TAR Friuli VG Sez. I n. 267 del 30 aprile 2010
Urbanistica. Competenze

Quanto ai soggetti pubblici istituzionalmente deputati a dettare norme in materia urbanistica, non è revocabile in dubbio che essi possano statuire anche in materia ambientale: materia, questa, sussumibile nella nozione di “urbanistica”. La possibilità di dettare norme, stabilire vincoli e procedure a tutela dell'ambiente naturale deve ritenersi compresa nella competenza legislativa e amministrativa in materia urbanistica, che è comune a tutte le Regioni a statuto ordinario come a quelle statuto speciale.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 00267/2010 REG.SEN.
N. 00429/2001 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 429 del 2001, proposto da:
Worldwide Fund For Nature-Fondo Mondiale Natura Onlus - G.P., rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Giadrossi, con domicilio eletto presso Alessandro Giadrossi Avv. in Trieste, via S. Caterina Da Siena 5;


contro


Comune di Muggia, rappresentato e difeso dagli avv. Cesare Pellegrini, Lorenzo Pellegrini, con domicilio eletto presso Cesare Pellegrini Avv. in Trieste, via Xxx Ottobre 19; Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia, rappresentato e difeso dall'avv. Vinicio Martini, con domicilio eletto presso Vinicio Martini Avv. in Trieste, c/o Uff. Legale Regione-V.Carducci 6;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

della deliberazione del Comune di Muggia dd. 13 aprile 1999; della deliberazione dd. 18 dicembre 2000; del decreto del Presidente della Giunta Reg.le del F.V.G. dd. 20 aprile 2001..

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Muggia e di Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2010 il dott. Vincenzo Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


L’ Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature ONLUS— Fondo Mondiale per la Natura ONLUS, in persona del suo Presidente, con il ricorso in esame, rubricato al n. 429/01, ha chiesto l’annullamento:

a) della deliberazione del Consiglio comunale di Muggia (TS) del 13 aprile1999, n. 21, recante la adozione della variante generale al Piano regolatore generale comunale n. 15, in parte qua;

b) della deliberazione del Consiglio comunale di Muggia del 18 dicembre 2000, n. 62, recante la approvazione della variante generale del PRGC, n. 15, in parte qua;

e) del decreto del Presidente della Giunta Regionale del Friuli Venezia Giulia del 20 aprile 2001, n. 0115/Pres, recante la conferma parziale dell’esecutività della deliberazione consiliare di approvazione della variante generale del PRGC, n. 15 e della deliberazione della Giunta regionale n. 1213 del 13 aprile 2001, recante la introduzione di modifiche e la conferma parziale della esecutività della deliberazione consiliare n. 62/2000, in parte qua;

d) di ogni altro atto comunque, connesso, presupposto o conseguente.

La ricorrente associazione esordisce ricordando che il Comune di Muggia, con delibera consiliare di 31 maggio 1995, n. 36, adottava le direttive per la formazione della variante generaIe al PRGC, ai sensi dell’art. 31 della legge regionale 52 del 1991; tra le direttive si evidenziava come uno degli obiettivi del piano (punto b) fosse la conferma con previsioni di tutela attiva della protezione delle aree soggette a vincolo archeologico, bellezze naturali e interesse ambientale, limitando comunque la potenzialità edificatoria nelle zone pregevoli dal punto di vista paesaggistico; venivano indicate in tale senso alcune aree di particolare importanza.

Al fine di dotarsi di uno strumento di conoscenza delle vocazioni del territorio e raggiungere gli obiettivi di tutela che con le direttive erano stati prefissati – prosegue la ricorrente - veniva dato incarico al dott. Michele Cassol, naturalista, dì predisporre un elaborato denominato “Risorse naturalistiche e ambientali. Tutela e valorizzazione” (l’elaborato è stato richiamato e fatto proprio nella tavola A3 degli elaborati costituenti la variante de qua): in questo studio sono state indicate le c.d. emergenze ambientali, distinguendole tra: aree di rilevante interesse naturalistico, aree di interesse ambientale ( boschi, paesaggio agrario tipico, fasce di margine, fasce cuscinetto, prati, corsi d’acqua ) nonché aree di interesse paesaggistico.

Con deliberazione del Comune di Muggia, dd. 13 aprile 1999, n. 21 - ricorda l’istante - veniva adottata la variante generale del PRGC, n. 15; tempestivamente venivano inoltrate dall’associazione ricorrente, unitamente ad altre associazioni, delle osservazioni sulla variante: la Regione si esprimeva con proprie riserve vincolanti a seguito del parere reso dal Comitato Tecnico Regionale nella seduta dell’8 novembre 1999 e comunque recepito nella delibera della Giunta Regionale, dd. 23 dicembre 1999, n. 3996; il Comune di Muggia istruiva nuovamente la variante sulla base delle riserve regionali e delle osservazioni presentate dall’ associazione e dai privati. Sulla base delle controdeduzioni predisposte dagli uffici comunali e dai professionisti incaricati, venivano formate delle schede riassuntive, che venivano sottoposte all’esame del Consiglio Comunale in varie sedute: al riguardo la ricorrente sottolinea il fatto che non risulta che i consiglieri abbiano esaminato le osservazioni, in quanto la valutazione si sarebbe limitata alle schede riassuntive predisposte dagli uffici; in particolare, rispetto alle osservazioni il Comune controdeduceva come da elaborato inviato all’ Associazione ricorrente. Con delibera consiliare del Comune di Muggia, dd. 18 dicembre 2000, n. 62 veniva approvata la variante generale del PRGC, n. 15: da questa delibera -precisa la deducente – non risulta l’avvenuto accoglimento o meno delle osservazioni; si accertava direttamente che agli elaborati della variante erano state apportate delle modifiche derivanti dall’accoglimento delle osservazioni - opposizioni e dal recepimento delle riserve vincolanti formulate dalla Giunta Regionale; inoltre, in detta delibera non vi sarebbe alcun riferimento a precedenti deliberazioni consiliari, facendosi solo riferimento ai lavori della II Commissione Consiliare: di qui la conclusione che le osservazioni non sono state respinte ed accolte nella seduta del 18 dicembre 2000, ma in eventuali (ignote) sedute precedenti: questa delibera, inoltre, non sembrerebbe che fosse stata esaminata dalla Regione, come risulta anche dalla loro mancata citazione nel decreto; la medesima delibera risulta, poi, sprovvista degli allegati citati nel testo ed in particolare delle intese raggiunte con l’Ezit , la Capitaneria di Porto e l’Autorità Portuale di Trieste; gli atti citati dalla delibera comunale – a detta dell’istante - non rappresenterebbero comunque atti d’intesa: quanto al provvedimento della Capitaneria, questo costituirebbe semplicemente un parere di massima favorevole alla variante di piano: ben poco in considerazione dell’importanza degli interventi a mare previsti lungo tutta la linea di costa; la delibera dell’ Ezit, a sua volta, non si atteggerebbe ad atto d’intesa bensì a mero atto preparatorio volto a indicare all’ Amministrazione Comunale le richieste di modifica da apportare al piano: si tratterebbe, infatti, essenzialmente di una richiesta comportante una modifica della variante per aree non di competenza dell’ EZIT (zona portuale L.1); l’Ezit ha inoltre invitato il Comune di Muggia a recepire nel proprio piano la normativa contenuta nella variante al PRGC del Comune di Trieste: tale recepimento è stato così pedissequo da comprendere anche una previsione sull’Adriaterminal che si ignorava, sino a questo momento, fosse localizzato anche sul territorio muggesano. La proposta di intesa formulata dall’ EZIT non sarebbe stata, d’ altra parte, integralmente recepita e quindi non sarebbe stata effettivamente raggiunta l’intesa così come dichiarato in delibera (ad esempio altezza max. di 12 m. nelle zone D3a).

La variante approvata – prosegue la ricorrente - è stata trasmessa alla Regione Friuli - Venezia Giulia, che si è espressa, a seguito del parere reso dal Comitato Tecnico Regionale (CTR) in data 13 marzo 2001 con parere 46/1 — T/01, con propria delibera della Giunta 13 aprile 2001, n. 1213, dopo un’ istruttoria che non appare essere avvenuta con la dovuta attenzione, considerate le clamorose incongruenze della variante che avrebbero dovuto essere rilevate; inoltre, la zonizzazione e la normativa contenuta nella variante prevedono destinazioni del territorio che grande impatto hanno su un ambiente certamente meritevole di tutela: non vengono in alcun modo recepiti, ma anzi contraddittoriamente pretermessi – denuncia l’istante - i contenuti dello studio naturalistico sopra citato ( questo agire illegittimo era stato anche oggetto di rilievo da parte della Regione nelle sue riserve vincolanti nn. Rd2 - Rd10); in particolare, in località Punta Sottile vengono individuate delle zone nelle quali sono previsti interventi di rilevante impatto paesaggistico ed ambientale: come risulta dalla carta della zonizzazione (P14) le destinazioni a zona G1, attrezzature ricettive di tipo turistico marino (ambito F), a zona G4, strutture ricettive alberghiere esistenti (ambito E); in località Lazzaretto viene prevista una zona G1 ( ambito D ), identificandola per la parte a mare, attraverso un disegno della linea di costa non corrispondente alla realtà, ma solo ad un progetto non assentito dalla autorità marittima; l’interramento a mare, da una parte, va a coprire un sito archeologico la cui importanza è stata anche segnalata dalla Soprintendenza; dall’altra parte l’interramento provocherebbe l’intombamento della foce dei Rio Almerigotti.

