Cass. Sez. III n. 5253 del 7 febbraio 2023 (CC 3 nov 2022)
Pres. Ramacci Est. Macrì Ric. Marotta
Urbanistica.Vincolo cimiteriale

Le finalità perseguite dalla disciplina in tema di vincolo cimiteriale sono di superiore rilievo pubblicistico e rivolte essenzialmente a garantire la futura espansione del cimitero, il decoro di un luogo di culto nonché ad assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri. Trattasi, quindi, di una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul bene e non suscettibile di deroghe di fatto, siccome riconducibile a previsione generale, concernente tutti i cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata situazione, e perciò individuabili a priori. La natura assoluta del vincolo non si pone in contraddizione logica con la possibilità che nell’area indicata insistano delle preesistenze, e/o che ad esse vengano assegnate destinazioni compatibili con la esistenza del vincolo, perché mira essenzialmente ad impedire l’ulteriore addensamento edilizio dell’area giudicato ex lege incompatibile con la destinazione di un’area a zona cimiteriale.


RITENUTO IN FATTO
    
1. Con ordinanza in data 6 giugno 2022 la Corte di appello di Napoli ha rigettato l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione n. 431/2013 R.E.S.A., revocando il provvedimento di sospensione dell’ordine di sgombero emesso dalla Procura generale preso la Corte di appello di Napoli in data 15 novembre 2021.  

2. La difesa premette che in data 4 febbraio 1998 il ricorrente era stato condannato dal Pretore di Napoli con sentenza parzialmente riformata in appello per prescrizione di un capo d’accusa per i lavori abusivi di ristrutturazione di un’antica masseria in Napoli realizzata tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 in zona attualmente sottoposta a vincolo cimiteriale; che nel 2002 aveva presentato domanda di condono edilizio e aveva versato la somma di euro 37.000 per oneri concessori; che tale domanda era stata rigettata in data 15 settembre 2017 dal Comune di Napoli; che conseguentemente il Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli aveva messo in esecuzione l’ordine di demolizione, previo sgombero; che il giorno prima della demolizione, il 30 novembre 2021, la Corte di appello di Napoli aveva ordinato la sospensione dell’ordine di sgombero e demolizione, perché pendeva il ricorso al TAR Campania avverso il diniego dell’istanza di condono; che il TAR aveva annullato il provvedimento di diniego del condono da parte del Comune, dal momento che gli abusi erano stati realizzati nel 1996, in data anteriore alla delibera Consiglio comunale di Napoli n. 35 del 1° marzo 2005 che aveva sottoposto la zona a vincolo cimiteriale, con l’ulteriore rilevante conseguenza che per l’immobile valevano vincoli meno restrittivi (aumento della volumetria del 30% in luogo del 10% o non superiore a mc 750); che, nonostante la decisione del TAR, la Corte di appello aveva revocato la sospensione e aveva rigettato l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione.
Sulla base di tale premessa in fatto, la difesa articola due censure in diritto.
Con la prima deduce il vizio di motivazione perché la Corte territoriale aveva reso una motivazione contraddittoria e incoerente: prima aveva sospeso l’ordine di demolizione in attesa della pronuncia del TAR e dopo che questo aveva deciso favorevolmente all’imputato aveva revocato la sospensione e dato il via libera alla demolizione.
Con la seconda denuncia il vizio di motivazione per travisamento dei seguenti atti: sentenza del Pretore di Napoli in data 4 febbraio 1998, sentenza del TAR Campania n. 83 del 5 gennaio 2022, sentenza del TAR Campania n. 2982 del 2 maggio 2022 e perizia giurata dell’ing. Enzo Salazar. Reputa che l’ordinanza impugnata fosse fondata su falsi presupposti: era scritto che era stata realizzata una nuova costruzione mentre il Pretore aveva accertato che si era trattato di una ristrutturazione edilizia; era scritto che il vincolo cimiteriale gravava sulla zona dal 1934 mentre il Pretore e il TAR avevano accertato che gravava dal 2005. Lamenta che la decisione aveva preferito l’elaborato peritale del professionista nominato dalla Procura generale, secondo cui il vincolo cimiteriale era preesistente al 2005 e l’aumento volumetrico sviluppato superiore al 10%, rispetto a quello del consulente di parte, secondo cui l’incremento volumetrico era stato contenuto nel 10% del manufatto, per cui era condonabile anche in presenza di un efficace vincolo cimiteriale. Sostiene che nessuno poteva affermare che l’immobile si trovasse a meno di 200 metri dalla struttura “disordinata e tentacolare” del cimitero di Napoli-Poggioreale, perché nessuno aveva effettuato una misurazione nemmeno in tempi recenti. Contesta l’affermazione secondo cui il ricorrente non avesse interesse alla revoca della demolizione siccome l’immobile era stato acquisito al patrimonio comunale con disposizione dirigenziale n. 164/A del 26/09/2018, poiché il Comune, in seguito alla decisione del TAR, aveva avviato la procedura di annullamento in autotutela del provvedimento di acquisizione che poi era stato anche annullato dal TAR.
Conclude pertanto chiedendo l’accoglimento del ricorso anche perché il ricorrente era affetto da grave invalidità e la madre era invalida al 100%.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è nel complesso infondato.

