TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 198 del 22 febbraio 2018
Urbanistica.Convenzioni urbanistiche

Se un piano attuativo stabilisce un certo equilibrio tra i diritti dei lottizzanti complessivamente intesi (indici edificatori, destinazione dei nuovi edifici) e gli obblighi che i lottizzanti assumono nei confronti dell’amministrazione (opere e oneri di urbanizzazione, cessione gratuita di aree a standard), è evidente che una cancellazione (totale o parziale) degli obblighi può essere ipotizzata solo quando si sia verificata e sia definitiva una corrispondente cancellazione (totale o parziale) dei diritti. La ricostituzione dell’equilibrio tra le posizioni giuridiche opera in entrambe le direzioni, ossia tanto a beneficio dei privati quanto a beneficio dell’amministrazione: dunque, se i lottizzanti hanno già esaurito il volume concesso dal piano attuativo, non possono rifiutarsi di ottemperare agli obblighi assunti, anche se l’amministrazione sia in ritardo nel chiederne l’esecuzione, e viceversa se gli impegni assunti dai lottizzanti sono stati integralmente onorati, il venir meno di una quota sostanziale di edificabilità legittima un proporzionale ristoro della penalizzazione subita.


Pubblicato il 22/02/2018

N. 00198/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01947/2015 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1947 del 2015, proposto da:
Benedetti Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Francesca Rota, Giovanni Colombo e Piercarlo Peroni, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Brescia, Via Savoldo n. 12;

contro

Comune di Cisano Bergamasco, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Mario Preda, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Domenico Bezzi in Brescia, via A. Diaz n. 13/C;

per l’accertamento

DELLA VOLUMETRIA NON REALIZZATA (4.062,72 MC) IN BASE ALLA CONVENZIONE SOTTOSCRITTA IL 21/1/2002 PER L’ESECUZIONE DEL PIANO INTEGRATO DI INTERVENTO NELL’AREA “EX MAMBRETTI LAMIERE”;

e per la condanna

ALLA RESTITUZIONE DELLA SOMMA DI 84,493,21 €, OLTRE A INTERESSI LEGALI DALLA MESSA IN MORA E FINO AL SALDO;

e per la condanna

AL RISARCIMENTO DEL DANNO DA MANCATO GUADAGNO PARI A 906.725,87 €, OLTRE A INTERESSI LEGALI DALLA MESSA IN MORA E SINO AL SALDO.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cisano Bergamasco;

Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2018 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A. In data 3/8/2001 il legale rappresentante dell’impresa ricorrente (e dell’Immobiliare La Piramide Srl) presentava richiesta di approvazione di un Programma Integrato di Intervento (di seguito: PII) nell’area denominata “Ex Mambretti Lamiere” a Cisano Bergamasco.

B. Il compendio faceva parte di un’attività produttiva dismessa inserita in un ambito urbano abitativo, assoggettabile a PII in variante parziale al PRG ai sensi della L.r. 23/97. La proposta pianificatoria era diretta a riconvertire il capannone inutilizzato in residenziale e commerciale/terziario, e contemplava la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione primaria – a scomputo degli oneri dovuti – e di una struttura polifunzionale coperta per attività associative, quale modalità di assolvimento degli standard urbanistici (di tipo qualitativo) ai sensi della L.r. 9/99.

C. Dopo il parere favorevole formulato dalla Commissione edilizia il 7/8/2001, nell’adunanza consiliare del 7/9/2001 venivano adottati la variante al PRG (deliberazione n. 65) e il PII (provvedimento n. 66). L’approvazione definitiva della variante e del Piano era disposta con le deliberazioni consiliari 13/12/2001 n. 103 e 104, e in data 21/1/2002 veniva sottoscritta la convenzione attuativa.

D. Ai sensi dell’art. 5 della convenzione, la Società beneficiava di una volumetria pari a 25.000 m³ (di cui 22.000 destinati a residenza). L’importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione primaria – in applicazione dei parametri stabiliti dall’amministrazione – era pari a € 116.848,37, ma rispetto ad esso veniva concordata la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione per un importo preventivabile di € 130.286,43, così dettagliato: strade, parcheggi pubblici, marciapiedi, rete acque bianche (€ 98.526,89), impianto di illuminazione (€ 10.359,64), rete idrica (€ 5.007,51), impianto ENEL (€ 5.040,22), rete telefonica (€ 3.871,87), rete metano (€ 3.139,19), piantumazione (€ 4.341,11). Anche se l’ammontare complessivo risultava superiore agli oneri dovuti in base alla volumetria concessa, la convenzione stabiliva che nulla doveva essere rimborsato a titolo di conguaglio.