La ricorrente sottolinea il fatto che il perimetro dell’ambito D comprende un’area di rilevante interesse naturalistico - Rio Almerigotti, come risulta dalla stessa zonizzazione; sempre il Rio Almerigotti viene compreso marginalmente da una destinazione incompatibile (zona S5a); la rilevata opportunità di un collegamento naturalistico tra il Rio Almerigotti e l’area del Bosco di Punta Ronco viene invece immotivatamente compromessa dalla previsione di un’urbanizzazione per servizi ed attrezzature collettive (parcheggio); ancora, l’area del Bosco di Punta Ronco viene identificata di alto valore naturalistico dallo studio Cassol, ma destinata dalla variante ad insediamenti edilizi, turistici e sportivi di rilevante impatto ambientale e quindi incompatibili con un’effettiva tutela; il Bosco di S. Rocco, classificato area di interesse ambientale, è poi solo in parte oggetto di tutela, attraverso una destinazione a zona omogenea E2, venendo invece alcune sue parti orientali destinate a zona omogenea C1 con la previsione del massimo indice di edificabilità consentito dalla variante; il Bosco Farnei, classificato di interesse ambientale, è anch’esso solo in parte oggetto di tutela; infatti una sua parte è destinata all’ampliamento dell’attività estrattiva esistente; l’area dei Laghetti delle Noghere, sottoposta al vincolo paesaggistico con recente decreto puntuale della Regione Friuli - Venezia Giulia, viene parzialmente destinata ad insediamenti industriali, in particolare per tutta la sua parte in destra orografica del rio Ospo: la destinazione – si duole la ricorrente - appare chiaramente incompatibile con le previsione di tutela indicate nel provvedimento di vincolo paesaggistico.

La deducente contesta, poi, la previsione del mutamento della linea di costa, che viene in parte destinata al reperimento di standard urbanistici (parcheggi): viene in particolare zonizzata un’area non esistente nella realtà ma che potrà essere realizzata solo a seguito di specifiche procedure volte alla valutazione dell’impatto ambientale e paesaggistico; la realizzazione di questi interramenti a mare verrebbe a costituire una grave alterazione ambientale e paesaggistica, comportando l’insediamento dì una “quinta” di urbanizzazioni contraddittoria con gli scopi di tutela dei vincoli a suo tempo imposti, nonchè il degrado ambientale dei fondali marini interessati in un’area oggetto di svariati studi e di proposte di tutela.

Infine le nuove previsioni della variante, attraverso l’adozione di una normativa formulata in modo erroneo, appaiono alla ricorrente solo apparentemente interdittive della possibilità di insediamento dei depositi costieri di GPL proposti dalla “Seastok spa”: il riferimento normativo è infatti erroneo, essendo stato il dPR 175 del 1988 espressamente abrogato dall’art. 30 del d.lgs 334 del 1999; la destinazione urbanistica impressa nella variante sarebbe, comunque, in contrasto con l’intesa raggiunta con l’ Autorità Portuale: in forza di questa intesa l’area avrebbe dovuto infatti ricevere una destinazione urbanistica portuale, essendo stata giudicata dall’Autorità come strategica rispetto ai programmi di espansione del porto; la destinazione prevista dalla variante, invece, neppure prevede la realizzazione di aree portuali, più esattamente confinandole in una ristrettissima fascia classificata L1 — zona portuale di interesse regionale: proprio l’estensione di questa fascia appare in netto contrasto con la planimetria, allegata alla delibera d’intesa, del Comitato Portuale, in quanto si trova ad insistere su aree marine esterne a quelle perimetrate dall’ Autorità Portuale. La futura linea di costa nella variante appare, poi, sensibilmente diversa da quella indicata nel citato elaborato allegato alla delibera del Comitato Portuale.

A questo punto la deducente sottolinea il grave pregiudizio che deriverà all’Associazione ricorrente da tali previsioni di piano regolatore, laddove consentono interventi di grave impatto sull’ambiente: di qui la sua legittimazione a ricorrere, essendo associazione di protezione ambientale riconosciuta ai sensi della legge 349 del 1986, avverso i provvedimenti sopra indicati, per i seguenti motivi:

1 - Primo mezzo: VIOLAZIONE DELLA L.R. 52 DEL 1991 - ART. 32; VIOLAZIONE DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO DI CONTRODEDUZIONE ALLE OSSERVAZIONI - ERRONEITA’ NEI RISULTATI DELLE VOTAZIONI

L’Associazione ricorrente ricorda di aver tempestivamente depositato delle osservazioni alla variante; sulla base di queste osservazioni gli uffici comunali ed i professionisti incaricati, hanno formato una scheda riassuntiva ( n. 117) sottoposta all’esame del Consiglio Comunale: nella scheda vengono sintetizzate le osservazioni, talvolta riducendone il contenuto ad una sola riga; dai verbali delle sedute risulta che i consiglieri non hanno esaminato e votato le osservazioni, ma la valutazione e votazione si e limitata alle schede riassuntive predisposte dagli uffici: infatti al verbale avrebbero dovuto essere allegate le osservazioni presentate dai cittadini; eventualmente poi, per una più semplice lettura, le stesse avrebbero potuto essere suddivise per argomenti.

Il risultato – sottolinea l’istante - è stato quello di un voto espresso sulle sole schede riassuntive degli uffici e non sulle osservazioni proposte dall’ Associazione e dai cittadini: ciò appare in netta violazione della legge urbanistica, la quale prevede che il Consiglio Comunale si pronuncia motivatamente sulle osservazioni ed opposizioni.

Quanto il giudizio sia stato affrettato – puntualizza la ricorrente - è dimostrato dal fatto che, ad esempio, sul punto 26 della scheda relativa alla propria osservazione, risultano voti dei Consiglieri comunali favorevoli O, contrari 8 e votanti 12; sul punto 29B, 2 favorevoli, 8 contrari e votanti 12; la scheda viene poi erroneamente indicata come osservazioni proposte dalle “Società ambientaliste“ (WWF); non ci si premura neppure di specificare che l’osservazione è stata proposta anche da altre due Associazioni, una delle quali particolarmente presente proprio sul territorio muggesano.

La ricorrente sottolinea inoltre la sommarietà ed ambiguità delle sintesi effettuate dagli uffici comunali, sia rispetto al contenuto delle osservazioni, sia per quel che concerne i conseguenti pareri tecnici: ad esempio, il punto delle osservazioni dell’Associazione relativo alla riclassificazione da zona S5 a E2 ed all’eliminazione della zona C1 nell’area di Bosco S Rocco, viene sintetizzato nella scheda come “classificazione del Bosco di S. Rocco in E2” ed il parere tecnico è sintetizzato come segue: “la richiesta può essere accolta anche per quanto contenuto nelle riserve regionali a proposito delle eccedenze delle aree verdi SS”. La ricorrente assume che si sia omesso ogni riferimento esplicito alla zona C1 e si fuorvia, nel parere tecnico, rispetto alla vera scelta operata dagli uffici, che è bensì quella di accogliere la proposta di riclassificazione da S5 a E2, ma invece di non accogliere la cancellazione della zona C1: di qui l’illegittimità delle deliberazioni nelle quali il Consiglio comunale si e pronunciato sulle osservazioni dell’Associazione e quindi l’illegittimità dell’intervenuta approvazione della variante.

2. Secondo mezzo: VIOLAZIONE DELLLA L.R. 5 DEL 1991 - ART. 32 - VIOLAZIONE DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO DI CONTRODEDUZIONE ALLE OSSERVAZIONI

La ricorrente sostiene che, dalla comunicazione pervenutale, si ricava che il Consiglio Comunale si sarebbe espresso sulle osservazioni, da essa ricorrente proposte, nella seduta del 18 dicembre 2000: ciò appare in contrasto con il contenuto della delibera, posto che la votazione sulle osservazioni è avvenuta in precedenza, in altre deliberazioni consiliari; queste delibere non vengono citate pur essendo la necessaria premessa della delibera di approvazione da parte del Consiglio delle modifiche che sarebbero state apportate a seguito dell’accoglimento delle osservazioni — opposizioni e dal recepimento delle riserve vincolanti formulate dalla Giunta Regionale. L’illegittimità del provvedimento – si duole la ricorrente - ha comportato un’omissione di controllo da parte della Regione, alla quale potrebbero non essere pervenute le delibere del Consiglio, non permettendo così a tale organo di venire a conoscenza delle osservazioni.

3. Terzo mezzo - VIOLAZIONE DELLA L.R. 52 DEL 1991 - ART. 32- VIOLAZIONE DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO DI ADOZIONE DI DELIBERAZIONI CONSILIARI - VIOLAZIONE PER MANCATO RAGGIUNGIMENTO DELLE INTESE PREVISTE DAL V COMMA DELL’ ART. 32 DELLA L.R. 52 DEL 1991


La impugnata deliberazione approvativa della variante n. 15 – si duole la ricorrente – è sprovvista di allegati fondamentali, pur citati nel testo; in particolare non risultano allegate le intese raggiunte con l’Ezit, la Capitaneria di Porto e l’Autorità Portuale di Trieste: la delibera è stata approvata quindi incompleta e carente di elementi fondamentali; tali sono i documenti nei quali sarebbero state rappresentate le intese raggiunte tra il Comune di Muggia e l’Ezit, la Capitaneria di Porto e l’Autorità Portuale.

