TAR Lombardia (MI) Sez. II sent. 804 del 28 marzo 2013
Aria. Limitazione  di accesso alla  ZTL tramite regime tariffario

I provvedimenti adottati dall'Amministrazione comunale volti a contenere il traffico veicolare attraverso la disciplina, con carattere sperimentale, di accesso alla ZTL (c.d. “Area C”) sottoposto a tariffazione sono conformi al principio comunitario “chi inquina paga”, che deve essere inteso in senso sostanzialistico, alla stregua del criterio di effettività che deve orientare l'interprete nell'applicazione del diritto comunitario ambientale. E' legittimo, ai sensi della direttiva del Ministero dei lavori Pubblici 21.7.1997 n. 3816, il trattamento riservato ai residenti all'interno dell'“Area C”, che prevede per gli stessi una semplice agevolazione tariffaria, escludendone la totale esenzione (segnalazione Avv. Sergio Cannavò)

N. 00804/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00191/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 191 del 2012, proposto da:
- Giulio Brovadan, Luca Scalmana, Pierfrancesco Gherardi, Angela Aguzzi, Maurizio Attilio Anelli, Sabrina Antonelli, Gabriella Argentiero, Daniela Augello Crippa, Luisa Barozzi, Nicola Ermanno Barracchia, Daniele Barzizza, Patrizia Bellavite, Giuseppe Bellia, Laura Beretta, Giovanna Bestagini Bonomi, Davide Bettineschi, Giacomo Daniele Bettineschi, Paolo Guido Bettineschi, Giuseppina Bonomi, Elena Bonomo, Beatrice Borromeo, Federico Borromeo, Nicolò Borromeo, Giorgio Carlo Brambilla, Camilla Brandani, Angelo Edoardo Broggini, Massimo Caccialupi, Andrea Cagnoni, Giorgio Cagnoni, Aldo Raffaello Carlo Campaner, Marta Candiani, Giorgia Canepa, Alberto Paolo Capozzi, Anna Carlucci, Maria Pia Cattaneo, Raffaele Cavina, Lucia Ceriani, Iacopo Checchi, Giovanna Checci, Antonio Ciciliano, Simonetta Ciocca, Maria Chiara Coletti, Serena Corigliano, Giuseppe Enrico Corradi Dell'Acqua, Gianfranco Cosmacini, Massimiliano Cova, Matteo Gaetano Crippa, Pia Giuliana Crippa, Roberto Crippa, Anna Maria Croce, Bianca D'Aquino, Lavinia Daretti, Maurizio Del Bianco, Uberto Ettore Dell'Orto, Paolo Francesco De Luca, Luca Achille Luigi De Maestri, Roberta De Palo, Flaminia De Romanis, Lucrezia De Zio Cerqui, Monica Di Bartolo, Nicolò Di Blasi, Lorenzo Dotti, Elena Dozzio Cagnoni, Giulia Dozzio Cagnoni, Sara Stefania Farina, Raffaella Fasola, Roberta Ferrario, Antonio Fiorentino, Francesca Fiorentino, Paola Franceschini, Paolo Gamberale Paoletti, Marcello Gamberale Paoletti, Alessandra Gallizzia Di Vergano, Fernanda Gardino, Vittorio Amedeo Garzoni Di Adorgnano, Nicoletta Gatti, Egidia Susanna Gavazzi, Achille Gerli, Francesca Ilaria Gerli, Maria Grazia Gernia, Maria Teresa Ghezzi, Rossella Ghezzi, Gian Luigi Gregotti Borasio, Antonio Gualandris, Gianluigi Guidetti, Raffaella Guidotti, Madleine Franziska Hofmann, Fulvia Mariangela Lampugnani, Cristina Emma Teresa Malmsheimer, Federico Alberto Marangoni, Grazia Isa Marino, Federico Giovanni Marta, Alberto Martina Di Cornegliano, Maria Rosa Mazzarini, Carla Meinardi, Luca Emanuele Migliavacca, Lorenzo Modini, Chiara Mori, Alessandro Negri, Patrizio Felice Ninni, Maria Cristina Nosotti, Silvia Nosotti, Stefania Nosotti, Angelica Palandri, Fabio Vittorio Palandri, Enrico Parazzini, Raffaella Pasqualini, Michele Pastore, Paolo Pastorino, Franca Pellegatta, Cristina Pellini, Alessandra Pesenti, Guido Pesenti, Margherita Pesenti, Carla Maria Pirovano, Pierangelo Pollini, Flavia Pompilio, Giovanna Pompini, Claudio Maria Prati, Viviana Ravani, Ugo Rietmann, Emanuela Emilia Riganti, Enrico Robba, Cristiano Romagnoli, Manrico Daniele Romagnoli, Valentina Romagnoli, Ebe Rusca, Gaspara Rusconi Clerici, Elena Saporiti, Donatella Sartorio, Claudio Maria Scalmana, Elisa Schack, Daniela Solinas, Amedeo Angelo Strada, Barbara Tettoni, Marco Tordelli, Antonietta Giuseppina Torielli, Virgilio Torniamenti, Tersilia Torresani, Diego Traversa, Mauro Traversa, Dorotea Trio, Marco Troiani, Silvia Maria Eugenia Venegoni, Paola Vigorelli, Fabrizia Villari, Alberto Virtuani, Rodolfo Von Wedel Mastellotto, Hans Udo Wenzel, Paola Maria Zanchi, Pietro Zucchelli, Giuseppina Zucchi Castellini, Rusconi Clerici Beatrice, Alessandra Pesenti, Angelo Giuseppe Maria De Maestri, rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe C. Salerno, con domicilio eletto presso Giuseppe C. Salerno in Milano, via Massena, 17;

contro

- Comune di Milano, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Rita Surano, Paola Maria Ceccoli e Massimo Calì, elettivamente domiciliato in Milano, via Andreani,10;

nei confronti di

- Agenzia per la Mobilità, l’Ambiente e il Territorio;
- Regione Lombardia;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
- Niccolo Marcello Szenberg, Guido Barbiano di Belgiojoso, Paolo Roberto Arnaboldi, Antonio Donesana, Giulia Allara, Andrea Amoroso, Giuseppina Anastasi, Fiorello Valente, Marco Arese Lucini, Maria Olimpia Barbiano di Belgiojoso, Franco Baronio, Marina Bastianello, Marco Battistoni, Angelo Giuseppe Maria Belloni, Gaia Vittoria Bennudriti Tanzi, Bice Angela Bianchi, Anna Maria Binaghi, Di Ruffia Biscaretti, Cosimo Bisiach, Erica Virginia Bisiach, Viola Marella Bisiach, Giorgio Angelo Pietro Capponi, Sabina Francesca Romana Carletti, Franco Castoldi, Sara Catelli, Francesca Cavallini, Enrico Cellini, Marina Cesaris, Elisabetta Giulia Maria Cesaris, Cristina Conti, Aldo Erminio Claudio Cornicchia, Allegra Cosso, Elena Isabella Enrica Pia Maria Dell'Orto, Stefania Di Lauro, Benito Pompeo Di Lauro, Laura Feltrinelli, Gianfranco Ferrari, Liliana Forina, Alessandra Fratter, Giuliana Pasqualina Ida Chiara Galanti, Carlo Garavaglia, Mauro Ghisalberti, Stefano Gnecchi Ruscone, Cecilia Invitti, Guglielmo Laezza, Patrizia Ottavia Martellini, Franca Adele Maria Medini, Giuseppina Melilupi di Soragna, Alessandro Francesco Milesi, Andrea Paolo Missiroli, Miranda Maria Moltedo, Gabriella Morese, Ileana Maria Negri, Elisa Panizzi, Anna Maria Panza, Giuseppe Picciola, Paolo Pignataro, Barbara Pinciara, Gloriana Isabella Maria Rangone, Roberto Roascio, Pietro Russo De Cerame, Roberta Maria Salerno, Pier Maria Salvagno, Francesco Sebastiano Luigi Saraceno, Lorenzo Saraceno, Maria Antonietta Sorrentino, Elisabetta Maria Piera Carla Sosso, Aldina Terzi, Renato Toni, Andrea Trentini, Simone Vadilonga, Francesco Domenico Vadilonga, Maria Beatrice Villa Graziani Bandiera, Eva Winterhoff, Giovanni Zamboni, rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe C. Salerno, con domicilio eletto presso Giuseppe C. Salerno in Milano, via Massena 17;
- ad opponendum:
- ass. Genitori Antismog, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Anna Gerometta, con domicilio eletto presso lo studio Paola Brambilla in Milano, Piazza Bertarelli, 1;- W.W.F. Italia - Ong Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Paola Brambilla, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Piazza Bertarelli, 1;- Associazione Nazionale Italia Nostra Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Paola Brambilla e Anna Gerometta, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Milano, Piazza Bertarelli, 1;- Ciclobby Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Anna Gerometta, con domicilio eletto presso lo studio Paola Brambilla in Milano, Piazza Bertarelli, 1;- Legambiente Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Micaela Chiesa e Sergio Cannavò, con domicilio eletto presso lo studio Paola Brambilla in Milano, Piazza Bertarelli, 1;- Fondo Ambiente Italiano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Paola Brambilla, Anna Gerometta e Micaela Chiesa, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Milano, Piazza Bertarelli, 1;

per l'annullamento

> quanto al ricorso introduttivo:

