Corte di Giustizia (Settima Sezione) 21 luglio 2016
«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali – Zone speciali di conservazione – Sito Natura 2000 “Estuario della Schelda e della Durma dalla frontiera olandese fino a Gand” – Sviluppo di una zona portuale – Valutazione dell’impatto di un piano o progetto su un sito protetto – Realizzazione di un impatto negativo – Sviluppo preventivo, ma non ancora completato, di un’area di tipo equivalente alla parte distrutta – Completamento successivo alla valutazione – Articolo 6, paragrafi 3 e 4»
SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)
21 luglio 2016 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali – Zone speciali di conservazione – Sito Natura 2000 “Estuario della Schelda e della Durma dalla frontiera olandese fino a Gand” – Sviluppo di una zona portuale – Valutazione dell’impatto di un piano o progetto su un sito protetto – Realizzazione di un impatto negativo – Sviluppo preventivo, ma non ancora completato, di un’area di tipo equivalente alla parte distrutta – Completamento successivo alla valutazione – Articolo 6, paragrafi 3 e 4»
Nelle cause riunite C‑387/15 e C‑388/15,
aventi ad oggetto talune domande di pronuncia pregiudiziale presentate, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Raad van State (Consiglio di Stato, Belgio), con decisioni del 13 luglio 2015, pervenute in cancelleria il 17 luglio 2015, nei procedimenti,
Hilde Orleans,
Rudi Van Buel,
Marina Apers (C‑387/15),
e
Denis Malcorps,
Myriam Rijssens,
Guido Van De Walle (C‑388/15)
contro
Vlaams Gewest,
con l’intervento di:
Gemeentelijk Havenbedrijf Antwerpen,
LA CORTE (Settima Sezione),
composta da C. Toader (relatore), presidente di sezione, A. Prechal e E. Jarašiūnas, giudici,
avvocato generale: E. Sharpston
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per H. Orleans, R. Van Buel, M. Apers, D. Malcorps, M. Rijssens e G. Van De Walle, da I. Rogiers, advocaat;
– per la Gemeentelijk Havenbedrijf Antwerpen, da S. Vernaillen e J. Geens, advocaten;
– per il governo belga, da L. Van den Broeck e S. Vanrie, in qualità di agenti, assistiti da V. Tollenaere, advocaat;
– per la Commissione europea, da E. Manhaeve e C. Hermes, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7; in prosieguo: la «direttiva “habitat”»).
2 Tali domande sono state presentate nel contesto di due controversie che vedono contrapposti, da un lato, la sig.ra Hilde Orleans, il sig. Rudi Van Buel e la sig.ra Marina Apers, e, dall’altro, il sig. Denis Malcorps, la sig.ra Myriam Rijssens nonché il sig. Guido Van De Walle alla Vlaams Gewest (Regione fiamminga, Belgio), riguardo alla contestazione della validità di regolamenti che definiscono il piano regionale di esecuzione spaziale di «Demarcazione della zona portuale marittima di Anversa – Sviluppo portuale sulla riva sinistra» (in prosieguo: il «PRES»).
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 Il primo e il terzo considerando della direttiva «habitat» recitano come segue:
«(...) la salvaguardia, la protezione e il miglioramento della qualità dell’ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche, costituiscono un obiettivo essenziale di interesse generale perseguito dalla Comunità conformemente all’articolo [191 TFUE].
(...)
(...) la presente direttiva, il cui scopo principale è promuovere il mantenimento della biodiversità, tenendo conto al tempo stesso delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali, contribuisce all’obiettivo generale di uno sviluppo durevole; (...) il mantenimento di detta biodiversità può in taluni casi richiedere il mantenimento e la promozione di attività umane».
4 L’articolo 1 della direttiva di cui trattasi così dispone:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
(...)
e) Stato di conservazione di un habitat naturale: l’effetto della somma dei fattori che influiscono sull’habitat naturale in causa, nonché sulle specie tipiche che in esso si trovano, che possono alterare a lunga scadenza la sua ripartizione naturale, la sua struttura e le sue funzioni, nonché la sopravvivenza delle sue specie tipiche nel territorio di cui all’articolo 2.
Lo “stato di conservazione” di un habitat naturale è considerato “soddisfacente” quando:
– la sua area di ripartizione naturale e le superfici che comprende sono stabili o in estensione,
– la struttura e le funzioni specifiche necessarie al suo mantenimento a lungo termine esistono e possono continuare ad esistere in un futuro prevedibile (...)
