TAR Friuli VG SEz. I sent. n. 732 del 22 novembre 2007

Caccia e animali. Controllo cinghiali-illegittimità per mancanza parere INFS- improprio ruolo riserve di caccia- destinazione capi abbattuti- art. 828 c.c.
(segnalazione a cura di Augusto Atturo)
N. 00732/2007 REG.SEN.

N. 00332/2005 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 332 del 2005, proposto da:
Lac - Lega Per L'Abolizione della Caccia - Gratuito Patroc., rappresentato e difeso dall'avv. Alessandra Marchi, con domicilio eletto presso Alessandra Marchi Avv. in Pordenone, via Ospedale Vecchio 3;

contro

Provincia di Pordenone, rappresentato e difeso dagli avv. Andrea De Col, Giuseppe Sbisa', con domicilio eletto presso Giuseppe Sbisa' Avv. in Trieste, via S.Francesco 11; Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia, rappresentato e difeso dall'Daniela Iuri, domiciliata per legge in Trieste, via Carducci 6; Riserva di Caccia di Diritto di Montereale (Pn);

nei confronti di

Riserva di Caccia di Aviano, Riserva di Caccia di Caneva, Riserva di Caccia di Cavasso Nuovo, Riserva di Caccia di Fanna, Riserva di Caccia di Fontanafredda, Riserva di Caccia di Maniago, Riserva di Caccia di Meduno, Riserva di Caccia di Sequals, Riserva di Caccia di Polcenigo, Riserva di Caccia di Travesio, Riserva di Caccia di Pinzano al Tagliamento, Riserva di Caccia di Spilimbergo, Erminio Barna, Giacomo Decimo Barna, Clara Argia Cortiula, Gianni Del Fabbro, Alfredo Marescutti, Andrea Di Silvestro, Sandra Crevatin, Pietro Cipolat Gotet, Rolando Bier; Franco Martinuzzi, Ernesto Dorigo, Giuseppe Cecon, Donato Mian, Claudio Lenarduzzi, Valerio Cescutti, Daniela Artuso, Enrico Nadin, Gianpietro Tassan, Massimo Fassetta, Fabiano Bruna, Claudia Zambon, rappresentati e difesi dall'avv. Sergio Gerin, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita' D'Italia 7;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

-dei provvedimenti dell'Assessore regionale alle risorse agricole, naturali, forestali e della montagna del 5.5 (rectius 29.4) e del 17.5.2005, con cui rispettivamente si autorizzano i prelievi di 15 cinghiali nei Comuni di Spilimbergo e Pinzano al Tagliamento e di 50 cinghiali nei Comuni di Aviano, Budoia, Cavasso Nuovo, Clauzetto, Fontanafredda, Maniago, Meduno, Montereale Valcellina, Polcenigo, Sequals e Travesio, disponendo il controllo della fauna ai sensi dell'art. 37 della L.R. n. 30/99;

-della deliberazione della Giunta provinciale di Pordenone n. 105 dd.12.5.2005 con cui si danno disposizioni esecutive del piano di abbattimento, di cui alla prima delle autorizzazioni regionali citate e si autorizzano, in relazione a detto piano e ad eventuali altri (autorizzazioni dal competente Assessore regionale), gli agenti di vigilanza ittico-venatoria e un numero limitato di proprietari e conduttori dei fondi, muniti di valida licenza di caccia, a dare attuazione al suddetto piano e ad altri analoghi, effettuando i prelievi previsti, oltre a disporre in materia di programmazione dei prelievi, di destinazione delle spoglie e di monitoraggio sanitario delle specie;.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Provincia di Pordenone;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Franco Martinuzzi;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ernesto Dorigo;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Giuseppe Cecon;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Donato Mian;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Claudio Lenarduzzi;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Valerio Cescutti;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Daniela Artuso;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Enrico Nadin;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Gianpietro Tassan;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Massimo Fassetta;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Fabiano Bruna;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Claudia Zambon;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26/07/2007 il dott. Vincenzo Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Oggetto dell’attuale ricorso sono:

