Cons. di Stato Sez. IV n. 4327 del 13 settembre 2017
Beni Ambientali.Valutazione di incidenza di progetti localizzati all’esterno di aree Natura 2000 ma con le stesse potenzialmente interferenti e relativo obbligo di motivazione
La valutazione d’incidenza, per come costantemente interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e delle Corti nazionali, si applica pertanto sia agli interventi che ricadono all’interno delle aree Natura 2000 (e delle Zone di protezione speciale), sia a quelli che, pur collocandosi all’esterno, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati nel sito. L’art. 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, infatti, subordina il requisito dell’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che quest’ultimo pregiudichi significativamente il sito interessato. Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste qualora non possa escludersi, sulla base di elementi obiettivi, che detto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato. La valutazione del rischio dev’essere effettuata segnatamente alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto (segnalazione Avv. M. BALLETTA)
Pubblicato il 13/09/2017
N. 04327/2017REG.PROV.COLL.
N. 07257/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale n. 7257 del 2016, proposto dalla società Lucana Ambiente Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Fernanda Chiarelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Monica Basta in Roma, via Cicerone n. 49;
contro
Associazione di Volontariato WWF - Matera (Onlus), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Angelo Calzone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fausta Marchese in Roma, via Palestro n. 56;
nei confronti di
Regione Basilicata, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la BASILICATA – POTENZA - SEZIONE I n. 00107/2016, resa tra le parti, concernente il giudizio favorevole di compatibilità ambientale, il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e dell’autorizzazione alle immissioni in atmosfera relativamente a un progetto per la costruzione e l’esercizio di un impianto di recupero rifiuti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Associazione di Volontariato WWF - Matera (Onlus);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2017 il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti gli avvocati F. Chiarelli e A. Calzone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.La controversia riguarda l’impugnazione, da parte dell’Associazione WWF di Matera, del provvedimento n. 1544 del 2014 con il quale la Giunta della Regione Basilicata ha espresso il giudizio favorevole di compatibilità ambientale, rilasciando alla società Lucana Ambiente s.r.l. l’autorizzazione paesaggistica e l’autorizzazione alle immissioni in atmosfera relativamente al “progetto per la costruzione e l’esercizio di un impianto di recupero rifiuti destinati al riutilizzo con produzione di CSS per l’alimentazione di un gassogeno e valorizzazione energetica da realizzare nella zona s.i.n. in località Pantanello, nel comune di Bernalda”.
2. Il Tar per la Basilicata, sede di Potenza, sezione I, con la sentenza n. 107 del 13 febbraio 2016 ha:
a) disatteso, in via preliminare, l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla controinteressata società Lucana Ambiente, ritenendo l’impugnata valutazione di impatto ambientale atto immediatamente lesivo e, dunque, autonomamente impugnabile;
b) nel merito, respinto il primo motivo col quale il WWF ha dedotto la violazione dell’art. 2, lett. c) della legge regionale n. 47/1998 e degli artt. 21 e 26 del D.lvo n. 42/2004, essendo rimasto accertato che l’area di ubicazione dell’impianto non è sottoposta a vincolo archeologico diretto;
c) ancora nel merito, accolto il secondo e il terzo motivo con i quali il WWF ha denunciato la Violazione degli artt. 4 e 6 della direttiva 92/43 CEE; degli artt. 5 e 6 del d.p.r. n. 357/1997; dell’art. 47 della legge regionale n. 47/2015 – L’eccesso di potere per difetto di istruttoria; travisamento dei fatti; falsità dei presupposti; illogicità manifesta; difetto di motivazione; contraddittorietà. Il giudice di prime cure ha ritenuto, in sintesi, che l’ubicazione dell’impianto a distanza ravvicinata rispetto a siti di importanza comunitaria imponesse, quantomeno, da parte della Regione, un approfondimento istruttorio e accertamenti idonei ad escludere l’assenza di un’incidenza rilevante del progetto e, conseguentemente, ad evitare il ricorso alla previa valutazione d’incidenza;
d) assorbito le residue censure proposte;
e) compensato tra le parti le spese di lite.