(...)
k) Sito di importanza comunitaria: un sito che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene, contribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale di cui all’allegato I o una specie di cui all’allegato II in uno stato di conservazione soddisfacente e che può inoltre contribuire in modo significativo alla coerenza di Natura 2000 di cui all’articolo 3, e/o che contribuisce in modo significativo al mantenimento della diversità biologica nella regione biogeografica o nelle regioni biogeografiche in questione.
(...)
l) Zona speciale di conservazione: un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato.
(...)».
5 Ai sensi dell’articolo 2 di tale direttiva:
«1. Scopo della presente direttiva è contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato.
2. Le misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario.
3. Le misure adottate a norma della presente direttiva tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali».
6 L’articolo 3, paragrafo 1, della stessa direttiva è del seguente tenore:
«È costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II, deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale.
(...)».
7 L’articolo 6 della direttiva «habitat» enuncia quanto segue:
«1. Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II presenti nei siti.
2. Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.
3. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.
4. Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.
Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».
Diritto belga
8 L’articolo 2, punto 30, del decreet betreffende het natuurbehoud en het natuurlijk milieu (decreto sulla conservazione della natura e dell’ambiente naturale), del 21 ottobre 1997 (Belgisch Staatsblad, 10 gennaio 1998, pag. 599), definisce come «significativo pregiudizio all’integrità di una zona speciale di conservazione» ciò che segue:
«il pregiudizio che comporti conseguenze misurabili e dimostrabili per l’integrità una zona speciale di conservazione, nei limiti in cui esistano conseguenze misurabili e dimostrabili per lo stato di conservazione della specie (o delle specie) o dell’habitat (degli habitat) per i quali la zona speciale di conservazione è designata o per lo stato di conservazione della o delle specie citate nell’allegato III al presente decreto, in quanto tale pregiudizio si produca nella zona speciale di conservazione di cui trattasi».
9 L’articolo 2, punto 38, di tale decreto descrive l’«integrità di una zona speciale di conservazione» nel modo seguente:
«l’insieme degli elementi biotici e abiotici, nonché le loro caratteristiche e i procedimenti spaziali ed ecologici necessari ai fini della conservazione:
a) degli habitat naturali e degli habitat delle specie per le quali la zona speciale di conservazione di cui trattasi è designata e
b) le specie citate nell’allegato III».
10 L’articolo 36 ter di tale decreto così dispone:
«§ 1. Nelle zone speciali di conservazione, qualunque sia la designazione del sito di cui trattasi, l’autorità amministrativa adotta, nei limiti delle sue competenze, le misure di conservazione necessarie, le quali devono sempre rispondere alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat enunciati nell’allegato I al presente decreto e delle specie citate negli allegati II, III e IV al presente decreto, nonché degli uccelli migratori che non sono menzionati nell’allegato IV al presente decreto, ma che si trovano regolarmente sul territorio della regione fiamminga. Il governo fiammingo può decretare le modalità riguardanti le misure di conservazione necessarie e i requisiti ecologici, nonché il procedimento di designazione degli obiettivi di conservazione.
(...)
§ 3. Un’attività soggetta ad autorizzazione, oppure un piano o programma che, individualmente o congiuntamente ad una o più attività, piani o programmi esistenti o allo stadio di proposta, può provocare un significativo pregiudizio all’integrità di una zona speciale di conservazione, deve essere sottoposto ad opportuna valutazione riguardo alle incidenze rilevanti sulla zona speciale di conservazione.
(...)
L’iniziatore è incaricato di redigere detta opportuna valutazione.
(...)
§ 4. L’autorità incaricata di decidere di una domanda di autorizzazione, di un piano o di un programma, può concedere l’autorizzazione o approvare il piano o il programma soltanto se detto piano o programma oppure l’esecuzione dell’attività non siano causa di significativo pregiudizio all’integrità della zona speciale di conservazione in oggetto. L’autorità competente esercita sempre la sua vigilanza, corredandola di condizioni, affinché non sia possibile produrre un pregiudizio significativo all’integrità di una determinata zona speciale di conservazione.