- i provvedimenti dell’Assessore regionale alle risorse agricole, naturali, forestali e della montagna del 4.5 (rectius 29.4) e del 17.5.2005, con cui rispettivamente si autorizzano i prelievi di 15 cinghiali nei Comuni di Spilimbergo e Pinzano al Tagliamento e di 50 cinghiali nei Comuni di Aviano, Budoia, Cavasso Nuovo, Clauzetto, Fontanafredda, Maniago, Meduno, Montereale Valcellina, Polcenigo, Sequals e Travesio, disponendo il controllo della fauna ai sensi dell’art. 37 della L.R. n. 30/99;

- la deliberazione della Giunta provinciale di Pordenone n. 105 dd. 12.5.2005 con cui si danno disposizioni esecutive del piano di abbattimento, di cui alla prima delle autorizzazioni regionali citate e si autorizzano, in relazione a detto piano e ad eventuali altri, (autorizzati dal competente Assessore regionale), gli agenti di vigilanza ittico – venatoria e un numero limitato di proprietari e conduttori dei fondi, muniti di valida licenza di caccia, a dare attuazione al suddetto piano e ad altri analoghi, effettuando i prelievi previsti, oltre a disporre in materia di programmazione dei prelievi, di destinazione delle spoglie e di monitoraggio sanitario delle specie.

Occorre premettere che con note del 23.3.2005 alcuni agricoltori di Pinzano al Tagliamento (PN) avevano presentato all'Amministrazione regionale delle richieste di controllo della fauna ed in particolare della specie Sus scrofa (cinghiale).

Con nota del 22.4.2005 l'Ufficio Studi Faunistici (che a seguito della riorganizzazione dell'apparato regionale esercita le funzioni di Istituto Faunistico Regionale), ha emesso il parere ex art. 37 della L.R. n. 30/1999 sulle suddette richieste di controllo, significando, in particolare, che:

"1) solo le domande con protocollo N. 29987, N. 29993 e N. 29999 risultano correttamente compilate dal punto di vista formale;

2) le richieste di controllo con protocollo N. 29968, N. 29984 e N. 29979, pur complete, soprattutto per quanto concerne la parte sulla applicazione di metodi ecologici di dissuasione, indicano sullo stesso modulo due specie per le quali è richiesto il controllo;

3) le domande con protocollo N. 29963, N. 29977, N. 29981, N. 29983, N. 29998 e N. 29996 non contengono indicazioni sui metodi ecologici di controllo adottati e sul motivo della loro inefficacia, oppure si indicano due specie sullo stesso modulo;

4) sono stati adottati alcuni metodi di protezione delle colture (rete metallica, striscette rifrangenti, spaventapasseri, foraggiamento dissuasivo, filo elettrico, deterrenti olfattivi, trattori accesi durante la notte, lampade a gasolio) come espressamente richiesto dall'art. 19 L.N. 157/92. E' assolutamente evidente come alcuni di questi interventi appaiano del tutto inefficaci.

Giova quindi ricordare che l'utilizzo di sistemi quali la dissuasione acustica o olfattiva hanno una efficacia limitata ai primi giorni di applicazione per l'insorgenza di fenomeni di assuefazione da parte degli animali, mentre la posa in opera di recinti elettrificati (“pastore elettrico”) o di opportune recinzioni metalliche con rete parzialmente interrata, costituiscono metodi efficaci di protezione delle colture.

5) Il numero di cinghiali stimato sul territorio dal quale provengono le richieste di controllo (100 capi) appare eccessivo.

Anche se la specie presenta una notevole erraticità, si ritiene di poter far riferimento ai dati raccolti dalle riserve di caccia per quanto concerne la valutazione del numero di individui che gravitano sul territorio considerato. Dalle stime fornite dalle riserve di caccia di Pinzano al Tagliamento, Castelnovo del Friuli, Sequals e Spilimbergo, che possiamo ipotizzare condividano parte della popolazione di questo suide, le densità risultano decisamente inferiori. Va ricordato che tutte le riserve di caccia di un distretto hanno l'obbligo di censire la specie nelle stesse giornate per evitare che, per le caratteristiche di grande mobilità dovute sia a motivi trofici che di disturbo, si effettuino doppi conteggi e quindi una sovrastima.