- in parte qua, della deliberazione di Giunta Comunale n. reg. 2526/2011 del 4.11.2011, prot. gen. 795139/2011, successivamente integrata con altra deliberazione di Giunta Comunale n. reg. 2800/2011 del 13.12.2011, prot. gen. 883750/2011;

- in parte qua, della determinazione dirigenziale 21/2011 - Direzione Centrale Mobilità Trasporti e Ambiente, Settore Coordinamento e Gestione Amministrativa – P.G. 909326/2011 del 21.12.2011;

- dell'ordinanza sindacale n. 67222 del 21.12.2011, P.G. 909557/2011;

> quanto ai motivi aggiunti:

- della d.G.C. 1694/2012 del 06.09.2012;

- della d.G.C. 1695/2012 del 06.09.2012;

- dell’ordinanza sindacale n. 68193 del 13.09.2012;

- della determinazione dirigenziale del 19.09.2012;

- nonché, di tutti gli atti conseguenti, incluse le relazioni AMAT datate 05.09.2012 e 03.11.2011.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;

Visti gli atti di intervento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2013 la dott.ssa Concetta Plantamura e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con l’odierno ricorso, notificato il 23.01.2012 e depositato il successivo 26.01.2012, gli esponenti, nella loro qualità di “residenti all’interno della Cerchia dei Bastioni” (cfr. pg. 13 ric. intr.) in Milano, hanno chiesto l’annullamento dei provvedimenti in epigrafe specificati, nella parte in cui hanno sottoposto a tariffazione gli accessi dei residenti e/o domiciliati in detta area (“Area C”), nonché, nella parte in cui hanno previsto il divieto di circolazione dei veicoli alimentati a gasolio “Euro1”, “Euro2”, ed “Euro3” di proprietà dei medesimi residenti o equiparati, all’interno della ridetta ZTL, consentendo la deroga a tale divieto unicamente sino al 31.12.2012.

Si tratta, in sostanza, della deliberazione con cui la Giunta comunale di Milano ha introdotto una nuova disciplina, a carattere sperimentale, per decongestionare il traffico veicolare all’interno della zona a traffico limitato (Z.T.L.) denominata “Cerchia dei Bastioni”.

In particolare, la misura in questione - denominata “Area C” - fa leva sull’introduzione di un deterrente economico, consistente nel pagamento di una somma di denaro per l’accesso, a decorrere dal 16.01.2012 e dal Lunedì al Venerdì, alla suddetta Z.T.L., entro una determinata fascia oraria.

Si è costituito il Comune di Milano, controdeducendo con separata memoria.

Con ordinanza del 23.03.2012 il Collegio ha preso atto della rinuncia da parte ricorrente alla domanda cautelare, formulata in cambio di una fissazione in tempi rapidi dell’udienza di discussione del merito.

Con successiva ordinanza del 24.04.2012 Il Presidente della Sezione ha respinto l’istanza istruttoria depositata dal parte ricorrente in data 19.03.2012.

Hanno depositato atto d’intervento <<ad opponendum>> l’associazione dei Genitori antismog; WWF Italia Ong Onlus; l’ass. naz. Italia Nostra Onlus; Ciclolobby Onlus; Legambiente Onlus; Fondo Ambiente Italiano, sollevando un’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto dei presupposti del ricorso collettivo.

Con successiva memoria, i ricorrenti hanno insistito sull’illegittimità della suindicata misura, poiché la stessa si rivelerebbe del tutto inefficace, inadeguata e, anzi, controproducente rispetto ai fini dichiarati dall’amministrazione in causa.

Ha resistito il Comune di Milano, dando atto che:

- la circolazione dei veicoli diesel Euro 1 e 2 sarebbe già stata bloccata con d.G.R. 9958 del 29.07.2009; mentre, per i veicoli Euro 3, la deroga al divieto per i residenti nella ZTL sarebbe stata prorogata sino al termine del periodo di sperimentazione.

Il Comune ha, quindi, sollevato plurime eccezioni di inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso, atteso che:

- nessuno dei ricorrenti ha dimostrato di avere dovuto pagare per accedere in “Area C”, a seguito della consumazione dei 40 accessi gratuiti;

- non vi sarà per essi nessun divieto di accesso mediante i veicoli diesel “Euro 3”, avendo il Comune previsto un’apposita deroga al divieto (prorogata fino al termine del periodo di sperimentazione).

Con ulteriore memoria del 20.09.2012 il Comune ha rappresentato che:

- è stato avviato il procedimento per l’aggiornamento del P.G.T.U. (con la d.G.C. n.1695 del 6/9/2012);

- è stato adottato un provvedimento che, in ottemperanza all’ordinanza del Consiglio di Stato n.2898 del 25.07.2012, resa in riforma dell’ordinanza n. 606/2012 del TAR di Milano, e in attesa della decisione di merito dello stesso TAR sul ricorso n. 766/2012 r.g., ha ripristinato la sperimentazione di “Area C”, riducendone la durata ad un anno (d.G.C. n. 1694/2012 del 06/09/2012).

Con istanza del 09.10.2012 il patrocinio ricorrente ha chiesto la concessione di termini a difesa per proporre motivi aggiunti.

Con ordinanza del 12.10.2012, la Sezione ha accolto la richiesta di rinvio, avanzata dai ricorrenti per predisporre motivi aggiunti avverso le nuove deliberazioni comunali, chiedendo al Comune il deposito delle deliberazioni medesime (poi avvenuto in data 22.10.2012).

Con motivi aggiunti, presentati alla notifica il 19.11.2012 e depositati il 21/11/2012, i ricorrenti hanno esteso l’impugnazione alle nuove deliberazioni della Giunta comunale, come in epigrafe specificate.

Ha resistito ai suddetti motivi il Comune, depositando memoria di controdeduzione con cui ha ribadito l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse, sia quanto alla delibera istitutiva di “Area C”; che in relazione alla delibera di avvio del procedimento di aggiornamento del P.G.T.U.

Nel merito, poi, il Comune ha ribadito che il P.G.T.U. del 2003 non sarebbe mai venuto meno, e ha richiamato l’art. 36 C.S. e la dirett. Min. LL.PP. del 1995, §4 e §5, per comprovare che il predetto piano non sia soggetto a decadenza, ma a mero aggiornamento biennale, ove ciò si renda necessario.

Il 3-01-2013 è stato depositato atto di intervento ad adiuvandum, come in epigrafe specificato.

Alla pubblica udienza del 24 gennaio 2013 la causa, dopo la discussione delle parti, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

1) Preliminarmente, sull’eccezione di inammissibilità dell’atto di intervento ad opponendum sollevata da parte ricorrente all’odierna discussione in udienza, il Collegio osserva quanto segue.

Il ricorrente patrocinio sostiene che l’intervento de quo sarebbe inammissibile, poiché non notificato nei confronti di tutti i 155 ricorrenti, ma solo rispetto a 10 di essi.

L’eccezione è infondata.

Ai sensi dell’art. 170, co. 2 c.p.c. (applicabile in forza del rinvio di cui all’art. 39 c.p.a.), “se il procuratore è costituito per più parti” (com’è nel caso che qui occupa), “è sufficiente la consegna di una sola copia dell’atto”.

L’intervento ad opponendum risulta, pertanto, ammissibile.

