Cass. Sez. III n. 26517 del 5 luglio 2024 (UP 13 mar 2024)
Pres. Ramacci Est. Noviello Ric.Di Giovanni 
Urbanistica.Limiti alla ristrutturazione dei ruderi

Interventi edilizi legittimi su di un cd. rudere, compresa in particolare la ristrutturazione, impongono, quale imprescindibile condizione, che sia possibile accertare la preesistente consistenza di ciò che si è demolito o è crollato e che tale accertamento dovrà essere effettuato con il massimo rigore e dovrà necessariamente fondarsi su dati certi ed obiettivi, quali documentazione fotografica, cartografie etc., in base ai quali sia inequivocabilmente individuabile la consistenza del manufatto preesistente. Da qui la precisazione per cui, l'utilizzazione del termine «consistenza», da parte del legislatore, nell'art. 3, comma 1, lett. d)  del DPR 380/01, relativo ai casi di ristrutturazione, inevitabilmente include tutte le caratteristiche essenziali dell'edificio preesistente (volumetria, altezza, struttura complessiva, etc.), con la conseguenza che, in mancanza anche di uno solo di tali elementi, necessari per la dovuta attività ricognitiva, dovrà escludersi la sussistenza del requisito richiesto dalla norma. Parimenti, detta verifica non potrà essere rimessa ad apprezzamenti meramente soggettivi o al risultato di stime o calcoli effettuati su dati parziali, ma dovrà, invece, basarsi su dati certi, completi ed obiettivamente apprezzabili. 

RITENUTO IN FATTO 

    1. Con sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del tribunale di Termini Imerese dell’11.7.2022, con cui Di Giovanni Federico era stato condannato in relazione ai reati di cui agli artt. 44 lett. c) del DPR 380/01 e 95 del DPR 380/01. 

    2. Avverso la predetta ordinanza Di Giovanni Federico, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per Cassazione deducendo due motivi di impugnazione. 

    3. Deduce, con il primo, i vizi ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., rappresentando che la struttura in esame, diversamente da quanto ritenuto, sarebbe risultata esistente seppure in precarie condizioni, e regolarmente accatastata, e come tale identificabile anche nella sua consistenza, peraltro anche alla luce di quanto indicato ai sensi dell’art. 9 bis del DPR 380/01. Con la conseguenza della applicabilità delle previsioni di cui all’art. 3 comma 1 lettera d) del DPR 380/01, trattandosi di fabbricato da ristrutturare e con la non configurabilità di interventi di nuova opera come ritenuto in sentenza. In tal senso deporrebbero anche le dichiarazioni di due testimoni, che avrebbero descritto lavori di sistemazione e/o ripristino di parte di mura perimetrali. Si aggiunge che il comune competente non avrebbe mai formulato alcuna contestazione circa la errata e/o irregolare operazione di accatastamento dell’immobile. 

    4. Con il secondo motivo, deduce il vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Si osserva che le motivazioni della corte non possono essere condivise siccome sconfessate dalla lettura degli atti processuali. E si ribadisce che le opere consistono solo in una riparazione o sistemazione e messa in sicurezza di una parete. Inoltre, non emergerebbe alcun aumento di cubatura né alcuna della variazione di sagoma. E si contesta lo scarso rilievo dato alla procedura di accatastamento anche da uno dei testi valorizzati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I due motivi, siccome entrambi afferenti alla esclusione della configurabilità di un intervento di nuova opera,  sono omogenei e devono essere esaminati congiuntamente. Il ricorso è inammissibile, per mancanza di puntuale confronto, innanzitutto, con le argomentazioni dei giudici. Gli stessi hanno evidenziato l’avvenuta emersione della mera presenza di un rudere privo di ogni precisa identificazione delle sue caratteristiche planovolumetriche, che solo se esistenti permettono legittimi interventi sullo stesso, che eventualmente rientrino nel profilo della ristrutturazione. In tal senso, la Suprema Corte ha sempre ribadito - pur nel quadro della evoluzione legislativa che ha interessato l’art. 3 lett. d) del DPR 380/01 relativo alla nozione di ristrutturazione, la quale non ha mai comunque condotto alla modifica del dato di partenza necessario per ogni intervento di tale tipo, ovvero la esistenza di un immobile di riferimento, come tale connotato nelle sue precise caratteristiche tipizzanti, dimensionali e strutturali, di cui conservare traccia -, che per rudere funzionale ad un predetto intervento edilizio deve intendersi un organismo edilizio originario, dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura, ovvero un organismo per il quale sia stata accertata la preesistente consistenza in base a riscontri documentali, alla verifica dimensionale del sito o ad altri elementi certi e verificabili (indicazioni in tal senso, al di là del caso concreto,  sono evincibili in Sez. 3, n. 40342 del 03/06/2014 Rv. 260552 – 01). La rilevanza di tale dato è stata con cura sempre ribadita dalla giurisprudenza di legittimità, che ha sempre richiamato l'attenzione sul fatto che interventi edilizi legittimi su di un cd. rudere, compresa in particolare la ristrutturazione, impongono, quale imprescindibile condizione, che sia possibile accertare la preesistente consistenza di ciò che si è demolito o è crollato e che tale accertamento dovrà essere effettuato con il massimo rigore e dovrà necessariamente fondarsi su dati certi ed obiettivi, quali documentazione fotografica, cartografie etc., in base ai quali sia inequivocabilmente individuabile la consistenza del manufatto preesistente (cfr. Sez. 3, n. 5912 del 22/1/2014, Moretti e altri, Rv. 258597; Sez. 3 n.26713 del 25/6/2015, Petitto, non massimata). Da qui la precisazione per cui, l'utilizzazione del termine «consistenza», da parte del legislatore, nell'art. 3, comma 1, lett. d)  del DPR 380/01, relativo ai casi di ristrutturazione, inevitabilmente include tutte le caratteristiche essenziali dell'edificio preesistente (volumetria, altezza, struttura complessiva, etc.), con la conseguenza che, in mancanza anche di uno solo di tali elementi, necessari per la dovuta attività ricognitiva, dovrà escludersi la sussistenza del requisito richiesto dalla norma. Parimenti, detta verifica non potrà essere rimessa ad apprezzamenti meramente soggettivi o al risultato di stime o calcoli effettuati su dati parziali, ma dovrà, invece, basarsi su dati certi, completi ed obiettivamente apprezzabili (Cassa. pen. sez. 3 45147/15).

2. A fronte quindi di una motivazione che ha articolatamente illustrato le ragioni della esistenza di un rudere non identificato nella sua caratteristiche planovolumetriche, e ha fatto quindi corretta applicazione dei principi sopra citati, individuando l’avvenuta realizzazione di opere nuove, il ricorrente ha opposto solo una personale ricostruzione, fondata sulla valorizzazione della annotazione in catasto del rudere, senza tuttavia mai affrontare e superare il dato nodale della motivazione: costituito dalla circostanza per cui, in ogni caso, non era dato, alla luce di tutti gli elementi disponibili, dichiarativi e documentali, rinvenire le dimensioni e caratteristiche del rudere. Peraltro mai citate neppure dal ricorrente, che si è solo limitato a riferire di annotazioni catastali e di una necessaria, a monte, relazione tecnica relativa all’immobile, senza tuttavia mai allegarla, a partire dai giudizi di merito e fino in questa sede, né tantomeno illustrarne il contenuto, con particolare riferimento alla possibilità di rinvenire, come richiesto dalla giurisprudenza, indicazioni precise sulla dimensione e caratteristiche dell’opera originaria. 

3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato  senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che lo stesso versi la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso, il 13.03.2024.