A questo proposito infine si evidenzia come su 100 capi concessi in deroga a settembre 2004 su tutta la pedemontana pordenonese solo 11 sono stati i soggetti abbattuti.

6) Pur ritenendo che la specie cinghiale sia da considerare indesiderabile in aree a forte vocazione agricola è opportuno ricordare che gli appezzamenti ai bordi di aree boscate dove la specie è presente, se non opportunamente protetti, risultano facilmente e spesso irrimediabilmente danneggiati. Nel caso specifico l'area dalla quale provengono le richieste di controllo ha caratteristiche tali (boschi di pianura estesi con sottobosco, ampia disponibilità di acqua, ecc.) da risultare estremamente favorevole alla specie."

L'Ufficio Studi Faunistici stabiliva che il controllo si sarebbe dovuto effettuare preferibilmente in corrispondenza del periodo delIe semine o della maturazione delle colture, con il fucile a canna rigata od a canna liscia con munizione a palla, da appostamento e/o tramite la tecnica della girata oppure mediante cattura con gabbie o chiusini e successiva soppressione.

Con prowedimento del 29.4.2005, l'Assessore regionale ha inviato all'Amministrazione provinciale di Pordenone l’autorizzazione al controllo della fauna sub specie sus scrofa – cinghiale, indicando in 15 il numero di soggetti da abbattere ed il periodo entro il quale effettuare il piano di abbattimento, ossia dal 15 aprile al15 giugno 2005.

Con varie note del 18.10.2005 alcuni agricoltori di Polcenigo, Meduno, Travesio, Clauzetto, Fontanafredda, Budoia, Aviano, Cavasso Nuovo, Montereale VaIcellina e Maniago presentavano all'Amministrazione regionale delle richieste di controllo della fauna, in particolare sub specie Sus scrofa-cinghiale.

Con nota del 17.5.2005 l' Ufficio Studi Faunistici ha emesso il parere di cui all'art. 37 della L.R. n. 30/1999, rappresentando che:

"1) le domande con protocollo N. 40030, N. 40034,N. 40035,N. 40036, N. 40037, N..40038, N. 40041, N. 40042 N. 40044,N. 40045, N. 40047, N. 40048, N. 40051,N. 40052,N. 40056, N. 40064 risultano correttamente compilate dal punto di vista formale;

2) le domande con protocollo N. 40031, N.40032, N. 40033, N.40049, N. 40053 e N. 40054 e N. 40057 non contengono indicazioni sui metodi ecologici di controllo adottati e sul motivo della loro inefficacia.

4) sono stati adottati alcuni metodi di protezione delle colture (luci intermittenti, protezione con corde e paletti, spaventapasseri, trattori accesi durante la notte) come espressamente richiesto dall'art. 19 L.N. 157/92. E' assolutamente evidente come alcuni di questi interventi appaiano del tutto inefficaci.

Giova quindi ricordare che l'utilizzo di sistemi quali la dissuasione acustica o olfattiva hanno una efficacia limitata ai primi giorni di applicazione per l'insorgenza di fenomeni di assuefazione da parte degli animali, mentre la posa in opera di recinti elettrificati (“pastore elettrico”) o di opportune recinzioni metalliche con rete parzialmente interrata, costituiscono metodi efficaci di protezione delle colture.

5) Il numero di cinghiali stimato da alcune aziende agricole che hanno presentato domanda di controllo appare affetto da sovrastima. In tali casi, ma più in generale per l'intero ambito pedemontano, si ritiene di poter far riferimento ai dati raccolti dalle riserve di caccia per quanto concerne la valutazione del numero di individui che gravitano sul territorio considerato. Va ricordato che tutte riserve di caccia di un distretto hanno l'obbligo di censire la specie nelle stesse giornate per evitare che, per Ie caratteristiche di grande mobilità dovute sia a motivi trofici che di disturbo, si effettuino doppi conteggi e quindi una sovrastima.