La deducente, inoltre, rileva che anche in carenza di una allegazione, di una specifica votazione e di un conseguente deliberato, nessuna intesa è stata votata dal Consiglio Comunale: quest’organo si sarebbe, in realtà, limitato alla presa d’atto di un atto di intesa che, se avvenuto, sarebbe stato adottato da organo diverso e quindi incompetente; l’approvazione della variante sarebbe, quindi, avvenuta in violazione della legge regionale laddove prevede l’obbligatorio raggiungimento degli atti d’intesa.

4. Quarto mezzo - VIOLAZIONE PER MANCATO RAGGIUNGIMENTO DELLE INTESE PREVISTE DAL V COMMA DELL’ ART. 32 DELLA L.R. 52 DEL 1991 - VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO AMMINISTRATIVO DI INTESA - VIOLAZIONE DELLA LEGGE 84 DEL 1994

Gli atti citati dalla delibera comunale di approvazione della variante – assume la ricorrente - non rappresentano comunque atti d’intesa; quanto al provvedimento della Capitaneria di Porto, costituirebbe semplicemente un “parere di massima favorevole alla variante di piano”: ben poco in considerazione dell’importanza degli interventi a mare (interramenti, ecc.) previsti lungo tutta la linea di costa; anche la delibera dell’ Ezit non sembrerebbe un atto d’intesa, atteggiandosi a mero atto preparatorio, volto a indicare all’Amministrazione Comunale le richieste di modifica da apportare alla variante, anche per aree non di competenza dell’ EZIT (come la zona portuale L.1); l’ Ezit invita il Comune di Muggia a modificare la variante adottata; nel c. d. recepimento comunale – prosegue la deducente - sono state, altresì, erroneamente inserite norme assolutamente inconferenti, come il ricalco letterale di una norma per le zone L1 tratta dal vigente piano regolatore di Trieste (variante n. 66) relativa all’Adriaterminal: anche laddove si dovesse ritenere che l’intesa si raggiunga attraverso un solo atto di proposta (il che giuridicamente non avviene), la proposta di intesa formulata dall’ EZIT non sarebbe stata recepita e quindi non sarebbe stata effettivamente raggiunta l’intesa dichiarata in delibera.

Infine, a detta dell’istante, pure l’atto dell’Autorità portuale costituisce mera proposta e non intesa; anche in questo caso le destinazioni urbanistiche impresse con la variante in sede di approvazione appaiono in netto contrasto con le proposte dell’ Autorità Portuale, la quale, in sostanza, chiedeva per l’area dell’ ex raffinera “Aquila” una destinazione portuale commerciale, con esplicita esclusione tra l’altro del previsto deposito costiero di GPL; il Comune ha previsto, invece, una destinazione per attività industriali: ne consegue il mancato raggiungimento delle intese e quindi la violazione dell’art. 32 della l.r. 52 del 1991.

5. Quinto mezzo — ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, ILLOGICITA’, IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE — CARENZA ASSOLUTA DI MOTIVAZIONE - ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO DELL’OSSERVAZIONE PRESENTATA - VIOLAZIONE DELLA L.R. 18 APRILE 1997, N.17.

L’individuazione in località Punta Sottile di interventi di rilevante impatto paesaggistico ed ambientale - esordisce la ricorrente – contrasta con la circostanza che l’area è stata considerata di “interesse ambientale”: le destinazioni a zona G1 per attrezzature ricettivo di tipo turistico marino ( ambito F) con possibilità di realizzare villaggi turistici ed appartamenti per vacanze, nonché attrezzature commerciali e per la promozione turistica con indice territoriale di 5.000 mq/ha e altezze massime degli edifici di 7.5 m., nonché a zona G4 per strutture alberghiere esistenti (parte dell’ambito E), risultano in evidente contrasto con l’individuazione dell’area quale area di interesse ambientale sopracitata.

La previsione di un’area destinata a strutture ricettive - turistiche (villaggi turistici) – prosegue l’istante - è comunque in violazione della legge regionale 17 del 1997, art. 9; il parere tecnico degli uffici comunali su questo punto dell’osservazione dell’Associazione ricorrente (parere avallato dal Consiglio Comunale), era che “la richiesta non può essere accolta, in quanto trattasi di un piano attuativo in itinere”: elemento questo – sottolinea l’istante - di certo non determinante, sussistendo un impedimento al mutamento della destinazione urbanistica solo in forza di un piano attuativo debitamente approvato e convenzionato: la destinazione di piano appare quindi incoerente con il quadro conoscitivo, che è stato prodotto proprio al fine di delineare i tracciati su cui impostare le scelte di piano; di qui la violazione delle direttive per la formazione della variante.

Al riguardo la ricorrente ricorda che le osservazioni dei privati ad un piano regolatore in itinere non costituiscono rimedi giuridici in senso proprio, ma semplici apporti collaborativi al piano: ne consegue che la motivazione del loro rigetto può risultare sintetica ed anche riferita al contesto complessivo del piano medesimo; tuttavia il rigetto alle controdeduzioni deve avvenire attraverso una motivazione improntata ai criteri di logicità e razionalità.

6. Sesto mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, IIIOGICITA’, IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE - CARENZA ASSOLUTA DI MOTIVAZIONE - ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO DELL’OSSERVAZIONE PRESENTATA - VIOLAZIONE DELLA L.R. 18 APRILE 1997, N.17.

In località Lazzaretto – ricorda la ricorrente - viene prevista una zona G1 (ambito D), con elevato indice territoriale (10.000 mc/ha edificabili ) ed altezza massima degli edifici pari a 10,5 m, identificandola per la parte a mare attraverso un disegno della linea di costa non corrispondente alla realtà ma solo ad un progetto non assentito dalla autorità marittima; l’interramento a mare andrebbe da una parte a coprire un sito archeologico la cui importanza è stata anche segnalata dalla Soprintendenza; dall’altra parte l’interramento provocherebbe l’intombamento della foce del rio Almerigotti, definito area di rilevante interesse naturalistico dall’elaborato A3 della variante.

La previsione dì un’area destinata a strutture ricettive turistiche (villaggi turistici) – denuncia l’istante - è comunque in violazione della legge regionale 17 del 1997, art. 9: il parere tecnico degli uffici comunali su questo punto dell’osservazione dell’Associazione ricorrente (parere avallato dal Consiglio Comunale), era che “la richiesta non può essere accolta, in quanto trattasi di un piano attuativo in itinere”: elemento questo di certo non determinate, sussistendo un impedimento al mutamento della destinazione urbanistica solo in forza di un piano attuativo debitamente approvato e convenzionato; la destinazione di piano appare quindi incoerente con il quadro conoscitivo, che è stato prodotto proprio al fine di delineare i tracciati su cui impostare le scelte di piano; appaiono quindi anche violate le direttive per la formazione della variante.

Infine – puntualizza la deducente - valgono le censure evidenziate nel quinto mezzo in ordine al rigetto della controdeduzione.

7. Settimo mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, ILLOGICITA’, IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’

NELLA ZONIZZAZIONE - ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO DELL’OSSERVAZIONE PRESENTATA

La ricorrente parte dalla considerazione che il perimetro dell’ambito D comprende un’area di rilevante interesse naturalistico - Rio Almerigotti, indicata nella stessa zonizzazione e nell’elaborato A3 della variante; sempre il Rio Almerigotti viene compreso parzialmente in una destinazione incompatibile (zona S5a per verde di connettivo), in cui sono ammesse” attrezzature per il verde urbano ed il gioco “; la rilevata opportunità di un collegamento naturalistico tra il Rio Almerigotti e l’area del Bosco di Punta Ronco viene, inoltre, immotivatamente stroncata dalla previsione di un’urbanizzazione per servizi ed attrezzature collettive (S1b — parcheggi di relazione) attestata sulla strada che discende da S. Floriano: la destinazione della variante piano appare quindi incoerente con il quadro conoscitivo, che è stato prodotto proprio al fine di delineare i tracciati su cui impostare le scelte di piano; appaiono quindi anche violate le direttive per la formazione della variante; valgono le censure evidenziate nel quinto mezzo in ordine al rigetto della controdeduzione.

8. Ottavo mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, ILLOGICITA’, IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE - CARENZA ASSOLUTA DI MOTIVAZIONE - ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO DELL’OSSERVAZIONE PRESENTATA

L’area del Bosco di Punta Ronco – assume la ricorrente - viene identificata di alto valore naturalistico dallo studio Cassol e dall’elaborato A3 della variante, ma è destinata dalla variante stessa ad insediamenti edilizi, turistici e sportivi di rilevante impatto ambientale e quindi incompatibili con un’effettiva tutela: sono previste, infatti, zone omogenee G1b1 e G1c, con una volumetria complessiva di 120.000 mc ed altezze massime degli edifici fino a 12.5 m, nonché una zona S5f per attrezzature sportive (campo di golf) con ulteriore volumetria edificabile pari a 5.000 mc.

