Cass. Civ. Sez. VI n. 6799 del  2 aprile 2015 (ud. 4 mar 2015)
Pres. Cicala Est. Caracciolo Ric. Casoria Ambiente spa
Rifiuti.TOSAP

Legittimità dell'accertamento comunale per TOSAP 2004 relativa alle aree occupate dai cassonetti di raccolta dei rifiuti sul territorio comunale il cui servizio era stato affidato dal Comune a  società di igiene urbana (segnalazione Avv. M. Balletta)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA

SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - Presidente -
Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere -
Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere -
Dott. CARACCIOLO Giuseppe - rel. Consigliere -
Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 27141-2012 proposto da:
CASORIA AMBIENTE SPA 03502041217, in persona del Presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 154, presso lo studio dell'avvocato SPARANO Vincenzo, rappresentata e difesa dall'avvocato CONTE PAONE MARIA ROSARIA ANNA giusta procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
COMUNE di CASORIA;
- intimato -
avverso la sentenza n. 104/08/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI del 28/03/2012, depositata l'11/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO. La Corte:
RITENUTO IN FATTO
che, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione: Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, osserva:
La "Casoria Ambiente spa" propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Napoli, con la quale - in controversia concernente avviso di accertamento per TOSAP 2004 relativa alle aree occupate dai cassonetti di raccolta dei rifiuti sul territorio comunale il cui servizio era stato affidato alla società contribuente con convenzione di data 29.4.2000 - è stato dichiarato accolto l'appello del Comune di Casoria, sicché l'avviso di accertamento è risultato integralmente confermato. La sentenza impugnata ha ritenuto che - non trattandosi di appalto d'opera ma dello svolgimento di un servizio pubblico per conto del comune, in relazione al quale il suolo demaniale non costituisce l'oggetto dell'intervento appaltato ma viene occupato in via continuativa con strutture e macchinari - non può essere sostenuto che l'occupazione sia direttamente riconducibile all'ente locale. D'altro canto, l'occupazione di suolo pubblico qui in questione rientra nell'ipotesi esonerativa particolare contemplata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 49, lett. e) la quale subordina l'esenzione della tassa al fatto che sia prevista la devoluzione gratuita degli impianti al comune al termine del rapporto concessorio. La parte contribuente ha proposto ricorso affidandolo a tre motivi. L'Amministrazione comunale non si è difesa.
Il ricorso - ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore - può essere definito ai sensi dell'art. 375 c.p.c..
Con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49) parte ricorrente si duole della violazione da parte del giudice di appello della lett. a) della predetta norma per avere quello omesso di considerare sia la natura della società concessionaria (siccome società "in house", tramite la quale l'Amministrazione comunale reperisce prestazioni a contenuto negoziale non già sul mercato ma al proprio interno, con relazione funzionale fondata sull'incardinamento del soggetto esterno nell'organizzazione istituzionale e funzionale dell'ente pubblico) sia la finalità dell'attività svolta dell'attività svolta, che rientra nel genere dei servizi di igiene e sanità, con conseguente esenzione a mente della predetta lett. a) dell'art. 49. Il motivo appare infondato e da respingersi.
Ed invero, a mente della norma valorizzata dalla parte ricorrente, "sono esenti dalla tassa le occupazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, province, comuni e loro consorzi, da enti religiosi per l'esercizio di culti ammessi nello Stato, da enti pubblici di cui all'art. 87, comma 1, lett. e), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, per finalità specifiche di assistenza, previdenza, sanità, educazione, cultura e ricerca scientifica". Dette caratteristiche non sono proprie della società ricorrente ne' per ciò che concerne la sua natura istituzionale (atteso che, pacificamente, si tratta di società di diritto privato che non ha in comune con gli enti dianzi menzionati la natura pubblicistica ed autoritativa) ne' per ciò che concerne la finalità perseguita in attuazione dell'attività che le compete per statuto, atteso che l'igiene pubblica risulta essere comparto di intervento del tutto autonomo e differenziato da quello "sanitario" al quale la norma si riferisce con assoluta puntualità. Con il secondo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 38) la parte ricorrente si duole dell'avere il giudicante omesso di valorizzare il difetto di un vantaggio personale dell'utilizzatore del suolo pubblico così come il difetto della sottrazione dell'area occupata dai cassonetti all'uso comune, ciò che doveva desumersi anche dal fatto che il suolo pubblico era stato messo a disposizione previa individuazione dei siti proprio da parte dell'ente pubblico, sicché ne risultava confermato l'assunto che il collocamento dei contenitori per la raccolta era stato eseguito nell'interesse dei cittadini e perché si potesse espletare il servizio di raccolta dei rifiuti, con il conseguente difetto del presupposto per l'applicabilità della tassazione fissato nell'art. 38 dianzi menzionato. Il motivo di impugnazione appare infondato e da disattendersi, siccome incoerente con la stessa lettera della legge. Prevede infatti la lett. e) del menzionato art. 49 che siano esenti dalla tassa "le occupazioni con impianti adibiti ai servizi pubblici nei casi in cui ne sia prevista, all'atto della concessione o successivamente, la devoluzione gratuita al comune o alla provincia al termine della concessione medesima".
Da ciò si deve desumere, "a contrario", che sono soggette al pagamento della tassa anche le occupazioni finalizzate alla realizzazione di tutte le attività che integrano servizio pubblico (e per quanto esse siano "mediatamente" finalizzate alla realizzazione dell'interesse pubblico, ciò che non esclude che l'utilizzazione degli spazi avvenga nel diretto interesse dell'esercente l'attività, sicché non vi è contrasto con il principio di diritto insegnato da Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2782 del 24/03/1999), salvo quelle per le quali sia espressamente prevista la menzionata "devoluzione gratuita", pacificamente da escludersi nella specie di causa.
Con il terzo motivo di impugnazione (centrato sul vizio di motivazione per omesso esame di un fatto decisivo) la parte ricorrente si duole infine che il giudicante non abbia dato risposta alla eccezione proposta sin dal primo grado e fondata sulla circostanza che i cassonetti di raccolta non erano 1.600 come determinato nell'avviso impugnato ma bensì 1.047 come dettagliato dalla società contribuente.
Il motivo di impugnazione appare inammissibilmente proposto per violazione del canone di autosufficienza.
La parte ricorrente, invero, non dettaglia in maniera debita come e dove sia stata nuovamente sottoposta al giudice di appello (mediante specifica riproposizione nell'atto di costituzione in appello, come disposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56) la questione afferente il numero dei cassonetti che assume di avere proposto sin dal primo grado di giudizio. E perciò non è possibile per la Corte valutare se il giudicante ne abbia effettivamente omesso l'esame. Alla luce di tali considerazioni, non resta che concludere che la pronuncia appellata non merita la cassazione.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità e manifesta infondatezza. Roma, 28 febbraio 2014.
RITENUTO IN DIRITTO
inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, ne' memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si è costituita.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2015.
Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2015