6) Pur ritenendo che la specie cinghiale sia da considerare indesiderabile in aree a forte vocazione agricola è opportuno ricordare che gli appezzamenti ai bordi di aree boscate dove la specie è presente, se non opportunamente protetti, risulta facilmente e spesso irrimediabilmente danneggiati”.

L'Ufficio Studi Faunistici stabiliva che il controllo si sarebbe dovuto effettuare preferibilmente in corrispondenza del periodo delIe semine o della maturazione delle colture, con il fucile a canna rigata od a canna liscia con munizione a palla, da appostamento e/o tramite la tecnica della girata oppure mediante cattura con gabbie o chiusini e successiva soppressione.

Con prowedimento del 17.52005, prot. 51475, l'Assessore regionale ha inviato all'Amministrazione provinciale di Pordenone l' autorizzazione al controllo della fauna sub specie sus scrofa - cinghiale, individuando in 50 il numero di soggetti da abbattere, da effettuarsi nel periodo da maggio a luglio 2005.

Come si è detto, con la impugnata deliberazione della Giunta provinciale di Pordenone n. 105 dd. 12.5.2005 sono state date delle disposizioni esecutive del piano di abbattimento, di cui alla prima delle autorizzazioni regionali citate e sono state autorizzati, in relazione a detto piano e ad eventuali altri (autorizzati dal competente Assessore regionale) gli agenti di vigilanza ittico – venatoria e un numero limitato di proprietari e conduttori dei fondi, muniti di valida licenza di caccia, a dare attuazione al suddetto piano e ad altri analoghi, effettuando i prelievi previsti, oltre a disporre in materia di programmazione dei prelievi, di destinazione delle spoglie e di monitoraggio sanitario delle specie.

A sostegno del gravame sono stati dedotti cinque mezzi.

Si sono costituite in giudizio la Provincia di Pordenone e la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con sentenza n. 169 del 7.3.2007 il Tribunale esprimeva l’avviso che, come risultava testualmente dai provvedimenti dell’Assessore regionale alle risorse agricole, naturali, forestali e della montagna del 4.5 (rectius 29.4) e del 17.5.2005, avevano assunto la veste di controinteressati gli agricoltori, di cui si è fatto sopra cenno, che avevano presentato all'Amministrazione regionale le richieste di controllo della fauna ed in particolare della specie Sus scrofa (cinghiale); pertanto – proseguiva la sentenza - il ricorso andava notificato anche ai soggetti testè indicati.

Il Tribunale esprimeva, altresì, l’avviso che assumevano la veste di controinteressati anche le Riserve di caccia interessate dai piani di abbattimento, cui la impugnata deliberazione della Giunta provinciale di Pordenone n. 105 del 12.5.2005 attribuiva specifici compiti di coordinamento e di assistenza (sul verosimile presupposto che la Riserva abbia il compito istituzionale di controllare la corretta fruizione venatoria da parte dei cacciatori nonché l’uso degli strumenti per una corretta gestione faunistica, a vantaggio sia della collettività che della Riserva stessa), prevedendo anche la destinazione alle Riserve delle spoglie degli animali abbattuti (punti 6, 7 ed 8 della deliberazione).

Il ricorso è stato notificato ad un solo controinteressato: la Riserva di caccia di diritto di Montereale Valcellina.

Il Tribunale disponeva, dunque, la integrazione del contraddittorio nei confronti dei suddetti controinteressati non evocati in giudizio, secondo i termini e le modalità fissati in dispositivo.

La ricorrente ottemperava alla sentenza secondo le modalità indicate dal Tribunale.

Alla pubblica udienza del 26.7.2007 il ricorso veniva introitato in decisione.

In rito, il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di interesse nella parte in cui è stata impugnata l’autorizzazione dell’Assessore regionale alle risorse agricole, naturali, forestali e della montagna del 17.5.2005.