2) Piuttosto, d’ufficio il Collegio deve rilevare l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum, in quanto depositato in violazione del termine di cui all’art. 50, co. 3 c.p.a.

L’intervento in esame, che peraltro non è stato notificato alla parte ricorrente (in violazione dell’art. 50, co. 2 c.p.a.), risulta depositato il 03.01.2013 e, quindi, soltanto 21 giorni prima della data fissata per l’odierna pubblica udienza, anziché 30 giorni prima, come prescritto dal cit. comma 3 (cfr., al riguardo, Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. n. 8363 del 30-11-2010, per cui, in base alla nuova disciplina, introdotta dagli artt. 28, co. 2, e 50 d.lgs. n. 104/2010, sul piano strettamente procedurale, l'atto di intervento: a) è proposto al giudice davanti al quale pende la controversia principale; b) deve contenere le generalità dell'interventore, le ragioni su si fonda, la sottoscrizione della parte, il patrocinio del difensore e la relativa procura (ex artt. 22, co. 2, e 24, d.lgs. n. 104 cit.); c) è notificato a tutte le altre parti, costituite e non, nel giudizio principale; d) il deposito dell'atto di intervento è sottoposto ad un duplice, inderogabile, limite temporale: a pena di decadenza deve essere depositato nella segreteria del giudice adito entro trenta giorni dalla notificazione e, comunque, non oltre trenta giorni prima dell'udienza fissata per la discussione del ricorso).

Deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile l’atto di intervento ad adiuvandum in epigrafe specificato.

3) Sempre in via preliminare, il Collegio ritiene di poter soprassedere dall’esame delle restanti eccezioni, sollevate da parte resistente e da parte interveniente ad opponendum, stante l’infondatezza nel merito del suesposto gravame.

4) In dettaglio, osserva il Collegio come il ricorso introduttivo abbia principalmente ad oggetto l’impugnazione della delibera di Giunta del 4.11.2011, recante: “Misure di contenimento del traffico veicolare. Nuova disciplina, avente carattere sperimentale, di accesso alla ZTL. Cerchia dei Bastioni”.

Si tratta di un provvedimento dichiaratamente volto a ridurre, sia pure a livello locale e nell’ambito delle competenze comunali, la circolazione stradale veicolare, onde favorire il trasporto pubblico e conseguire, al contempo, il rispetto dei valori limite per la qualità dell’aria.

L’intervento non rappresenta una novità assoluta per il Comune di Milano, avendo la stessa amministrazione in precedenza adottato altre misure, pur sempre volte ad incidere sul traffico veicolare all’interno dell’area “Cerchia dei Bastioni”, ai sensi dell’art. 7, comma 9, del d.lgs. n. 285/1992, e denominate come “Ecopass” e “ZTL Merci”.

La prima, introdotta con Deliberazione di Giunta Comunale n. 1788/2007 del 20.07.2007, ha istituito la Z.T.L. “Cerchia dei Bastioni”, prevedendo un sistema di tariffazione per l’accesso e la circolazione dei veicoli inquinanti, in base al principio “chi inquina paga”, stabilito dalla Direttiva Europea 2004/35/CE (sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e di riparazione del danno ambientale).

L’altra, posta con Deliberazione di Giunta Comunale n. 401/2010 del 12.02.2010, ha riguardato l’istituzione della nuova regolamentazione della circolazione all’interno della medesima area “Cerchia dei Bastioni” dei veicoli destinati al trasporto-cose.

Ne è derivato un regime circolatorio differenziato, in base alle prestazioni ambientali dei mezzi adibiti al trasporto, con la creazione di un sistema che prevede fasce orarie più ampie, per la circolazione dei veicoli meno inquinanti, e, al tempo stesso, una disciplina più restrittiva per i veicoli cui sono imputabili le maggiori emissioni di sostanze inquinanti, sino ad arrivare, in taluni casi, al divieto assoluto di circolazione.

Anche la Regione Lombardia, con successive deliberazioni di Giunta, in attuazione della L.R. n.24/2006, ha introdotto progressive limitazioni alla circolazione nei confronti dei veicoli maggiormente inquinanti.

I provvedimenti sin qui indicati sono stati, poi, accompagnati da un’attività di monitoraggio, così dei fattori inquinanti come dei valori limite per il PM 10, attuata dal Comune attraverso l’AMAT – l’Agenzia per la Mobilità, l’Ambiente e il Territorio srl – struttura tecnica della quale il Comune di Milano è unico socio (cfr. doc. depositati dal Comune, dal n. 10 e ss.).

Dalle rilevazioni effettuate è emerso che si è verificata una progressiva riduzione della quota di veicoli in accesso alla ZTL “Cerchia dei Bastioni” appartenenti alle classi più inquinanti sottoposte a tariffazione, accompagnata da un incremento (rispetto al periodo precedente l’introduzione di “Ecopass”), dei veicoli appartenenti alla classe I (ibridi, elettrici, GPL, metano).

Tuttavia, è altresì emerso, sempre dalle citate rilevazioni, il perdurante superamento dei valori-limite per il PM 10, accompagnato dalla progressiva perdita di efficacia di “Ecopass”, a causa del ridursi del numero dei veicoli sottoposti a tariffazione, quale diretta conseguenza del processo di rinnovo del parco veicolare circolante.

Da ciò, la determinazione assunta dalla resistente amministrazione di elaborare una nuova sperimentazione, tenendo conto anche degli esiti della consultazione popolare attuata mediante il quesito referendario n. I del 13 giugno 2011, il cui epilogo ha visto premiata la volontà di realizzare “un piano di interventi per potenziare il trasporto pubblico e la mobilità pulita alternativa all’auto, attraverso l’estensione a tutti gli autoveicoli (esclusi quelli ad emissioni zero) e l’allargamento progressivo, fino alla cerchia filoviaria, del sistema di accesso a pagamento, con l’obiettivo di dimezzare il traffico e le emissioni inquinanti”.

L’amministrazione civica in causa ha, così, individuato in via sperimentale un nuovo provvedimento di regolamentazione del traffico, riferito sia al trasporto persone che al trasporto cose, allo scopo di superare le criticità ed i limiti emersi dal sistema Ecopass.

Le nuove regole di circolazione introdotte all’interno della ZTL “Cerchia dei Bastioni”, risultano basate, non più, soltanto su parametri legati alla tipologia di alimentazione dei veicoli, ma sono preordinate al decongestionamento del traffico, mediante la riduzione drastica della presenza di veicoli nel centro cittadino.

Ciò, allo scopo di migliorare complessivamente la qualità urbana, promuovendo l’attrattività del centro, riducendo il numero di incidenti, il rumore, gli inquinanti locali, la percezione di insicurezza e di degrado collegata al numero eccessivo di auto in sosta irregolare e in movimento, riqualificando e animando le aree pedonali.

La nuova sperimentazione è stata istituita utilizzando sempre l’area corrispondente alla “Cerchia dei Bastioni”, ritenuto l’ambito territoriale più idoneo per la sperimentazione di nuove politiche di regolazione della circolazione stradale, ma introducendo un’unica disciplina oraria (coincidente con la fascia 7:30 – 19:30), estesa ad un arco temporale di 18 mesi (così individuato, al fine di disporre di un periodo di tempo congruo per una corretta valutazione dei risultati e per la definizione del provvedimento da adottare in via strutturale).

Contro di essa sono insorti gli istanti, lamentandone l’illegittimità sulla base di 13 motivi.

5) Prima di passare in rassegna i predetti motivi, si deve, tuttavia, rilevare la parziale inammissibilità e improcedibilità del ricorso, con riguardo alle censure, rispettivamente, afferenti il divieto di circolazione per i veicoli diesel Euro 1, Euro 2 ed Euro 3, poc’anzi citati.

Induce in tal senso un duplice ordine di ragioni:

- da un lato, la circostanza che, con riferimento ai veicoli diesel Euro 1 e 2, il divieto è già esistente e applicato dalla delibera di Giunta regionale n. 9958 del 29.07.2009, sicché nessun pregiudizio e, dunque, nessun interesse può essere autonomamente riconosciuto in capo ai ricorrenti all’impugnazione, in parte qua, della contestata deliberazione, che nulla aggiunge e/o innova al riguardo;

- dall’altro, la circostanza che, con riferimento ai veicoli diesel Euro 3, il divieto è stato da ultimo posto nel nulla mediante un’apposita deroga, introdotta proprio per i residenti ed equiparati, avente la stessa durata della misura in contestazione; tale deroga, seppure già introdotta al momento della proposizione dell’odierno gravame, è stata successivamente prorogata sino al termine della sperimentazione di “Area C”, con la d. G.C. n. 1402 del 29.06.2012; ne consegue che, anche a voler ipotizzare un interesse all’annullamento al momento della proposizione del ricorso, di sicuro esso è venuto meno in virtù dei successivi sviluppi, sicché, anche in parte qua, è evidente il sopravvenuto difetto di interesse all’annullamento come in epigrafe richiesto.