L’istante sottolinea che un campo di golf rappresenta un habitat antropico dal pesante impatto ambientale a causa del notevole afflusso di persone, delle cospicue necessità di irrigazione e concimazione chimica potenzialmente inquinante e soprattutto per la sostituzione della vegetazione naturale (particolarmente ricca in biodiversità nell’area di Punta Ronco) con un manto erboso artificiale, assimilabile ad una monocoltura; anche sull’adiacente area di interesse ambientale (e parzialmente boscata), che dal margine occidentale del Bosco di Punta Ronco si estende a Punta Sottile, si sovrappongono le medesime destinazioni incompatibili di cui sopra.

Ciò posto, la deducente osserva che il parere tecnico degli uffici comunali, fatto proprio dal Consiglio, su questo punto dell’osservazione dell’Associazione, era il seguente: “si ritiene che la richiesta non possa essere accolta in quanto in contrasto con le direttive del PUR”: il PUR, tuttavia, non contiene direttive ma previsioni azzonative di massima, risalenti al 1978 e soggette ad autonomo recepimento comunale, con l’unico vincolo — decaduto successivamente all’entrata in vigore della legge regionale 52 del 1991 — consistente nell’approvazione delle previsioni dei PRGC e delle loro varianti da parte della Regione.

La destinazione della variante – conclude la deducente - appare quindi incoerente con il quadro conoscitivo, che è stato prodotto proprio al fine di delineare i tracciati su cui impostare le scelte di piano; inoltre, appaiono violate le direttive per la. formazione della variante stessa; valgono le censure evidenziate nel quinto mezzo in ordine al rigetto della controdeduzione.

9. Nono mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, ILLOGICITA’, IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE - CARENZA ASSOLUTA DI MOTIVAZIONE -ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO DELL’OSSERVAZIONE PRESENTATA

Il Bosco di S. Rocco, classificato area di interesse ambientale – ricorda la ricorrente - è poi solo in parte oggetto di tutela, attraverso una destinazione a zona omogenea E2, venendo invece alcune sue parti orientali destinate a zona omogenea C1 con la previsione del massimo indice dì edificabilità consentito dalla variante.

La contraddittorietà di tale destinazione con l’individuazione dell’area di interesse ambientale e con il vincolo paesaggistico di cui al d.lgs. 490/99, gravante sull’area stessa – sottolinea l’istante - è stata peraltro rilevata anche dalla Regione nella riserva R.d2., di cui al parere del CTR dell’8 novembre 1999: la destinazione della variante appare quindi incoerente con il quadro conoscitivo, che è stato prodotto proprio al fine di delineare i tracciati su cui impostare le scelte di piano; appaiono, quindi, violate le direttive per la formazione della variante stessa.

La ricorrente prosegue ricordando che il punto dell’osservazione dell’Associazione, relativo alla riclassificazione da zona S5 a E2 ed all’eliminazione della zona C1 nell’area di Bosco S. Rocco, viene sintetizzata nella scheda nel modo seguente: “classificazione del Bosco di S. Rocco in E2” ed il relativo parere tecnico è sintetizzato come segue: “la richiesta può essere accolta anche per quanto contenuto nelle riserve regionali a proposito delle eccedenze delle aree verdi S5”: a detta della istante viene omesso ogni riferimento esplicito alla zona C1 e si fuorvia, nei parere tecnico, rispetto alla vera scelta operata dagli uffici, che non è quella di accogliere la proposta di riclassificazione da S5 a E2, ma che è, invece, quella di non accogliere la cancellazione della zona C1; valgono quindi le censure evidenziate nel quinto mezzo in ordine al rigetto della controdeduzione.

10. Decimo mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, ILLOGICITA’, IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE - CARENZA ASSOLUTA DI MOTIVAZIONE- ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO DELL’OSSERVAZIONE PRESENTATA

La ricorrente ricorda che il Bosco Farnei, classificato area di interesse ambientale nella variante, è anch’esso solo in parte oggetto di tutela; infatti una sua parte è destinata (zona omogenea D4 ) all’ampliamento dell’attività estrattiva in atto, in evidente contrasto con le esigenze di tutela ambientale manifestate negli elaborati della variante stessa; la destinazione della variante appare quindi incoerente con il quadro conoscitivo, che è stato prodotto proprio al fine di delineare i tracciati su cui impostare le scelte di piano; appaiono quindi anche violate le direttive per la formazione della variante stessa; valgono le censure evidenziate nel quinto mezzo in ordine al rigetto della controdeduzione.

11. Undicesimo mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, ILLOGICITA’, IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE - CARENZA ASSOLUTA DI MOTIVAZIONE - ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO DELL’OSSERVAZIONE PRESENTATA

L’istante rammenta che l’area dei Laghetti delle Noghere, sottoposta al vincolo paesaggistico con decreto puntuale della Regione e definita di rilevante interesse naturalistico dallo studio Cassol e dall’elaborato A3 della variante, viene parzialmente destinata ad attività industriali (zona D1 per insediamenti industriali di interesse regionale), in particolare nella sua parte in destra orografica del rio Ospo: la destinazione appare chiaramente incompatibile con le previsioni di tutela indicate nel provvedimento di vincolo paesaggistico; la destinazione della variante appare quindi incoerente anche con il quadro conoscitivo, che è stato prodotto proprio al fine di delineare i tracciati su cui impostare le scelte di piano; appaiono quindi anche violate le direttive per la formazione della variante stessa.

Tale contraddittorietà – conclude la ricorrente - era stata rilevata anche dalla Regione, con la riserva vincolante R.d7 di cui al parere del CTR dell’8 novembre 1999; valgono, infine, le censure evidenziate nel quinto mezzo in ordine al rigetto della controdeduzione.

12. Dodicesimo mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, ILLOGICITA’, IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA ZONIZZAZIONE - CARENZA ASSOLUTA DI MOTIVAZIONE- ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO DELL’OSSERVAZIONE PRESENTATA

La ricorrente contesta la previsione del mutamento della linea di costa, che viene in parte destinati al reperimento di standard urbanistici (zone S1b per parcheggi); viene altresì zonizzata (zona S5g, destinata ad attrezzature e servizi per la balneazione in cui viene consentita la costruzione di edifici di altezza fino a 4,5 m. ) un’area non esistente nella realtà, ma che potrà essere realizzata solo a seguito di specifiche procedure volte alla valutazione dell’impatto ambientale e paesaggistico: la realizzazione di questi interramenti a mare – si duole la ricorrente - costituirà una grave alterazione ambientale e paesaggistica, comportando l’insediamento di una “quinta” di urbanizzazioni contraddittoria con gli scopi di tutela dei vincoli a suo tempo imposti, nonchè il degrado ambientale dei fondali marini interessati in un’area oggetto di svariati studi e di proposte di tutela.

13. Tredicesimo mezzo - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO, ILLOGICITA’, IRRAZIONALITA’ E CONTRADDITTORIETA’ NELLA NORMATIVA E ZONIZZAZIONE - CARENZA ASSOLUTA DI MOTIVAZIONE - ILLOGICITA’ E CARENZA DI MOTIVAZIONE NEL RIGETTO DELL’OSSERVAZIONE PRESENTATA - FALSO RIFERIMENTO NORMATIVO - VIOLAZIONE DELL’INTESA

La ricorrente sostiene che le nuove previsioni di piano, attraverso l’adozione di una normativa (art. 20 delle N.d.A.) formulata in modo erroneo, appaiono solo apparentemente interdittive della possibilità di insediamento dei depositi costieri di GPL proposti dalla “Seastok spa” e di altri poli energetici (com’era invece nella precedente formulazione dell’art. 20, come da variante adottata): il riferimento normativo è infatti erroneo, essendo stato il dPR 175 del 1988 espressamente abrogato dall’art. 30 del d.lgs 334 del 1999; la destinazione urbanistica impressa nel piano è comunque in contrasto con l’intesa raggiunta con l’ Autorità Portuale; in forza di questa intesa, infatti, l’area coincidente con il sito dell’ex raffineria “Aquila” e con un futuro interramento a mare, avrebbe dovuto ricevere una destinazione urbanistica di tipo portuale commerciale, essendo stata giudicata dall’Autorità come strategica rispetto ai programmi di espansione del porto; la destinazione prevista dalla variante, invece, neppure prevede la realizzazione di aree portuali, più esattamente confinandole in una ristrettissima fascia classificata L1 — zona portuale di interesse regionale: proprio l’estensione di questa fascia appare peraltro in netto contrasto con la planimetria allegata alla delibera d’intesa del Comitato Portuale, in quanto si trova ad insistere su aree marine esterne a quelle perimetrate dall’ Autorità Portuale stessa; la linea dì costa, per la parte di futuro interramento, nella variante appare poi sensibilmente diversa da quella indicata nel citato elaborato allegato alla delibera del Comitato Portuale.

La deducente sottolinea che la destinazione dell’area di futuro interramento a mare nella zona corrispondente al sito dell’ex raffineria Aquila, ambiti S e T, corrisponde nella variante approvata a quanto richiesto dall’Ezit per quell’area e non a quanto richiesto invece dall’Autorità portuale; benchè sia ovviamente quest’ultima, e non certo I’Ezit, competente per quanto riguarda le aree appartenenti al demanio portuale; l’osservazione dell’Associazione era, su questo punto, peraltro di contenuto analogo alla proposta di intesa dell’Autorità portuale.

