Il Piano Casa e la sanatoria edilizia
di Antonio VERDEROSA
Da più parti l’art. 4 della legge regionale Campania n. 19/2009 (c.d. Piano Casa), è intepretato come norma di favore che possa in qualche misura legittimare una sanatoria postuma anche di ampliamenti già realizzati, in base alla normativa sul Piano Casa, e ciò sul presupposto che l’abuso realizzato in spregio alla normativa urbanistica si possa, invece, sanare in base alla normativa premiale e derogatoria di cui si discute. Tale interpretazione, secondo taluni, risponde all'esigenza di scongiurare la demolizione di interventi edilizi che, per quanto abusivamente realizzati e certamente passibili di sanzione amministrativa, potrebbero essere in seguito ricostruiti, se ed in quanto conformi alla normativa speciale introdotta con la L.R. n. 19/2009, che introduce, tra l'altro, disposizioni per il rilancio economico e la riqualificazione del patrimonio esistente, con chiaro favor per gli interventi edilizi a destinazione residenziale. Ma non è così. Il riferimento ad una ipotetica sanatoria ex l.r. 19/2009 è comunque priva di riscontri concreti. In ogni caso, siffatta ipotesi si scontra con la costante giurisprudenza del giudice amministrativo che esclude che la disciplina del «piano casa» consenta di ampliare le ipotesi di sanatoria edilizia: non è possibile, cioè, beneficiare degli incrementi volumetrici previsti da tale legge per sanare pregressi abusi edilizi (così T.A.R. Liguria, sez. I, 20 giugno 2017, n. 538). Infatti, la natura derogatoria e temporanea del Piano Casa della Regione Campania (legge n. 19 del 2009), stante la sua dichiarata finalità mirata al rilancio economico attraverso la riqualificazione e trasformazione urbanistica, implica una stretta interpretazione delle sue norme, senza interpretazioni estensive che potrebbero condurre a stravolgere l’ordinata pianificazione del territorio (Cons. St. sez. VI, 21 marzo 2016, n. 1153). Peraltro, la giurisprudenza esclude che quella sul Piano Casa della Regione Campania sia una normativa di condono o di sanatoria ma, riflettendo l'esigenza di promuovere gli investimenti privati nel settore dell'edilizia, è una disciplina di natura eccezionale in relazione a specifici interventi, destinata ad operare per un arco temporalmente limitato, sempre dietro presentazione di un'istanza che deve precedere la loro esecuzione (Cons. St., sez. VI, 28 gennaio 2016, n. 335).
E' fuor di dubbio, dunque, che la legge regionale permette l'ampliamento, escludendo espressamente tutti casi in cui l'edificio interessato risulti realizzato in assenza o in difformità rispetto al titolo abilitativo (art. 3), e semprechè il fabbricato sia regolarmente autorizzato al momento della richiesta di permesso a costruire (art. 12 bis). Ne consegue che gli immobili con almeno un abuso edilizio - determinato dall'assenza/difformità di parte dell'immobile, rispetto all'originaria licenza edilizia - esistente al momento della richiesta dell'accesso alle deroghe disegnate dal Piano Casa, non possono godere dei benefici volumetrici premiali .