6) Si può, così, passare all’esame dei motivi, seguendo l’ordine prospettato dagli esponenti:

6.1) primo e secondo motivo, da trattare congiuntamente in quanto strettamente connessi.

Con essi si deduce la violazione del principio del «chi inquina paga» e del principio dello sviluppo sostenibile – la violazione della direttiva 21.4.2004, n. 35 («Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale») – l’eccesso di potere per sviamento, illogicità e contraddittorietà manifesta – la violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità – la violazione dell’art. 301, commi 1 e 2, del d. lgs. 3.4.2006, n. 152.

Con le suesposte censure, in sostanza, i ricorrenti si dolgono che la deliberazione G.C. n. 2526/2011 del 4.11.2011, istitutiva della nuova disciplina ZTL “Cerchia dei Bastoni” – Area C, pur avendo come finalità principale la riduzione del PM 10, non avrebbe affatto contribuito alla sua riduzione, come testimoniano le notizie apprese nei primi giorni di applicazione della misura, la quale, inoltre, penalizzerebbe in modo inaccettabile i residenti all’interno della ZTL.

I motivi sono infondati.

Il Collegio deve, in primo luogo, rilevare due vizi logici afferenti il suesposto motivo, atteso che, da un lato, l’esame circoscritto ai primi giorni di applicazione della misura non è idoneo a rivelarne in modo obiettivo l’efficacia (stante la necessità che, a fronte della complessità del contesto di riferimento, detta efficacia sia monitorata in un’ottica non di breve periodo). D’altro canto, anche laddove fosse dimostrato che i picchi di inquinamento permangono invariati, non potrebbe comunque darsi la dimostrazione, alla luce del principio di precauzione invocato dai ricorrenti, dell’imputabilità di tale invarianza alle misure contestate, ovvero, dell’incremento del fenomeno in assenza della contestata misura. Tutto ciò, senza trascurare che l’assunto dei ricorrenti, laddove ascrive alla misura in esame l’obiettivo prioritario della riduzione del PM10, non appare corretto, giacché la misura in esame rappresenta “un primo provvedimento da inserire in una strategia più ampia” che, attraverso il decongestionamento del traffico veicolare privato tende alla riqualificazione e allo sviluppo delle reti del trasporto pubblico e dei servizi di “mobilità dolce”, conseguendo “di riflesso” la riduzione delle concentrazioni medie di inquinanti in atmosfera (cfr. pg 5 delib. 2526/2011).

In aggiunta, si può solo osservare come, pur essendo scientificamente plausibile la pluralità dei fattori inquinanti eziologicamente in grado di incidere sul volume complessivo delle polveri sottili rilevate nell’aria, la concentrazione di queste nelle ore di maggior traffico veicolare (rilevate dall’attività di monitoraggio svolta dal Comune di Milano e documentata in atti) dimostra con sufficiente certezza la decisiva incidenza in questo quadro dell’inquinamento riconducibile alla combustione dei carburanti utilizzati per l’alimentazione degli autoveicoli a motore non elettrico.

Le considerazioni sin qui svolte rivelano, quindi, già in punto di fatto, come la valutazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione insita nella deliberazione impugnata resista ad ogni possibile censura di illogicità o irragionevolezza.

In punto di diritto, poi, denota il Collegio come l’esercizio del potere in contestazione risulti avvenuto nel rispetto del paradigma normativo che lo regola, che si appalesa complesso, dovendo l’amministrazione esercitare il potere tecnico-valutativo che ad essa pertiene alla stregua delle direttive comunitarie in materia di tutela ambientale (che non si risolvono, come prospettato dagli istanti, nella sola Direttiva 2004/35/CE, che attiene specificamente al danno arrecato all’acqua, al terreno o alle specie e agli habitat naturali protetti, ma includono le direttive in materia di inquinamento atmosferico, quali, nell’ordine, la Direttiva 27 settembre 1996 n. 96/62/CE, recepita con d.lgs. n. 351/1999, modificata con Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 29-09-2003 n. 1882 e, da ultimo, sostituita dalla Direttiva 2008/50/CE, attuata con d.lgs. 24-12-2012 n. 250), nonché della disciplina concernente le ricadute, sulle singole amministrazioni locali, delle procedure d’infrazione promosse nei confronti della Repubblica italiana (cfr. art. 16-bis della legge 04-02-2005 n. 11, in materia di rivalsa dello Stato nei confronti di regioni o altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto comunitario).

La giurisprudenza comunitaria che si è sviluppata in subiecta materia ha chiaramente affermato che, il principio comunitario del chi inquina paga, invocato dai ricorrenti, deve intendersi in senso sostanzialistico, alla stregua del criterio di effettività che deve orientare l’interprete nell'applicazione del diritto comunitario ambientale, senza trascurare gli altri importanti principi ricavabili dall’ordinamento (cfr. sentenza della Corte di Giustizia 15 giugno 2000, cause riunite C-418/97 e C-419/97, ARCO Chemie Nederland, per cui - ai sensi dell'art. 130 R, n. 2, del Trattato CE, divenuto in seguito art. 174, n. 2, CE - la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva).

Lo stesso Trattato di Lisbona (pubblicato sulla GUUE n. C/115 del 9 maggio 2008), in vigore dal 01 dicembre 2009, dedica un intero Titolo all'ambiente (Titolo XX) e, in particolare, all'art. 191 (che sostituisce il previgente art. 174 del Trattato della CEE) pone fra gli obiettivi della politica dell'U.E., quello della "salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente", della "protezione della salute umana", della "utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali" e della "promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici", precisando che la politica dell'Unione in materia ambientale "mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione" ed è "fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio del chi inquina paga”.

Dal suesposto quadro normativo si ricava, quindi, che la misura in esame non risulta affatto in contrasto con i principi comunitari, ove correttamente interpretati, e che non è affatto possibile, con sufficiente certezza, imputare ad essa, peraltro nelle more della sperimentazione in atto, la spiegazione dell’andamento dei livelli del PM 10.

Neppure, giova ribadire, risulta violato il predetto principio del chi inquina paga per il fatto che la misura in esame sia posta a carico anche dei residenti, atteso che – dal momento in cui questi utilizzano l’auto privata a motore non elettrico per accedere alla ZTL - non può affatto escludersi che pongano in essere una concausa dell’inquinamento che si vuole ridurre (cfr. in tema T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. II, Sent. 14-02-2013, n. 206; T.A.R. Veneto, sez. III, 2 febbraio 2002, n. 320; cfr., altresì, la sentenza “Janecek” 25 luglio 2008, in causa C-237/07, della II sezione della Corte di Giustizia, che ha chiaramente affermato il primato logico dell’interesse al controllo delle emissioni inquinanti rispetto agli interessi antagonisti. Lo stesso principio è stato recentemente ribadito nella sentenza 19-12-2012, C-68/11, che ha visto l’Italia soccombere all’esito di una procedura d’infrazione intentata dalla Commissione europea per i costanti sforamenti dei valori soglia del PM10 nell’aria, in numerose zone e agglomerati del territorio italiano).

Va disattesa anche la censura che fa leva sulla penalizzazione dei residenti, atteso che la direttiva ministeriale del 1997, richiamata dall’art. 7, co. 9 C.S., dopo avere distinto la fattispecie delle “esenzioni” da quella delle “agevolazioni”, ha chiaramente ricondotto i “residenti” fra i soggetti per i quali “può” essere prevista una “tariffa agevolata” di accesso.

Analogamente, quanto ai residenti che dispongono di un proprio posto auto, la direttiva non ha imposto di distinguerne la posizione rispetto a quella dei residenti che sostano in strada, demandando la relativa scelta discrezionale alla competente amministrazione.