Ed invero, la ricorrente ha omesso di impugnare i provvedimenti consequenziali alla suddetta autorizzazione – lesivi della sua sfera giuridica - costituiti dai provvedimenti della Provincia di Pordenone, versati agli atti di causa, prot. n. 29441 del 16.6.2005 e n. 31041 del 30.6.2005, con i quali veniva consentito il prelievo straordinario di 50 cinghiali, in conformità alla medesima autorizzazione.

Sempre in rito, il Collegio deve farsi carico di esaminare le eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità per difetto d’interesse sollevate dalle resistenti Regione Friuli Venezia Giulia e Provincia di Pordenone, oltre che dai controinteressati sigg. Daniela Artuso, Pietro Cipolat Gotet, Enrico Nadin, Gianpietro Tassan, Claudia Zambon, Fabiano Bruna, Massimo Fassetta, Ernesto Dorigo, Donato Mian, Claudio Lenarduzzi, Giuseppe Cecon, Franco Martinuzzi, Valerio Cescutti.

Le eccezioni, incentrate sulla circostanza che i gravati provvedimenti avrebbero oramai esaurito i propri effetti, sono destituite di fondamento e vanno pertanto respinte.

Infatti, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la declaratoria d’inammissibilità del ricorso per carenza originaria d’interesse, così come la pronuncia d’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse postula l’accertamento dell’assoluta inutilità per la parte ricorrente dell’eventuale pronuncia favorevole, e, quindi, una previa indagine circa l’utilità conseguibile per effetto della definizione del ricorso (cfr. tra le tante, Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2007, n. 1259): sicchè va dichiarato inammissibile o improcedibile quel ricorso il cui eventuale accoglimento non apporterebbe in ogni caso alcuna utilità sostanziale, od almeno di carattere morale, alla parte ricorrente.

Nella fattispecie per cui è causa l’effettivo decorso del termine d’efficacia delle avversate autorizzazioni dell’assessore Regionale alle risorse agricole, naturali, forestali ed alla Montagna oltre che della deliberazione della Giunta Provinciale n. 105 del 12.5.2005 non estingue l’interesse della ricorrente Lega per l’abolizione della caccia alla definizione della vertenza: ciò in considerazione dell’effetto conformativo che un’eventuale pronuncia di accoglimento dell’attuale impugnativa esplicherebbe sulle successive deliberazioni della Regione e della Provincia in subiecta materia.

Sgombrato il campo dalle eccezioni pregiudiziali dei resistenti ed entrando nel merito del ricorso, si è visto che a sostegno del gravame sono stati dedotti cinque mezzi con i quali si lamentano i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.

Il Collegio esprime il convincimento che il gravame meriti condivisione e vada pertanto accolto, con conseguente annullamento dei gravati provvedimenti nei termini qui di seguito esposti.

Con un primo mezzo la ricorrente deduce l’illegittimità degli atti impugnati per violazione dell’art. 19 della legge n. 157/1992 e dell’art. 37 della L.R. n. 30/1999.

Lamenta la ricorrente che i gravati provvedimenti regionali, con i quali è stato autorizzato l’abbattimento dei cinghiali, sarebbero stati adottati in difetto del previo parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica prescritto dal citato art. 19, comma secondo, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (“Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”).

La doglianza è fondata.

E’ d’uopo premettere che la legge n. 157 del 1992 vincola le regioni, comprese quelle a statuto speciale, nella “emanazione di norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica” (art. 1, comma terzo).

Orbene, sancisce l’art. 19, comma secondo, che: “Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l’utilizzo di metodi ecologici su parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l’Istituto verifichi l’inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purchè muniti di licenza per l’esercizio venatorio, nonché delle guardie comunali munite di licenza per l’esercizio venatorio”.

La disposizione in parola – osserva il Collegio - ha previsto, in buona sostanza, due livelli di intervento, che prefigurano altrettanti specifici momenti procedimentali:

1) uno, attribuito alle regioni, riguarda il controllo della fauna selvatica, che deve essere “praticato di norma mediante l’utilizzo di metodi ecologici su parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica”; il legislatore ha significativamente aggiunto che: “qualora l’Istituto verifichi l’inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento”.

