Cass. Sez. III n. 11407 del 19 marzo 2024 (CC 28 feb 2024)
Pres. Ramacci Est. Mengoni Ric. Cannatelli
Urbanistica.Sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione del manufatto abusivo e sanatoria

La revoca della sospensione condizionale opera di diritto all'inutile scadenza del termine per la demolizione stabilito dal giudice, al punto che nemmeno il sopravvenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria osta a tale esito. Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione del manufatto abusivo, all'inutile scadere del termine previsto per adempiere, cui sia seguito il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, il giudice dell'esecuzione revoca di diritto il beneficio, e, su istanza di parte, la sanzione amministrativa dell'ordine di demolizione.


RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 25/5/2023, la Corte di appello di Genova revocava – per mancato adempimento degli obblighi - la sospensione condizionale della pena concessa a Giuseppe Cannatelli con la sentenza emessa il 2/10/2015 dal Tribunale di Genova, parzialmente riformata dalla stessa Corte di appello il 20/9/2018 ed irrevocabile l’11/6/2019.
2. Propone ricorso per cassazione il Cannatelli, deducendo – con unico motivo – la violazione e l’erronea interpretazione degli artt. 165, 168, comma 1, n. 1, cod. pen. La Corte di appello avrebbe revocato il beneficio con motivazione viziata, che non darebbe conto dell'intervenuta prescrizione del reato quanto a talune delle 20 opere contestate, così come dell'avvenuta rimozione o demolizione di altre, così come, talvolta, dell’impossibilità di simili interventi; ancora, la Corte non avrebbe considerato che, quanto alle opere residue, il ricorrente si sarebbe tempestivamente adoperato per ottenere una sanatoria, non rilasciata soltanto per errore del tecnico incaricato, poi sostituito con altro professionista che avrebbe presentato una regolare domanda il 14/12/2021. L’omessa valutazione dell'operato del ricorrente, pur ampiamente documentata, così come della ridotta incidenza degli interventi ancora da sanare rispetto a quelli contestati (3 su 20), imporrebbe, dunque, l'annullamento dell'ordinanza, con particolare riguardo all'atteggiamento del Cannatelli, che escluderebbe la volontà di eludere il provvedimento imposto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta manifestamente infondato.
4. La Corte di appello ha innanzitutto rilevato - circostanza pacifica - che il termine per la demolizione e la riduzione in pristino, alle quali era stata subordinata la sospensione condizionale della pena, era maturato senza che l'imputato avesse provveduto all'integrale adempimento degli obblighi. Di seguito, l'ordinanza ha sottolineato che l'unico intervento documentato - una richiesta di permesso di costruire in sanatoria - portava la data del 14/12/2021, quindi ben successiva alla scadenza del termine per l'adempimento degli obblighi, e doveva pertanto essere ritenuta irrilevante; di un'altra e precedente istanza, invece, non era stata prodotta alcuna documentazione. Infine, la Corte di appello ha evidenziato che l'istante non aveva dedotto alcun fatto, a sé non imputabile, che avesse reso impossibile o quantomeno difficoltoso l'adempimento stesso, se non con riguardo a due sole delle opere in contestazione. Alla luce di queste considerazioni, l’ordinanza ha quindi revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena.
5. Tanto premesso, il Collegio ritiene che la motivazione in oggetto non sia viziata e, dunque, non meriti l’annullamento.
5.1. L’ordinanza, infatti, ha aderito al costante indirizzo – qui da ribadire - secondo cui la revoca della sospensione condizionale opera di diritto all'inutile scadenza del termine per la demolizione stabilito dal giudice, al punto che nemmeno il sopravvenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria osta a tale esito (tra le molte, Sez. 3, n. 19387 del 27/4/2016, Di Dio, Rv. 267109; Sez. 3, n. 45302 del 7/10/2009, Friscione, Rv. 245214. Si veda anche Sez. 3, n. 13745 dell’8/3/2016, Annunziata, Rv. 266783, in forza della quale in tema di reati edilizi, qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione del manufatto abusivo, all'inutile scadere del termine previsto per adempiere, cui sia seguito il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, il giudice dell'esecuzione revoca di diritto il beneficio, e, su istanza di parte, la sanzione amministrativa dell'ordine di demolizione. Tra le non massimate, Sez. 3, n. 30460 del 21/6/2022, Taddei).
6. In senso contrario, peraltro, non possono valere le considerazioni del ricorso quanto agli immobili asseritamente suscettibili di sanatoria, secondo le quali il Cannatelli si sarebbe invece attivato prima della irrevocabilità della sentenza, conferendo incarico ad un professionista che, tuttavia, avrebbe commesso un errore (presentazione della CILA in luogo della richiesta di un permesso di costruire in sanatoria), poi venendo sostituito da un altro tecnico che avrebbe presentato la domanda corretta, in data 14/12/2021. Contrariamente a quanto affermato nel ricorso, infatti, la Corte di appello ha valutato tale deduzione, evidenziandone, tuttavia, l'assenza di un sostegno documentale: l'unica istanza prodotta, invero, era quella appena citata, mentre di eventuali e precedenti sollecitazioni all'amministrazione non era stato fornito alcun riscontro.
7. Sotto altro profilo, poi, non rileva che alcune delle opere abusive sarebbero state, invece, demolite prima del giudicato, o che per altre il reato sarebbe stato dichiarato estinto per prescrizione; queste considerazioni, infatti, non privano di efficacia la motivazione contenuta nell'ordinanza, che, riscontrando quantomeno un parziale inadempimento all'obbligo di demolizione e di riduzione in pristino, ha comunque adeguatamente giustificato la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena.
8. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2024