Non risulta, pertanto, censurabile la disciplina oggetto di gravame, laddove essa ha previsto per i residenti, in ragione di tale specifica condizione, l’accesso ad “Area C” a condizioni agevolate (consistenti nel pagamento di euro 2 in luogo di euro 5, e solamente dopo la consumazione dei 40 accessi gratuiti ad essi assegnati), anziché in regime di totale esenzione.

6.2) terzo motivo.

Qui si deduce la violazione ed omessa applicazione dell’art. 42, co. 2, lett. f), del d. lgs. 18.8.2000, n. 267; la violazione e falsa applicazione dell’art. 48 del menzionato T.U. e quella dell’art. 43 dello Statuto comunale.

Ciò, poiché la disciplina generale delle tariffe, dettata dalla deliberazione n. 2526/2011 del 4.11.2011, prot. gen. 795139/2011, non si risolverebbe in un’attività di carattere meramente attuativo di una preesistente disciplina, ma determinerebbe una nuova disciplina generale regolamentare, di competenza unicamente del Consiglio Comunale e non della Giunta Comunale, proprio alla luce dell’art. 42, co. 2, lett. f), del d. lgs. 18.8.2000, n. 267.

Il motivo è infondato.

Il potere esercitato dalla Giunta comunale attraverso l’adozione della contestata deliberazione si radica nella previsione di cui all’art. 7, comma 9, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, il quale attribuisce espressamente a detto organo il compito di procedere all'istituzione ed all'individuazione delle Zone a Traffico Limitato.

La previsione di un sistema di tariffazione per l’accesso, come emerge dallo stesso dato letterale della norma (“i comuni possono subordinare l'ingresso o la circolazione dei veicoli a motore, all'interno delle zone a traffico limitato, anche al pagamento di una somma …”), viene quindi a trovare una collocazione ancillare e accessoria rispetto al generale potere di individuazione delle ZTL, del quale costituisce una misura aggiuntiva disincentivante e non l’obiettivo “finale” (così, TAR Lazio, Roma, 3.11.2011 n. 33132).

È, in altri termini, attraverso la suddivisione in zone – che esprime un intendimento di razionalizzazione dell’uso del territorio per il traffico veicolare – che la norma in rassegna intende introdurre più razionali modalità di disciplina, all’interno di una finalità di tutela ambientale e delle condizioni di salubrità, che rappresenta il proprium dell’esercizio del potere limitativo della circolazione.

Di tutt’altra natura si appalesa, quindi, il fondamento della previsione di cui all’art. 42, co. 2, lett. f) del d.lgs. n. 267/2000, che rimette alla competenza consiliare l’istituzione e l’ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote, nonché la disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi, che non interferisce con l’ambito applicativo della norma citata in precedenza. Si tratta, infatti, dell’attribuzione di poteri diversi, afferenti, l’uno, quello giuntale, alla gestione del territorio mediante la programmazione del traffico veicolare; l’altro, quello consiliare, alla programmazione e alla disciplina di carattere generale dei tributi e delle tariffe (cfr., in tema, una recente decisione del T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 07-04-2011, n. 263, in cui si è ritenuto che la delibera consiliare, in subiecta materia, rappresenta un mero “atto di indirizzo” e non si configura quale presupposto necessario e vincolante nell'ambito del pertinente procedimento, ma quale mera esortazione, anche se analiticamente concepita ed espressa, all'adozione di decisioni di governo che competono in via esclusiva alla Giunta).

6.3) quarto e quinto motivo.

Qui si deduce la violazione, erronea e falsa applicazione dell’art. 7, comma 9, ultimo periodo, del d. lgs. 30.4.1992, n. 285 e delle previsioni della direttiva del Ministero dei Lavori pubblici 21.7.1997, n. 3816 – la violazione dell’art. 13, co. 2 della legge regionale n.24/2006 – la violazione del principio di legalità – l’eccesso di potere per manifesta arbitrarietà, illogicità macroscopica e sviamento di potere.

In sostanza, i ricorrenti fanno, qui, valere l’illegittimità degli atti impugnati, nella parte in cui vietano la circolazione ai veicoli alimentati a gasolio Euro 1, 2 e 3, di proprietà dei residenti od equiparati, all’interno della ZTL di cui trattasi, trattandosi di un potere di spettanza regionale, ai sensi dell’art. 13, co. 2, cit.

I motivi sono in parte inammissibile e per il resto improcedibili.

Al riguardo, il Collegio si limita a richiamare quanto già considerato sopra, sub n. 5 della parte in diritto.

6.4) sesto motivo.

Qui si deduce la violazione dell’art. 15, co. 2, della L.R. 11.12.2006, n. 24, poiché non sarebbero state adottate le misure ivi previste per la riduzione delle emissioni in atmosfera.

Il motivo è infondato.

La legge regionale n.24 dell’11.12.2006 disciplina gli interventi per la prevenzione e la riduzione delle emissioni in atmosfera su tutto il territorio regionale.

Gli artt. 13 e 15 sopra menzionati attribuiscono bensì, alla Regione una specifica competenza all’adozione di misure di limitazione alla circolazione e all’utilizzo di veicoli inquinanti, ma avendo di mira la riduzione dell’accumulo di inquinanti in atmosfera.

Gli obiettivi di “Area C” sono diversi e solo in minima parte collimanti (proponendosi essa di migliorare complessivamente la qualità urbana, attraverso il decongestionamento del traffico veicolare, funzionale ad una pluralità di obiettivi, tra cui: la riduzione del numero di incidenti, del rumore, degli inquinanti locali, della percezione di insicurezza e di degrado collegata al numero eccessivo di auto in sosta irregolare e in movimento, la riqualificazione delle aree pedonali, l’implementazione della mobilità alternativa all’auto privata) . Anche l’efficacia delle misure regionali è diversa da quella di “Area C”, potendo le prime, a differenza della seconda, applicarsi all’intera rete stradale del territorio regionale aperta alla percorrenza pubblica, con le esclusioni ivi meglio descritte (cfr. art. 13 cit., co. 3 e ss.).

Le misure di pubblica utilità a cui alludono gli esponenti (cfr. art. 15, co. 2 cit.) si riferiscono ad atti di programmazione diversi, sia sotto il profilo strutturale che funzionale, dalla deliberazione che ha introdotto la misura oggetto qui di gravame.

Quest’ultima, in ogni caso, si inserisce armonicamente nel contesto delle misure che la Regione ha il compito di promuovere, ai sensi dell’art. 15 cit., co. 5 (cfr. a proposito dei rapporti fra l’esercizio delle prerogative regionali e quelle comunali in subiecta materia la sentenza di questo TAR n.1859/2008 cit.).

6.5) settimo e ottavo motivo

Si deduce, con essi, la violazione ed omessa applicazione della direttiva del Ministero dei Lavori pubblici 21.7.1997, n. 3816, ove prevede, nel suo «Preambolo» che: «la tariffazione degli accessi non può essere considerata una misura a sé stante, ma deve essere studiata ed attuata nell’ambito delle strategie generali d’intervento del Piano Urbano del Traffico»; detto piano, nel caso della misura in esame e secondo la prospettiva ricorrente, sarebbe insussistente, mentre l’ultimo approvato dal Comune di Milano risalirebbe al 2003.

I motivi sono infondati.

Il comma 9 dell’art. 7 cit. stabilisce che: “i comuni, con deliberazione della giunta, provvedono a delimitare le aree pedonali e le zone a traffico limitato tenendo conto degli effetti del traffico sulla sicurezza della circolazione, sulla salute, sull'ordine pubblico, sul patrimonio ambientale e culturale e sul territorio. In caso di urgenza il provvedimento potrà essere adottato con ordinanza del sindaco, ancorché di modifica o integrazione della deliberazione della giunta. Analogamente i comuni provvedono a delimitare altre zone di rilevanza urbanistica nelle quali sussistono esigenze particolari di traffico, di cui al secondo periodo del comma 8. I comuni possono subordinare l'ingresso o la circolazione dei veicoli a motore, all'interno delle zone a traffico limitato, anche al pagamento di una somma. Con direttiva emanata dall'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale entro un anno dall'entrata in vigore del presente codice, sono individuate le tipologie dei comuni che possono avvalersi di tale facoltà, nonché le modalità di riscossione del pagamento e le categorie dei veicoli esentati”.