E. L’art. 6 della convenzione si occupava del calcolo della monetizzazione (ottenuto moltiplicando la differenza tra aree da cedere ed aree effettivamente cedute, pari a 4.271,45 mq, per 49,0634 €), che ammontava a € 209.571,88. L’intesa prevedeva tuttavia, in luogo della monetizzazione e della cessione di aree, la realizzazione diretta di un’opera di interesse generale da parte delle Società proponenti, ossia di una struttura polifunzionale coperta per attività associative di valore quantificato in € 389.652,80 IVA e oneri compresi. Malgrado la differenza tra il costo della struttura e l’importo delle monetizzazione, veniva stabilito in convenzione che il vantaggio (€ 193.518,97) sarebbe rimasto a carico delle proponenti.

F. In seguito, la ricorrente presentava richiesta di concessione edilizia per eseguire i singoli interventi. Nello specifico, in data 21/1/2002 otteneva il titolo abilitativo per l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria e la costruzione dell’edificio di interesse pubblico (al quale seguivano i permessi di costruire in variante del 25/10/2002 e del 27/2/2003). Il 19/6/2006 l’esponente presentava una DIA per l’esecuzione dell’intervento di demolizione del fabbricato ex Mambretti.

G. In precedenza, l’8/10/2002 Benedetti Srl aveva depositato una DIA per l’esecuzione di una nuova costruzione ad uso residenziale, consistente nella realizzazione di un nuovo edificio di 14 appartamenti, assentita dal Comune il 23/10/2002. Anche sulle varianti alla DIA rassegnate il 21/6/2003 e il 7/7/2004 l’amministrazione esprimeva parere favorevole. Il 14/5/2002 l’esponente inoltrava DIA per l’edificazione di un nuovo fabbricato commerciale-direzionale (assecondata dal Comune); anche la 1^ variante 23/1/2003, la 2^ del 16/5/2003, la 3^ del 5/2/2004, la 4^ in data 11/11/2004 e la 5^ del 2/2/2005 incontravano il consenso dell’Ente locale. Il 29/9/2006 Benedetti srl inoltrava istanza di permesso di costruire per un nuovo fabbricato di 48 unità immobiliari (evidenziando che l’intervento non esauriva la volumetria realizzabile), e il Comune emetteva il provvedimento favorevole in data 9/11/2006. L’amministrazione si esprimeva positivamente sull’istanza di 1^ variante 6/8/2009 e della 2^ variante 16/12/2009. Il 5/3/2010 l’Ente locale concedeva altresì il rinnovo del permesso di costruire 9/11/2006 e nel seguito approvava la successiva DIA in variante.

H. Il 12/1/2012 Benedetti Srl avvertiva l’amministrazione dell’intenzione di presentare entro breve un nuovo progetto per una palazzina, che avrebbe consentito di esaurire la volumetria residua (pari a 3069 m³) a “chiusura” del PII. In data 26/1/2012 l’esponente sottoponeva al Comune un plano-volumetrico di un nuovo edificio di civile abitazione, per una superficie lorda di pavimento di circa 1028,30 m². Il successivo 3/5/2012, con deliberazione giuntale n. 56 l’amministrazione emetteva un parere preventivo favorevole e approvava la bozza di atto unilaterale con cui Benedetti Srl vincolava una porzione esterna al Piano per soddisfare la necessità di area drenante. Tuttavia, il 14/6/2012 il Comune comunicava l’avvio del procedimento di rimozione della deliberazione n. 56/2012, ritenendola illegittima. Con atto giuntale 27/6/2012 n. 66 veniva annullato il precedente provvedimento n. 56/2012.

I. Con il gravame in epigrafe, l’esponente lamenta il mancato sfruttamento di una volumetria di 4062,72 m³, precluso per i limiti edificatori determinati dal mancato reperimento della necessaria superficie drenante (quando inizialmente il Comune aveva dichiarato che il problema poteva trovare soluzione). In particolare, Benedetti Srl afferma di avere puntualmente assolto gli oneri di urbanizzazione primaria e la dotazione di standard urbanistici in proporzione alla capacità volumetrica prevista dalla convenzione attuativa (25.000 m³), sostenendo spese per un totale di 519.939,23 €, per cui dalla suddivisione con la volumetria di cui sopra scaturisce il dato unitario di 20,79 € al mc. Sulla base dell’incidenza del costo delle opere realizzate per ogni metro cubo, si ricava l’ammontare del quantum non dovuto, pari a 84.493,21 €. Benedetti Srl rivendica altresì un pregiudizio per mancato guadagno di € 906.725,87 (cfr. prospetto doc. 30).