4. E’ pacifico in giurisprudenza che al giudice penale è preclusa la valutazione della legittimità dei provvedimenti amministrativi che costituiscono il presupposto dell'illecito penale qualora sul tema sia intervenuta una sentenza irrevocabile del giudice amministrativo. Tale preclusione non si estende tuttavia ai profili di illegittimità, fatti valere in sede penale, che non siano stati dedotti ed effettivamente decisi in sede amministrativa (Sez. 3, n. 44077 del 18/07/2014, Scotto di Clemente, Rv. 260612 – 01; n. 31282 del 24/05/2017, Merelli, Rv. 270276 – 01; Sez. 6, n. 17991 del 20/03/2018, Cusani, Rv. 272890 – 01).
Nel caso in esame, le sentenze del TAR Campania prodotte dalla difesa, non solo non sono passate in giudicato, ma non hanno neanche avuto un oggetto strettamente conferente con le questioni affrontate nell’ordinanza impugnata della Corte di appello di Napoli. Infatti, con la sentenza resa il 5 gennaio 2022 nella causa RG 1892/2018, il TAR ha annullato il provvedimento del Comune di Napoli di diniego del condono edilizio per difetto di motivazione, dal momento che l’Amministrazione non aveva considerato che il vincolo cimiteriale del 2005 era stato apposto successivamente alla realizzazione dell’abuso edilizio; con la sentenza resa in data 2 maggio 2022 nella causa RG 4946/2018, ha annullato invece il provvedimento di acquisizione delle opere abusive e dell’area di sedime al patrimonio indisponibile del Comune di Napoli, in seguito all’annullamento del provvedimento presupposto.
In entrambe le pronunce, però, il TAR ha riaffermato il diritto dell’Amministrazione di determinarsi nuovamente, previ i necessari approfondimenti istruttori.
A differenza di quanto prospettato dalla difesa, dunque, il Giudice amministrativo non ha accertato alcun fatto suscettivo di passare in giudicato, ma ha solo imposto all’Amministrazione un maggior onere istruttorio. Si tratta, all’evidenza, di pronunce non interferenti con l’accertamento compiuto dal Giudice penale che ha verificato invece la legittimità dell’ordine di demolizione messo in esecuzione dalla Procura generale.
In questa prospettiva, la Corte territoriale ha affermato con motivazione ineccepibile che il ricorrente aveva eseguito non già dei lavori di manutenzione straordinaria come da autorizzazione del 1994 bensì dei lavori senza concessione edilizia di demolizione del preesistente manufatto a un piano e di ricostruzione in sostituzione di un fabbricato su due livelli in cemento armato e con aumento della volumetria, che il consulente tecnico della Procura generale ha stimato in una misura non inferiore al 41,1%.