Con Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici 21 luglio 1997 n. 3816 (emanata in attuazione dell’ultima parte del riportato comma 9 dell'art. 7 e recante “Direttive per l'individuazione dei comuni che possono subordinare l'ingresso o la circolazione dei veicoli a motore, all'interno delle zone a traffico limitato, al pagamento di una somma, nonché per le modalità di riscossione della tariffa e per le categorie dei veicoli a motore esentati”), si dà facoltà ai comuni di subordinare al pagamento di una somma l'ingresso o la circolazione dei veicoli a motore all'interno delle zone a traffico limitato.

Nella Circolare anzidetta si precisa, tuttavia, che la tariffazione degli accessi alle zone a traffico limitato:

- se “si inserisce nelle strategie generali d'intervento per migliorare la mobilità urbana previste dalle direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei Piani urbani del traffico, emanate da questo Ministero il 24 giugno 1995, e più precisamente rappresenta una forma mediata di disincentivazione dell'uso dei veicoli a motore per il trasporto individuale privato attraverso l'intervento sulla domanda di mobilità”, non può tuttavia “essere considerata una misura a se stante ma deve essere studiata ed attuata nell'ambito delle strategie generali d'intervento del Piano urbano del traffico”.

Viene al riguardo soggiunto, nella suddetta Circolare, che “i comuni, per poter subordinare l'accesso alle zone a traffico limitato al pagamento di una somma, devono:

- “aver istituito una ZTL (zona a traffico limitato) ai sensi dell'art. 7, comma 9 del NCS;

- aver adottato il Piano urbano del traffico ai sensi dell'art. 36 del NCS;

- aver introdotto la tariffazione degli accessi alla ZTL all'interno del Piano urbano del traffico, avendo verificato che tale provvedimento (che costituisce una ulteriore misura di selezione rispetto alla limitazione dell'accesso ad ore prestabilite o a particolari categorie di utenti e di veicoli a motore) si rende effettivamente necessario per il raggiungimento degli obiettivi del Piano urbano del traffico. Di tale verifica deve essere data documentazione di uno specifico paragrafo della relazione tecnica che accompagna il suddetto Piano”.

È, tuttavia, ammessa l'adozione della tariffazione degli accessi (anche) per i comuni che non abbiano “ancora adottato il Piano urbano del traffico, unicamente in via sperimentale e per un periodo non superiore ad un anno, a condizione che nella relazione tecnica che dovrà accompagnare il progetto di tariffazione siano precisati gli obiettivi ed i relativi criteri di verifica”.

Nel caso di specie, il Comune di Milano ha approvato il Piano Generale del Traffico Urbano il 30.12.2003, con provvedimento del Commissario straordinario per l’emergenza del traffico e della mobilità, richiamando anche il Piano per la Mobilità di lungo termine, di cui si è dotato il Comune di Milano con d.C.C. n. 30 del 19.3.2001.

Al momento dell’adozione della delibera impugnata il P.G.T.U. non era stato aggiornato, come richiesto dall’art. 36 del C.S., che, al co. 5, espressamente prevede che: “Il piano urbano del traffico viene aggiornato ogni due anni”.

Stando alle conclusioni degli esponenti, la deliberazione “Area C” sarebbe illegittima, poiché la presenza, a monte, di un P.G.T.U. scaduto si ripercuoterebbe, a valle, su detto deliberato, inficiandone la validità sotto il profilo della violazione della direttiva dell’Ispettorato del 21.7.1997. Sul punto, la difesa dei ricorrenti si richiama anche all’ordinanza del Consiglio di Stato del 25/7/2012 che, in riforma dell’ordinanza cautelare emessa dalla Terza Sezione di questo TAR nel ricorso n. 766/2012, ha accolto la domanda cautelare, sul presupposto che: “appare carente il presupposto su cui si fonda il potere esercitato col provvedimento impugnato…”.

A questo punto, s’impone al Collegio una meditata valutazione degli effetti sul P.G.T.U. della scadenza del termine biennale stabilito dall’art. 36, co. 5 C.S.

Si deve, cioè, stabilire in primo luogo se, il mancato “aggiornamento” del piano (secondo la terminologia adoperata dallo stesso legislatore), sia idoneo a provocare l’invalidità o, comunque, l’inefficacia del piano stesso, valutando, quindi, quali siano le ripercussioni che il mancato aggiornamento del piano produce sulla delibera in esame.

Ebbene, avuto riguardo al contesto normativo di riferimento, nulla autorizza a ritenere che il mancato aggiornamento del piano urbano del traffico si risolva in un vizio incidente sulla validità del piano stesso.

La norma di riferimento, come già in precedenza accennato, è l’art. 36 C.S., secondo cui: “Ai comuni, con popolazione residente superiore a trentamila abitanti, è fatto obbligo dell'adozione del piano urbano del traffico” (co. 1).

Si tratta, come precisato al successivo comma 4, di uno strumento finalizzato “ad ottenere il miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione degli inquinamenti acustico ed atmosferico ed il risparmio energetico, in accordo con gli strumenti urbanistici vigenti e con i piani di trasporto e nel rispetto dei valori ambientali, stabilendo le priorità e i tempi di attuazione degli interventi” (così, il co. 4).

Il richiamo contenuto nella surriferita norma al necessario raccordo della pianificazione in parola con quella urbanistica (ribadito anche al successivo co.6) offre al Collegio lo spunto per meglio delineare, attraverso un’attività interpretativa a carattere sistematico, la disciplina degli effetti del decorso del tempo sull’attività di pianificazione svolta dall’amministrazione, al fine di trarre utili argomenti per risolvere la problematica oggetto di esame.

E’ noto che, in materia di pianificazione urbanistica, la legge fondamentale del 1942, mentre prevede per i piani territoriali di coordinamento e i piani regolatori generali, una vigenza a tempo indeterminato, con riferimento al piano particolareggiato, all’art. 16, co. 3 dell’originaria formulazione, oggi divenuto co. 5, dispone che, con il decreto di approvazione, “sono fissati il tempo, non maggiore di anni 10, entro il quale il piano dovrà essere attuato e i termini entro cui dovranno essere compiute le relative espropriazioni”.

Dunque, i piani generali hanno, nel sistema originario, una durata indefinita, mantenendo efficacia sino a che non vengono sostituiti da un nuovo piano, o mutati dall’approvazione di una variante; la loro caratteristica è, dunque, la mutabilità, non potendo essi venire meno in altro modo (non essendo le relative prescrizioni suscettibili di abrogazione).

Ciò, salve le vicende che hanno riguardato l’efficacia di talune particolari prescrizioni, quali quelle recanti vincoli preordinati all’espropriazione, per le quali, dopo le note pronunce della Corte Costituzionale (sentenza nn. 6/1966 e 55/1968) è intervenuto il legislatore, dapprima con l’art. 2 della legge n. 1187 del 19.11.1967, indi con l’art. 9 del d.P.R. n. 380/2001.

A ben guardare, la necessità avvertita dal legislatore di circoscrivere l’efficacia temporale in relazione al piano particolareggiato, ben si spiega tenendo conto che, ai sensi dell’art. 16, co. 9 della legge fondamentale (n.1150/1942), la sua approvazione equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere in esso previste. Ne consegue che, il decorso del termine decennale ad esso apposto, mentre rende non più attuabili le previsioni espropriative, mantiene inalterate le restanti, come si desume chiaramente dalla previsione del successivo art. 17, per cui resta “fermo a tempo indeterminato l'obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso” (art. 17, co. 1).

Ne consegue, ulteriormente, che, contrariamente a quanto indicato nella rubrica dell’articolo in esame (cha fa uso dell’espressione “Validità dei piani particolareggiati”), la mancata attuazione delle previsioni di piano non si ripercuote affatto in un vizio di validità dell’atto, come meglio chiarito anche dal comma 2 della stessa norma, a tenore della quale: “per il necessario assetto della parte di piano particolareggiato che sia rimasta inattuata per decorso di termine” (art. 17, co. 2), il Comune è tenuto ad adottare un nuovo piano.