L. La domanda di restituzione si fonda sull’impossibilità di utilizzo, per una causa non imputabile alla ricorrente, della volumetria non utilizzata rispetto a quella complessivamente prevista dalla convenzione attuativa del PII. Per giurisprudenza pacifica, quando il privato non possa utilizzare il titolo abilitativo per la sopravvenienza di previsioni urbanistiche o di norme legislative o regolamentari, sorge in capo all’amministrazione l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione: il contributo concessorio rinviene la ragione giustificatrice nell’attività di trasformazione del territorio, per cui se tale circostanza non si verifica il relativo pagamento risulta privo di causa, e l’importo indebitamente versato va rimborsato. Il predetto principio si applica anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente, e sulle somme riscosse sine titulo dall’amministrazione spettano gli interessi legali, decorrenti dalla data della domanda di restituzione.

M. Per ciò che concerne gli standard urbanistici, la ricorrente ha realizzato una struttura polifunzionale coperta che è stata ceduta gratuitamente in proprietà all’amministrazione (facere alternativo alla cessione delle aree o alla loro monetizzazione). Anche per lo standard qualitativo, si è dunque realizzato un indebito arricchimento senza causa a favore del Comune, per l’alterazione dell’equilibrio economico dell’intervento (le opere di interesse generale sono state calcolate sull’intera volumetria accordata, pari a 25.000 mc.).

N. Oltre alla somma così determinata, si deve aggiungere la cifra di € 906.725,87 per il mancato guadagno correlato alla volumetria non edificata e provocato dalla violazione del principio dell’affidamento e del neminem laedere. In particolare, sostiene Benedetti Srl che già in sede di trattative pre-contrattuali Comune e ASL avevano sostenuto che, sulla superficie drenante, ogni miglioria dello stato di fatto era da considerarsi accettabile; il 3/5/2012 l’amministrazione ha formulato un parere preventivo di massima sulla proposta di vincolare una porzione esterna al PII per soddisfare la necessità di area drenante, ma il successivo ripensamento dell’amministrazione ha impedito la soddisfazione dell’interesse della ricorrente. Il pregiudizio trae origine dall’affidamento suscitato dalla condotta del Comune, dal momento della sottoscrizione della convenzione sino al recente revirement sullo sfruttamento della volumetria residua.

O. Si è costituito in giudizio il Comune di Cisano Bergamasco, formulando l’eccezione di difetto di giurisdizione e chiedendo nel merito la reiezione del gravame.

P. Alla pubblica udienza del 24/1/2018 il gravame introduttivo è stato chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

DIRITTO

La ricorrente propone, nei confronti dell’intimato Comune, azione di accertamento dello squilibrio negoziale per la volumetria non realizzata nell’ambito del PII “ex Mambretti Lamiere” e di condanna alla restituzione della quota di oneri di urbanizzazione e standard indebitamente corrisposti. Formula altresì domanda di risarcimento pecuniario del pregiudizio patito.

0. Il Collegio ritiene che l’azione di accertamento e restitutoria (fondata sul mancato sfruttamento di una porzione di volumetria) rientri nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, vertendosi in tema di esecuzione degli obblighi derivanti dalle convenzioni urbanistiche in un’indagine sull’equilibrio sinallagmatico delle prestazioni: per tali controversie la giurisdizione si radica in capo al T.A.R. adito ai sensi dell’art. 133, comma 1, lettera a), n. 2, del Codice del processo amministrativo, secondo pacifica giurisprudenza (cfr. sentenza sez. I di questo T.A.R. – 24/5/2016 n. 730, che ha richiamato T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 11/5/2015 n. 1137).