14. Quattordicesimo mezzo - VIOLAZIONE DELLA L.R. 52 DEL 1991 - ART. 32 -. ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA’ E CONTRADDITORLETA’ NEL PROVVEDIMENTO REGIONALE NEL QUALE SONO STATE RITENUTE SUPERATE ALCUNE RISERVE VINCOLANTI

La ricorrente ricorda che ai sensi dell’ art. 32 della legge regionale 52 del 1991 la Regione ha il compito, qualora nel PRGC siano interessati beni vincolati a tutela del paesaggio, di comunicare al Comune le proprie riserve vincolanti; a fronte di tali riserve il Comune ha l’obbligo di esaminarle, accogliendole o controdeducendo l’eventuale loro non accoglimento; quindi la Regione, esaminando l’atto approvato, dovrà dichiarare l’intervenuto o meno superamento delle riserve.

A tale proposito la deducente censura l’illogicità e contraddittorietà con la quale la Regione con il proprio decreto ha dichiarato l’intervenuto superamento delle riserve: ciò vale in particolare per le riserve R.d2, R.d7 e R.d10, che rivestono particolare interesse ambientale e paesaggistico.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Muggia e la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, chiedendo il rigetto del gravame.

Sembra opportuno premettere alcune puntualizzazione in punto di fatto.

Con la deliberazione consiliare n. 36 del 31.5.1995 il Comune di Muggia impartiva, ai sensi dell’art. 31 della legge regionale 19 novembre 1991, n. 52, le direttive da seguire nell’elaborazione di una variante generale al vigente Piano Regolatore.

Con deliberazione consiliare n. 21 dei 13.4.1999 il Comune adottava il progetto di PRGC ai sensi dell’art. 32 della citata L.R. n. 52/91.

Con deliberazione n. 3996 del 23.12.1999 la Giunta regionale esprimeva le proprie riserve vincolanti in ordine alla predetta variante, recependo il parere n. 204/1-T/99 reso dal Comitato tecnico regionale (CTR) in data 8.11.1999, nonché l’osservazione formulata dalla Soprintendenza archeologica e per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici del Friuli Venezia Giulia con la nota n. 7807/19.0 del 28.7.1999. In particolare, il CTR, nella parte relativa al sistema azzonativo residenziale, ritenuto apprezzabile e condivisibile nei suoi contenuti generali, segnalava l’esigenza di verificare la previsione afferente l’individuazione di una zona C1 collocata in gran parte su un’area che il Piano struttura indicava come area boschiva, rientrante anche nelle zone paesaggisticamente tutelate (riserva Rd2).

Quanto al settore produttivo industriale, il CTR, pur riconoscendo il carattere sostanzialmente ripetitivo delle previsioni, già contenute nel vigente PRG, chiedeva all’Amministrazione comunale delle delucidazioni in merito alla scelta ed alla possibilità di conciliare indicazioni aventi una chiara valenza ambientale con altre improntate all’utilizzo produttivo industriale (riserva Rd7).

Riguardo al settore agricolo ambientale, il CTR sottolineava il fatto che le zone di interesse ambientale di Punta Rocco e Punta Sottile risultavano interessate da strutture turistiche di previsione, la cui attuazione sembrava compromessa dalla esigenza di tutela rappresentata dalla variante (riserva Rd10)

Il Consiglio comunale, con la deliberazione n. 62 del 18.12.2000, approvava la variante generale n. 15 al PRGC, controdeducendo alle opposizioni ed osservazioni e rispondendo alle riserve regionali.

Con deliberazione della Giunta regionale n. 1213 del 13 aprile 2001, veniva confermata la esecutività della deliberazione consiliare n. 62/2000.

Con decreto n. 0115/Pres. del 20.4.2001 il Presidente della Giunta regionale, fatto proprio il parere del CTR n. 46/1-T/O1, del 13.3.2001, confermava l’esecutività dello strumento urbanistico, introducendo d’ufficio le modifiche conseguenti al mancato accoglimento delle riserve vincolanti poste con la citata delibera giuntale n. 3996 del 23.12.1999.

Ciò premesso, come si è visto, il gravame è diretto all’annullamento:

a) della deliberazione del Consiglio comunale di Muggia (TS) del 13 aprile1999, n. 21, recante la adozione della variante generale al Piano regolatore generale comunale n. 15, in parte qua;

b) della deliberazione del Consiglio comunale di Muggia del 18 dicembre 2000, n. 62, recante la approvazione della variante generale del PRGC, n. 15, in parte qua;

e) del decreto del Presidente della Giunta Regionale del Friuli Venezia Giulia del 20 aprile 2001, n. 0115/Pres, recante la conferma parziale dell’esecutività della deliberazione consiliare di approvazione della variante generale del PRGC, n. 15 e della deliberazione della Giunta regionale n. 1213 del 13 aprile 2001, recante la introduzione di modifiche e la conferma parziale della esecutività della deliberazione consiliare n. 62/2000, in parte qua;

d) di ogni altro atto comunque, connesso, presupposto o conseguente.

Il thema decidendum ruota intorno ai poteri pianificatori comunali e regionali in materia di ambiente e di paesaggio.

Al riguardo non sembra inutile ricordare che il significato del termine «urbanistica» è andato sempre più identificandosi con la generale disciplina dell'uso del territorio: intesa, cioè, come regolamentazione degli insediamenti umani e non solo come disciplina dello sviluppo della città.

Il legislatore, attraverso l'indicazione di valori per la prima volta «normativizzati» (acqua, aria, suolo, valori artistici, storici, archeologici, paesaggistici, lo stesso paesaggio come specchio della civiltà e della cultura nella natura) ha inteso riportare le singole parti all'integrità del tutto cui appartengono, cioè all'ambiente come « ciò che circonda la persona » e ne determina la qualità della vita sotto il profilo fisico e morale; e questo ha fatto con il riconoscimento formale dell'ambiente, come bene unitario sebbene a varie componenti, in armonia con i precetti costituzionali che vogliono quest'ultimo in posizione primaria (cfr. sent. Corte cost. n. 641 del 30 dicembre 1967; T.A.R. Lombardia, 17 gennaio 1990, n.15).

In particolare, con la sentenza testè citata, la Corte costituzionale ha osservato come la circostanza che «l'ambiente possa essere fruibile in varie forme e differenti modi, così come possa essere oggetto di varie norme che assicurano la tutela dei vari profili in cui si estrinseca, non fa venir meno e non intacca la sua natura e la sua sostanza di bene unitario che l'ordinamento prende in considerazione» e che tutela proprio in quanto «elemento determinativo della qualità della vita »: il bene giuridico « ambiente » - ha sottolineato il Giudice delle leggi - appartiene alla categoria dei «cosiddetti beni liberi, fruibili dalla collettività e dai singoli » e come tale non è oggetto di situazioni soggettive di tipo appropriativo.

Detto questo, quanto ai soggetti pubblici istituzionalmente deputati a dettare norme in materia urbanistica, non è revocabile in dubbio che, alla stregua delle suesposte osservazioni, essi possano statuire anche in materia ambientale: materia, questa, sussumibile nella nozione di “urbanistica”.

Più specificatamente, in relazione al caso di specie, è a dirsi che lo Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia non prevede espressamente una competenza regionale per la tutela dell'ambiente.

Tuttavia, come esattamente rilevato nel piano urbanistico regionale, in coerenza con una evoluzione dottrinale e anche legislativa oramai datata, la possibilità di dettare norme, stabilire vincoli e procedure a tutela dell'ambiente naturale deve ritenersi compresa nella competenza legislativa e amministrativa in materia urbanistica, che è comune a tutte le Regioni a statuto ordinario come a quelle statuto speciale: anche per il Friuli-Venezia Giulia l’urbanistica è indicata fra le materie di competenza primaria dall’art. 4 n. 12 dello Statuto (Cfr., secondo una giurisprudenza risalente, Cons. St., VI, 15 settembre 1986,n.720).

Assodato questo, quanto alla istituzionale competenza comunale in materia urbanistica, essa – ripetesi - è pacifica, alla stregua di precise previsioni ordinamentali; in particolare (da ultimo, con riferimento all’epoca del ricorso in esame) l’art.13 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (recante il :”Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”), che ha novellato l’art. 9 della legge 8 giugno 1990, n. 142, così recita:” 1. Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze [……]”.

Per quel che riguarda il Friuli-Venezia Giulia – sempre con riferimento alla normativa vigente all’epoca del ricorso - specifiche disposizioni attribuiscono ai Comuni poteri pianificatori in materia ambientale: in particolare, la legge regionale 19 novembre 1991, n. 52 (ad oggetto: ”Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica”), all’art. 29 (Finalità) ha stabilito che:” 1. I Comuni devono dotarsi di un piano regolatore generale comunale (PRGC) al fine di disciplinare l'uso e l'assetto dell'intero territorio comunale [……].

2. Il PRGC è lo strumento di sintesi di tutte le disposizioni in materia di assetto territoriale del territorio comunale.

3. In particolare il PRGC è finalizzato a garantire:

a) la tutela e l'uso razionale delle risorse naturali nonché la salvaguardia dei beni di interesse culturale, paesistico ed ambientale;[……]”.

Il successivo art. 30 (Contenuti ed elementi) ha previsto che :”1. Il PRGC, che considera la totalità del territorio comunale, deve contenere: […….] c) la definizione degli interventi per la tutela e valorizzazione delle risorse naturali, ambientali, agricole, paesistiche e storiche, con l'indicazione dei vincoli di conservazione imposti da normative sovraordinate;[……]

2. Con il PRGC possono essere posti vincoli di inedificabilità relativamente a:

a) protezione delle parti del territorio e dell'edificato di interesse ambientale, paesistico e storico-culturale;”[…..].

