Cass. Sez. III n. 39641 del 28 ottobre 2007 (Ud. 9 ott. 2007)
Pres. Lupo Est. Squassoni Ric. Bruni
Rifiuti. Responsabilità del proprietario e articolo 40 codice penale

In materia di abbandono di rifiuti e realizzazione o gestione di discarica abusiva il proprietario, che non abbia commesso l'azione tipica, può essere chiamato a rispondere del reato in esame solo in presenza di comprovati comportamenti dai quali si possano ricavare elementi di una sua compartecipazione, al livello morale o materiale, nella altrui illecita condotta. Un comportamento meramente omissivo non è sufficiente ad integrare la fattispecie di concorso nel fatto illecito commesso da altre persone.
Il proprietario non può esser ritenuto responsabile ai sensi dell’articolo 40, secondo comma c.p. non esistendo una fonte formale dalla quale fare derivare l'obbligo giuridico specifico di controllo sui beni finalizzato ad impedire l'evento. Nel nostro ordinamento, una condotta omissiva può essere fonte di responsabilità solo nel caso ,previsto dalla norma citata, in cui il soggetto, per la sua particolare posizione di garanzia, sia destinatario dell' obbligo (derivato dalla legge, da contratto, da precedente azione pericolosa o da negotiorum gestio) di evitare la lesione di determinati beni giuridici. Esulano dall’ambito di applicazione delle responsabilità per causalità omissiva gli obblighi di legge indeterminati, compreso il generale dovere di solidarietà sancito dall'art.2 della Costituzione.

Motivi della decisione

Bruni Giovanni è stato tratto a giudizio avanti il Tribunale di Trani per rispondere dei reati previsti dall’art. 51 c. 1 e c. 3 D.L.vo 22/1997 (per avere gestito rifiuti e utilizzato una area come discarica in assenza della necessaria autorizzazione); all’esito del dibattimento, il Giudice lo ha ritenuto - condannandolo alla pena di giustizia - responsabile della prima fattispecie di reato sotto il profilo di avere colposamente tollerato che in un sito di sua proprietà ignoti abbandonassero rifiuti.

Per giungere a tale conclusione, il Giudice ha rilevato come il titolare di diritti reali, che non sia l’autore materiale del reato, risponda della contravvenzione prevista dall’art. 51 c.1 D.L.vo citato se ha espressamente autorizzato l’abbandono o il deposto incontrollato di rifiuti posti in essere da altri oppure se a suo carico possa riscontrarsi qualche forma di imprudenza o negligenza sì da determinare una colpa in senso penale.

Tale è il caso in esame ove l’imputato, informato della circostanza che ignoti depositavano rifiuti sul suo suolo, ha passivamente tollerato la situazione non prendendo provvedimenti per impedire l’accesso di estranei nella proprietà e non ha denunciato i reati alla competente autorità.

Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:

- che l’accusa originaria contestava una condotta tipicamente commissiva, mentre il Giudice ha ritenuto una condotta omissiva con sostituzione dei contenuti essenziali dell’addebito e violazione del principio di correlazione di cui all’art.521 cpp;

- che la consapevolezza o la mera tolleranza della altrui condotta illecita non gli può essere addebitata dal momento che non era gravato dell’obbligo giuridico di impedire l’evento;

- che, comunque, aveva provveduto a recintare l’area ed a sostituire la serratura forzata da ignoti e non era esigibile una costante vigilanza sulla sua proprietà e la denuncia non era iniziativa risolutiva.

La prima censura non è fondata.

Per verificare l’osservanza del principio di necessaria correlazione tra quanto contestato e ritenuto in sentenza, non è sufficiente compiere un confronto tra l’imputazione ed il reato ritenuto dal Giudice, ma occorre tenere conto della possibilità che ha avuto l’interessato di concretamente difendersi in ordine a tutte le circostanze del fatto. Pertanto, non si verifica alcuna immutazione non consentita dall’art. 521 cpp quando l’accusa venga precisata, o integrata, con le risultanza degli interrogatori o di altre emergenze processuali oppure (come è avvenuto nel caso concreto) quando il fatto, diverso da quello contestato nel capo di incolpazione, sia stato prospettato dallo stesso imputato quale elemento a suo favore (Cassazione Sezione 5 sentenze 40538/2004, 33077/2003; Sezione 2 sentenza 11082/2000).

