Sez. 3, Ordinanza n. 30342 del 19/05/2004 Cc. (dep. 13/07/2004 ) Rv. 230356
Presidente: Savignano G. Estensore: Grillo C. Relatore: Grillo C. Imputato: Franciosa. P.M. Izzo G. (Parz. Diff.)
(Dichiara inammissibile, Trib.Ries. Brindisi, 9 Febbraio 2004)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Attività di raccolta dei veicoli destinati al disuso - Autorizzazione - Necessità - Mancanza - Reato di cui all'art. 51 D.Lgs n. 22 del 1997 - Sussistenza.
Massima (fonte CED Cassazione)
L'attività di recupero e di trasporto dei veicoli destinati al disuso rientra in quella di gestione dei rifiuti e necessita, pertanto, dell'autorizzazione prevista dall'art. 28
D.Lgs. 22 del 1997, in mancanza della quale è configurabile il reato di cui all'art. 51 del
D.Lgs. citato. (Nella specie, la Corte ha evidenziato che i veicoli fuori uso figurano nell'elenco comunitario dei rifiuti pericolosi a seguito delle modifiche al Catalogo Europeo dei Rifiuti introdotte dalla decisione 22/1/2001 n. 119 CE).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 19/05/2004
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 669
Dott. GRILLO Carlo M. - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Consigliere - N. 9646/2004
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FRANCIOSA COSIMO, nato a Francavilla Fontana il 18/9/1978;
avverso l'ordinanza del 9/2/2004 pronunciata dal Tribunale del riesame di Brindisi;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Carlo M. Grillo;
sentite le conclusioni del P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. Izzo G., che chiede il rigetto del ricorso;
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Gli agenti del Corpo Forestale dello Stato il 12/1/2004 effettuavano il sequestro d'iniziativa, ex art. 354 c.p.p., dell'autocarro tg. AB 810 FR, ipotizzando nei confronti di Franciosa Cosimo, proprietario del menzionato veicolo, la violazione dell'art. 51, comma 1 D. L.vo n. 22/1997 (trasporto non autorizzato di rifiuti).
Il Procuratore della Repubblica di Brindisi provvedeva tempestivamente alla convalida del sequestro, e di tale ordinanza il Franciosa chiedeva il riesame, contestando la sussistenza dei presupposti per l'adozione del sequestro probatorio. Il Tribunale di Brindisi, con l'ordinanza indicata in premessa, rigettava l'istanza, ravvisando il fumus dell'ipotizzato reato, essendo certamente destinato allo smaltimento il veicolo trasportato dall'autocarro del Franciosa, come riferito dall'originario proprietario, donde l'obbligo di confisca del mezzo di trasporto, ex art. 53, comma 2, D. L.vo n. 22/1997.
Ricorre per cassazione l'indagato, deducendo: 1) violazione dell'art. 606, comma 1 lett. e), essendo completamente carenti di motivazione - in ordine all'individuazione del fatto costituente reato, seppure nei suoi estremi essenziali, ed alla qualifica del mezzo in sequestro come corpo di reato o cosa pertinente allo stesso - sia il provvedimento originario che quello del Tribunale del riesame; 2) violazione dell'art. 606, comma 1 lett. b), c.p.p., non potendosi considerare l'autocarro in sequestro ne' corpo di reato ne' cosa pertinente al reato, in quanto il veicolo trasportato non era in condizioni tali da poter essere classificato come rifiuto; infatti doveva essere sottoposto a riparazione presso l'officina meccanica della ditta Franciosa, che, occupandosi anche di soccorso stradale, lo aveva recuperato.
All'odierna udienza camerale, il P.G. conclude come sopra riportato. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente, invero, non contesta la sussistenza delle esigenze probatorie, ma solo del fumus del reato astrattamente ipotizzato, ritenendo che non possa qualificarsi "rifiuto", ai sensi della vigente disciplina (art. 6, comma 1 lett. a), D. L.vo n. 22/1997), il veicolo trasportato dall'autocarro sequestrato, essendo stato da lui recuperato per essere riparato presso la propria officina meccanica, con la conseguenza che - non essendo ipotizzabile alcun reato - il mezzo in sequestro non può considerarsi ne' corpo di reato ne' cosa pertinente ad esso.
Rileva il Collegio che l'accertamento della destinazione del veicolo trasportato è oggetto di valutazione "in fatto" riservata al giudice del merito e non censurabile in sede di legittimità se sorretta da idonea e logica motivazione, quale deve ritenersi quella della gravata ordinanza sul punto.
Il Tribunale, infatti, non ha dubbi in proposito: dalla documentazione fotografica in atti, che ne evidenzia le precarie condizioni e la mancanza di targhe, ma soprattutto dalle dichiarazioni dell'originario proprietario, raccolte dalla polizia giudiziaria, deduce che il mezzo trasportato dall'autocarro in sequestro era effettivamente "destinato al disuso". Pertanto, anche se il proprietario non si fosse ancora formalmente disfatto del veicolo, quanto meno aveva la chiara intenzione di farlo, come da lui stesso dichiarato, oltre all'obbligo giuridico derivante dall'art. 46 D. L.vo n. 22/1997.
Sempre con riferimento alla nozione di rifiuto, fornita dal menzionato art. 6 del decreto Ronchi, deve poi rilevarsi, sotto il profilo oggettivo, che nel nuovo CER i veicoli fuori uso figurano alla voce 16 01 04 come rifiuti pericolosi e sono stati oggetto, in sede comunitaria, di una decisione ad hoc (dec. 27/1/2001, n. 119/2001/CE).
Quindi il veicolo in questione - in questa fase delle indagini - deve certamente considerarsi "rifiuto" prodotto da terzi e la ditta dell'indagato, sprovvista dell'autorizzazione di cui all'art. 28 D. L.vo n. 22/97, non poteva effettuarne il recupero e il trasporto, donde l'ipotizzabilità del reato di cui all'art. 51, comma 1, D. L.vo n. 22/1997.
A mente dell'art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, consegue - non potendo escludersi che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186) - l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 500,00. P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 19 maggio 2004.
Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2004