Fermi restando siffatti poteri in capo ai Comuni, occorre doverosamente puntualizzare che in sede di pianificazione del territorio questi ultimi non possono in alcun caso trascurare l'esistenza e la cogenza di altri strumenti pianificatori, ancorché riconducibili ad altri soggetti istituzionali (in particolare, i Comuni non possono disattendere i piani territoriali paesistici elaborati dalla Regione od altri piani similari), considerata la tendenziale unitarietà ed omogeneità delle previsioni che devono caratterizzare, in un coordinato assetto globale, i diversi strumenti pianificatori del territorio: questo perché il potere pianificatore è preordinato alla ordinata programmazione e sviluppo delle aree abitate ed alla salvaguardia dei valori non solo urbanistici, ma – si ribadisce ancora una volta - anche dei valori ambientali esistenti (Cfr., ex pluribus, Cons. Stato, IV Sez., 14 dicembre 1993, n. 1068;T.A.R. Lazio, II, 14 settembre 1994, n.1028).

E’ d’uopo ulteriormente precisare – in relazione al caso di specie - che l'Autorità urbanistica, nell'esercizio dei suoi poteri di pianificazione, non è vincolata – di norma - al pedissequo recepimento dei vincoli discendenti dai provvedimenti adottati dalle Amministrazioni preposte alla tutela degli interessi di carattere storico, ambientale e paesistico, ma è legittimata ad una nuova e diversa valutazione degli stessi: la quale, nel rispetto dei vincoli predetti, può portare a nuove ed ulteriori limitazioni (Cfr., secondo una giurisprudenza risalente, Cons. Stato, Ap., 19 marzo 1985, n. 6; T.A.R. Toscana, 16 novembre 1987, n.1349).

Inoltre – sempre in relazione al caso di specie e con riferimento ai rilievi attorei – va detto che i beni aventi valore ambientale e paesistico costituiscono una categoria originariamente di interesse pubblico, rispetto alla quale è da escluderne l'equiparazione a quella relativa ai vincoli imposti con provvedimenti amministrativi comportanti la espropriazione: vincoli – questi ultimi - soggetti all'obbligo costituzionalmente garantito di corrispondere un indennizzo.

Alla luce di quanto testè detto, la competenza comunale (e regionale, secondo lo schema dell’atto complesso, segnatamente per quanto riguarda i piani regolatori comunali) è fuori discussione.

Questa conclusione non è scalfita dal fatto che la legge ha previsto la redazione di piani paesistici ed ambientali o di “piani territoriali regionali paesistici”(art. 1 bis della legge 8 agosto 1985, n.431; art. 82 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; artt. 5 , comma 3, 18, 134, 139 della legge regionale 19 novembre 1991, n. 52; artt. 138 ss. , art. 149 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490). Ed invero, non bisogna confondere il generale potere pianificatorio comunale in materia ambientale, di cui si è parlato, con il potere attribuito dalla legge ad altri soggetti, e ,segnatamente, alla Regione ed alla Provincia (ma anche allo Stato) di predisporre degli speciali strumenti di pianificazione nella medesima materia, ai quali gli enti sotto ordinati (in particolare i Comuni) devono uniformarsi.

Su questo punto si è già accennato sopra.

Occorre, ulteriormente ricordare che, per giurisprudenza consolidata, le scelte urbanistiche costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto, da travisamento, o da abnormi illogicità e contraddittorietà (Cfr. tra le tante, Cons.St., Ad. plen., 22 dicembre 1999, n. 24; IV, 31 gennaio 2005, n. 259; 25 luglio 2001, n. 4077; 22 maggio 2000, n. 2934; 9 gennaio 2000, n. 245; 8 febbraio 1999, n. 121;T.A.R. Lombardia, Brescia 28 giugno 1990, n. 770, T.A.R. Toscana, I Sez., 27 gennaio 1994 n. 39; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 24 settembre 1994, n. 349 e; 23 febbraio 2002, n. 50; 26 luglio 2006, n. 482;T.A.R. Abruzzo, Pescara,11 luglio 1998, n. 496).

Sotto il profilo motivazionale, poi, è stato deciso che la destinazione data con lo strumento urbanistico ad un’area o ad una zona del territorio comunale e le connesse valutazioni dell'Amministrazione non necessitano di apposita motivazione, oltre a quella che si può evincere dai criteri generali di ordine tecnico-discrezionale seguiti nell’impostazione del piano stesso: criteri che possono essere desunti anche dagli elaborati tecnici che lo accompagnano, richiamati dal provvedimento conclusivo (Cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 22 dicembre 1999, n. 24,cit.; IV, 31 gennaio 2005, n. 259; 25 luglio 2001, n. 4077; 22 maggio 2000, n. 2934; 9 gennaio 2000, n. 245; 8 febbraio 1999, n. 121, cit.; IV,12 giugno 1995, n. 439; 4 marzo 1993, n. 240; IV Sez., 11 dicembre 1979, n. 1141).

In particolare, la giurisprudenza ha avvertito che le scelte urbanistiche destinate a tutelare l’ambiente (anche quando consistono nell’imprimere ad un’area il connotato di zona agricola o di parco privato o di verde privato), non richiedono una diffusa analisi argomentativa con riguardo al valore del paesaggio, a mente dell’art. 9 della Costituzione (Cfr., ex permultis, Cons.St., IV, 1° febbraio 2001, n. 420; 8 maggio 2000, n. 2639 e 19 gennaio 2000, n. 245).

Ciò ricordato, ritiene il Collegio di dovere, altresì, richiamare il consolidato - e risalente - orientamento giurisprudenziale, secondo il quale le scelte urbanistiche che l'Amministrazione compie per la disciplina del territorio comunale non comportano di regola la necessità di una specifica motivazione che tenga conto delle aspirazioni dei privati (Cfr., per tutte, Cons. St., Ap., 21 ottobre 1980, n. 37; IV Sez., 11 gennaio 1985, n. 2; IV Sez., 2 luglio 1983, n. 488; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 24 settembre 1994, n. 349 e 26 luglio 2006, n. 482; 23 febbraio 2002, n. 50).

Tale principio (che comunque non preclude al giudice amministrativo di verificare se le scelte operate siano irrazionali o manifestamente illogiche e contraddittorie) è operante anche quando l'Autorità urbanistica adotti una variante, anche generale, al piano vigente (Cfr. Cons. St., IV Sez., 30 giugno 1993, n. 642; IV Sez., 2 luglio 1983, n. 488), sulla base di una diversa valutazione delle esigenze pubbliche (Cfr., Cons. St., IV Sez., 20 marzo 1985, n. 96), essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione d'accompagnamento al progetto di modificazione (Cfr. Cons.St., IV Sez., 4 marzo 1993, n. 240; IV Sez., 11 dicembre 1979, n. 1141), pur quando la variante disponga vincoli sulla proprietà privata, prevedendone l'espropriazione o la inedificabilità assoluta.

I suesposti principi in tema di motivazione degli strumenti urbanistici, ribaditi dall'art. 3, secondo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (in base al quale :” …….La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale”…), subiscono, però, un correttivo – così è stato stabilito da una giurisprudenza lontana nel tempo, ma che ancora oggi incontra un significativo seguito - quando particolari situazioni abbiano creato aspettative qualificate o concreti affidamenti (Cfr. Cons. St., IV Sez., 4 settembre 1985, n. 328; IV Sez., 13 aprile 1984, n. 243) in favore di soggetti, le cui posizioni appaiono meritevoli di speciale considerazione (Cfr., Cons. St., IV Sez., 13 maggio 1992, n. 511; IV Sez., 27 aprile 1989, n. 267).

In questo contesto non è inutile ricordare che la posizione del privato è recessiva di fronte al potere di pianificazione rimesso dall'ordinamento all'Ente esponenziale della comunità e nell'esercizio del quale l'Amministrazione si fa portatrice dell'interesse collettivo (Cfr. T.A.R. Toscana, III, 21 novembre 1998, n. 396).

Alla luce delle surriferite coordinate normative e giurisprudenziali, una prima considerazione di ordine generale da farsi è quella che le scelte pianificatorie del Comune di Muggia, qui contestate, si sottraggono ai rilievi attorei.

Si è visto sopra che, per giurisprudenza consolidata, le scelte urbanistiche costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto, da travisamento, o da abnormi illogicità, irrazionalità e contraddittorietà.

Ora, non è revocabile in dubbio che – a parte le ipotesi di errori di fatto, di travisamento e di contraddittorietà, laddove questa sia manifesta – i casi di abnorme illogicità od irrazionalità si correlano ad un giudizio di valore che necessariamente non è ancorato a parametri oggettivi, incontrovertibili e predeterminati.

Da ciò deriva la conseguenza che i referti di disvalore riposano su elementi assolutamente opinabili (se si escludono i casi limite di abnormità ictu oculi rilevabili in base alla semplice rappresentazione della realtà).

Questo è tanto più vero in tema di scelte che impingono su valori ambientali (comprensivi, come si è visto, di quelli paesaggistici), ove si coordinano una pluralità di interessi e di istanze che non sono riconducibili ad uno spettro unitario.

Ed invero, in disparte la difficoltà di individuare, concretamente, di volta in volta, questa categoria, ossia quella dei valori ambientali (atteso un indiscusso margine di opinabilità: con la sola eccezione per i beni oggetto di una espressa tutela normativa), è evidente che la violazione di questi valori implica un giudizio che si appalesa latamente discrezionale.