§ 5. In deroga alle disposizioni del § 4, un’attività soggetta ad autorizzazione oppure un piano o programma che, singolarmente o congiuntamente ad una o più attività, piani o programmi esistenti o allo stadio di proposta, può provocare un pregiudizio significativo all’integrità di una zona speciale di conservazione, può essere autorizzata o approvata soltanto:
a) dopo che è emerso che non esiste una soluzione alternativa meno nociva per l’integrità della zona speciale di conservazione e
b) per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, ivi incluso di ordine sociale ed economico. Qualora la zona speciale di conservazione interessata oppure un sito che ne fa parte costituiscano un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.
La deroga prevista al comma precedente può inoltre essere autorizzata soltanto dopo che siano soddisfatte le seguenti condizioni:
1° sono state adottate le misure compensative necessarie e sono state adottate le misure positive necessarie alla conservazione per garantire la coerenza globale della (o delle) zone speciali di conservazione;
2° le misure compensative sono idonee a sviluppare attivamente, in linea di principio, un habitat dello stesso valore o l’ambiente naturale di quest’ultimo, di superficie almeno equivalente.
Il governo fiammingo può decretare le modalità secondo le quali deve essere emessa una appropriata valutazione delle incidenze dell’attività sugli habitat, gli habitat di una specie e la specie o le specie per le quali è designata una zona speciale di conservazione, ai fini dell’esame di alternative meno nocive e in materia di misure compensative.
Il governo fiammingo valuta l’esistenza di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, ivi incluso di natura sociale o economica.
È motivata ogni decisione adottata in applicazione della procedura di deroga di cui al presente paragrafo».
Controversie principali e questione pregiudiziale
11 Le controversie principali riguardano il PRES, che prevede lo sviluppo di una gran parte del porto di Anversa (Belgio) sulla riva sinistra della Schelda.
12 Tale progetto pregiudica il sito Natura 2000 denominato «Estuario della Schelda e della Durma dalla frontiera dei Paesi Bassi fino a Gand» (in prosieguo: il «sito Natura 2000 interessato»), designato come zona speciale di conservazione segnatamente per il tipo di habitat «estuario».
13 Con decreto del 27 aprile 2012, il governo fiammingo ha adottato provvisoriamente il progetto di PRES, che ha stabilito definitivamente con decreto del 30 aprile 2013. Quest’ultimo è stato oggetto di un ricorso di sospensione e di annullamento dinanzi al Raad van State (Consiglio di Stato, Belgio). Con sentenza del 3 dicembre 2013, tale giudice ha disposto la parziale sospensione dell’esecuzione del decreto, segnatamente per quanto riguarda il Comune di Beveren (Belgio).
14 In seguito a tale parziale sospensione, il governo fiammingo ha adottato, il 24 ottobre 2014, un decreto correttivo che ha modificato il contenuto di quello del 30 aprile 2013, revocandone e sostituendone le disposizioni sospese. Il decreto del 24 ottobre 2014 è stato pubblicato nel Belgisch Staatsblad del 28 novembre 2014.
15 Risulta dalle decisioni di rinvio che il PRES, oggetto dei decreti del 27 aprile 2012 e del 24 ottobre 2014, è idoneo a pregiudicare significativamente il sito Natura 2000 interessato, nella misura in cui i lavori previsti comporteranno la distruzione di territori appartenenti a taluni tipi di habitat presenti sul sito stesso.
16 In particolare, la sezione di Doel del Comune di Beveren, in cui risiedono i ricorrenti del procedimento principale, e i polders circostanti devono lasciare il posto alla «zona Saefthinge», che comprende la darsena Saefthinge nonché un bacino per le maree.
17 Sono stati proposti taluni ricorsi di sospensione e di annullamento dinanzi al Raad van State (Consiglio di Stato), il quale ha respinto nelle ordinanze di rinvio il primo tra essi ed è attualmente chiamato a decidere della validità dei decreti del 30 aprile 2013 e del 24 ottobre 2014.
18 Il giudice del rinvio precisa che la Sezione legislazione del Raad van State (Consiglio di Stato), nel suo parere sul progetto di decreto del 24 ottobre 2014, ha espresso dubbi in merito alla compatibilità del PRES con le misure nazionali di recepimento dell’articolo 6 della direttiva «habitat», come interpretato dalla Corte, segnatamente nella sua sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a. (C‑521/12, EU:C:2014:330).
