Consiglio di Stato Sez. VII n. 10455 del 28 novembre 2022
Urbanistica.Sanzioni art. 37 TU edilizia
Il (meno afflittivo) apparato sanzionatorio di cui al comma 4 dell’articolo 37 dpr 380\01 può essere invocato soltanto “[laddove] l’intervento realizzato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento di presentazione della domanda” (di dichiarazione di inizio di attività – in seguito: SCIA).
La rilevante consistenza degli interventi sine titulo e la particolare disciplina vincolistica esistente nell’area, escludono la prova della sussistesse della ‘doppia conformità’ che la richiamata disposizione impone ai fini di consentire l’applicazione della (più lieve) sanzione di cui al comma 4.
Pubblicato il 28/11/2022
N. 10455/2022REG.PROV.COLL.
N. 01206/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1206 del 2018, proposto da
Francesco Celletti, rappresentato e difeso dall'avvocato Irene Giuseppa Bellavia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Irene G. Bellavia in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 55
contro
Comune di Frascati, in persona del legale rappresnetante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Caterina Albesano e Massimiliano Graziani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Massimiliano Graziani in Frascati, piazza G. Marconi, n. 3
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 8179/2017
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Frascati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 28 ottobre 2022 il Pres. Claudio Contessa.
Nessuno è presente per le parti.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso proposto dinanzi al TAR del Lazio con il n. 10778/2008 l’odierno appellante, sig. Francesco Celletti, impugnava due provvedimenti del Comune di Frascati (rispettivamente del 16 maggio e del 19 giugno 2008) che avevano irrogato a suo carico, ai sensi dell’articolo 37 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sanzioni pecuniarie rispettivamente pari ad euro 62.200,00 e 12.700,00, per opere edilizie abusivamente realizzate su un terreno destinato dal piano regolatore comunale a zona agricola.
Si costituiva in giudizio il Comune di Frascati, contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone, pertanto, il rigetto.
Con l’impugnata sentenza n. 8179/2017 il Tribunale amministrativo adìto respingeva il ricorso, dichiarando in primo luogo infondata la censura relativa all’illegittimità dei provvedimenti per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.
Al riguardo il TAR, conformandosi ai precedenti della Sezione, affermava che l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, per cui in tale ambito l'invio di tale comunicazione non è necessario.
Il TAR dichiarava inoltre infondata la tesi secondo la quale, nella fattispecie per cui è causa, andasse applicata la (meno afflittiva) sanzione di cui al comma 4 dell’articolo 37 del d.P.R. 380 del 2001, anziché quella in concreto irrogata ai sensi del comma 1 del medesimo articolo.
Sul punto il TAR osservato che l’Ente, avvalendosi anche dei rilievi effettuati dall’Agenzia del territorio, avesse correttamente applicato la sanzione di cui al comma 1 del citato d.P.R., e che la minor sanzione invocata supponesse la presentazione di una istanza di sanatoria, che il ricorrente, tuttavia, non aveva dato prova di aver formulato;
Il primo Giudice respingeva poi la censura relativa alla mancata considerazione, da parte dell’Amministrazione, del versamento, effettuato dal ricorrente in favore del Comune di Frascati, pari ad euro 516,00 ai sensi dell’articolo 37, comma 4, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Il versamento in questione, osservava il TAR, non poteva essere ricondotto né alla previsione di cui al predetto articolo, che non ammette forme di autoliquidazione, né alle opere realizzate dal Sig. Celletti, poiché quest’ultimo non aveva presentato alcuna istanza di sanatoria.
La sentenza in epigrafe è stata impugnata dal Sig. Celletti, il quale ne ha chiesto l’integrale riforma deducendo i seguenti motivi di appello:
I) “Violazione falsa applicazione dell’articolo 37 commi 1 e 4 del D.P.R. n. 380/2001 e s.i.m. Eccesso di potere per errore dei presupposti e difetto di istruttoria. - Error in iudicando e/o in procedendo sotto il profilo della errata valutazione dei presupposti. Illogicità manifesta”;
II) “Violazione e falsa applicazione degli articoli 7 e 8 della legge n. 241/1990 e s.i.m.. Error in iudicando e/o in procedendo sotto il profilo della errata valutazione dei presupposti”.