Siffatti titoli abilitativi, risultano in contrasto con le norme contenute nelle rispettive fonti di natura legislativa, regolamentare e negli atti da esse derivati. Infatti, nel rilascio dei titoli abilitativi si omette di tener conto delle più complesse vicende autorizzative e normative inerenti l’intervento edilizio. Conseguentemente, tali permessi di costruire risultano illegittimi in quanto in evidente contrasto con le disposizioni della legge regionale Campania n. 19/2009 , solo laddove si pensi che la stessa legge regionale esclude la possibilità di concedere l'ampliamento ad uso residenziale nei casi in cui gli edifici interessati, al momento della richiesta del permesso di costruire, risultino realizzati - come, invece, accade spesso - in assenza ovvero in difformità rispetto al titolo abilitativo, stabilendo, perentoriamente, ancora ed oltretutto, la possibilità di applicare le disposizioni, derogatorie e di favore, soltanto ai fabbricati regolarmente autorizzati al momento della istanza di permesso di costruire. Invero, da una parte, l'art. 3 della legge regionale n. 19/2009, rubricato proprio "Casi di Esclusione'', stabilisce, inderogabilmente, alla lettera a) che: … Gli interventi edilizi di cui agli articoli 4, 5, 6-bis e 7 non possono essere realizzati su edifici che al momento della presentazione della DIA o della richiesta del permesso a costruire risultano: a) realizzati in assenza o in difformità al titolo abilitativo per i quali non sia stata rilasciata concessione in sanatoria... Dall'altra, il successivo art. 12 bis; chiosa in maniera inequivocabile : … La presente legge si applica soltanto ai fabbricati regolarmente autorizzati al momento della richiesta di permesso a costruire, ricadenti sull’intero territorio regionale…. Non occorre divagarsi molto per sostenere l'illegittimità di tali provvedimenti concessori posto che vengono rilasciati consentendo sia l’ampliamento richiesto a mente del Piano Casa, sia, contestualmente, la sanatoria delle parti abusive. Vi è dunque, sovente nella prassi corrente, violazione dell’art.3, c.1, lett. a della legge regionale Campania n. 19/2009 nel quale, tra i casi di esclusione della possibilità di richiedere l’ampliamento in “deroga” da tale legge consentito (art. 4), è contemplata l’assenza, al momento della presentazione della domanda da parte dell’interessato, dei titoli edilizi, di ogni genere e specie, che per lo stesso immobile siano stati richiesti per antecedenti interventi su di esso effettuati. Alla stregua del chiaro tenore della normativa sopra richiamata, è evidente che gli interventi ex artt. 4 ss. della l. r. Campania n. 19/2009, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, in tanto sono ammessi, in quanto, da un lato, non siano stati già (abusivamente) realizzati, ma siano previamente e ritualmente assentiti mediante idoneo titolo abilitativo, e in quanto, d’altro lato, l’edificio cui accedono sia stato realizzato legittimamente ovvero, ancorché realizzato abusivamente, sia stato previamente sanato. In altri termini, il requisito della legittimità dello stato dei luoghi, richiesto dalla disciplina legislativa regionale richiamata, deve indefettibilmente sussistere alla data di presentazione dell’istanza a norma del Piano Casa: il che sta inequivocabilmente a significare che a quest’ultimo non è, di per sé, ricollegabile quella portata sanante, propria della domanda di accertamento di conformità, (sul punto, cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 753/2019; n. 1240/2019; n. 1487/2019). Come già osservato in tal senso dalla giurisprudenza, quella sul Piano Casa è non già una normativa di sanatoria, bensì, riflettendo l'esigenza di promuovere gli investimenti privati nel settore dell'edilizia, una disciplina di natura eccezionale in relazione a specifici interventi, destinata ad operare per un arco temporalmente limitato, sempre dietro presentazione di un'istanza che deve precedere la loro esecuzione e da cui deve, peraltro, emergere la rispondenza degli interventi medesimi agli specifici obiettivi di ottimizzazione del patrimonio edilizio e di sviluppo delle attività insediate sul territorio, perseguiti dal legislatore regionale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 335/2016; TAR Campania, Napoli, sez. II, n. 5203/2012; sez. IV, n. 4056/2013; sez. VIII, n. 1690/2014; n. 4717/2015; n. 4092/2016; sez. IV, n. 5650/2017). E’ stato infatti sul punto affermato in giurisprudenza che la disciplina del « piano casa » non consente di ampliare le ipotesi di sanatoria edilizia: non è possibile, cioè, beneficiare degli incrementi volumetrici previsti da tale legge per sanare pregressi abusi edilizi. (T.A.R. Genova, (Liguria) sez. I, 20/06/2017, n.538). Quella sul Piano Casa Campania non è infatti una normativa di condono o di sanatoria ma, riflettendo l'esigenza di promuovere gli investimenti privati nel settore dell'edilizia, è una disciplina di natura eccezionale in relazione a specifici interventi, destinata ad operare per un arco temporalmente limitato, sempre dietro presentazione di un'istanza che deve precedere la loro esecuzione. (Consiglio di Stato sez. VI, 28/01/2016, n.335). Se le difformità, non sono state oggetto di provvedimenti di sanatoria prima della presentazione dell’istanza di permesso di costruire è conclamata l’illegittimità del titolo edilizio a rilasciarsi per violazione dell’art. 3, comma 1, lett. a), della legge piano casa. Spesso si argomenta che trattandosi di modesti abusi per la loro stessa natura e ridotta consistenza volumetrica, sono sanabili applicando la L.R. 19/2009. In questo senso, si è condivisibilmente osservato che: «La minima dimensione dell'aumento volumetrico … non è causa di deroga al principio generale secondo cui è richiesto il titolo edilizio per ogni intervento di nuova costruzione, come quello in esame … Né può sostenersi che i servizi igienici rappresentino un volume tecnico ovvero un impianto tecnologico, attesa la evidente utilizzazione abitativa del volume creato ex novo. Senza considerare che la realizzazione del locale introduce una significativa alterazione della sagoma dell'edificio e dunque è parimenti soggetta al permesso di costruire. Pertanto, in punto di diritto, va affermato che la costruzione dell'opera abusiva deve ritenersi soggetta al permesso di costruire, dal momento che, a dispetto della sua funzione servente, essa incide sull'assetto edilizio preesistente e consente una utilizzazione autonoma» (TAR Campania , Napoli, sez. VI, 11 aprile 2006, n. 3529).