19 Tuttavia, il governo fiammingo ha ritenuto infondati tali dubbi. Infatti, nelle circostanze che hanno presieduto alla pronuncia della sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a. (C‑521/12, EU:C:2014:330), la nuova area destinata ad habitat naturale doveva essere sviluppata soltanto dopo che si era verificato il pregiudizio all’area esistente, ragion per cui non risultava certo, nel momento in cui la decisione relativa al progetto di PRES fosse stata adottata, che quest’ultimo non avrebbe pregiudicato l’integrità della zona speciale di conservazione.
20 Secondo detto governo, il presente PRES stabilisce, da un lato, che lo sviluppo delle zone interessate diverrà possibile soltanto dopo il radicamento durevole di habitat e di habitat di specie nelle zone a dominante naturale. Dall’altro, una decisione di tale governo dovrà constatare l’allestimento durevole ed effettivo degli habitat nelle zone naturali, in seguito ad un previo parere dell’agenzia per la natura e le foreste, e la domanda di permesso a fini urbanistici relativa alla realizzazione della destinazione della zona interessata presupporrà del pari tale decisione.
21 Pertanto, secondo tale governo, nel momento in cui diverrà possibile pregiudicare un’area esistente, le zone a dominante naturale saranno già ricomprese nel carattere d’integrità del sito Natura 2000 interessato. Il coinvolgimento delle zone a dominante naturale nel PRES costituirebbe quindi non una misura compensativa, bensì una misura di conservazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat».
22 I ricorrenti del procedimento principale espongono, a sostegno del loro ricorso di annullamento, che un piano o un progetto può essere approvato soltanto nei limiti in cui un’opportuna valutazione dimostri che tale piano o progetto non pregiudica l’integrità del sito di cui trattasi. Al riguardo, l’esame sarebbe stato effettuato rispetto non alla situazione esistente a livello naturale, bensì a quella che risulterà dai primi interventi. Orbene, risulta, a loro avviso, segnatamente dalla sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a. (C‑521/12, EU:C:2014:330), che la costituzione di una zona a dominante naturale detta di «natura persistente» va vista, almeno in parte, come misura compensativa che non può essere presa in considerazione nel contesto di un’opportuna valutazione.
23 In subordine, nell’ipotesi in cui lo sviluppo di una zona a dominante naturale di «natura persistente» costituisca non una misura compensativa, bensì uno sviluppo della natura c.d. autonomo, gli stessi ricorrenti ritengono, basandosi sempre sulla motivazione della sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a. (C‑521/12, EU:C:2014:330), che neppure tale zona debba essere presa in considerazione.
24 Inoltre, a loro avviso, la tecnica utilizzata che consiste nello sviluppare, in seguito all’approvazione del PRES, nuove zone naturali che dovranno corrispondere alle caratteristiche del sito Natura 2000 interessato è in contrasto con la giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», che è conforme al principio di precauzione. Le autorità nazionali competenti dovrebbero quindi negare l’approvazione del piano o progetto considerato qualora non abbiano ancora acquisito la certezza che quest’ultimo non possa pregiudicare l’integrità del sito.
25 In risposta agli argomenti presentati dai ricorrenti del procedimento principale, la regione fiamminga considera che questi ultimi partono a torto dal presupposto che il PRES pregiudichi l’integrità del sito. Difatti, soltanto i pregiudizi significativi sarebbero previsti all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat».
26 Peraltro, la regione fiamminga afferma che lo stato delle zone interessate non sarebbe soddisfacente, in modo che la sua conservazione non rappresenterebbe un’opzione e il ripristino costituirebbe una necessità. Nella fattispecie, anzitutto, una zona a dominante naturale di natura persistente sarebbe realizzata prima che lo sviluppo del porto sia stato effettuato. Pertanto, la situazione oggetto del procedimento principale non sarebbe paragonabile a quella nel cui contesto è stata pronunciata la sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a. (C‑521/12, EU:C:2014:330), dato che, nella causa definita con tale sentenza, il pregiudizio all’area esistente di habitat protetto era stato compiuto senza che fosse stata sviluppata anteriormente un’area dello stesso tipo.