Il Comune di Frascati si è costituito in giudizio e successivamente, con memoria depositata in data 23 settembre 2022, ha replicato puntualmente alle eccezioni sollevate da parte appellante, concludendo, infine, per il rigetto del gravame.
All’udienza di smaltimento del 28 ottobre 2022 il ricorso in epigrafe è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal Sig. Francesco Celletti avverso la sentenza del TAR del Lazio n. 8179/2017, che ha respinto il ricorso da lui proposto avverso due provvedimenti del Comune di Frascati che hanno irrogato a suo carico, ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sanzioni pecuniarie rispettivamente pari ad euro 62.200,00 e 12.700,00, per opere edilizie abusivamente realizzate su un terreno destinato dal piano regolatore comunale a zona agricola.
2. Con il primo motivo di impugnativa l’appellante lamenta che il Giudice di prime cure abbia errato nel dichiarare infondato il motivo di ricorso con cui aveva censurato i provvedimenti impugnati per violazione e falsa applicazione dell’articolo 37, commi 1 e 4, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
L’appellante, nel ribadire la distinzione tra abusi formali e abusi sostanziali, asserisce che le opere da lui realizzate rientrerebbero nella prima fattispecie, in quanto risulterebbero conformi sia alla disciplina urbanistica vigente che a quella in vigore al momento della realizzazione delle stesse, ragion per cui le stesse erano suscettibili di sanatoria mediante versamento della somma di cui all’articolo 37, comma 4, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, la sanatoria sarebbe stata richiesta in data 12 aprile 2007, mediante versamento all’Amministrazione di una somma pari ad euro 516,00, indicando nella causale la dicitura “D.I.A. sanzione art. 37”.
L’anzidetto esborso non costituirebbe autoliquidazione, ma il versamento della somma minima prevista dal citato art. 37, nell’attesa di precise indicazioni, da parte del Comune, circa l’esatta somma dovuta.
Parte appellante critica, altresì, la sentenza impugnata, nella parte in cui ha omesso di considerare che il Comune, in applicazione dei principi di imparzialità, buon andamento ed efficienza, avrebbe dovuto comunque richiedere l’integrazione del versamento della sanzione, oltre alla documentazione necessaria per l’istruttoria e la sanatoria richiesta.
2.1. Il motivo è infondato.
2.1.1. Va in primo luogo osservato che il (meno afflittivo) apparato sanzionatorio di cui al comma 4 dell’articolo 37, cit. può essere invocato soltanto “[laddove] l’intervento realizzato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento di presentazione della domanda” (di dichiarazione di inizio di attività – in seguito: SCIA).
Ora, stante la rilevante consistenza degli interventi sine titulo per cui è causa, nonché la particolare disciplina vincolistica esistente nell’area, non risulta provato che sussistesse la ‘doppia conformità’ che la richiamata disposizione impone ai fini di consentire l’applicazione della (più lieve) sanzione di cui al comma 4, cit.
Appare, al contrario, che gli interventi realizzati concretassero una vera e propria trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, incompatibile con le previsioni dei cui all’articolo 22 del d.P.R. 380 del 2001 nella formulazione ratione temporis vigente.
In ogni caso la parte appellante non ha fornito (al di là di generiche affermazioni) una plausibile dimostrazione del fatto che gli interventi in questione fossero davvero in concreto riconducibili alle ipotesi di cui al richiamato articolo 22.
