizioni specificamente indicate dalla norma. Orbene, a parte la considerazione (già di per sé assorbente) che i rifiuti in questione non risultano prodotti dal prevenuto, non sussistono neppure le altre condizioni dettate dal legislatore e comunque il deposito temporaneo deve essere effettuato sull'area a ciò abilitata e non altrove.