27 La Gemeentelijk Havenbedrijf Antwerpen (Autorità portuale di Anversa, Belgio), interveniente nel procedimento principale, insiste anche sulla circostanza che il PRES non applica alcuna tecnica di attenuazione o di compensazione, ma contiene misure di conservazione. Essa precisa che quest’ultimo prevede lo sviluppo di zone naturali che devono imperativamente essere ricostituite anteriormente ad ogni eventuale pregiudizio arrecato all’habitat esistente. Infatti, come indicato, sarebbe certo che le nuove zone di habitat saranno già pienamente sviluppate prima che qualsiasi pregiudizio possa sorgere al di fuori di esse. L’articolazione in più fasi integrata delle prescrizioni del PRES, nonché le fasi di vigilanza e di adattamento consentiranno di determinare in ogni momento l’impatto reale di tale piano e di garantire che il periodo intermedio non comporti alcun regresso ecologico.
28 Considerando che la soluzione dei due procedimenti dinanzi ad esso pendenti dipenda dall’interpretazione delle disposizioni della direttiva «habitat», il Raad van State (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale, formulata in termini identici in ciascuna delle dette cause:
«Il PRES contiene disposizioni urbanistiche di natura regolamentare a norma delle quali lo sviluppo di zone (segnatamente per imprese operanti nel settore di porti e acque, per un parco logistico, per infrastrutture della navigazione e per infrastrutture stradali e dei trasporti) in cui si trovano aspetti di grande valore ecologico (area di un tipo di habitat naturale o caratterizzata dalla presenza di una specie per la quale è stata designata la zona di protezione speciale in questione) che forniscono un contributo alla realizzazione degli obiettivi di conservazione per le zone di protezione speciale di cui trattasi, è consentito soltanto dopo l’allestimento di un habitat duraturo in zone essenziali da preservare (indicate all’interno del sito natura 2000) e dopo una delibera del governo delle Fiandre, previo parere dell’amministrazione fiamminga competente per la conservazione della natura – che deve essere contenuta in una domanda per ottenere un’autorizzazione urbanistica a realizzare gli obiettivi menzionati
– attestante che è stato realizzato l’allestimento duraturo delle zone a dominante naturale.
Ci si chiede se siffatte disposizioni urbanistiche, con gli sviluppi positivi delle zone a dominante naturale in esse previsti, possano essere prese in considerazione al fine della determinazione, di cui all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, delle possibili incidenze significative e/o di un’opportuna valutazione, o se siffatte disposizioni urbanistiche possano essere considerate solo come “misure compensative”, ai sensi del paragrafo 4 dell’articolo 6 della direttiva “habitat”, nei limiti in cui ricorrano le condizioni stabilite da detta disposizione».
29 Con ordinanza del presidente della Corte del 18 settembre 2015, le cause C‑387/15 e C‑388/15 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.
Sulla questione pregiudiziale
30 Con la questione sollevata, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni di cui all’articolo 6 della direttiva «habitat» debbano essere interpretate nel senso che misure incluse in un piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione di un sito di importanza comunitaria, che prevedano, anteriormente al verificarsi di un impatto negativo su un tipo di habitat naturale in esso presente, lo sviluppo futuro di un’area di questo tipo, il cui completamento interverrà tuttavia successivamente alla valutazione della significatività del pregiudizio eventualmente arrecato all’integrità di tale sito, possano essere prese in considerazione all’atto di tale valutazione, in conformità al paragrafo 3 di tale articolo, oppure se tali misure debbano essere qualificate come «misure compensative», ai sensi del paragrafo 4 di detto articolo.
31 Occorre ricordare preliminarmente che l’articolo 6 della direttiva «habitat» impone agli Stati membri una serie di obblighi e di procedure specifiche dirette ad assicurare, come risulta dall’articolo 2, paragrafo 2, di tale direttiva, il mantenimento oppure, se del caso, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e, in particolare, delle zone speciali di conservazione (v., in tal senso, sentenza dell’11 aprile 2013, Sweetman e a., C‑258/11, EU:C:2013:220, punto 36, nonché giurisprudenza ivi citata).
32 Le disposizioni dell’articolo 6 della direttiva «habitat» devono essere interpretate come un insieme coerente alla luce degli obiettivi di conservazione previsti da tale direttiva. Infatti, i paragrafi 2 e 3 di tale articolo sono diretti ad assicurare uno stesso livello di protezione degli habitat naturali e degli habitat di specie, mentre il paragrafo 4 di detto articolo costituisce soltanto una disposizione derogatoria alla seconda frase del suddetto paragrafo 3 (v., in tal senso, sentenza del 14 gennaio 2016, Grüne Liga Sachsen e a., C‑399/14, EU:C:2016:10, punto 52, nonché giurisprudenza ivi citata).
