Cass. Sez. III n. 11564 del 20 marzo 2023 (UP 14 dic 2022)
Pres. Ramacci Est. Aceto Ric. Curatolo
Rifiuti.Deiezioni animali e fertirrigazione

In termini generali, quel che rileva ai fini della sottrazione delle deiezioni animali dalla normativa sui rifiuti è che tale utilizzazione avvenga nel rispetto delle condizioni di liceità indicate dal D.M. 25 febbraio 2016 e dalla normativa regionale, altresì postulando, la pratica della fertirrigazione, l'esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, nonché l'adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture e, in secondo luogo, l'assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione; peraltro, l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità dell’utilizzazione agronomica degli effluenti ricade su colui che ne invoca l’applicazione


RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

        1. Il sig. Mario Curatolo ricorre per l’annullamento della sentenza del 04/03/2022 del Tribunale di Enna che lo ha dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 256, d.lgs. n. 152 del 2006, e lo ha condannato alla pena di 10.000,00 euro di ammenda.
            1.1. Con il primo motivo deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della fattispecie incriminatrice e mancanza di motivazione. Il Tribunale - afferma - ha attribuito senz’altro alle materie fecali (circa 7 mc) la qualifica di rifiuto senza aver prima verificato le cause di esclusione di tale qualità previste dall’art. 185, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 152 del 2006.
            1.2. Con il secondo motivo deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. e il vizio di mancanza di motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità della speciale tenuità del fatto.
            1.3. Con il terzo motivo deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 62-bis, 133 e 133-bis cod. pen. e il vizio di motivazione mancante in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla mancata applicazione della pena in misura prossima al minimo edittale.   

