Ecopiazzole, Isole ecologiche, Ecocentri. Contributo di analisi
di Corrado Carrubba* ed Emanuele Quadraccia
PREMESSA
Il
presente articolo, scaturito da una meditazione sulla gestione dei rifiuti
durata all’incirca otto anni, tanti quanti ci separano da quel 5 di febbraio
del 1997 giorno nel quale il cd. “decreto Ronchi” vide la luce e da concrete
problematiche affrontate sul territorio nell’esperienza di Aziende gestrici di
servizi di igiene urbana, si propone, sia pur con tutte le consapevoli
manchevolezze ed imperfezioni, diversi e, per così dire “ambiziosi”,
obiettivi.
In
primo luogo, preliminarmente, intendiamo sistematizzare
un linguaggio semplice e per certi versi volutamente “classificatorio”,
muovendo infatti dal presupposto (e dalla necessità) di trovare
un’indispensabile punto di convergenza linguistico-normativo tra studiosi del
diritto ambientale da un lato, e tecnici ed operatori ecologici, lato
sensu intesi, dall’altro, in merito
alle modalità di raccolta, stoccaggio preliminare, o comunque di gestione dei
rifiuti in una fase antecedente allo smaltimento e/o al recupero attraverso siti
appositamente dedicati diversamente denominati. Più nel dettaglio, si cercherà
di utilizzare una terminologia per quanto possibile univoca e differenziante le
diverse modalità gestorie, traendo spunto e sistematizzando termini che si
rintracciano negli atti e nelle norme di settore.
Soddisfatte
le dovute premesse di carattere organizzativo, cercheremo dunque di tracciare,
alla luce della più recente disciplina normativa e delle intervenute novità
dottrinarie e giurisprudenziali, un quadro approfondito dell'argomento in
oggetto, ai fini di una corretta gestione dei servizi svolti nelle aree di
conferimento comunali; delle possibili ipotesi, alcune si prestano a determinate
attività semplici, altre ad attività maggiormente stabili e complesse.
LE
TIPOLOGIE POSSIBILI
Le
aree destinate alla raccolate preliminare dei rifiuti solidi urbani (in seguito
RSU), in particolare domestici ingombranti o frazioni omogenee destinate alla
Raccolta Differenziata, possono essere individuate attraverso varie distinte
ipotesi, differenti dal punto di vista gestionale ed autorizzatorio. Tali
modalità hanno una precisa identità giuridica, in quanto ricadenti per materia
nel decreto legislativo 22 del 5 febbraio 1997 – decreto Ronchi – e dalle
successive integrazioni e modificazioni anche se, come si vedrà, alcune di esse
non sono assoggettabili al regime autorizzatorio tipico delle vera
e propria “gestione di rifiuti”. Pur consapevoli della necessità di
mantenere un “dialogo aperto” con gli operatori del diritto dell’ambiente,
motivo per il quale non sono stati in maniera alcuna trascurati gli aspetti più
squisitamente applicativi delle norme positive, né si è omesso di
puntualizzare l’applicazione giurisprudenziale delle norme stesse (nelle quali
il diritto vive la propria concreta esistenza) abbiamo però privilegiato
un’impostazione per certi aspetti manualistica che però, a nostro avviso,
garantisce una incisività ed una permeabilità maggiori, anche da parte del
lettore poco avvezzo alle problematiche di carattere più squisitamente
amministrativistico-ambientali.
Di
qui la nostra quadripartizione delle aree di conferimento e gestione preliminare
dei RSU: ecopiazzole, isole ecologiche semplici, isole ecologiche con pre –
trattamento o gestione (anche dette “ecocentri”), stazioni di trasferimento
dei rifiuti urbani.
ECOPIAZZOLE
Ma
andiamo per ordine. Per ecopiazzole sono da intendersi delle
piccole aree attrezzate di
conferimento di RSU domestici per frazioni omogenee dove gli utenti, a
propria cura, si recano per conferire rifiuti tramite versamento in contenitori
appositamente predisposti dal gestore per categorie omogenee sostanzialmente
identici alle attuali “campane” o contenitori stradali di uso comune.