0.1 Con riferimento alla domanda risarcitoria, va anzitutto segnalato che le convenzioni urbanistiche sono riconducibili agli accordi sostitutivi ex art. 11 della L. 241/90, nei quali è evidente la tradizionale “compresenza” di posizioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo che non esclude la cognizione del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva (cfr. il già citato art. 133, comma 1, lettera a), n. 2): la locuzione “formazione, conclusione ed esecuzione” degli accordi, per la sua estrema ampiezza, è suscettibile di abbracciare la totalità delle controversie concernenti l’esercizio della funzione amministrativa mediante il peculiare strumento dell’accordo (T.A.R. Umbria – 17/1/2014 n. 59, che risulta appellata).

0.2 Sulla questione specifica, si può richiamare T.A.R. Sicilia Catania, sez. II – 5/6/2017 n. 1293 (seppur appellata), che a sua volta ha evocato T.A.R. Puglia Bari – sez. III, 11/11/2011 n. 1704, ove si legge che <<anche nelle trattative per la formazione di accordi ex art 11 l.241/90 - in cui rientrano pacificamente le convenzioni urbanistiche (ex multis T.A.R. Toscana Firenze, sez. III, 14 gennaio 2011 , n. 77, Cassazione civile, sez. un., 17 aprile 2009, n. 9151) - è dunque configurabile una responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione allorché essa, con il proprio complessivo colpevole comportamento, leda l’affidamento in buona fede del privato in merito alla legittimità ed operatività dei provvedimenti preordinati alla conclusione dell’accordo medesimo, indipendentemente dal profilo della legittimità o meno dell’esercizio del potere autoritativo di autotutela. Le controversie in merito a tale responsabilità rientrano nell’ampia giurisdizione esclusiva del G.A. codificata dall’art 11 l.241/90 (oggi art 133 c.1 a) 2) c.p.a.), estesa anche a quelle inerenti la “formazione” dei predetti accordi>>.

0.3 Deve darsi conto dell’indirizzo per il quale l’affidamento correlato all’attività autoritativa esercitata dalla p.a. non costituisce una situazione giuridica autonoma avente consistenza di diritto soggettivo, ma una componente dell’interesse legittimo che fa comunque capo al privato interessato dall’esercizio del potere amministrativo (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 16/1/2018 n. 115 che richiama il proprio precedente 6/2/2017 n. 301, e che ammette la diversa opinione della Corte di cassazione (cfr. Sezioni unite civili – ordinanza 22/6/2017 n. 15640; 4/9/2015 n. 17586; 23/3/2011 n. 6596). Peraltro, il caso all’esame del Collegio non contempla una domanda autonoma del privato, che avrebbe confidato su un provvedimento ampliativo poi dichiarato illegittimo, in quanto la pretesa riparatoria è inscindibilmente connessa alla convenzione urbanistica, dalla quale trae il suo fondamento. In particolare, oltre al parere preventivo di massima oggetto di successiva rimozione, l’esponente rivendica le trattative che avrebbero preceduto la sottoscrizione della convenzione di PII. La stretta correlazione con le previsioni negoziali (che indicavano la volumetria disponibile, poi parzialmente inutilizzata) attrae la lite nella fase esecutiva dell’intesa raggiunta il 21/1/2002. Di conseguenza, la causa è stata correttamente incardinata presso questo plesso giurisdizionale.

1. Passando all’esame del merito, conviene analizzare la domanda di rimborso originata dalla mancata parziale attuazione del PII.

1.1 In linea generale, le convenzioni urbanistiche dei piani attuativi sono la sede naturale, anche se non esclusiva, per introdurre criteri diversi di compensazione tra gli oneri concessori e le opere di interesse pubblico eseguite direttamente a spese dei privati; per quanto riguarda questi ultimi, le posizioni giuridiche relative agli oneri concessori sono considerate disponibili, e dunque non vi sono ostacoli alla definizione di un sinallagma che preveda anche l’accettazione di condizioni meno vantaggiose rispetto a quelle risultanti dalla normativa regionale o comunale, purché sia salvaguardata l’utilità economica finale dell’intervento edilizio (sentenza Sezione 24/5/2013 n. 513). Come osservato da T.A.R. Trieste – 30/12/2016 n. 589 (che risulta appellata) “nulla osta a che il privato proponente un piano attuativo, nell’esercizio della propria autonomia negoziale, assuma in sede di convenzione urbanistica obblighi, di fare e/o di dare, ulteriori ed eccedenti rispetto a quelli discendenti dalla legge. La convenzione urbanistica, infatti, rientra nel novero degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento, e vede combinarsi insieme poteri pubblicistici (dell’amministrazione), con quelli privatistici (di entrambi i contraenti) di autoregolare il proprio assetto di interessi, con l’assunzione di reciproci obblighi e correlati diritti di credito …. nell’equilibrio del sinallagma contrattuale cristallizzato nella convenzione urbanistica l’obbligo di rendere prestazioni eccedenti il minimo legale ben può risultare giustificato dai benefici che la convenzione consente comunque al privato di conseguire ….”.