Ed infatti, secondo quanto verbalizzato dalla Polizia municipale (con deduzioni non contestate in fatto dall’appellante) gli interventi abusivi realizzati dall’appellante consistevano:
- nella realizzazione di un muro di contenimento in c.a., limitrofo alla sede stradale, lungo ml 135,00, di altezza variabile da ml 1,30 a ml 3,50, e nello scarico, e successivo livellamento, di innumerevoli cumuli di terreno vegetale, con conseguente modifica sostanziale di circa un terzo del lotto, interessato da un “innalzamento del fronte prospiciente la via SS. Apostoli, da circa un esistente ml 1,50 di media, a un’attuale altezza variante da ml 1,30 a ml 3,50 nel suo massimo. Il tutto contenuto dal muro di cemento armato”;
- nella realizzazione di un cancello scorrevole in ferro zincato con apertura carrabile di circa ml 5,10 e apertura pedonale di ml 1,45, per una luce totale di ml 6,55, nella creazione di una rampa e di un secondo passo carrabile mediante la formazione di due muri d’ala in blocchetti di cemento lunghi ml 17,10 e alti da ml 2,47 a ml 0,00, nell’edificazione di un muro di recinzione in blocchetti di cemento di lunghezza pari a ml 36,00 e altezza pari a ml 0,90.
Come rilevato dal Comune, poi (con deduzione ancora una volta non contestata dall’appellante), le predette opere insistono su un terreno gravato da vincolo ambientale (ai sensi della l. 1497 del 1939 – decreti ministeriali 2 aprile 1954 e 7 settembre 1962), sismico (ai sensi della l. 64/1974; grado S=9), e ricadente in zona agricola (variante stralcio al P.R.G. approvata con deliberazione giuntale n. 515/2005; sottozona A1). Nell’area in questione, ai sensi della pertinente disciplina urbanistica, sono consentite le sole costruzioni strettamente necessarie alla conduzione agricola e allo sviluppo delle imprese agricole, con indici e parametri stabiliti dall’art. 19, Zona 3, del P.T.P. n. 9, che ammette un rapporto di copertura non superiore a un metro quadro per ettaro).
2.1.2. Ma anche ad ammettere che gli interventi per cui è causa fossero astrattamente ascrivibili alle ipotesi di cui all’articolo 22 del d.P.R. 380 del 2001 e fossero quindi realizzabili con D.I.A. (il che appare comunque da escludere per quanto già osservato retro, sub 2.1.1), difettavano comunque nel caso in esame le condizioni affinché l’appellante potesse invocare l’applicazione del (più tenue) apparato sanzionatorio di cui al comma 4 del più volte richiamato articolo 37.
Ed infatti (come condivisibilmente rilevato dal TAR) a tal fine era necessario: i) che l’appellante presentasse al Comune una formale istanza di sanatoria; ii) che il Comune fosse posto in condizione di verificare in concreto la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per ammettere tale sanatoria; iii) che lo stesso Comune procedesse – previa valutazione dell’Agenzia del territorio – a determinare la sanzione applicabile in relazione dell’aumento del valore dell’immobile conseguito tramite l’abuso.
Non può quindi trovare accoglimento la tesi dell’appellante secondo cui la spontanea effettuazione di un versamento di 516 euro con la causale “D.I.A. sanzione art. 37” equivalesse alla presentazione di un’istanza di sanatoria e gravasse il Comune dell’onere di determinare il quantum effettivo della sanzione dovuta.
Anche a prescindere dal fatto che il Comune nega che la cifra in parola sia mai pervenuta nelle sue casse, deve comunque negarsi una qualunque equivalenza fra lo spontaneo pagamento in parola e la presentazione di una formale istanza di sanatoria.
Del resto, proprio restando sul piano della leale collaborazione fra le parti (invocata dall’odierno appellante), lo stesso non aveva posto in alcun modo il Comune in condizione di apprezzare la consistenza effettiva degli interventi realizzati e, conseguentemente, non lo aveva posto in condizione di determinare sulla – mai formulata – istanza di sanatoria.
E’ sufficiente qui sottolineare che, secondo risultanze non controverse in atti, l’appellante non aveva mai rappresentato in modo chiaro ed esaustivo al Comune l’effettiva consistenza dei realizzati interventi abusivi, rappresentando piuttosto di aver posto in essere interventi “di modesta entità” (comunicazioni in data 12 aprile e 11 settembre 2007), nonché ulteriori interventi – parimenti di secondaria entità – consistenti nel rifacimento di un cordolo con sostituzione di paletti in ferro e rete metallica dei muri di cinta (comunicazioni in data 20 settembre e 11 ottobre 2007).