3. La società Lucana Ambiente ha impugnato la sentenza ritenendola viziata sul piano logico-giuridico per avere ritenuto 1) l’autonoma impugnabilità della valutazione di impatto ambientale e 2) il difetto di istruttoria in cui sarebbe incorsa la regione nella scelta di non sottoporre il progetto alla valutazione d’incidenza ambientale.
4. Si è costituita l’Associazione di volontariato WWF-MATERA – ONLUS chiedendo pronunciarsi l’inammissibilità o l’infondatezza nel merito dell’avverso appello, vinte le spese di lite.
5. Le parti hanno ulteriormente insistito nelle rispettive tesi mediante il deposito di documenti e di memorie.
6. All’udienza pubblica del 18 maggio 2017 la causa è stata discussa e trattenuta dal Collegio per la decisione.
7. L’appello è destituito di fondamento e, pertanto, non merita accoglimento per i seguenti motivi.
7.1. È innanzitutto infondata l’eccezione, riproposta dalla società Lucana Ambiente, di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio a motivo della (supposta) natura di atto meramente endoprocedimentale (e dunque non immediatamente lesivo e non autonomamente impugnabile) della valutazione di impatto ambientale.
Secondo la pacifica giurisprudenza del Consiglio di Stato, infatti, la valutazione di impatto ambientale rappresenta un atto autonomamente impugnabile, sia nell’ipotesi in cui essa si concluda con un esito negativo, sia che la medesima abbia un epilogo positivo.
Nel primo caso, invero, la natura immediatamente lesiva è più agevolmente percepibile, determinandosi un palese arresto procedimentale, sicché non potrebbe non riconoscersi al soggetto interessato alla (positiva) conclusione del procedimento un interesse autonomo e immediato all’impugnazione del giudizio negativo.
Nel secondo caso (esito positivo del procedimento) va, invece, valutata l’esistenza, in capo a terzi soggetti, di un interesse (contrario) al giudizio favorevolmente espresso dall’amministrazione. In tal senso si è già espressa questa Sezione, secondo cui “Gli atti conclusivi delle procedure di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.), pur inserendosi all'interno di un più ampio procedimento di realizzazione di un'opera o di un intervento, sono immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione dei valori ambientali, siano essi associazioni di tutela ambientale ovvero cittadini residenti in loco” (Consiglio di Stato, Sezione IV, con la sentenza 3 marzo 2009, n. 1213).
Peraltro, la disciplina generale contenuta nel D.lvo n. 152 del 2006 configura espressamente la procedura di verifica dell'assoggettabilità a VIA come vero e proprio subprocedimento autonomo che si conclude, nel rispetto delle garanzie partecipative, con un atto avente natura provvedimentale, soggetto a pubblicazione (in questo senso anche la sentenza sopra citata).
Nel caso che ci occupa tale contrario interesse sussiste appieno, perseguendo il WWF di Matera, quale fine istituzionale, la difesa e la protezione dei valori ambientali del territorio ove deve essere ubicato l’impianto.
7.2. Del pari infondata è la censura, di merito, con cui l’appellante società Lucana Ambiente ha criticato il ragionamento logico-giuridico seguito dal primo giudice nella parte in cui ha ritenuto che, attesa la distanza ravvicinata dell’impianto dai siti protetti (da un minimo di 3,2 a 4,8 Km), la Regione Basilicata avrebbe dovuto svolgere attività istruttoria e valutazioni finalizzate ad affermare motivamente, in termini di alta probabilità, l’assenza di incidenze significative, risultando, allo stato, del tutto obliterate le ragioni per le quali la stessa avrebbe ritenuto non necessaria o opportuna la valutazione di incidenza ambientale in relazione agli obiettivi di conservazione dei siti e alle condizioni ambientali di questi ultimi.
7.2.1. La critica non merita condivisione.
7.2.2. Va premesso, ai fini di un migliore inquadramento giuridico della questione che ci occupa, che la valutazione d’incidenza è il procedimento di carattere preventivo al quale è necessario sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative su un sito o proposto sito della rete Natura 2000, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti e tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito stesso. La rete Natura 2000 comprende le Zone di protezione speciale.
Tale procedura è stata introdotta dall’articolo 6, comma 3, della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" con lo scopo di salvaguardare l’integrità dei siti attraverso l’esame delle interferenze di piani e progetti non direttamente connessi alla conservazione degli habitat e delle specie per cui essi sono stati individuati, ma in grado di condizionarne l’equilibrio ambientale.