5. Secondo la difesa, il Pretore avrebbe accertato che all’epoca degli abusi non esisteva il vincolo cimiteriale, donde l’assoluzione dal reato dell’art. 20 lett. c), l. n. 47 del 1985, in relazione all’art. 1-sexies l. n. 431 del 1985, e dal reato dell’art. 734 cod. pen. La scarna motivazione della sentenza non consente tuttavia di considerare accertata l’inesistenza di qualsivoglia vincolo cimiteriale, ma solo l’inesistenza dello specifico vincolo apposto dal Comune di Napoli con delibera consiliare n. 35 del 1° marzo 2005 recante l’approvazione del Piano regolatore cimiteriale della Città di Napoli.
Del resto, al processo, il verbalizzante aveva dichiarato che l’area ove erano stati realizzati gli abusi non era sottoposta ad alcun vincolo a eccezione di quello cimiteriale e il Consulente della Procura generale ha affermato che già nel 1976 con delibera di Consiglio comunale n. 311 del 9 settembre 1976 e successivo decreto della Regione Campania n. 13343 del 5 dicembre 1980 recante la Variante per aree da destinare ad ampliamenti cimiteriali, la proprietà del ricorrente ricadeva in zona M-zona agricola disciplinata dall’art. 17 NTA e risultava sottoposta al vincolo cimiteriale.  
La difesa non ha contestato tale ricostruzione, ma ha genericamente sostenuto, senza alcun supporto professionale specifico, l’impossibilità di misurare la distanza del manufatto dall’area cimiteriale e, anzi, ha implicitamente assunto l’esistenza del vincolo dal momento che ha richiamato la consulenza di parte secondo cui l’intervento edilizio era stato contenuto nel limite massimo tollerabile del 10% di aumento volumetrico.

    6. Correttamente la Corte territoriale ha ricordato che la disciplina statale vigente in materia è contenuta nel Regio decreto n. 1265 del 27 luglio 1934, recante l’Approvazione delle Leggi sanitarie, che prevedeva al primo comma dell’art. 338 che “I cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati. E’ vietato di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri”. Tale prescrizione è rimasta, per quanto qui d’interesse, sostanzialmente invariata nel corso degli anni tant’è vero che nella formulazione attualmente vigente - dal 9 ottobre 2010 - il primo comma prevede che “I cimiteri devono essere collocati  alla  distanza  di  almeno  200 metri dal centro abitato. E' vietato costruire  intorno  ai  cimiteri nuovi  edifici  entro  il  raggio  di   200   metri   dal   perimetro dell'impianto   cimiteriale,   quale   risultante   dagli   strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque  quale esistente in fatto, salve le  deroghe  ed  eccezioni  previste  dalla legge”.
    Va altresì ricordato che il Regolamento governativo di polizia mortuaria approvato con d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, nel disciplinare i piani regolatori cimiteriali comunali, all’art. 57 ribadisce che i cimiteri devono essere isolati dall’abitato mediante la zona di rispetto prevista dall’art. 338 del citato Testo Unico e prima della riforma della legge n. 166 del 2002 imponeva al secondo comma il divieto di costruire nuovi edifici o di ampliare quelli preesistenti “entro la fascia di rispetto” e al terzo comma stabiliva che, nell’ampliamento dei cimiteri esistenti, la fascia di rispetto non poteva essere inferiore a 100 metri dai centri abitati nei Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, ed a 50 metri per gli altri Comuni.
I limiti posti dall’art. 338 citato sono pacificamente considerati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione come assoluti.
Si vedano, tra le pronunce più recenti, Cons. di Stato, n. 6835 del 6/11/2020; Cass. pen., Sez. 3, n. 5507 del 13/09/2019, dep. 2020, Coscarella, Rv. 278409-01; Cass. civ. n. 26326 del 20/12/2016, Rv. 642762-01. Ciò in quanto le finalità perseguite dalla disciplina in tema di vincolo cimiteriale sono di superiore rilievo pubblicistico e rivolte essenzialmente a garantire la futura espansione del cimitero, il decoro di un luogo di culto nonché ad assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri. Trattasi, quindi, di una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul bene e non suscettibile di deroghe di fatto, siccome riconducibile a previsione generale, concernente tutti i cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata situazione, e perciò individuabili a priori. La natura assoluta del vincolo non si pone in contraddizione logica con la possibilità che nell’area indicata insistano delle preesistenze, e/o che ad esse vengano assegnate destinazioni compatibili con la esistenza del vincolo, perché mira essenzialmente ad impedire l’ulteriore addensamento edilizio dell’area giudicato ex lege incompatibile con la destinazione di un’area a zona cimiteriale.