In argomento, giova rammentare che:
- l’art. 12, comma 1, della l. r. Campania n. 19/2009 subordina gli interventi in deroga di cui agli artt. 4 ss. – quali, appunto, gli ampliamenti eseguiti sine titulo – alla preventiva richiesta ed al preventivo rilascio di idoneo titolo abilitativo edilizio;
- ai sensi del successivo art. 12 bis, la disciplina derogatoria regionale sul Piano Casa «si applica soltanto ai fabbricati regolarmente autorizzati al momento della richiesta di permesso a costruire, ricadenti sull’intero territorio regionale»;
- ai sensi del precedente art. 3, comma 1, lett. a, della l. r. Campania n. 19/2009, i cennati interventi ex artt. 4 ss., anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, «non possono essere realizzati su edifici che al momento delle presentazione della denuncia di inizio di attività di edilizia … o della richiesta del permesso a costruire risultano … realizzati in assenza o in difformità al titolo abilitativo per i quali non sia stata rilasciata concessione in sanatoria» .
Si rammenta che la Corte Costituzionale - con la sentenza n. 107 dell’11 maggio 2017, ha dichiarato l’illegittimità dell’art.12, comma 4-bis, della Legge regionale 19 del 2009, introdotto dalla legge regionale n. 1 del 2011, nella parte in cui ammetteva la possibilità di sanare gli abusi edilizi precedenti l'entrata in vigore del Legge sul c.d. piano casa. Ne consegue che, in assenza del requisito della c.d. doppia conformità urbanistica, richiesto inderogabilmente dall’art. 36 d.p.r. 380/2001, risulta inapplicabile la normativa sul cd. Piano Casa. Anche il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza n. 5274 del 7 settembre 2018 - nel richiamare i principi espressi dalla citata sentenza della Corte Costituzionale n. 107/2017 - ha evidenziato la necessità della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 36 d.p.r. 380/2001 (cfr., anche, Cons. Stato, Sez. VI, 9 marzo 2016 n. 936). Come è stato già evidenziato, “ con sentenza della Corte Costituzionale n. 107 del 2017 è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 4-bis, della l.r. n. 19 del 2009, come sostituito dall’art. 8, comma 1, lettera l), della l.r. n. 6 del 2016, nella parte in cui fa riferimento «alla stessa legge» anziché «alla disciplina edilizia ed urbanistica vigente», dovendosi, pertanto, escludere, tenuto conto delle motivazioni alla base della predetta pronuncia, che il parametro di riferimento ai fini della verifica in merito alla sussistenza del requisito della c.d. doppia conformità prescritto dall’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 possa essere costituito dalle previsioni recate dalla legge regionale, essendo sempre necessaria la sussistenza della conformità dell’opera alla disciplina edilizia ed urbanistica vigente alla data di esecuzione dell’intervento ed a quella di presentazione della domanda ;”. (cfr. ordinanza n. 1615/2017).