Questo potere di controllo – è d’uopo precisare - può estrinsecarsi anche mediante una attività propositiva svolta dall’Istituto faunistico regionale (I.F.R.) a termini dell’art. 21 della L.R. 31 dicembre 1999, n. 30 (legge ad oggetto: “Gestione ed esercizio dell’attività venatoria nella Regione Friuli-Venezia Giulia”), secondo il quale l’I..F.R. “g) propone le azioni per il controllo della fauna selvatica di cui all’art. 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157”.

Le competenze dell’Istituto in parola – va sottolineato – sono state trasferite all’Ufficio Studi Faunistici (U.S.F.) con decreto del Presidente della Regione n. 277 del 27.8.2004.

Come si è detto, “qualora l’Istituto verifichi l’inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento”.

Di questi ultimi, cioè dei piani di abbattimento, ne parla l’art. 37 della L.R. n. 30/1999, secondo cui: “Su motivata e documentata richiesta, l’Assessore regionale delegato in materia di caccia, previo parere dell’Istituto faunistico regionale e del Comitato faunistico – venatorio regionale, può autorizzare in ogni tempo ed a condizioni predeterminate e controllate la cattura e l’abbattimento di fauna per le finalità di cui all’articolo 19, comma 2, della legge 157/1992”.

2) un secondo livello, afferente i piani di abbattimento, demandato anch’esso alle regioni, ma senza alcun passaggio procedimentale propedeutico radicato in Organo statale (come l'I.N.F.S.).

Ordunque, lo schema procedimentale indicato dall’art. 19, comma secondo, può essere ripartito concettualmente in due fasi – entrambe riannodate ai poteri regionali - di cui la prima è, però, peculiarmente ed indefettibilmente connotata dall’inserimento di un Organo estraneo a detti poteri (l'I.N.F.S.), con funzioni di sovraordinazione e di coordinamento di carattere generale.

Corollario del discorso sin qui svolto – in relazione alla fattispecie in esame – è che la mancanza del pronunciamento dell'I.N.F.S. a livello di parere preventivo sull’utilizzo dei metodi ecologici e di verifica successiva circa l’inefficacia dei suddetti metodi, inficia irrimediabilmente gli atti adottati dale Amministrazioni competenti (nel caso Regione e Provincia).

Al riguardo è a dirsi che secondo lo stesso Giudice delle Leggi il parere dell'I.N.F.S., ente nazionale dotato della necessaria competenza tecnica in materia, qualificato dall'art. 7 della legge n. 157 del 1992 come “organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le province”, appare indispensabile per la formazione di un atto nel quale deve essere garantito il rispetto di standards di tutela uniforme della fauna che devono valere nell'intero territorio nazionale (Corte cost., 4 luglio 2003, n. 227).

Osserva il Collegio che la disposizione di cui all’art. 19, comma secondo, nella parte in cui disciplina i poteri regionali di controllo faunistico, costituisce un principio fondamentale della materia a norma dell’art. 117 Cost., tale da condizionare e vincolare la potestà legislativa regionale (Corte cost., 21 ottobre 2005, n. 392); essa vincola – per quello che qui rileva - la stessa potestà legislativa della Regione Friuli Venezia Giulia, il cui statuto annovera il limite del rispetto delle norme statali fondamentali in materia di riforme economico-sociali.

Ne consegue che, anche nella fattispecie per cui è causa, l’Amministrazione regionale avrebbe dovuto preventivamente richiedere il parere dell’I.N.F.S. in ordine all’utilizzo dei metodi ecologici, e, solo in caso di accertamento da parte di tale organo dell’inefficacia degli stessi, avrebbe poi potuto legittimamente procedere ad autorizzare gli abbattimenti de quibus.

La pretermissione dell’I.N.F.S. concreta una palese violazione dell’iter procedimentale delineato dalla vigente normativa, atteggiandosi a vizio della funzione amministrativa che refluisce negativamente sulla legittimità del provvedimento finale.