33 Così, l’articolo 6 della direttiva suddetta ripartisce le misure in tre categorie, ossia in misure di conservazione, misure di prevenzione e misure di compensazione, rispettivamente previste ai paragrafi 1, 2 e 4 di detto articolo.
34 Nei procedimenti principali, l’autorità portuale di Anversa e il governo belga considerano che le prescrizioni urbanistiche contenute nel PRES costituiscano misure di conservazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva «habitat». Tale governo ritiene che misure siffatte possano eventualmente rientrare nel paragrafo 2 di detto articolo.
35 Al riguardo, va osservato che, secondo l’articolo 1, lettera e), della direttiva «habitat», lo stato di conservazione di un habitat naturale è considerato «soddisfacente» segnatamente quando la sua area di ripartizione naturale e le superfici che comprende sono stabili o in estensione e la struttura e le funzioni specifiche necessarie al suo mantenimento a lungo termine esistono e possono continuare ad esistere in un futuro prevedibile.
36 In tale contesto, la Corte ha già affermato che le disposizioni di tale direttiva mirano a che gli Stati membri adottino misure di salvaguardia appropriate al fine di mantenere le caratteristiche ecologiche dei siti che comprendono tipi di habitat naturali (sentenza dell’11 aprile 2013, Sweetman e a., C‑258/11, EU:C:2013:220, punto 38, nonché giurisprudenza ivi citata).
37 Nella fattispecie, il giudice del rinvio ha constatato che il PRES farebbe in particolare scomparire un insieme di 20 ettari di parchi di marea e di terre intercotidali del sito Natura 2000 interessato.
38 Si deve pertanto osservare che, da un lato, le constatazioni in fatto svolte da detto giudice dimostrano che le misure oggetto del procedimento principale prevedono, in particolare, la scomparsa di una parte del sito suddetto. Ne consegue che tali misure non possono costituire misure idonee a garantire la conservazione di detto sito.
39 D’altro lato, riguardo alle misure di prevenzione, la Corte ha già affermato che le disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» consentono di rispondere all’obiettivo essenziale della preservazione e della protezione della qualità dell’ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della flora selvatiche, e stabiliscono un obbligo di tutela generale, al fine di evitare degrado o perturbazioni che possano avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi di tale direttiva (sentenza del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg, C‑226/08, EU:C:2010:10, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).
40 Quindi, una misura di prevenzione è conforme all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva suddetta soltanto se viene garantito che essa non provoca alcuna perturbazione che possa avere incidenze significative sugli obiettivi perseguiti dalla direttiva medesima, in particolare sugli obiettivi di conservazione (sentenza del 14 gennaio 2016, Grüne Liga Sachsen e a., C‑399/14, EU:C:2016:10, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).
41 Ne deriva che l’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva «habitat» non si applica in circostanze come quelle di cui al procedimento principale.
42 Ne consegue che occorre circoscrivere all’articolo 6, paragrafi 3 e 4, di tale direttiva gli elementi di diritto che consentono di rispondere alla questione sollevata.
43 L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» prevede una procedura di valutazione volta a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito interessato, ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso, sia autorizzato solo se non pregiudicherà l’integrità di tale sito (sentenza dell’11 aprile 2013, Sweetman e a., C‑258/11, EU:C:2013:220, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).
44 Tale disposizione prevede così due fasi. La prima, di cui alla prima frase della stessa disposizione, richiede che gli Stati membri effettuino un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o un progetto su un sito protetto quando è probabile che tale piano o progetto pregiudichi significativamente detto sito (sentenza dell’11 aprile 2013, Sweetman e a., C‑258/11, EU:C:2013:220, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).
45 In particolare, si deve ritenere che un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione di un sito, qualora rischi di comprometterne gli obiettivi di conservazione, lo pregiudichi significativamente. La valutazione di detto rischio va effettuata in particolare alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto (sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a., C‑521/12, EU:C:2014:330, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).
46 La seconda fase, di cui all’articolo 6, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva «habitat», che interviene una volta effettuata detta opportuna valutazione, subordina l’autorizzazione di tale piano o progetto alla condizione che lo stesso non pregiudichi l’integrità del sito interessato, fatte salve le disposizioni del paragrafo 4 del medesimo articolo.