La norma richiamata così, infatti, dispone: “Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo”.
La valutazione d’incidenza, per come costantemente interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e delle Corti nazionali, si applica pertanto sia agli interventi che ricadono all’interno delle aree Natura 2000 (e delle Zone di protezione speciale), sia a quelli che, pur collocandosi all’esterno, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati nel sito.
L’art. 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, infatti, subordina il requisito dell’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che quest’ultimo pregiudichi significativamente il sito interessato. Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste qualora non possa escludersi, sulla base di elementi obiettivi, che detto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato.
La valutazione del rischio dev’essere effettuata segnatamente alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto.
Nel contesto normativo italiano la valutazione di incidenza (VINCA) viene disciplinata dall’art. 6 del d.p.r. n. 120/2003 (in G.U. n. 124 del 30 maggio 2003), che ha sostituito l’art. 5 del d.p.r. n. 357/1997, di attuazione dei paragrafi 3 e 4 della citata direttiva “Habitat”.
È specificamente previsto che nella pianificazione e programmazione territoriale si debba tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione.
Sono, altresì, da sottoporre a valutazione di incidenza (comma 3), tutti gli interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti in un sito Natura 2000, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi.
L’obiettivo di tutela che, pertanto, si prefigge il Legislatore, europeo e nazionale, è quello massimo di conservazione dei siti, sia in via diretta (per piani e progetti da ubicarsi all’interno dei siti protetti) sia in via indiretta (per piani e progetti da ubicarsi al di fuori del perimetro delle dette aree, ma idonei comunque ad incidere, per le caratteristiche tecniche del progetto o la collocazione degli impianti o la conformazione del territorio, sulle caratteristiche oggetto di protezione), con attenzione sia all’impatto singolo del progetto specificamente sottoposto a valutazione, sia all’impatto cumulativo che potrebbe prodursi in connessione con altro e diverso piano o progetto (Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 14 ottobre 2014, n. 5092).
7.2.3. Nel caso di specie, come correttamente osservato dal giudice di prime cure, la regione Basilicata si è limitata a dare atto della circostanza che “L’area interessata non ricade in siti Natura 2000, ai sensi del d.p.r. n. 357/1997 (e s.m.i.)”, senza indagare o approfondire, in termini quantomeno dubitativi, l’assenza di effetti significativi sui siti protetti posti a distanza assai ravvicinata rispetto ai luoghi ove è prevista la realizzazione dell’impianto, obliterando – in tal maniera – l’obiettivo specifico perseguito dal legislatore europeo, ossia la protezione e la conservazione dei siti protetti all’interno di un contesto ecologico dinamico, a rete.
Alla luce del predetto quadro normativo, pertanto, l’obiettivo di conservazione dei siti protetti avrebbe dovuto essere l’oggetto specifico della valutazione amministrativa, la quale, al contrario, si è limitata del tutto illegittimamente a considerare le dimensioni dell’impianto e la sua ubicazione, senza approfondire sul piano istruttorio alcun profilo di interferenza con la problematica ambientale, non dando conto delle ragioni per le quali sarebbe da escludere la probabilità di qualunque incidenza significativa dell’intervento richiesto sui vicini siti protetti.
7.2.4. Ciò considerato, restano irrilevanti ai fini della presente decisione sia le produzioni documentali della società Lucana Ambiente srl in data 6.4.2017, perché tardivamente depositate per la prima volta nel presente grado di appello e, comunque, non necessarie ai fini del giudizio ai sensi dell’art. 104, comma 2 c.p.a.; sia quelle del WWF di Matera in data 5.5.2017, perché depositate oltre la scadenza consentita (10.4.2017).
7.2.5. Per le suesposte considerazioni l’appello va, dunque, respinto.
9. La regolazione delle spese di lite del presente grado, liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014, segue il principio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma le statuizioni contenute nella sentenza di primo grado.
Condanna la società Lucana Ambiente srl alla refusione delle spese di lite liquidate in favore del WWF di Matera in complessivi euro 4.000,00 oltre spese generali, iva e cpa come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Daniela Di Carlo Filippo Patroni Griffi