Nel caso di specie il Collegio ritiene che le doglianze attoree non rappresentino delle situazioni affette ictu oculi da abnorme illogicità od irrazionalità, bensì delle situazioni che si prestano, alla stregua di un giudizio soggettivo, a rilievi critici.

Neppure questi rilievi sono, però, apprezzabili, perché le scelte de quibus non appaiono, comunque, confliggere con l’esigenza di salvaguardare l’ambiente, inteso secondo lo schema surriferito, compatibilmente con altre esigenze, quali gli insediamenti abitativi e gli interventi di natura turistica, industriale, commerciale, ecc.

Contrariamente opinando, potrebbe ritenersi – in astratto - che qualsiasi modifica dell’assetto territoriale sia suscettibile di pregiudicare i valori ambientali.

Nel caso di specie, come risulta dalla documentazione versata agli atti e, in particolare, dagli interventi regionali nel corso dell’iter approvativo della variante, non è dato ravvisare la contrarietà ai valori ambientali denunciati dalla associazione ricorrente.

Non è dato, neppure, ravvisare delle carenze sotto il profilo motivazionale, nel ristretto ambito – come si è detto – in cui è consentito indagare lo spettro giustificativo.

Ciò vale, segnatamente, per le zone di Punta Ronco, di Punta Sottile, per la zona G1 in località Lazzaretto, per l’area del Bosco di Punta Ronco, del Bosco San Rocco e dei Laghetti delle Noghere (di cui si dirà amplius più avanti).

Fatte salve le suesposti conclusioni e venendo ai singoli mezzi, il Collegio ne rileva l’infondatezza.

Quanto ai primi due mezzi – da esaminarsi congiuntamente - afferenti le 33 osservazioni/opposizioni (su un totale di 192 complessive) presentate dalla ricorrente Associazione, va premesso che le osservazioni e le opposizioni al piano regolatore generale di un Comune si riferiscono a due distinte sfere di interessi; le prime, infatti, si sostanziano in suggerimenti di modifica o delle linee generali del piano o di previsioni specifiche di esso, che incidono su situazioni di interesse diffuso di tutti i residenti nella zona; le seconde, invece, si concretizzano in vere e proprie censure a specifiche previsioni urbanistiche che, riguardando in modo diretto l'opponente, incidono su posizioni di interesse legittimo del proprietario leso dall'atto di pianificazione e non rientrano, quindi, nel modello partecipativo, ma costituiscono, al contrario, esercizio di un vero e proprio interesse oppositivo (Cfr. T.A.R. Puglia, II, 20 ottobre 1994, n.1379).

Detto questo, è pacifico che le suddette osservazioni ed opposizioni impongono all'Amministrazione, anche in ossequio al citato art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’obbligo di motivare congruamente la loro eventuale reiezione, in modo che sia assicurata l'esigenza che le scelte urbanistiche siano non soltanto formalmente legittime, ma anche in concreto razionali ed opportune nell'interesse reale della popolazione (Cfr. Csi,1° giugno 1993, n. 227; T.R.G.A., Bolzano, 25 febbraio 1998, n. 42).

E’ stato, altresì, avvertito che non si rende necessaria una motivazione particolarmente penetrante, essendo sufficiente una motivazione dalla quale possa evincersi con chiarezza la ratio del provvedimento di rigetto (Cfr. Cons. Stato, IV Sez., 15 luglio 1999, n. 1237 e Csi. 1 febbraio 2001, n. 42; T.A.R. Sicilia, 21 gennaio 2008, n. 66 e 18 gennaio 2000, n. 44; T.R.G.A., 23 aprile 2002, n. 174).

Il Collegio ritiene che i referti giustificativi effusi dall’intimato Comune di Muggia, ancorchè sintetici (anche in relazione alla individuazione della identità dei proponenti, qualificati, correttamente – ancorchè compendiosamente - come “Società ambientaliste”), siano stati adeguatamente rappresentativi delle ragioni poste a fondamento delle determinazioni reiettive: tenuto conto del fatto che le motivazioni rese vanno necessariamente integrate dai riscontri testuali emergenti dagli atti della variante.

Quanto alla scansione procedimentale relativa alla fase partecipativa delle osservazioni ed opposizioni, dagli atti di causa e, segnatamente, dalle impugnate deliberazioni comunali (v., anche, la nota del Sindaco di Muggia prot. n. 3669 del 5.2.2001, inviata alla Direzione regionale per le Autonomie Locali – Comitato Regionale di Controllo, in risposta alla ordinanza istruttoria del 20.1.2001, riguardante la deliberazione consiliare n. 62 del 18.12.2000) non è dato evincere che i consiglieri comunali non abbiano esaminato e votato gli apporti dati dai privati (che erano stati messi a disposizione sia dei membri della II^ Commissione consiliare che dei singoli consiglieri); al contrario, la suddetta deliberazione dà espressamente atto della regolarità della procedura sotto il profilo motivazionale dei provvedimenti reiettivi: la motivazione è data per relationem alla scheda valutativa complessiva n. 117 predisposta dagli Uffici, che fa parte integrante della medesima deliberazione n. 62/2000 (scheda compilata sulla base del documento, redatto dagli Uffici comunali e dai progettisti, così intitolato: “Principi informatori alla base della disamina delle osservazioni e delle opposizioni”).

Neppure il terzo ed il quarto motivo – da esaminarsi congiuntamente - meritano condivisione.

Contrariamente a quanto opina l’istante, alla deliberazione consiliare n. 62 del 18.12.2000 sono allegate le “intese” di cui trattasi, intervenute tra l’intimato Comune e l’Ezit, la Capitaneria di Porto e l’Autorità Portuale a mente dell’art. 32, comma 5 della legge regionale n. 52 del 1991: si è trattato, in sostanza, al di là delle espressioni usate, di proposte comunali di contenuto pianificatorio condivise dagli Enti suddetti e formalmente assentite (l’Ezit lo ha fatto con deliberazione del Consiglio direttivo n. 273/00 del 13.7.2000 e l’Autorità Portuale con deliberazione n. 31/2000/CP del 26.9.2000: quest’ultima Autorità – occorre sottolineare - aveva espresso dei meri auspici per quanto riguarda l’area dell’ex Raffineria Aquila nonché la realizzazione di una zona industriale a vocazione portuale nell’area retrostante il Terminal Contenitori).

Va soggiunto che, come esattamente sottolineato dalla Regione resistente, la ricorrente si sofferma sulle valutazioni espresse dalla Capitaneria di Porto, dall’EZIT e dall’Autorità portuale di Trieste; se non che queste valutazioni comportano una verifica di puro merito e non di legittimità; inoltre, le intese non sono state contestate da parte degli Enti interessati in quanto, per l’appunto, ritenuti veri e propri atti di intesa alla stregua della disposizione surriferita.

Con il quarto motivo la ricorrente si duole dell’individuazione in ambiti di interesse ambientale di interventi di rilevante impatto turistico e ricettivo, denunciando l’incoerenza delle scelte comunali con il quadro conoscitivo del territorio.

Va premesso che la questione è stata oggetto di specifica riserva regionale (riserva Rd10): il CTR, per il settore agricolo ambientale, entro cui si collocano gli ambiti in argomento, aveva espresso alcune considerazioni sugli aspetti naturalistici, ambientali e paesaggistici, indicandoli in zonizzazione come ambiti zonali sovraordinati sia alle zone agricole che alle zone adibite ad altri usi, quali quelli turistici e produttivi.

L’Organo tecnico regionale, e, quindi, la Giunta regionale, sia pure nel contesto di un giudizio di massima favorevole, aveva espresso talune perplessità – chiedendo gli opportuni chiarimenti - circa la disciplina delle zone di interesse naturalistico, ambientale e paesaggistico, con particolare riguardo alle zone di Punta Ronco e Punta Sottile, interessate dalla previsione di strutture turistiche.

Il Comune introduceva, quindi, gli opportuni correttivi alla normativa, onde renderla più chiara ed azionabile, in linea con i principi informatori del Piano e con le esigenze di tutela connesse agli ambiti in questione.

In sede di conferma dell’esecutività del Piano, il CTR ha riconosciuto superata la riserva, rawisando adeguati i correttivi apportati alla normativa di Piano in rapporto alle citate finalità di tutela.

Occorre sottolineare che la impugnata variante, delle tre aree previste (aree di interesse naturale, di interesse paesaggistico e di interesse ambientale) ha attribuito un maggior livello di tutela a quelle di interesse naturalistico e paesaggistico; per le aree di interesse ambientale, ancorchè tutelate in misura idonea, è previsto un maggiore spettro di urbanizzazione, e, in genere, di destinazioni d’uso (v. Relazione generale illustrativa di cui al punto 8.1 ed 8.1.1, nonché l’art. 17 delle Norme tecniche di attuazione).

Per quanto riguarda la lamentata carenza di motivazione da parte del Consiglio comunale in relazione alle osservazioni presentate dalla Associazione ricorrente, vanno confermate le considerazioni suesposte, nel senso che i referti giustificativi forniti dal Comune, sia pure succinti, appaiono congrui; anche perché questi referti – come già si è detto – vanno necessariamente letti insieme agli atti della variante, che li integrano.