Le seconda deduzione è meritevole di accoglimento.

Gli obblighi che gravano sul proprietario del suolo sono dettati dal Decreto Ronchi all’art. 14, per le ipotesi di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti, e dall’art. l7 per quelle di bonifica dei siti inquinati.

L’art.14 individua il soggetto obbligato alla rimozione ed al ripristino nella persona che ha violato il divieto di abbandono al quale è affiancato in solido il proprietario del sito (e il titolare di diritti reali o di godimento sull’area) solo se la violazione gli è imputabile “a titolo di dolo o di colpa”; anche per l’art. 17 il proprietario è gravato dall’obbligo di bonifica solo se è l’inquinatore.

Analoghe disposizioni sono contenute negli artt. 192, 242 D.L.vo 152/2006.

Le norme sono chiare nello stabilire che il proprietario non è tenuto ad attivarsi ipsojure, per la qualifica che lo collega al suolo, ma solo se è il soggetto attivo che ha creato la situazione di pericolo per l’ambiente che l’ordinamento intende eliminare con azioni ripristinatorie.

Correlata alla posizione del proprietario “incolpevole” ed ancorata alle generali norme sul concorso nei reati, si pone la giurisprudenza di legittimità (ex plurimis: Sezioni Unite sentenza 12753/1994) che ha avuto modo di precisare come la mera consapevolezza, o il semplice mantenimento, da parte del proprietario di una discarica, dello stoccaggio realizzato da terzi sul suo fondo non sono sufficienti ad integrare ipotesi di concorso nel reato; analoga giurisprudenza si rinviene nella ipotesi di edificazione sul suolo altrui.

Di conseguenza, il proprietario, che non abbia commesso l’azione tipica, può essere chiamato a rispondere del reato in esame solo in presenza di comprovati comportamenti dai quali si possano ricavare elementi di una sua compartecipazione, al livello morale o materiale, nella altrui illecita condotta. Un comportamento meramente omissivo non è sufficiente ad integrare la fattispecie di concorso nel fatto illecito commesso da altre persone.

Nella fattispecie, la colpa, nella forma della negligenza, evidenziata dal Giudice di merito consiste nella mancata attiva vigilanza dell’imputato sul suo fondo e nella omessa segnalazione del reato alla competente autorità; in altre parole, il Giudice addebita all’imputato di avere colposamente tollerato l’illegittimo abbandono di rifiuti.

In tale modo, il Tribunale, anche se non cita espressamente la norma, assimila l’omissione non impeditiva alla azione causale in virtù della clausola di equivalenza prevista dall’art.40 c.2 c.p.

La tesi non è condivisibile.

Il proprietario non può esser ritenuto responsabile a sensi della citata norma non esistendo una fonte formale dalla quale fare derivare l’obbligo giuridico specifico di controllo sui beni finalizzato ad impedire l’evento. Sul punto, è appena il caso di rilevare come, nel nostro ordinamento, una condotta omissiva può essere fonte di responsabilità solo nel caso, previsto dall’art. 40 c. 2 cp, in cui il soggetto, per la sua particolare posizione di garanzia, sia destinatario dell’ obbligo (derivato dalla legge, da contratto, da precedente azione pericolosa o da negotiorum gestio) di evitare la lesione di determinati beni giuridici.

Esulano dallo ambito di applicazione delle responsabilità per causalità omissiva gli obblighi di legge indeterminati, compreso il generale dovere di solidarietà sancito dall’art. 2 della Costituzione.

La sentenza impugnata sì pone in contrasto con gli enunciati principi di diritto poiché il Giudice di merito ha fondato la colpevolezza del Bruni esclusivamente sul rilievo che costui non ha impedito l’abbandono di rifiuti ad opera di terzi sul fondo di sua proprietà.

Di conseguenza, la Corte deve annullare senza rinvio la decisione perché il ricorrente non ha commesso il fatto.