In difetto del necessario apporto procedimentale dell’I.N.F.S., si appalesa, inoltre, un’insufficienza istruttoria, puntualmente denunciata dalla ricorrente con il secondo mezzo di gravame.

Né ha pregio, in senso opposto, il richiamo ai favorevoli pareri rilasciati il 22.4.2005 ed il 17.5.2005 dall’Ufficio studi faunistici (Ufficio che, come si è detto, a seguito della riorganizzazione dell’apparto regionale esercita le funzioni che l’art. 37 della L.R. 30/1999 riserva all’Istituto Faunistico Regionale): questi pareri non possono sostituire le funzioni dell’I.N.F.S., che appaiono indispensabili per la formazione di atti con i quali – in particolare – deve essere garantito – ripetesi - il rispetto di standards di tutela uniforme della fauna che devono valere nell'intero territorio nazionale (cfr. ancora Corte cost., n. 227/2003).

Va soggiunto che non giova alla Regione resistente la circostanza che i suddetti pareri facciano cenno ai metodi ecologici di controllo ed alla loro asserita inefficacia: ed invero, sotto un primo profilo è a dirsi che i pareri sono stati emessi in base all’art. 37 della L.R. 30/1999, che parla esclusivamente dei piani di abbattimento e non del controllo della fauna ex art. 19, comma secondo della legge n. 157 del 1992, eppertanto l’U.S.F. ha trasmodato da quello che era il suo compito fondamentale alla stregua dell’art. 37; sotto un secondo profilo va osservato in modo tranciante che l’U.S.F. si è arrogato un potere – quello relativo ai metodi di controllo della fauna selvatica – che è istituzionalmente ed indefettibilmente demandato all’I.N.F.S., nei termini stabiliti dall’art. 19, comma secondo.

Sulla base di quanto dianzi argomentato le impugnate autorizzazioni regionali si appalesano illegittime e vanno pertanto annullate.

La riscontrata illegittimità delle autorizzazioni de quibus conduce alla caducazione, per invalidità derivata, della gravata deliberazione di Giunta provinciale n. 105 del 12 maggio 2005, che si pone quale atto strettamente consequenziale ed applicativo delle prima determinazione regionale

.

Va in ogni caso precisato che la stessa deliberazione provinciale è stata oggetto di autonome censure, svolte con il terzo, quarto e quinto mezzo: si rileva, sotto forma di obiter dictum, che le doglianze di cui al terzo e quarto motivo (il quinto mezzo si sostanzia nel vizio di eccesso di potere per sviamento), circoscritte al contenuto della deliberazione de qua, rivestono pregio giuridico e vanno condivise.

Con il terzo motivo, la ricorrente invoca l’annullamento giudiziale della Delibera di Giunta provinciale n. 105 del 12 maggio 2005, deducendo sotto ulteriori profili la violazione dell’art. 19 della legge n. 157/1992 e degli artt. 7, 9 e 37 della L.R. n. 30/1999.

Sostiene l’istante che nessuna delle fonti, statale o regionale, accorderebbe alle Riserve di caccia, né tampoco, ai Direttori delle stesse, le funzioni di coordinamento ed assistenza che nel caso concreto sono state di fatto loro assegnate dalla gravata deliberazione di Giunta provinciale.

La censura è meritevole di positiva delibazione.

Invero, nessuna delle disposizioni richiamate attribuisce alle Riserve di caccia funzioni di direzione e controllo nell’ambito dei piani di prelievo faunistico attuati dalla Regione; al contrario, si rammenta che il più volte citato art. 19 legge n. 157/1992, stabilisce che tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali e che queste ultime possono altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi , purchè muniti di licenza per l’esercizio venatorio, nonché delle guardie comunali munite di licenza per l’esercizio venatorio. A tale disposizione si conforma la stessa normativa regionale nella parte in cui conferma che i prelievi disposti per finalità di controllo della fauna possono essere effettuati dai soggetti di cui allo stesso art. 19, comma secondo, della legge n. 157/1992 (art. 37, comma terzo, L.R. n. 30/1999).