1.2 In linea con quanto appena affermato, dunque, a fronte di una volumetria disponibile di 25.000 m³ (di cui 22.000 destinati a residenza), il privato ha assunto a proprio carico la realizzazione diretta sia delle opere di urbanizzazione (per un importo preventivabile di € 130.286,43) sia di una struttura polifunzionale coperta di interesse generale (di valore quantificato in € 389.652,80 IVA e oneri compresi): i predetti interventi sono rientrati nel contenuto dell’accordo raggiunto, e infatti gli artt. 5 e 6 della convenzione prevedevano – in proposito – che nulla dovesse essere rimborsato a titolo di conguaglio (cfr. par. D ed E dell’esposizione in fatto).

1.3 Nello specifico della questione controversa questo T.A.R. (cfr. sentenza Sezione I – 15/9/2014 n. 991, che si pronunciata sul problema della durata dei vincoli a carico dei lottizzanti) ha affermato che se un piano attuativo stabilisce un certo equilibrio tra i diritti dei lottizzanti complessivamente intesi (indici edificatori, destinazione dei nuovi edifici) e gli obblighi che i lottizzanti assumono nei confronti dell’amministrazione (opere e oneri di urbanizzazione, cessione gratuita di aree a standard), è evidente che una cancellazione (totale o parziale) degli obblighi può essere ipotizzata solo quando si sia verificata e sia definitiva una corrispondente cancellazione (totale o parziale) dei diritti. La ricostituzione dell’equilibrio tra le posizioni giuridiche opera in entrambe le direzioni, ossia tanto a beneficio dei privati quanto a beneficio dell’amministrazione: dunque, se i lottizzanti hanno già esaurito il volume concesso dal piano attuativo, non possono rifiutarsi di ottemperare agli obblighi assunti, anche se l’amministrazione sia in ritardo nel chiederne l’esecuzione, e viceversa se gli impegni assunti dai lottizzanti sono stati integralmente onorati, il venir meno di una quota sostanziale di edificabilità legittima un proporzionale ristoro della penalizzazione subita.

1.4 E’ noto, del resto, che quando un diritto edificatorio sia utilizzato in misura inferiore rispetto a quanto assentito con il permesso di costruire, il Comune è tenuto a restituire – nella stessa proporzione – il contributo di costruzione. Detta regola evita ingiustificati arricchimenti dell’amministrazione, e non trova applicazione soltanto nel caso di modesti scostamenti tra quanto autorizzato e quanto edificato. Come ha sostenuto questa Sezione (cfr. sentenza 6/5/2015 n. 629), <<… Specularmente alla fattispecie delle variazioni non essenziali in aumento, una modesta riduzione dell’edificazione rimane una scelta del proprietario, normale e fisiologica, che non attiva obblighi (in questo caso restitutori) del Comune. Quando però la differenza è sostanziale, il privato ha diritto alla restituzione di quella parte del contributo di costruzione che era stata calcolata sulla SLP (o sulla volumetria) autorizzata ma non realizzata. Il limite naturale di questo diritto è costituito dagli accordi intervenuti con l’amministrazione. Essendo ormai l’edificazione un’attività complessa, nella quale si incrociano interessi pubblici e privati che trovano composizione in accordi con obbligazioni reciproche, il ricalcolo degli oneri concessori non è praticabile se comporta l’alterazione di un assetto negoziale già definito. Questa situazione è particolarmente evidente nelle convenzioni urbanistiche e nei permessi di costruire convenzionati, dove le parti regolano anche il rischio economico derivante dalle eventuali modifiche delle condizioni assunte come base negoziale>>.