Le ecopiazzole in pratica
rappresentano una diversa e più curata modalità di collocazione sul suolo
pubblico urbano dei contenitori stradali standard, attraverso accorgimenti di
natura estetica o di arredo urbano (perimetrazione con fioriere o verde,
panchine per la sosta, ecc.), cartelli di natura informativa e didattica
all’utenza, cioè tutto quanto possa servire ad attrarre il cittadino ed
incentivare i comportamenti corretti.
Per la loro estrema semplicità,
non rilevanza urbanistica, assenza di ogni forma di gestione, dimensioni
limitate e ridotta capacità di accogliere quantità rilevanti di rifiuti e
quindi non necessità di presidio esse sono in tutto e per tutto equiparabili
all’ordinaria raccolta stradale, senza alcuna autonoma rilevanza e quindi
indubbiamente senza necessità di alcuna specifica autorizzazione.
Sarebbe infine consigliabile,
anche sulla scorta delle esperienze più avanzate, che l’esistenza e le
modalità di gestione delle ecopiazzole siano disciplinate da appositi atti, ad
esempio nell’ambito dei Regolamenti comunali di cui al comma 2 dell’art. 21
D.lgs. 22/97 o di regolamenti interni di organizzazione e di servizio di
consorzi e/o di società creati ad hoc,
o ancora negli atti di affidamento o contratti di servizio.
ISOLE ECOLOGICHE ED ECOCENTRI
Procedendo nell’analisi
delle diverse tipologie di aree attrezzate destinate al conferimento diretto di
rifiuti, va ora individuato e definito il concetto di “isola ecologica”, che
comprende al suo interno due differenti species:
l’isola ecologica cd. “semplice” e l’isola ecologica con pre –
trattamento o gestione (anche detta “ecocentro”).
A.
ISOLA ECOLOGICA SEMPLICE Per
isola ecologica “semplice” si intende una struttura attrezzata e in varia
maniera presidiata, o altrimenti circoscritta, avente l’obiettivo di
“intercettare” rifiuti, voluminosi e non, conferiti dalla cittadinanza, per
i quali la costruzione di un apposito circuito di raccolta risulterebbe
oltremodo oneroso, oltreché di non indifferente aggravio per la circolazione
stradale qualora si desse vita ad una incontrollata proliferazione di
contenitori per le vie cittadine.
Questa
fattispecie operativa si colloca dunque, a nostro parere senza ombra di dubbio
alcuno, nella fase antecedente alla raccolta, smaltimento e/o al recupero dei
rifiuti, che vengono in tale sede solamente “indirizzati” da privati
cittadini, da piccoli commercianti ed artigiani nell’ambito del lecito
conferimento di rifiuti assimilati. Nessuna gestione in senso tecnico, ai sensi
dell’art. 6 comma 1 lettera d) del D.lgs 22/1997, dei rifiuti viene dunque
attuata.
Tali isole ecologiche
tout court si differenziano dalle più elementari “ecopiazzole” (v. retro)
per essere aree di non indifferente “impatto” territoriale, dato che,
diversamente dalle prime, abbisognano di una cospicua superficie in termini di
metratura quadrata e di interventi urbanistici per essere efficienti, e non
assumono di certo quell’aspetto di piccola e piacevole area urbana recintata
(e/o giardinata), che contraddistingue viceversa l’ecopiazzola la quale non ha
alcuna rilevanza urbanistica.
Le predette strutture, per
essere funzionali e non trasformarsi in tante piccole discariche, necessitano di
una serie di accorgimenti cui il gestore deve scrupolosamente attenersi, quali
la dotazione di un’adeguata e sorvegliata recinzione perimetrale, di un
sistema di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche, dei servizi, di
percolazione e di lavaggio, di idonei sistemi di illuminazione, sicurezza,
accessibilità al pubblico (anche motorizzato), modalità di controllo e
documentazione delle quantità conferite ed, eventualmente, dei soggetti
conferenti al fine di garantire l’accesso solo ai privati, ecc[1].