Come si vede, nell’ambito dell’attuazione del piano di abbattimento la funzione direttiva e di coordinamento spetta esclusivamente alle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali, mentre l’apporto delle Riserve di caccia può assumere rilievo in termini eminentemente ausiliari.

In tale contesto normativo, appare pertanto legittima la previsione contenuta nel punto 2 della impugnata deliberazione di Giunta provinciale di avvalersi, in sede di attuazione del programma, dell’apporto di un numero limitato di proprietari o conduttori di fondi sui quali si attua il piano di abbattimento muniti di regolare licenza di caccia; viceversa, la stessa deliberazione giuntale appare esorbitare dagli anzidetti limiti legislativi nella parte in cui prescrive, al punto 6, che tali cacciatori autorizzati vengono coordinati ed assistiti dalla Riserva di caccia di appartenenza, spettando piuttosto tale specifico compito di vigilanza alle competenti guardie venatorie provinciali.

Con il quarto mezzo la ricorrente deduce ancora l’illegittimità dell’impugnata deliberazione di Giunta provinciale per violazione degli artt. 1, 12 e 28 della legge n. 157/1992 e dell’art. 828, comma secondo, codice civile: sotto tale profilo l’istante assume che l’Amministrazione provinciale illegittimamente avrebbe assegnato alle Riserve di caccia le spoglie dei capi abbattuti, distraendole dal patrimonio indisponibile dello Stato.

Il motivo è fondato, avuto riguardo anche alla previsione contenuta nell’art. 1 della legge n. 157/1992, che così espressamente stabilisce:

“La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale.”

L’art. 1, comma primo della L.R. n. 30/1999 – è d’uopo sottolineare – ribadisce questo concetto: “La regione Friuli-Venezia Giulia tutela la fauna, in quanto patrimonio indisponibile dello Stato”.

Trova, pertanto, applicazione la norma fondamentale di cui all’art. 828, comma secondo, c.c., a mente del quale “I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano”.

Conseguentemente, è illegittima la gravata deliberazione della Giunta provinciale anche sotto il profilo della violazione del vincolo di destinazione delle spoglie degli individui abbattuti apposto dalla disposizione testè riprodotta.

Né, in senso contrario, può invocarsi la norma di cui al successivo art. 12, comma sesto della medesima legge n. 157/1992, a norma del quale “La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio venatorio nel rispetto delle disposizioni della presente legge appartiene a colui che l'ha cacciata.”: come più volte ribadito dalla Corte costituzionale (cfr. ancora la citata pronuncia n. 392/2005), e riconosciuto dalle stesse parti convenute del presente giudizio, l’attività di abbattimento della fauna nociva disciplinata dall’art. 19, non è svolta a fini venatori, ma di tutela dell’ecosistema. I piani di prelievo ex art. 19 esulano, pertanto, dallo spettro applicativo di quelle disposizioni, tra le quali figura appunto l’art. 12, destinate a regolare l’attività venatoria in senso stretto, ma restano piuttosto assoggettati alla previsione generale di cui all’art. 1.

In conclusione, il ricorso va accolto e, conseguenzialmente, vanno caducati il provvedimento dell’Assessore regionale alle risorse agricole, naturali, forestali e della montagna del 29.4.2005 e la deliberazione della Giunta provinciale di Pordenone n. 105 dd. 12.5.2005; il ricorso va, invece, dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse nella parte in cui è stato impugnato il provvedimento dell’Assessore regionale alle risorse agricole, naturali, forestali e della montagna del 17.5.2005.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione,

in parte lo dichiara inammissibile e in parte lo accoglie, e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati, meglio specificati in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste, in camera di consiglio, il 26.7.2007.

Vincenzo Borea – Presidente


Vincenzo Farina – Estensore

Vincenzo Antonio Borea, Presidente

Oria Settesoldi, Consigliere

Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE



IL SEGRETARIO



DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/11/2007

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL DIRIGENTE