    7. Per effetto dell’art. 28 della legge 1° agosto 2002, n. 166, entrata in vigore il 18 agosto 2022, la potestà di ampliare le zone di rispetto cimiteriale è passata dai prefetti ai consigli comunali. E attualmente il quarto comma dell’art. 338 stabilisce che “Il consiglio comunale  puo'  approvare,  previo  parere  favorevole della competente azienda sanitaria locale, la  costruzione  di  nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli gia'  esistenti  ad  una  distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purche' non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche  alternativamente,  le  seguenti condizioni: a) risulti accertato dal medesimo  consiglio  comunale  che,  per particolari  condizioni  locali,   non   sia   possibile   provvedere altrimenti; b) l'impianto cimiteriale  sia  separato  dal  centro  urbano  da strade  pubbliche  almeno  di  livello  comunale,  sulla  base  della classificazione prevista ai sensi della legislazione  vigente,  o  da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da  ponti  o  da impianti ferroviari”.
    Sempre l’art. 28 ha sostituito il settimo comma dell’art. 338 con il seguente “All'interno  della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti   interventi  di  recupero  ovvero  interventi  funzionali all'utilizzo   dell'edificio  stesso,  tra  cui  l'ampliamento  nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457", norma questa che è stata recepita nella delibera consiliare del Comune di Napoli nel 2005. Per cui, mentre in origine non era consentito alcun ampliamento dei fabbricati situati nella zona vincolata, dal 2002 è possibile sviluppare un aumento volumetrico del 10% dell’esistente.
    Rispetto a tale requisito, la difesa ha quindi richiamato la perizia giurata risalente al 2016 e indirizzata al Comune di Napoli, agli atti del fascicolo, secondo cui l’incremento volumetrico realizzato dal ricorrente era contenuto nel 10%.
    La Corte territoriale ha implicitamente disatteso le conclusioni del consulente di parte perché ha ritenuto affidabili le conclusioni rese con l’elaborato del 25 febbraio 2022 dal consulente del Procuratore generale che ha quantificato l’aumento volumetrico dell’intervento almeno nella misura del 41,1%. Con il ricorso per cassazione la difesa non ha però specificamente confutato le conclusioni del consulente del Procuratore generale né ha allegato di averle immediatamente contestate nel primo atto utile, e cioè all’udienza del 1° marzo 2022, in cui la Corte territoriale, dopo aver sentito le parti, ha assunto la riserva della decisione. Pertanto, la doglianza dell’immotivata preferenza di una consulenza di parte rispetto all’altra è inammissibile per genericità.

    8. Del pari inammissibile è l’istanza di valutare la possibilità di eseguire la demolizione dell’immobile, nonostante le gravi condizioni di salute dei suoi due abitanti, ricorrente e madre. Infatti, è stata veicolata non come censura dell’ordinanza impugnata ma come richiesta avanzata per la prima volta al Giudice di legittimità, cui è però precluso l’esame di questioni di fatto. Peraltro, a prescindere dall’assorbente considerazione svolta, va ulteriormente osservato che la richiesta non reca neanche i requisiti minimi che devono assistere tale tipo di domanda. La difesa non ha dedotto invero alcun elemento a sostegno del giudizio di proporzionalità che il giudice deve effettuare sulla base della giurisprudenza convenzionale delle sentenze Corte EDU, 21/04/2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria, e Corte EDU, 04/08/2020, Kaminskas c. Lituania, considerando l'esigenza di garantire il rispetto della vita privata e familiare e del domicilio, di cui all'art. 8 della CEDU, con particolare riferimento alla possibilità di soddisfare diversamente le proprie esigenze abitative (Sez. 3, n. 423 del 14/12/2020, dep. 2021, Rv. 280270-01 e n. 5822 del 18/01/2022, D’Auria, Rv. 282950-01).
    
    9. Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso va pertanto rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso, il 3 novembre 2022