La tesi della p.a., ad avviso di chi scrive è che il requisito della doppia conformità possa rinvenirsi mediante l’applicazione degli aumenti volumetrici consentiti dal Piano Casa, tanto al momento di realizzazione delle opere abusive che al momento della presentazione dell’istanza tesa non solo all’ampliamento concesso dal Piano Casa ma anche all’accertamento di conformità per le difformità esistenti 1. Tale opzione interpretativa è stata definitivamente esclusa della Corte costituzionale, nella citata sentenza. La Corte, infatti, dopo aver richiamato il proprio precedente (sentenza n. 101 del 2013), con cui ha affermato che il principio fondamentale desumibile dall’art. 36 del TUE è che: “ è possibile ottenere un permesso in sanatoria solo se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda .”, ha testualmente affermato “l’ illegittimità costituzionale della norma impugnata, con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., nella parte in cui si differenzia dall’art. 36 del TUE. Al vulnus riscontrato può in coerenza ovviarsi incidendo sulla disposizione scrutinata, nella parte in cui fa riferimento alla «stessa legge» (la n. 19 del 2009 della Regione Campania) quale parametro per i permessi in sanatoria da assentire ex art. 36 TUE, anziché al disposto di quest’ultima norma laddove si richiama «alla disciplina edilizia ed urbanistica vigente”. E’ pertanto evidente che il requisito della doppia conformità non può essere valutato alla stregua della stessa l. reg. 19/2001, come spesso sostenuto dalla p.a., ma solo alla luce della disciplina urbanistico edilizia vigente all’epoca di realizzazione dell’abuso e di presentazione dell’istanza ex art. 36 TU edilizia.
Ed infatti, per espressa previsione normativa, gli interventi di cui all’art. 4 sono subordinati alla preventiva richiesta ed al previo rilascio di idoneo titolo abilitativo edilizio (art. 12, comma 1, della l. r. Campania n. 19/2009); inoltre, la disciplina derogatoria regionale sul piano casa “si applica soltanto ai fabbricati regolarmente autorizzati al momento della richiesta di permesso a costruire” (art. 12 bis) . Inoltre, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a, della l. r. Campania n. 19/2009, i cennati interventi di cui all’art. 4, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, “ non possono essere realizzati su edifici che al momento delle presentazione della denuncia di inizio di attività di edilizia … o della richiesta del permesso a costruire risultano realizzati in assenza o in difformità al titolo abilitativo per i quali non sia stata rilasciata concessione in sanatoria ” (Tar Campania Sentenza n. 1288/2017).
In definitiva, riconducendo la fattispecie in esame alla cornice ordinamentale di riferimento dianzi illustrata, è agevole avvedersi come molte P.A. si discostino dall’alveo segnato dal legislatore regionale, nel dichiarato proposito di lucrare i benefici del Piano Casa regionale in via di sanatoria, ossia proprio sulla base di quella fuorviante interpretazione dell’art. 12, comma 4 bis, della l. r. Campania n. 19/2009, che la Corte costituzionale ha inteso scongiurare con la sentenza n. 107 del 4 aprile 2017; e tanto, per di più, senza aver elaborato una soluzione progettuale ab origine conformata alle condizioni di premialità ex art. 6 bis, commi 2 e 3, della l. r. Campania n. 19/2009.
Antonio Verderosa
1 E’ noto che “l'accertamento di conformità in sanatoria, ai sensi degli artt. 36 del D.P.R. 380/2001, è finalizzato a sanare le opere solo formalmente abusive, perché eseguite senza il previo rilascio del titolo, ma nella sostanza conformi alla disciplina urbanistica applicabile per l'area su cui sorgono, vigente sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione dell'istanza di conformità” (cfr. ex multis, da ultimo, TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 15/06/2020) e che “il permesso in sanatoria, previsto dall'art. 36 d.P.R. n. 380/2001, può essere concesso solo nel caso in cui l'intervento risulti conforme sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione del manufatto, che alla disciplina vigente al momento della presentazione della domanda. La doppia conformità è condicio sine qua non della sanatoria, ed investe entrambi i segmenti temporali, cioè il tempo della realizzazione dell'illecito ed il tempo della presentazione dell'istanza. Nel caso di specie il provvedimento, in maniera sintetica ma esaustiva, evidenzia l'assenza totale della richiesta doppia conformità, stante che il manufatto realizzato è in contrasto con la destinazione d'uso dei locali, il che è sufficiente a precludere il rilascio del permesso di costruire in sanatoria. Tale rilievo prescinde del tutto dalla valutazione a posteriori della natura o della consistenza dell'abuso, sollecitata dall'interessato, dovendosi considerare, specie in ragione del carattere rigidamente vincolato del potere esercitato dall'amministrazione, che la contrarietà originaria dell'intervento, rispetto alla strumentazione urbanistica, esclude il prescritto requisito della doppia conformità” (T.A.R. Reggio Calabria, sez. I, 11/01/2019, n.15).