47 La Corte ha pertanto affermato che il fatto di non pregiudicare l’integrità di un sito nella sua qualità di habitat naturale, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva «habitat», presuppone di preservarlo in uno stato di conservazione soddisfacente, il che implica il mantenimento sostenibile delle caratteristiche costitutive del sito interessato, connesse alla presenza di un tipo di habitat naturale il cui obiettivo di preservazione ha giustificato la designazione di tale sito nella lista dei siti di importanza comunitaria in conformità alla direttiva suddetta (sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a., C‑521/12, EU:C:2014:330, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).
48 In particolare, con riferimento alla risposta da fornire alla questione sollevata, si deve, in primo luogo, ricordare che, al punto 29 della sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a. (C‑521/12, EU:C:2014:330, punto 29), la Corte ha considerato che le misure di protezione previste da un progetto, dirette a compensarne gli effetti negativi su un sito Natura 2000, non possono essere prese in considerazione nell’ambito della valutazione delle incidenze di tale progetto, prevista al suddetto articolo 6, paragrafo 3.
49 Certo, nei procedimenti principali, le circostanze non sono identiche a quelle oggetto della causa definita con la sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a. (C‑521/12, EU:C:2014:330), poiché le misure in esse previste devono essere attuate anteriormente al verificarsi del pregiudizio, laddove in quest’ultima le misure devono essere attuate successivamente al verificarsi di tali pregiudizi.
50 Tuttavia, la giurisprudenza della Corte insiste sulla circostanza che la valutazione effettuata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» non può comportare lacune e deve contenere rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti sul sito protetto in questione (sentenza del 14 gennaio 2016, Grüne Liga Sachsen e a., C‑399/14, EU:C:2016:10, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).
51 Al riguardo, l’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o progetto sul sito interessato, poiché deve essere effettuata in forza del suddetto articolo 6, paragrafo 3, implica che devono essere individuati, alla luce delle migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano o progetto in esame che possano, da soli o in combinazione con altri piani o progetti, pregiudicare gli obiettivi di conservazione del sito (sentenza del 14 gennaio 2016, Grüne Liga Sachsen e a., C‑399/14, EU:C:2016:10, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).
52 Peraltro va osservato che, per regola generale, gli eventuali effetti positivi dello sviluppo futuro di un nuovo habitat, che mira a compensare la perdita di superficie e di qualità dello stesso tipo di habitat su un sito protetto, sono solo difficilmente prevedibili e, comunque, sono visibili solo dopo alcuni anni (v., in tal senso, sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a., C‑521/12, EU:C:2014:330, punto 32).
53 In secondo luogo, l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» integra il principio di precauzione e consente di prevenire efficacemente i pregiudizi all’integrità dei siti protetti dovuti ai piani o progetti previsti. Un criterio di autorizzazione meno rigoroso di quello enunciato in tale disposizione non può garantire in modo altrettanto efficace la realizzazione dell’obiettivo di protezione dei siti cui è volta detta disposizione (v., in tal senso, sentenza del 14 gennaio 2016, Grüne Liga Sachsen e a., C‑399/14, EU:C:2016:10, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).
54 L’applicazione di tale principio nell’ambito dell’attuazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva suddetta esige che l’autorità nazionale competente valuti le incidenze del progetto sul sito interessato, alla luce degli obiettivi di conservazione di tale sito e tenendo conto delle misure di tutela integrate in detto progetto, tendenti ad evitare o a ridurre gli eventuali effetti pregiudizievoli direttamente cagionati su quest’ultimo, al fine di assicurarsi che il progetto non pregiudichi l’integrità del sito citato (sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a., C‑521/12, EU:C:2014:330, punto 28).
55 Nella fattispecie, da una parte, il pregiudizio arrecato al sito Natura 2000 interessato è indiscutibile, poiché il giudice del rinvio ha potuto quantificarlo. D’altra parte, i benefici derivanti dallo sviluppo di zone a dominante naturale risultano già presi in conto nella valutazione e nella dimostrazione di assenza di un pregiudizio significativo al sito di cui trattasi, considerato che il risultato dello sviluppo di tali zone è incerto perché incompiuto.
56 Di conseguenza, le circostanze delle controversie principali e di quelle nel cui contesto è stata pronunciata la sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a. (C‑521/12, EU:C:2014:330), sono simili in quanto riposano, al momento della valutazione delle incidenze del piano o del progetto sul sito interessato, su una premessa identica di benefici futuri che verrebbero ad attenuare i significativi pregiudizi arrecati al sito in esame, laddove dette misure di sviluppo non sono state portate a termine.