        2. Il ricorso è inammissibile.

        3. Osserva il Collegio:
            3.1. si imputa al ricorrente, titolare di azienda zootecnica, di aver esercitato attività di raccolta, trasporto, recupero e/o smaltimento di rifiuti non autorizzata (capo A), nonché di aver abbandonato e depositato in modo incontrollato rifiuti prodotti dalla propria azienda (7 mc. di materia fecale);
            3.2. dalla lettura della sentenza impugnata risulta che presso l’allevamento del Curatolo era stato rinvenuto un deposito incontrollato di letame posizionato direttamente sul suolo, senza alcuna impermeabilizzazione, e che i liquami si cumulavano e disperdevano a valle direttamente dal terreno («i liquami praticamente avevano invaso il terreno, un fossato pieno di liquami dovuti al letame»); che, inoltre, l’imputato non aveva alcuna documentazione relativa all’attività di fertirrigazione;
            3.3. a norma dell’art. 185, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 152 del 2006, non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del decreto «le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), del presente articolo, la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana, nonché la posidonia spiaggiata, laddove reimmessa nel medesimo ambiente marino o riutilizzata a fini agronomici o in sostituzione di materie prime all'interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana»;
            3.4. il comma secondo, lett. b), del medesimo articolo, esclude dall'ambito di applicazione della parte quarta del decreto n. 152 del 2006, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento: «i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio»;
            3.5. secondo il consolidato insegnamento di questa Suprema Corte, le materie fecali sono escluse dalla disciplina dei rifiuti di cui al d.lgs. n.152 del 2006 a condizione che provengano da attività agricola e che siano effettivamente riutilizzate nella stessa attività (Sez. 3, n. 45113 del 28/10/2022, Di Matteo, Rv. 283776 - 01; Sez. 3, n. 37548 del 27/06/2013, Rattenuti, Rv. 257686, nonché l’ulteriore giurisprudenza in essa richiamata; Sez. 3, n. 8890 del 10/02/2005, Gios, Rv. 230981; Sez. 3, n. 37405 del 24/06/2005, Burigotto, Rv. 232355; si veda altresì, Sez. 3, n. 36363 del 10/07/2008, Galli, Rv. 241035);
            3.6. come ricordato da Sez. 3, n. 5044 del 17/01/2012, n.m., “è [stato] sempre costante nel tempo il riferimento alla provenienza, alle caratteristiche ed alla successiva utilizzazione delle materie fecali, cosicché tali peculiarità risultano determinanti ai fini dell'esclusione o meno dal novero dei rifiuti”, e ciò anche nell'originaria formulazione dell’art. 185, d.lgs. n. 152, cit., vigente fino al 12 febbraio 2008, che escludeva, alla lett. e) "le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nelle attività agricole ed in particolare i materiali litoidi o vegetali e le terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia e dal lavaggio dei prodotti vegetali riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi rustici, anche dopo trattamento in impianti aziendali ed interaziendali agricoli che riducano i carichi inquinanti e potenzialmente patogeni dei materiali di partenza”;
            3.7. ora, in termini generali, quel che rileva ai fini della sottrazione delle deiezioni animali dalla normativa sui rifiuti è che tale utilizzazione avvenga nel rispetto delle condizioni di liceità indicate dal D.M. 25 febbraio 2016 e dalla normativa regionale (Sez. 3, n. 9104 del 15/01/2008, Manunta, Rv. 238997), altresì postulando, la pratica della fertirrigazione, l'esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, nonché l'adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture e, in secondo luogo, l'assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione (Sez. 3, n. 40782 del 06/05/2015, Valigi, Rv. 264991);
            3.8. peraltro, l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità dell’utilizzazione agronomica degli effluenti ricade su colui che ne invoca l’applicazione, secondo un principio generale applicato da questa Corte in tema di attività di raggruppamento ed incenerimento di residui vegetali previste dall'art. 182, comma sesto bis, primo e secondo periodo, d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (Sez. 3, n. 5504 del 12/01/2016, Lazzarini, Rv. 265839), di deposito temporaneo di rifiuti (Sez. 3, n. 29084 del 14/05/2015, Favazzo, Rv. 264121), di terre e rocce da scavo (Sez. 3, n. 16078 del 10/03/2015, Fortunato, Rv. 263336), di interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate presenti sulla battigia per via di mareggiate o di altre cause naturali (Sez. 3, n. 3943 del 17/12/2014, Aloisio, Rv. 262159), di qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali (Sez. 3, n. 3202 del 02/10/2014, Giaccari, Rv. 262129; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Castellano, Rv. 241504), di deroga al regime autorizzatorio ordinario per gli impianti di smaltimento e di recupero, prevista dall'art. 258 comma 15 del D.Lgs. 152 del 2006 relativamente agli impianti mobili che eseguono la sola riduzione volumetrica e la separazione delle frazioni estranee (Sez. 3, n. 6107 del 17/01/2014, Minghini, Rv. 258860), di riutilizzo di materiali provenienti da demolizioni stradali (Sez. 3, n. 35138 del 18/06/2009, Bastone, Rv. 244784);
            3.9. nel caso di specie, non solo non risulta rispettata nessuna delle condizioni imposte dal citato D.M. del 2016 per la liceità dell’utilizzazione agronomica dei liquami, ma lo stesso ricorrente si è sottratto all’onere di dimostrare le condizioni di liceità della propria condotta, non avendo nemmeno dimostrato (e persino allegato) la provenienza delle materie fecali dalla propria azienda;
            3.10. la applicazione della causa di non punibilità per speciale tenuità del fatto non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità se non è stata chiesta in sede di conclusioni; né appaiono ictu oculi sussistenti le condizioni della sua applicazione;
            3.11. il Tribunale ha negato l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche affermando l’assenza di elementi positivi di valutazione;
            3.12. si tratta di motivazione insindacabile in questa sede, di certo non mediante le inammissibili allegazioni fattuali proposte con il terzo motivo;
            3.13. il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell'art. 62 bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610; Sez. 1, n. 3529 del 22/09/2013, Stelitano, Rv. 195339);
            3.14. è inoltre consentito far ricorso esclusivo a espressioni del tipo: ”pena congrua", "pena equa", "congruo aumento”, quando il giudice non si discosti molto dai minimi edittali (Sez. 3, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464; Sez. 1, n. 1059 del 14/02/1997, Gagliano; Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Ruggieri) oppure quando, in caso di pene alternative, applichi la sanzione pecuniaria, ancorché nel suo massimo edittale (Sez. 1, n. 40176 del 01/10/2009, Russo; Sez. 1, n. 3632 del 17/01/1995, Capelluto).

            4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 3.000,00.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 14/12/2022.