Il decorso del termine stabilito per l’esecuzione del piano particolareggiato ridonda, quindi, in mera inefficacia delle prescrizioni inattuate, ferme restando le restanti prescrizioni (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. n. 4761 del 10-08-2011; id. sent. n. 6572 del 27-10-2009, per cui: “La disposizione di cui all'art. 17 della L. n. 1150/1942 va intesa nel senso che, scaduto il termine di efficacia stabilito per l'esecuzione del piano particolareggiato, nella parte in cui è rimasto inattuato non è più possibile eseguire i previsti espropri, preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria, non potendosi, in particolare, procedere all'edificazione residenziale per assenza di tale fondamentale presupposto. Però, nel caso in cui il detto piano ha avuto attuazione, con la realizzazione di strade, piazze ed altre opere di urbanizzazione, l'edificazione residenziale si deve considerare consentita, secondo un criterio di armonico inserimento del nuovo nell'edificato esistente, e cioè in base alle norme del piano attuativo scaduto, che mantengono la loro integrale applicabilità”).

Argomenti altrettanto significativi per l’interpretazione della disciplina applicabile all’attività pianificatoria in esame il Collegio ritiene, infine, di potere trarre, anche dall’orientamento giurisprudenziale affermatosi durante la vigenza dell’art. 12 della legge 11.06.1971 n. 426, disciplinante i piani di commercio comunali. Detta norma, dopo avere indicato contenuti e finalità del piano, all’ultimo comma, così statuiva: “Il piano viene approvato dal consiglio comunale ed è soggetto a revisione quadriennale”. Ebbene, sulle conseguenze derivanti dalla mancata revisione del citato piano, la giurisprudenza ha costantemente affermato che essa non ne comportasse affatto la decadenza, continuando a trovare applicazione le relative norme sino alla loro effettiva sostituzione con le nuove (cfr., Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 1020 del 24-09-1997, per cui: “La mancata revisione del piano commerciale comunale alla scadenza del quadriennio di validità non ne comporta la decadenza; pertanto, le norme da esso previste protraggono i loro effetti fino a quando non vengano sostituite da quelle nuove, atteso che l'articolo 12 della legge 11 giugno 1971 n. 426 non collega alcuna sanzione decadenziale alla mancata revisione della disciplina dell'attività commerciale”; analogamente, Cons. Stato, V, 11-05-1998 n. 554, per cui: “Il piano commerciale comunale continua ad essere in vigore fino a quello successivo, anche in assenza della revisione, ai sensi dell'articolo 12 della legge 11 giugno 1971 n. 426”).

Reputa, quindi, il Collegio, che le suesposte osservazioni riguardanti i piani urbanistici e i piani di commercio ben si prestino ad essere estese anche al piano generale per il traffico, che, per quanto soggetto al periodico aggiornamento, caratteristica implicita nella sua ratio di piano soggetto alla variabilità dei fattori sottostanti, non è per questo soggetto a caducazione automatica in conseguenza dello spirare del termine assegnato, dall’art. 36, co. 5 cit., per l’esercizio del (distinto) potere di aggiornamento.

La stessa espressione utilizzata dal legislatore è all’uopo eloquente, tenuto conto che, l’“aggiornamento” ivi menzionato, evoca l’idea di un positivo esercizio del potere, spettante alla p.a., di verifica della perdurante attualità delle esigenze e, dunque, degli obiettivi avuti di mira col piano, mentre risulta incompatibile con l’idea di una eliminazione ex tunc delle previsioni in essere, in conseguenza del mancato esercizio dell’aggiornamento in parola.

Del resto, il potere di pianificazione che si estrinseca nell’adozione del P.G.T.U. ha, come noto, il suo incondizionato radicamento nella legge (l’art. 36 cit.), che dispone non solo che detto potere sia in concreto esercitato da parte della competente amministrazione, ma, in caso contrario, l’invito “a provvedere entro un termine assegnato, trascorso il quale il Ministero provvede alla esecuzione d'ufficio del piano e alla sua realizzazione” (così il co. 10, del cit. art. 36).

Non così, per il distinto potere di aggiornamento, per il quale la cit. norma, pur offrendone un radicamento (al cit. comma 5), nulla prevede in caso di perdurante inerzia da parte dell’amministrazione.

Deve, pertanto, riconoscersi la perdurante efficacia delle previsioni contenute nel P.G.T.U. sino al momento in cui le stesse non vengono ad essere mutate da parte della competente amministrazione, attraverso l’esercizio del potere di aggiornamento ad essa spettante, ovvero, attraverso l’esercizio ex novo del potere pianificatorio in parola (cfr. le “Direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani del traffico” comunicate dal Ministero dei lavori pubblici mediante e pubbl. in GU n.146 del 24-6-1995 - Suppl. Ordinario n. 77, ove si legge che: “Nel processo di pianificazione e governo del sistema dei trasporti a scala urbana, il PUT costituisce in definitiva lo strumento tecnico- amministrativo di breve periodo, che mediante successivi aggiornamenti (piano-processo) rappresenta le fasi attuative di un disegno strategico - di lungo periodo - espresso dal Piano dei trasporti, da elaborare in genere a scala comprensoriale (bacino di traffico) e con riferimento anche a tutte le altre modalita' di trasporto non stradale”. Ancora, è significativo il passaggio in cui si evidenzia che: “…il Piano dei trasporti costituisce, pertanto, uno strumento di fondamentale valenza strategica per l'ordinato sviluppo delle aree urbane. Il PUT deve essere redatto, comunque, anche nelle more della redazione dei Piani di governo della mobilita' e dell'ambiente di cui alla premessa, ivi compreso il Piano dei trasporti;…”).

Il P.G.T.U. n. 273 del 30.12.2003 del Comune di Milano, peraltro, ha espressamente previsto, al § 10.1 della relazione ad esso allegata, intitolato “Road pricing”, l’introduzione di un pedaggio per accedere alle zone maggiormente soggette a congestione o a fenomeni di inquinamento ambientale, come progetto da inserire e integrare in una serie di iniziative per migliorare e implementare il sistema complessivo della mobilità.

Le indicazioni contenute in tale paragrafo assolvono, quindi, a quanto prescritto nella direttiva ministeriale del 21.07.1997, più volte citata, ove si richiede ai comuni che intendono subordinare l’accesso alle Z.T.L. al pagamento di una somma, tra l’altro, di avere introdotto la relativa previsione nel piano urbano del traffico, previa verifica della sua necessità per il raggiungimento degli obiettivi del piano stesso.

Non sussiste, quindi, la lamentata violazione delle citate norme del C.S., neppure per effetto della violazione delle direttive in esse richiamate.

6.6) nono, decimo e undicesimo motivo.

Qui si deduce la violazione ed omessa applicazione del combinato disposto dell’art. 7, comma 9, ultima parte, del d. lgs. 30.4.1992, n. 285 e s.m.i. e degli artt. 1 e 3 della direttiva del Ministero dei Lavori pubblici 21.7.1997, n. 3816; nonché, l’eccesso di potere per sviamento, difetto di motivazione, irrazionalità e manifesta illogicità; violazione del principio di proporzionalità in rapporto alle finalità di interesse pubblico perseguite; difetto di motivazione e travisamento dei presupposti di fatto.

Tutto ciò, in conseguenza del mancato riconoscimento ai residenti nella ZTL “Cerchia dei Bastioni”, delle esenzioni previste per essi dalla direttiva ministeriale sopra citata.

I motivi sono infondati.

Il Collegio deve, qui, ribadire le considerazioni già svolte scrutinando i primi due motivi di ricorso (sub n. 6.1), nel senso che non è ravvisabile la lamentata violazione della direttiva ministeriale del 1997 con riguardo al trattamento riservato dalla deliberazione impugnata ai residenti all’interno dell’ “Area C”, atteso che, la direttiva suddetta, dopo avere distinto la fattispecie delle “esenzioni” da quella delle “agevolazioni”, ha chiaramente ricondotto i “residenti” fra i soggetti per i quali “può” essere prevista una “tariffa agevolata” di accesso (e non l’esenzione).

Né si può affermare che tale previsione non sia adeguatamente supportata sotto il profilo motivazionale, avendo l’amministrazione sufficientemente spiegato le ragioni del trattamento di favore riservato ai residenti rispetto alla generalità dei cittadini.

Analogamente, quanto ai residenti che dispongono di un proprio posto auto, la direttiva non ha imposto di distinguerne la posizione rispetto a quella dei residenti che sostano in strada, demandando la relativa scelta discrezionale alla competente amministrazione.