Le isole ecologiche semplici,
al pari delle ecopiazzole, non configurando alcuna ipotesi gestionale di
rifiuti, riteniamo non siano quindi sottoposte ad alcuna preventiva
autorizzazione o comunicazione ai sensi del decreto Ronchi, a condizione che
siano in regola sul versante urbanistico territoriale e che per le modalità di
esercizio non possa essere qualificata come discarica incontrollata o, meglio,
deposito incontrollato di rifiuti ex art.14, 1° comma.
In tale caso appare, anche per
simili esperienze in corso in tra le altre in provincia di Roma ed in
particolare nella capitale da parte di AMA, che questa attività sia
inquadrabile in pieno nella predisposizione da parte del comune, o del consorzio
da esso incaricato, di sistemi di raccolta pubblici idonei a rispondere
all’obbligo di gestione dei RSU, ai sensi dell’art. 21 del D.lgs. n. 22/97,
che affiancano ed ottimizzano la raccolta stradale o domiciliare. Essa non è
quindi di per sé sottoposta ad alcuna preventiva autorizzazione o comunicazione
per la realizzazione e gestione, a condizione che sia in regola sul versante
urbanistico territoriale e, a fortiori, in non aperta distonia con l’habitat circostante. Il rischio residuale di veder ancora inquadrata
tale attività come di gestione in senso stretto di fasi dello smaltimento o del
recupero, può essere ovviato tramite il rispetto di speciali precauzioni in
positivo (disponibilità dell’area concessa dal Comune, recinzione, chiusura
nelle ore notturne o festive, modalità di raccolta che garantiscano l’assenza
di rischi per la salute e l’ambiente ecc.) ed in negativo (assenza di ogni
forma di gestione in loco dei rifiuti
da parte degli addetti).
Tale configurazione ed impostazione è condivisa, per
informazioni assunte dallo scrivente Studio, dal Dipartimento ambiente –
Servizio Rifiuti della Provincia di Roma, in linea, peraltro, con quanto
asserito dalla Provincia di Bologna, Dipartimento Ambiente, sin dal settembre
2000 e praticato dagli operatori pubblici locali.
B. ISOLE ECOLOGICHE CON GESTIONE
ECOCENTRI La terza ipotesi considera la creazione di aree attrezzate di
conferimento denominate Isole ecologiche con pre – trattamento o gestione,
anche dette, per usare la terminologia del Piano di Gestione Rifiuti della
Regione Lazio (anno 2002), o, ancora, del Piano degli interventi di Emergenza,
anch’esso della Regione Lazio – Commissariato di Governo per l’Emergenza
Rifiuti ed anch’esso del 2002, “ ecocentri”[2].
Trattasi sempre di strutture custodite ed accessibili da parte dell’utenza o da parte delle ditte incaricate ad orari prestabiliti, finalizzate alla raccolta di frazioni omogenee di rifiuti ove, a differenza del primo caso, oltre al conferimento sempre possibile al pari di un’isola ecologica semplice, si effettuano o si possono effettuare altresì operazione semplici di gestione quali ad esempio cernita, smontaggio, recupero di parti, ecc.
L’ecocentro, è quindi un
centro di stoccaggio, complementare agli altri servizi di raccolta, che può
assumere l’identità di messa in riserva nel caso in cui i rifiuti siano destinati ad
operazioni di recupero, oppure, di deposito
preliminare nel caso i rifiuti siano destinati allo smaltimento. Presso tale
deposito i rifiuti solidi urbani, conferiti dagli utenti o dal gestore e versati
in contenitori appositamente predisposti dallo stesso organo gestorio, vengono
quindi, per così dire, “organizzati e manipolati” (o, eventualmente, ceduti
a terzi sotto forma di singole frazioni merceologiche).
Di palmare importanza risulta
lo studio della corretta ubicazione di tali impianti attrezzati. L’ecocentro
dovrà essere di norma collocato in zone periferiche ma di facile accessibilità
automobilistica; tale area sarà inoltre ben segnalata e necessiterà di
superfici adeguatamente ampie e predisposte di rampe accessibili ad automezzi
anche di dimensioni medio-grandi. Particolare attenzione andrà poi posta nel
predisporre contenitori stagni ed al tempo stesso al riparo dalle intemperie per
i rifiuti pericolosi.