57 In terzo luogo, occorre sottolineare che, come ricordato al punto 33 della presente sentenza, il testo dell’articolo 6 della direttiva «habitat» non contiene alcun riferimento a una qualsivoglia nozione di «misura d’attenuazione».
58 Al riguardo, come la Corte ha già osservato, l’efficacia pratica delle misure di tutela previste all’articolo 6 della direttiva «habitat» mira a evitare che, con misure dette «di attenuazione», ma che corrispondono in realtà a misure compensative, l’autorità nazionale competente eluda le procedure specifiche stabilite a tale articolo autorizzando, ai sensi del paragrafo 3 di quest’ultimo, progetti che pregiudicano l’integrità del sito considerato (sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a., C‑521/12, EU:C:2014:330, punto 33).
59 Ne consegue che le incidenze negative di un piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione di una zona speciale di conservazione e che ne pregiudica l’integrità non ricadono nell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat».
60 Riguardo all’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat», occorre ricordare che, in quanto disposizione derogatoria rispetto al criterio di autorizzazione previsto all’articolo 6, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva «habitat», detta disposizione dev’essere interpretata restrittivamente (sentenza del 14 gennaio 2016, Grüne Liga Sachsen e a., C‑399/14, EU:C:2016:10, punto 73 e giurisprudenza ivi citata) e può trovare applicazione solo dopo che gli effetti di un piano o di un progetto siano stati esaminati conformemente alle disposizioni di detto paragrafo 3 (v., in tal senso, sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a., C‑521/12, EU:C:2014:330, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).
61 Al fine di poter stabilire il tipo delle eventuali misure compensative, il pregiudizio al sito dev’essere identificato con precisione. La conoscenza di tali effetti, con riferimento agli obiettivi di conservazione relativi al sito in questione, costituisce un presupposto imprescindibile ai fini dell’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 4, di tale direttiva, dato che, in assenza di tali elementi, non può essere valutato alcun requisito di applicazione di tale disposizione di deroga. L’esame di eventuali motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e quello dell’esistenza di alternative meno dannose richiedono, infatti, un confronto con i danni che il piano o il progetto in questione cagiona al sito (v., in tal senso, sentenza del 14 gennaio 2016, Grüne Liga Sachsen e a., C‑399/14, EU:C:2016:10, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).
62 Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat», nel caso in cui, nonostante conclusioni negative nella valutazione effettuata in conformità all’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, di tale direttiva, un piano o un progetto debba essere comunque realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e in mancanza di soluzioni alternative, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata.
63 Pertanto, le autorità nazionali competenti possono, in tale contesto, concedere un’autorizzazione a norma dell’articolo 6, paragrafo 4, di tale direttiva soltanto in quanto siano soddisfatte le condizioni in esso stabilite (v., in tal senso, sentenza del 15 maggio 2014, Briels e a., C‑521/12, EU:C:2014:330, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).
64 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» deve essere interpretato nel senso che misure incluse in un piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione di un sito di importanza comunitaria, che prevedano, anteriormente al verificarsi di un impatto negativo su un tipo di habitat naturale in esso presente, lo sviluppo futuro di un’area di tale tipo, il cui completamento interverrà tuttavia successivamente alla valutazione della significatività del pregiudizio eventualmente arrecato all’integrità di tale sito, non possono essere prese in considerazione all’atto di tale valutazione. Tali misure potrebbero, eventualmente, essere qualificate come «misure compensative», ai sensi del paragrafo 4 di tale articolo, soltanto qualora siano soddisfatte le condizioni in esso enunciate.
Sulle spese
65 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:
L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, deve essere interpretato nel senso che misure incluse in un piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione di un sito di importanza comunitaria, che prevedano, anteriormente al verificarsi di un impatto negativo su un tipo di habitat naturale in esso presente, lo sviluppo futuro di un’area di tale tipo, il cui completamento interverrà tuttavia successivamente alla valutazione della significatività del pregiudizio eventualmente arrecato all’integrità di tale sito, non possono essere prese in considerazione all’atto di tale valutazione. Tali misure potrebbero, eventualmente, essere qualificate come «misure compensative», ai sensi del paragrafo 4 di tale articolo, soltanto qualora siano soddisfatte le condizioni in esso enunciate.
Firme