Non risulta, pertanto, censurabile la disciplina oggetto di gravame, laddove prevede per i residenti, in ragione di tale specifica condizione, l’accesso ad “Area C” a condizioni agevolate (consistenti nel pagamento di euro 2 in luogo di euro 5, e solamente dopo la consumazione dei 40 accessi gratuiti ad essi assegnati), anziché in regime di totale esenzione.

6.7) dodicesimo motivo.

Qui si deduce la violazione degli articoli 7 e seguenti della legge 7.8.1990, n. 241, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento preordinato all’introduzione della contestata misura.

Il motivo è infondato.

Trattandosi di atti amministrativi a carattere generale essi restano esclusi, ai sensi dell’art. 13 della stessa legge n. 241 cit., dall’applicazione della su richiamata comunicazione di avvio.

In ogni caso, come già accennato nelle premesse, l’introduzione della misura nota come “Area C” è stata preceduta da una consultazione popolare, attuata mediante il quesito referendario n. I del 13 giugno 2011, il cui esito ha visto premiata la volontà di realizzare un piano di interventi per potenziare il trasporto pubblico e la mobilità “pulita” alternativa all’auto, attraverso l’estensione a tutti gli autoveicoli (esclusi quelli ad emissioni zero) e l’allargamento progressivo fino alla “cerchia filoviaria” del sistema di accesso a pagamento, con l’obiettivo di dimezzare il traffico e le emissioni inquinanti.

Inoltre, come chiaramente emerge dalla documentazione prodotta da parte resistente, tutte le informazioni sulla misura introdotta sono state rese accessibili sul sito web della soc. AMAT, oltreché sul sito del Comune di Milano.

6.8) tredicesimo motivo.

Con esso di deduce, infine, la violazione dell’art. 23 della Costituzione, richiedendo, al contempo, di sollevare una questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 7, co. 9 del d.lgs. n. 285/1992, poiché risulterebbe violata la riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali imposte, in rapporto alla pretesa dell’Amministrazione di sottoporre a tariffazione l’ingresso nella ZTL “Cerchia dei Bastioni”, stante la genericità dei contenuti della norma in esame che rinvia, per i dettagli, alla competenza di un organo esecutivo.

Il motivo è infondato, come pure la questione di legittimità costituzionale prospettata da parte ricorrente in relazione al citato art. 7.

Come ricordato dagli stessi ricorrenti, la Corte Costituzionale è già intervenuta sul tema, con specifico riguardo al pagamento per la sosta del veicolo (si vedano, tra le tante, le sentenze n. 66/2005; n. 435 del 2001, n. 215 del 1998, n. 180 del 1996 e n. 236 del 1994), escludendone la riconducibilità sia alla nozione di tributo che a quella di prestazione patrimoniale imposta. Detto pagamento, infatti, per la Corte si configura piuttosto come corrispettivo, commisurato ai tempi e ai luoghi della sosta, di una utilizzazione particolare della strada, rimessa ad una scelta dell'utente non priva di alternative, “sicché il corrispettivo risulta privo di uno dei fondamentali requisiti che questa Corte ha ritenuto indispensabile affinché possa individuarsi una prestazione patrimoniale imposta; e ciò esclude che debba essere assistito dalla garanzia prevista dall'art. 23 Cost.” (così C.Cost. 29.01.2005 n. 66).

In ogni caso, anche a volere riconoscere al corrispettivo in parola la natura di prestazione patrimoniale imposta, si deve escludere la natura “tributaria” del ticket per il transito attraverso Z.T.L. atteso che, l’introduzione della “tariffa di accesso” non esprime la presenza di un obbligo di contribuzione alla spesa pubblica dell’ente locale, quanto piuttosto viene ad atteggiarsi come strumento (ulteriormente) disincentivante al traffico veicolare, in zone particolarmente “sensibili” alle problematiche indotte dall’elevata presenza di quest’ultimo.

La riconducibilità della prestazione di che trattasi sotto l’egida dell’art. 23 della Costituzione (“Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”), comporta la necessità della sua previsione ad opera di una fonte legislativa di rango primario. Sennonché, come riconosciuto dagli stessi ricorrenti, il requisito da ultimo indicato è qui soddisfatto dalla previsione di cui all’art. 7, comma 9, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, il quale attribuisce espressamente alla Giunta Comunale il compito di procedere all'istituzione ed all'individuazione delle Zone a Traffico Limitato.

Tale previsione soddisfa, a giudizio del Collegio, la riserva di legge relativa di cui all’art. 23 Cost., poiché delimita l’ambito della discrezionalità dell’amministrazione in modo conforme alla previsione costituzionale, indicando espressamente il legislatore i soggetti (i Comuni), l’oggetto (il pagamento di una somma) e la causa dell’imposizione (l’ingresso o la circolazione dei veicoli a motore all’interno della ZTL) e demandando alla p.a. soltanto le indicazioni di dettaglio sulle tipologie dei Comuni che possono avvalersi in concreto di tale facoltà, sulle modalità di riscossione del pagamento e sulle categorie dei veicoli esentati (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 190 del 2007, per cui l’art. 23 Cost. configura una riserva di legge di carattere "relativo", nel senso che deve ritenersi rispettata anche in assenza di una espressa indicazione legislativa dei criteri, limiti e controlli sufficienti a delimitare l'ambito della discrezionalità dell'amministrazione (id., sentenza n. 67 del 1973 e n. 507 del 1988), purché la concreta entità della prestazione imposta sia chiaramente desumibile dagli interventi legislativi che riguardano l'attività dell'amministrazione (id. sentenze n. 507 del 1988, n. 182 del 1994, n. 180 del 1996 e n. 105 del 2003).

7) Per le suesposte considerazioni, quindi, il ricorso introduttivo in epigrafe specificato deve essere, in parte qua, respinto, stante l’accertamento della legittimità della deliberazione n. 2526/2011, con esso principalmente impugnata, conseguente all’infondatezza dei motivi come sopra scrutinati.

8) Deve, invece, essere dichiarato in parte inammissibile e per il resto improcedibile il medesimo gravame, laddove si rivolge a quella parte della d.G.C. n. 2526/2011, relativa al divieto di circolazione per gli Euro 1, Euro 2 ed Euro 3.

9) Dall’accertamento di cui al punto 7 consegue, in via derivata, l’improcedibilità dei motivi aggiunti proposti avverso la d.G.C. 1694 del 06.09.2012 (ed atti ad essa direttamente conseguenti), dichiaratamente introdotta dal Comune “in via provvisoria”, per proseguire la sperimentazione iniziata il 16.01.2012 (dopo la sospensione della d.G.C. n.2526/2011 disposta dal Comune, in ottemperanza all’ordinanza cautelare n. 2898 del 25.07.2012 cit.), con una durata di 12 mesi effettivi tutt’ora in corso.

L’accertamento della legittimità della misura introdotta con la delibera n. 2526/2011, enunciato nell’odierna decisione, comporta, infatti, il ripristino dell’efficacia della predetta delibera, con conseguente sopravvenuta inefficacia della delibera n. 1694/2012, provvisoriamente adottata dall’amministrazione comunale.

10) Risultano, invece, inammissibili i motivi aggiunti rivolti avverso la deliberazione di Giunta n. 1695/2012, recante “Approvazione delle linee di indirizzo per l’avvio del procedimento di aggiornamento del Piano Generale del Traffico Urbano…”, trattandosi di atto non immediatamente lesivo e, dunque, non autonomamente impugnabile da parte dei ricorrenti.

11) In conclusione, quindi, il Collegio così statuisce sul ricorso introduttivo e i motivi aggiunti come in epigrafe specificati:

- respinge in parte il ricorso introduttivo e, per il resto, lo dichiara in parte improcedibile e in parte inammissibile;

- dichiara in parte improcedibili e per il resto inammissibili i motivi aggiunti.

- dichiara inammissibile l’atto di intervento ad adiuvandum.

Sulle spese di lite il Collegio, in considerazione della complessità delle questioni affrontate e dell’andamento processuale complessivo della causa, ravvisa valide ragioni per disporne l’integrale compensazione fra tutte le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, così statuisce:

- respinge in parte il ricorso introduttivo e, per il resto, lo dichiara in parte improcedibile e in parte inammissibile;

- dichiara in parte improcedibili e per il resto inammissibili i motivi aggiunti.

- dichiara inammissibile l’atto di intervento ad adiuvandum.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Giovanni Zucchini, Consigliere

Concetta Plantamura, Primo Referendario, Estensore





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)