1.5 Nello specifico, la convenzione urbanistica del 21 gennaio 2002, dopo aver quantificato il valore delle opere di urbanizzazione eseguite direttamente e della struttura polifunzionale realizzata in luogo della cessione dello standard, ha previsto – come “controprestazione” – l’edificazione di 22.000 mc. residenziali su un totale complessivo di 25.000 mc. La riduzione della quantità di diritti edificatori, sui quali le opere erano state dimensionate nell’accordo di PII, ha determinato un aumento non irrilevante del costo relativo alle opere medesime, con conseguente incisione del punto di equilibrio all’epoca raggiunto. Sulla base del dato (non contestato) della volumetria non utilizzata (pari a 4.062,72 mc) e delle spese per opere di interesse generale sostenute (519.939,23 €), si può ritenere corretto il dato di 20,7975 € al mc. (costo unitario sostenuto per metro cubo edificato, alla luce della quantità riconosciuta in convenzione di 25.000 m³). Moltiplicando il valore unitario così calcolato per il residuo non passibile di sfruttamento si ottiene il valore di 84.493 €, corrispondente alle opere di interesse collettivo eseguite in eccesso. Detto ammontare deve pertanto essere restituito a Benedetti Srl.

2. Deve viceversa essere rigettata la domanda di risarcimento del danno.

2.1 Conviene in primo luogo osservare che non è controversa l’impossibilità, addotta dal Comune a sostegno della propria posizione, di reperire adeguata superficie drenante, e del resto la deliberazione giuntale 27/6/2012 n. 66 non è stata ritualmente impugnata, né le statuizioni ivi racchiuse sono in qualche modo contestate in questa sede. Del resto, la pretesa avanzata si sorregge sull’affidamento suscitato da un parere preventivo di massima, reso dall’amministrazione con deliberazione giuntale n. 56 del 3/5/2012. In proposito, deve essere rilevato che, per principio tradizionale e consolidato – poi codificato all’art. 21-nonies della L. 241/90 – il provvedimento di annullamento d’ufficio deve essere adottato per ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole (non superiore comunque a 18 mesi), tenendo conto degli interessi dei destinatari. Ebbene, tra la data dell’atto che ha espresso il parere di massima (3/5/2012) e il revirement (27/6/2012) sono trascorsi meno di 2 mesi, senza sottacere che l’assenso prestato sul plani-volumetrico era appunto “di massima”, ed avrebbe dovuto essere seguito dalle prescrizioni dei competenti organi tecnici sugli atti necessari alla realizzazione dell’intervento. In aggiunta, si rileva che già il 14/6/2012 il Comune aveva comunicato l’avvio del procedimento di rimozione del provvedimento ampliativo. Pertanto, l’affidamento invocato non può dirsi consolidato alla luce dell’arco temporale trascorso – estremamente breve – con conseguente depotenziamento dell’obbligo di soppesare l’annullamento con il sacrificio imposto al privato coinvolto, il quale non ha mosso contestazioni specifiche sugli ulteriori aspetti qualificanti dell’autotutela: in proposito, osserva il Collegio che l’atto di rimozione è assistito da un’accurata e diffusa motivazione sulle norme tecniche (regolamento locale di igiene) ostative, e dal richiamo di un parere elaborato dall’ARPA di Milano.

2.2 Un’ulteriore riflessione riguarda il presunto affidamento che sarebbe stato originato dalle trattative pre-contrattuali anteriori alla stipulazione della convenzione del PII. Oltre alla genericità della deduzione – limitandosi l’esponente a sostenere che ogni miglioria dello stato di fatto (sul problema della superficie drenante) era ritenuta accettabile – va rammentato che, in quanto imprenditore del settore, Benedetti Srl aveva l’onere di conoscere le norme tecniche per tempo vigenti in materia, ed era in grado di acquisire – con l’ordinaria diligenza professionale – le informazioni necessarie a valutare la fattibilità o meno dell’operazione, preclusa appunto dalle disposizioni normative in essere (si ripete, non contestate).

2.3 Alla luce delle suesposte considerazioni, la domanda risarcitoria deve essere rigettata.

3. In conclusione, la pretesa avanzata è parzialmente fondata, e deve essere accolta per la sola domanda restitutoria fondata sull’incisione del sinallagma contrattuale.

4. Le spese di giudizio possono essere compensate, alla luce della soccombenza reciproca.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando accoglie il ricorso in epigrafe nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, accerta il diritto della ricorrente al rimborso di 84.493 €, corrispondente alla opere di interesse generale eseguite in eccesso rispetto alla volumetria in concreto utilizzata.

Condanna il Comune intimato alla corresponsione della cifra suddetta, oltre a interessi legali dalla messa in mora sino al saldo.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione, che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente

Mauro Pedron, Consigliere

Stefano Tenca, Consigliere, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Stefano Tenca        Roberto Politi