In particolare, il Comune ha sottolineato la presenza, in queste aree, di un Piano regolatore particolareggiato comunale d’iniziativa privata, che, in quanto tale, andava salvaguardato.

Circa il sesto mezzo, va detto che, quanto all’area d’interesse naturalistico relativa al Rio Almerigotti, in essa insisteva un Piano attuativo in itinere, per il quale il Comune ha individuato una situazione di legittimo affidamento: con la variante de qua viene mantenuta la fascia boscata E2 lungo il predetto Rio (tranne che nel tratto più prossimo alla Strada provinciale n. 14, dove viene confermata la destinazione turistica).

Di qui il convincimento – espresso in esordio – che la tutela degli interessi ambientali sia stata adeguatamente apprezzata e contemperata con interessi di altra natura.

Riguardo all’esigenza di tener conto di un sito archeologico meritevole di tutela (molo romano), del quale fa cenno la Soprintendenza archeologica e per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici del Friuli Venezia Giulia con la nota n. 7807/19.0 del 28.07.1999, dagli elaborati della variante non è dato trarre la conclusione che questo sito sia suscettibile di compromissione; in ogni caso, appare discutibile che la impugnata variante dovesse contenere una specifica previsione di salvaguardia.

Quanto al settimo mezzo, circa la scelta di destinare ad aree a verde pubblico degli ambiti di interesse naturalistico, questa – al pari delle altre scelte azzonative censurate – non si appalesa irrazionale o contraddittoria, tenuto conto della circostanza che trattasi di interventi minimi destinati ad integrarsi con le caratteristiche naturalistiche del luogo.

Del tutto congrue si appalesano, poi (al pari delle altre) le controdeduzioni comunali alle osservazioni della società ricorrente (n. 22 della scheda n. 117) relative alla zona S5a: controdeduzioni che sottolineano l’utilizzo pubblico dell’area e la preclusione di nuove edificazioni.

L’ ottavo motivo riguarda l’area di Bosco Punta Ronco.

Si possono riproporre – mutatis mutandis – le considerazioni sopra svolte in relazione al quinto motivo, relativamente alla possibilità di interventi edificatori in aree di interesse ambientale.

Il nono mezzo concerne il Bosco di San Rocco.

Il CTR, sul punto, ha formulato una precisa riserva (riserva Rd2), rilevando una zona C a monte del Porto di San Rocco, nonchè una porzione di zona B immediatamente adiacente ed evidenziando come l’ambito si collochi per gran parte su un’area che il Piano struttura indicava come aree boschive, rientranti anche nelle zone tutelate dalla L. n. 1497/39: trattandosi di zona vincolata e di dichiarato valore naturalistico ambientale, veniva espressa una riserva, con la richiesta al Comune di verificare la compatibilità di tali caratteristiche con le scelte di espansione residenziale, ritenute idonee a comprimere l’esigenza di tutela ed in quanto tali non condivisibili.

Il Comune controdeduceva a tale riserva confermando le previsioni azzonative del Piano, in quanto frutto di situazioni pregresse, subordinando però la redazione dei progetti ad uno studio approfondito del patrimonio arboreo, tale da tutelare le macchie più fitte nonchè le essenze pregiate e vietando la trasformazione dei muretti a secco nonchè dei terrazzamenti a pietrame.

La riserva veniva ritenuta superata in quanto le previsioni si appalesavano adeguatamente motivate sia dalla analoga destinazione d’uso contenuta nel vigente strumento urbanistico, sia dagli accorgimenti tecnici introdotti allo scopo di tutelare il pregio ambientale dell’area attraverso l’approfondita valutazione del patrimonio naturalistico esistente.

Il Collegio, nel ravvisare la sufficienza delle controdeduzioni comunali (che rinviano ad analoghe previsioni per le aree verdi S5) alla osservazione presentata sul punto dalla ricorrente associazione (n. 27 della scheda n. 117), ritiene – al pari della Regione - che le motivazioni addotte dal Comune per superare la riserva siano assentibili, con particolare riguardo al fatto che le esigenze di salvaguardia dell’ambiente sono state idoneamente compatibilizzate con esigenze di diverso tenore (in specie, subordinando l’intervento in zona C1 ad uno specifico studio ambientale).

Il decimo motivo riguarda l’attività estrattiva (storicamente insediate sul Monte Castellier), ricadente nell’ambito del Bosco Farnei.

La determinazione di confermare queste possibilità di intervento non sembra confliggere con il comparto di interesse ambientale su cui insiste (tenuto, anche, conto del previsto ripristino ambientale dell’area al termine dell’attività estrattiva).

Del tutto ineccepibili si appalesano le motivazioni comunali (fondate sulla risalenza nel tempo della industria estrattiva e sul ripristino ambientale di cui si è detto) in ordine alla relativa osservazione (la n. 28 della scheda n. 117):

Con l’undicesimo mezzo la ricorrente si duole della decisione di destinare ad attività industriali parte dell’area dei Laghetti delle Noghere, in asserita violazione del rilevante interesse naturalistico della medesima.

La Regione, con la riserva Rd7 formulata dal CTR con il parere 204/1 -T/99 dell’8.11.1999, aveva sollecitato l’Amministrazione comunale a chiarire la compatibilità delle indicazioni di Piano non omogenee ed insistenti sulla stessa area.

Alla luce di ciò e nell’ambito dell’intesa raggiunta con l’EZIT (nel cui comprensorio ricade l’area in questione), il Comune modificava parzialmente tale zonizzazione, confermando la destinazione industriale, ma introducendo la previsione di una fascia di zona omogenea E2/2 destinata a circondare due lati dell’ambito stesso.

Il CTR, con il parere 46/1-T/O1 del 13.03.2001, riteneva la riserva superata, in considerazione delle modifiche azzonative operate dal Comune, ritenute idonee ad assicurare la salvaguardia delle esigenze naturalistiche e produttive della zona de qua.

Il Collegio, ravvisa anche in questo caso la adeguatezza dei referti comunali circa la relativa osservazione (n. 31 della scheda n. 117), basati sul parziale accoglimento della osservazione stessa (creazione di una fascia verde di cuscinetto a protezione delle sponde dell’Ospo).

Quanto al dodicesimo motivo, concernente l’ampliamento del lungomare (la linea di costa) tra il centro della città e Punta Sottile, nel ravvisare la sufficienza (ancorchè la formulazione non sia perspicua) della giustificazione comunale in relazione alla osservazione presentata dalla deducente (la n. 3 della scheda n. 117, postulante una preventiva procedura di V.I.A.), fondata, in buona sostanza, sulla mancanza di una specifica procedura di VAS (non esistente all’epoca), anch’esso non merita accoglimento, posto che l’intervento de quo (frutto anche dell’”Intesa” con l’Autorità Portuale e la Capitaneria di Porto) è volto a migliorare la viabilità lungo la SP n. 14, nonché la fruizione della costa ed è soggetto ad appropriate valutazioni tecniche e paesaggistiche.

E’ evincibile, quindi, un generale apprezzamento dei valori ambientali, secondo i principi sopra esposti.

Riguardo il tredicesimo mezzo, relativo alla modifica della linea di costa in ambito industriale - portuale, nel ravvisare la congruità del referto giustificativo comunale (la necessità di una apposita intesa con l’EZIT) in relazione alla osservazione n. 32 della scheda n. 117, il Collegio osserva che la destinazione urbanistica dell’area de qua deriva dalla doppia intesa con l’Autorità Portuale e con l’Ezit e si appalesa del tutto consona ad un assetto razionale dell’intero comparto.

Circa il quattordicesimo ed ultimo mezzo, la ricorrente contesta la correttezza dell’operato regionale, rawisando il vizio di violazione di legge nella parte in cui il Presidente della Regione con il decreto n. 01 15/Pres. del 20.04.2001, ha ritenuto superate le riserve Rd2, Rd7 e Rd10.

Il superamento – ritiene il Collegio – è avvenuto sulla base di un’accurata analisi delle controdeduzioni comunali.

Con riguardo alla riserva Rd2, il CTR ha rilevato che la risposta comunale era da ritenersi in linea con i principi informatori della riserva medesima, mediante la introduzione di un preventivo studio del patrimonio arboreo esistente, tale da assicurare la tutela delle macchie di vegetazione più fitte e le essenze pregiate (in sostanziale conformità allo strumento urbanistico allora vigente).

Circa la riserva Rd7, va detto che il Comune ha parzialmente modificato l’azzonamento di Piano e la destinazione industriale, ma ha introdotto contemporaneamente la previsione di una fascia di zona omogenea E2/2, destinata a circondare due lati dell’ambito stesso, in una prospettiva di tutela naturalistica ed ambientale.

Con la riserva Rd10, poi, il CTR evidenziava che le zone di Punta Rocco e Punta Sottile erano interessate da strutture turistiche di previsione, la cui attuazione sembrava compromessa dalla necessità di tutela sancita dalla variante.

Il Comune introduceva, conseguentemente, degli opportuni correttivi alla normativa di Piano che la rendevano più chiara, gestibile e soprattutto coerente con i principi informatori del Piano stesso.

In conclusione, alla luce delle complessive considerazioni che precedono, il ricorso va respinto.

Le spese del giudizio possono venire compensate, sussistendone le giuste ragioni.


P.Q.M.


il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione,

lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Saverio Corasaniti, Presidente
Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore
Rita De Piero, Consigliere

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/04/2010