In merito al regime
autorizzatorio, la realizzazione di un’isola ecologica con pre-trattamento o
gestione, deve essere autorizzata.
Essa può essere sottoposta
alla procedura semplificata prevista dall’art. 33 del decreto Ronchi, secondo
il quale “le operazioni di messa in riserva dei rifiuti possono essere
intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio attività alla
provincia territorialmente competente”. L’autorizzazione in procedura
semplificata, come è noto, si dà per acquisita solo ove siano rispettate le
prescrizioni tecniche generali previste dal D.M. 5 febbraio 1998 e, in
particolare, dall’art. 6 che prevede innanzitutto come condizione necessaria
all’applicazione di detta procedura la destinazione nell’area attrezzata di
conferimento dei soli rifiuti individuati negli allegati al D.M. 5 febbraio
1998. e, in particolare, nell’Allegato 1 che prevede frazioni separate
derivanti da raccolta differenziata di carta, vetro, rottami ferrosi, plastica,
legno, rifiuti di metalli non ferrosi, inerti da demolizione.
I rifiuti da recuperare devono
essere stoccati separatamente per garantire la sicurezza dell’area, gli scarti
tra loro incompatibili dovranno essere stoccati in modo che non possano venire a
contatto e, inoltre, ove la messa in riserva dei rifiuti avvenga in cumuli,
questi devono essere realizzati su basamenti pavimentati o, qualora sia
richiesto dalle caratteristiche del rifiuto, su basamenti impermeabili che
permettano la separazione dei rifiuti stessi dal suolo sottostante.
Alla luce di quanto fin qui
esposto, la gestione di un’area attrezzata di conferimento con trattamento può
prevedere esclusivamente l’adempimento dell’obbligo di comunicazione alla
Provincia, come previsto dall’art. 33 del D.lgs. 22/97 e l’osservanza dei
gravami relativi alla separazione dei rifiuti stoccati ed alla sicurezza
dell’area, a differenza della sempre attivabile procedura ordinaria di cui
agli artt. 27 e 28.
Da sottolineare che la
Provincia di Roma reputi elemento necessario al rispetto dei requisiti tecnici
per l’ammissione alle procedure semplificate l’esistenza dell’approvazione
del progetto di impianto ed autorizzazione alle emissioni in atmosfera, ancorché
diffuse, ai sensi del DPR 203/1988.
Si noti, infine, come la recente normativa in materia abbia apportato modifiche al codice europeo rifiuti CER, introducendo ex rifiuti domestici ingombranti nell'elenco dei rifiuti pericolosi: di conseguenza, ad essi se presenti si applicherà la normativa tecnica relativa al recupero dei rifiuti pericolosi.
LE
STAZIONI DI TRASFERIMENTO
In aggiunta alle precedenti
ipotesi ed a completamento della presente panoramica sul regime legale dei siti
di pre – raccolta dei rifiuti, si espone la previsione della cd. “stazione
di trasferimento dei rifiuti urbani”. Si ritiene necessario rilevare che
questa quarta ed ultima modalità di fattispecie operativa per la gestione dei
rifiuti nella fase antecedente allo smaltimento e/o al recupero, potrebbe
configurarsi ove il gestore ritenga di porre in essere operazioni di
collettamento di ingenti quantità di rifiuti urbani e provenienti da raccolta
differenziata effettuata altrove, magari in diversi comuni, rispetto all’area
attrezzata di cui si discorre; si integrerebbe dunque l’ipotesi di una
stazione di trasferimento dei rifiuti urbani con eventuale stoccaggio, soggetta
ad autorizzazione della provincia o regione competente per territorio, così
come prevista e regolamentata ad esempio dall’art. 19 della legge della
Regione Lazio del 9 luglio 1998, n. 27.
Pertanto, in caso che
determinati impianti non siano solo aperti al cittadino conferitore quale isola
ecologica ma vengano usati per necessità logistiche altre del gestore del
servizio, essi andrebbero a configurarsi necessariamente secondo quest’ultima
tipologia, che assumendo carattere prevalente porrebbe la necessità di munirsi
delle prescritta autorizzazione provinciale o regionale espressa.
ORIENTAMENTO
GIURISPRUDENZIALE
Secondo una, a nostro avviso
non condivisibile, impostazione giurisprudenziale (Tribunale penale di Pistoia,
Giudice unico penale, 21/11/2002)[3], confortata da
un’isolata ancorché autorevole dottrina (M. Santoloci)[4],
le ecopiazzole o a fortiori le isole ecologiche risulterebbero essere stoccaggi
posti in essere da terzi (es. dal gestore del servizio pubblico), a tutti gli
effetti quindi rientranti entro lo schema legale tracciato dal D.lgs. 22/1997, e
necessiterebbero dunque del connesso regime autorizzatorio, dato anche
l’effetto cd. “calamita” in base al quale vengono spesso attratti
meccanismi a volte incontrollabili di svresamento di rifiuti, anche aziendali,
in modo diretto o indiretto comunque illegale, sino a verificarsi fenomeni di
abbandono incontrollato o vere e proprie discariche.
Tale interpretazione, di cui
si comprende la motivazione precauzionale e la si condivide, non appare però
convincente sia sotto il profilo squisitamente dogmatico (considerare il luogo
di conferimento allestito a favore dei privati in regime di privativa quale fase
già di gestione/raccolta) sia sotto il profilo di irrigidimento dell’istituto
procedimentale amministrativistico per far fronte a timori o esigenze di
prevenzione speciale o generale che richiedono e dispongono di altri e specifici
strumenti.
Ed infatti contrariamente, la
giurisprudenza più sensibile (v., di recente, Sentenza Consiglio di Stato, Sez.
V, 17/02/2004 n.609) ha sconfessato questa visione e, in linea alla impostazione
qui sviluppata ha ribadito l’impossibilità di affermare che lo smistamento e
la separazione dei rifiuti, previste nelle aree in discussione, si atteggino
come attività di “gestione” dei rifiuti stessi, quale è definita dal testo
normativo del decreto Ronchi. Qualora infatti nella ecopiazzola e, pertanto,
anche nell’isola ecologica di mero conferimento (cd. semplice) non si desse
luogo ad operazioni attinenti lo smaltimento e/o il recupero, bensì venissero
privilegiate attività di mero raggruppamento per tipologia merceologica
affidata all’opera del cittadino conferitore, esulanti e comunque antecedenti
alla gestione in senso stretto dei rifiuti così come individuata dall’art. 6
comma 1 lettera d) del D.lgs. 22/1997, conclude il Consiglio di Stato, verrebbe
meno la necessità di seguire la procedura di valutazione di impatto ambientale
e di autorizzazione, prescritta viceversa per gli impianti di smaltimento e
recupero veri e propri.
Ci sembra dunque di poter
affermare che l’analisi del fenomeno di specie esaminata, alla luce
dell’attuale orientamento della giurisprudenza amministrativa del Supremo
Consesso di Palazzo Spada, si rafforzi e si arricchisca di sfumature tanto
interessanti quanto condivise ed autorevolissime.
Tant’è che va segnalata
l’estrema rilevanza di come la Regione Lazio – Commissariato di Governo per
l’Emergenza Rifiuti abbia di recente affermato, in atti inerenti
l’approvazione e l’autorizzazione all’esercizio di impianti di raccolta di
rifiuti recuperabili anche speciali da parte di AMA S.p.A. (quindi ecocentri e
come tali da autorizzarsi), testualmente premette: “Vista
la sentenza del Consiglio di Stato n. 609 del 17 febbraio 2004 dalla quale
emerge che l’intervento di realizzazione e messa in esercizio di un’isola
ecologica non ricade tra le operazioni riportate negli allegati B e C del D.lgs
22/97 in quanto tali operazioni sono configurabili solo dopo le fasi di
trasporto. Preso atto che dalla stessa sentenza risulta che nel caso delle isole
ecologiche si è unicamente di fronte ad attività di raccolta con pesatura e
raggruppamento (o separazione) dei vari tipi di rifiuto conferito dai cittadini
e che pertanto non risulta necessario seguire la procedura di Valutazione di
Impatto Ambientale per impianti di smaltimento e recupero (…)”, salvo
poi procedere ad autorizzazione poiché gli impianti in esame travalicano
appunto la semplice isola ecologica sia per attività astrattamente effettuabili
in loco, sia perché aperte non solo ai cittadini ma al conferimento oneroso di
rifiuti speciali da parte di soggetti economici.
BREVI CONCLUSIONI
Alla luce di quanto sopra, si
può sinteticamente concludere a nostro parere come segue.
Ove, al fine di ottimizzare il
servizio di igiene urbana essenzialmente rivolto all’utenza privata, si
intenda realizzare e gestire isole ecologiche del primo tipo, cd. semplici,
ovvero a maggior ragione ecopiazzole di mero conferimento e raccolta esse
potranno essere realizzate e gestite senza l’autorizzazione prevista dal
D.lgs. 22/97, seppure nel rispetto delle eventuali altre autorizzazioni
necessarie o atti di assenso di natura ambientale e/o urbanistica che il
manufatto eventualmente richieda.
Di contro, ove si intenda
realizzare isole ecologiche con pre- trattamento e gestione, aldilà di quanto
necessario per un ordinato conferimento e accumulo dei materiali differenziati,
per operazioni ivi svolte al fine di vera e propria messa in riserva o deposito
preliminare con operazioni connesse alle varie tipologie di rifiuti, esse (“ecocentri”)
dovranno essere autorizzate, in via semplificata o ordinaria secondo quanto
precedentemente esplicato ex D.Lgs. 22/97, trattandosi a quel punto, senza ombra
di dubbio alcuno, di operazioni di gestione post
raccolta rientranti nel regime di regolamentazione pubblicistica.
Egualmente a regime
autorizzatorio per materia saranno sottoposte anche le isole ecologiche di primo
tipo (semplici) qualora venissero offerte al conferimento di frazioni di rifiuti
recuperabili non solo a cittadini o soggetti produttori di rifiuti assimilati ma
anche a produttori di rifiuti speciali aventi medesime caratteristiche
merceologiche degli urbani differenziati.
Ove infine il gestore intendesse utilizzare dette aree per o anche l’ottimizzazione dei propri servizi comunali o sovracomunali di raccolta, cernita e conferimento di significative quantità di rifiuti in vista del trasporto alle destinazioni finali, si renderebbe necessario munirsi dell’apposita autorizzazione per le cd. stazioni di trasferenza.
[1] Per
una visione tecnico-progettuale sull’insieme delle funzionalità di
un’isola ecologica, si cfr. F.
Grilli – R. Panei, Isola
Ecologica. Progetto tipo per la realizzazione di un’attrezzatura di igiene
ambientale di supporto alla organizzazione e gestione della raccolta
differenziata, AMA S.p.A., Roma, 1997.
[2]
Sulla definizione di “ecocentro”, v. Piano
di Gestione Rifiuti della Regione Lazio, approvato con deliberazione del
Consiglio n. 112 del 10 luglio 2002. Interessanti esemplificazioni grafiche
di un ecocentro si rinvengono nel Piano
degli interventi di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti
solidi urbani ed assimilabili della Regione Lazio (Arte. 1 – comma 4
– OPCM n. 3249 del 08.11.2002). Cfr. anche
F. Benedetti – S. Benedetti, Isole
Ecologiche ed Ecocentri, Roma, 2004, passim.
[3]
V. www.reteambiente.it, Sezione “Rifuti”,
spazio “Documentazione complementare”.
[4] M.
Santoloci, “Ecopiazzole”, la disciplina giuridica dello stoccaggio comunale per
la raccolta differenziata, in Rifiuti
-Bollettino di informazione normativa, n. 110, agosto – settembre
2004,.