Non può quindi trovare accoglimento la tesi dell’appellante secondo cui sarebbe gravato sul Comune l’obbligo di richiedere l’integrazione del versamento della sanzione, nonché la documentazione necessaria per l’istruttoria e il rilascio della (mai richiesta) sanatoria.
A tacer d’altro, infatti, l’appellante (il quale, pure, lamenta la mancata conformazione del civico Ente a un generale dovere di collaborazione) aveva a propria volta tenuto un contegno tutt’altro che collaborativo, omettendo di mettere il Comune in condizione di apprezzare l’effettiva consistenza degli interventi per cui è causa (consistenza che è emersa in modo evidente soltanto in occasione degli accessi operati dalla Polizia municipale in data 26 aprile 2007 e 15 gennaio 2008).
2.2. Il primo motivo deve quindi essere respinto.
3. Il secondo motivo di appello ripropone la censura, disattesa dal TAR, relativa alla illegittimità dei provvedimenti del Comune di Frascati per violazione degli articoli 7 e 8 della l. 241 del 1990.
A tal riguardo l’appellante critica la decisione del Tribunale amministrativo regionale di conformarsi ai precedenti della Sezione, ritenuti da parte appellante non pertinenti al caso di specie, poiché il provvedimento impugnato in primo grado non rappresenterebbe esercizio di un potere repressivo, quanto piuttosto di un potere sanzionatorio pecuniario.
3.1 Il motivo è infondato.
3.1.1. Va premesso che, in base a consolidati – e qui condivisi – orientamenti, i provvedimenti sanzionatori edilizi, rappresentano atti dovuti a fronte delle condotte abusive e, in quanto tali, non devono essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di misure sanzionatorie per l'accertamento dell'inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, VI, sent. 6 luglio 2022, n. 5614; id., VI, 26 aprile 2022, n. 3159; id., VI, 22 febbraio 2022, n. 1270).
E’ qui appena il caso di sottolineare che l’appellante non ha offerto in giudizio atto a dimostrare che, laddove i provvedimenti sanzionatori fossero stati preceduti da una comunicazione di avvio, lo stesso sarebbe stato in grado di addurre elementi idonei ad imprimere alla vicenda un diverso esito provvedimentale.
Al contrario, all’esito del presente giudizio è stata confermata la natura abusiva degli interventi per cui è contestazione e non è stata contestata in alcun modo la quantificaizone operata dal Comune sulla base degli elementi fatti pervenire dall’Agenzia del territorio.
Si osserva inoltre che è infondata la tesi che mirerebbe a distinguere fra (da un lato) l’esercizio del potere repressivo di abusi edilizi – a fronte del quale potrebbe non rilevare l’omessa comunicazione di avvio – e (dall’altro) l’esercizio del potere sanzionatorio pecuniario – a fronte del quale, invece, l’omessa comunicazione di avvio risulterebbe insuperabilmente viziante -.
Al riguardo ci si limita ad osservare che tanto l’irrogazione delle sanzioni demolitorie (in relazione alle quali si pone frequentemente il tema della mancata comunicazione di avvio), tanto l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie che qui rilevano, costituiscono esercizio di un unico – e omogeneo – potere di repressione e contrasto al fenomeno dell’abusivismo edilizio.
Del resto, anche a voler valutare la tesi dell’appellante, non emergerebbe a ben vedere alcuna effettiva ragione per considerare non necessaria la comunicazione di avvio a fronte delle più gravi conseguenze demolitorie, mentre risulterebbe inspiegabilmente necessaria la medesima comunicazione di avvio a fronte delle semplici – pur se onerose – misure sanzionatorie di carattere economico.
3.2. Anche il secondo motivo deve dunque essere respinto.
4. Per le ragioni esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alla rifusione del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 2.500 (duemilacinquecento), oltre gli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2022 con l'intervento dei magistrati:
Claudio Contessa, Presidente, Estensore
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere
Sergio Zeuli, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere