 Sez. III n. 8172 del 2 marzo 2010 (Ud. 27 gen. 2010)
Sez. III n. 8172 del 2 marzo 2010 (Ud. 27 gen. 2010)
Pres. Fiale Est. Marini Ric.Vitali
Urbanistica. Ultimazione dei lavori
Il momento consumativo del reato di costruzione abusiva si realizza con l'ultimazione dei lavori, coincidente con la realizzazione delle rifiniture, anche per le parti che costituiscono annessi dell'abitazione. (Nella specie il ricorrente sosteneva che ciò non fosse necessario trattandosi di locali destinati a magazzino e garage, in quanto tali non necessitanti di rifiniture).
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica
 Dott. FIALE   Aldo               - Presidente  - del 27/01/2010
 Dott. CORDOVA Agostino           - Consigliere - SENTENZA
 Dott. MARINI  Luigi         - est. Consigliere - N. 176
 Dott. SARNO   Giulio             - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. GAZZARA Santi              - Consigliere - N. 29936/2009
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 VITALI Salvatore, nato a Castrignano del Capo il 13 Novembre  			1951;
 Avverso la sentenza emessa in data 13 Febbraio 2009 dalla Corte di  			Appello di Lecce, che ha confermato la sentenza del Tribunale di  			Lecce, Sezione distaccata di Tricase, in data 10 Luglio 2007 con la  			quale era stato condannato alla pena di due mesi di arresto e  			8.000,00 Euro di ammenda in relazione al reato previsto dal D.P.R. 6  			giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b), pena sospesa subordinatamente   			alla demolizione delle opere abusive. Fatto accertato il 24 Ottobre  			2005;
 Sentita la relazione effettuata dal Consigliere Dott. MARINI Luigi;
 Udito il Pubblico Ministero nella persona del Cons. IZZO Gioacchino,  			che ha concluso per il rigetto del ricorso.
 RILEVA
 Con sentenza del Tribunale di Lecce, Sezione distaccata di Tricase,  			in data 10 Luglio 2007 il Sig.Vitali è stato condannato alla pena  			di due mesi di arresto e 8.000,00 Euro di ammenda in relazione al  			reato previsto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b),  			pena sospesa subordinatamente alla demolizione delle opere abusive.  			La decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Lecce che,  			con la sentenza oggi impugnata, ha condiviso le considerazioni del  			primo giudice circa il concetto di ultimazione dei lavori e la  			cessazione della permanenza del reato, così escludendo il decorso  			dei termini massimi di prescrizione. Afferma la Corte territoriale  			che i due locali si trovavano allo stato di "rustico" e, come tali,  			non ancora ultimati essendo assenti l'intonaco, compreso quello  			esterno, e gli infissi.
 Ricorre il Sig.Vitali lamentando la violazione dell'art. 606  			c.p.p., lett. b) ed e) per essere state le opere abusive considerate  			erroneamente non completate alla data dell'accertamento, mentre  			risulta provato che esse furono concluse precedentemente alla  			realizzazione della tettoia (costruita sopra i locali abusivi) e  			dunque terminate in epoca oramai coperta dalla prescrizione. Errano i   			giudici di merito nel ritenere che il completamento delle opere ai  			fini della commissione del reato richieda la posa in opera degli  			infissi e richieda le rifiniture, non considerando a tele proposito  			che si è in presenza di locali destinati a magazzino e garage e,  			come tali, non necessitanti di rifiniture.
 OSSERVA
 Il ricorso deve essere respinto nei termini che seguono.  			Il tema centrale dell'impugnazione è costituito dalla richiesta del  			Sig.Vitali di vedere riconosciuto che le opere per cui vi è stata  			condanna risultano giuridicamente ultimate molto prima che si  			giungesse all'accertamento operato dai verbalizzanti, essendo provato   			in atti che i due locali furono completati prima della realizzazione  			della tettoia.
 Osserva sul punto la Corte che, come affermato in modo costante dalla   			giurisprudenza, il concetto di ultimazione dei lavori ai fini della  			individuazione del momento consumativo del reato è diverso da quello  			che la legge in tema di condono ha fissato. Mentre in questo secondo  			caso la L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 31 ritiene sufficiente che  			l'edificio sì a portato "a rustico", e cioè dotato di copertura e di  			tamponatura (si veda Sezione Terza Penale, sentenza an. 10082 del  			2008, Triscari, rv 244018), per ritenere che l'opera sia completata  			in relazione al disposto del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44 (e   			prima della L. n. 47 del 1985, art. 20) occorre che essa sia  			realizzata nelle parti essenziali ai fini della destinazione che le  			è propria, ivi compresi l'intonacatura, i servizi e gli infissi,  			tanto che la giurisprudenza richiede che siano state realizzate le  			"rifiniture". Non vi è dubbio che tali caratteristiche sono  			richieste anche per le parti che costituiscono annessi  			all'abitazione.
 Per tali principi interpretativi si rinvia, tra le altre, alle  			sentenze di questa Sezione n. 11808 del 1999, Farad, rv 215035; 16063   			del 2001, Tavella, rv 219382; 33013 del 2003, Sorrentino e altro, rv  			225553).
 Sulla base di tali considerazioni il ricorso deve essere respinto e  			il ricorrente condannato, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento   			delle spese del presente grado di giudizio.
 P.Q.M.
 Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese  			processuali.
 Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.
 Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2010
 
                    




