TAR Veneto Sez. II n. 2512 del 14 giugno 2010
Rifiuti. Via e discarica
L’impatto sul territorio, idoneo a giustificare il coinvolgimento, nella procedura di VIA, di un comune diverso da quello nel cui territorio è prevista la localizzazione dell’impianto, non può ritenersi circoscritto all’area destinata alla escavazione, ove si valuta di realizzare la discarica, ma deve essere esteso fino a ricomprendere l’intera area funzionale all’esercizio della discarica medesima.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02512/2010 REG.SEN.
N. 00040/2004 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 40 del 2004 proposto da CONSORZIO VALORIZZAZIONE INERTI (CVI), in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli avvocati Annamaria Tassetto e Franco Zambelli, ed elettivamente domiciliato presso lo studio degli stessi in Venezia –Mestre, Via Cavallotti, 22;
contro
la Provincia di Vicenza, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avvocati Bolisani, Balzani, Mistrorigo e Fracasso dell’Ufficio legale interno, e dall’avv. Antonio Sartori, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Venezia –Mestre, Calle del Sale, 33; e i Comuni di Rosà, Tezze sul Brenta e Rossano Veneto, in persona dei rispettivi legali rappresentanti “pro tempore”, rappr. e dif. dall’avv. Roberto Battaglini, domiciliato presso la Segreteria del Tar;
per l'annullamento
dei seguenti provvedimenti e atti:
-deliberazione della Giunta provinciale di Vicenza (DGP) 29 ottobre 2003 prot. n. 384, avente a oggetto “CVI SCARL –progetto di impianto di stoccaggio definitivo, mediante interramento, di tipo 2A, in comune di Rosà, località Cusinati … giudizio di compatibilità ambientale e approvazione progetto”, con cui è stato espresso giudizio negativo di compatibilità ambientale ai sensi della l. reg. n. 10/99;
-parere della Commissione provinciale VIA di Vicenza n. 2/03 del 9 ottobre 2003, avente a oggetto “CVI SCARL –progetto di impianto di stoccaggio definitivo, mediante interramento, di tipo 2A, in comune di Rosà, località Cusinati”, con cui è stato espresso parere contrario di compatibilità ambientale sul progetto suindicato;
-(se e in quanto necessario) DGRV n. 597/00, di adozione del piano regionale per la gestione dei rifiuti, “in parte qua”;
-deliberazioni del 28 luglio 2003 dei Consigli comunali:
1)di Rosà, n. 58; 2) di Tezze sul Brenta, n. 63 e 3) di Rossano Veneto, n. 63, recanti pareri e osservazioni sul progetto di realizzazione dell’impianto in questione; e atti connessi;
e per
la condanna della Provincia di Vicenza al risarcimento dei danni patiti (articoli 34 e 35 del d. lgs. n. 80/98) ;
visto il ricorso, con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Vicenza e dei Comuni intimati, con i relativi allegati;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
relatore, all’udienza del 13 maggio 2010, il consigliere Marco Buricelli); uditi gli avvocati Franco Zambelli per il CVI, Giorgio Fracasso per la Provincia di Vicenza e Roberto Battaglini per i Comuni intimati;
ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.-Il CVI, il 31 dicembre 2002, ha presentato all’Amministrazione provinciale di Vicenza, Ente competente al rilascio dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 6, comma 1/B), p. 2 della l. reg. n. 3/00 –discariche di seconda categoria tipo A di cui alla deliberazione del Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984, un progetto per realizzare una discarica di tipo 2A per lo stoccaggio definitivo, mediante interramento, di rifiuti inerti, chiedendo il rilascio della approvazione del progetto di impianto ai sensi dell’art. 11 della l. reg. n. 10/99.
La domanda ricalcava analoga richiesta presentata nel 2000 alla Regione e poi trasmessa dalla Regione alla Provincia in seguito a sopravvenute modifiche alla l. reg. n. 10/99. Il progetto era stato quindi ritirato dai proponenti al momento dell’esame da parte della Commissione VIA.
Il nuovo progetto, assai simile al precedente, limitandosi a diminuire i tipi di rifiuto conferibili nell’impianto da realizzare, prevedeva che la discarica avesse sede nel territorio del comune di Rosà, in località Cusinati, in posizione vicinissima al limitrofo comune di Tezze sul Brenta. Il nucleo abitativo più vicino al luogo ove era stata prevista la realizzazione dell’impianto risulta infatti trovarsi nel comune di Tezze.
Indetta l’inchiesta pubblica ai sensi dell’art. 18 della l. reg. n. 10/99, nella seduta del 9 ottobre 2003 la Commissione provinciale VIA, preso atto dei pareri negativi resi in data 28 luglio 2003 dai Consigli comunali di Rosà, Tezze sul Brenta e Rossano Veneto, ha espresso parere contrario di compatibilità ambientale in merito alla realizzazione della discarica. Nel parere n. 2/03 la Commissione evidenzia, in particolare:
-che il progetto prevede l’escavazione del sedime “ex novo” provvedendo alla realizzazione del volume della discarica mediante l’estrazione di materiale inerte (sabbia e ghiaia);
-che l’art. 6, comma 9, dell’elaborato A del Piano Regionale per la gestione dei rifiuti speciali, adottato dalla Giunta Regionale con DGRV n. 597 del 29 febbraio 2000, vieta la realizzazione di nuove discariche di seconda categoria tipo A di cui alla DCI del 27 luglio 1984 qualora nel raggio di 20 km. dal sito individuato per la realizzazione della nuova discarica siano in attività altre discariche della medesima categoria o impianti di recupero di rifiuti inerti;
-che nel raggio di 20 km. dal sito in esame esistono altre discariche della medesima categoria e impianti di recupero;
-che l’area di progetto è individuata, ai sensi dell’art. 12 delle norme di attuazione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, come fascia di ricarica degli acquiferi e, dall’allegato D lettera C3 della L. R. n. 10/09, come area sensibile;
-che, come dichiarato dal proponente stesso, la realizzazione dell’impianto di interramento di rifiuti inerti interessa la circolazione idrica sotterranea, esponendo la falda ad una maggiore vulnerabilità (v. pag. 65 del SIA);
-che la baricentricità dell’area di progetto non risulta verificata sulla base di una distribuzione dei siti di produzione pesata sulla quantità di rifiuti prodotta dai vari consorziati;
-che il d. lgs. n. 36/03 -attuazione della direttiva 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti, all’allegato 1, punto 1 -impianti di discarica per rifiuti inerti, afferma che “nell’individuazione dei siti di ubicazione sono da privilegiare le aree degradate da risanare e/o da ripristinare sotto il profilo paesaggistico”;
-che il PTP, all’art. 15 delle norme di attuazione, afferma che nella individuazione dei siti per discarica devono essere privilegiate le aree degradate ovvero quelle soggette in precedenza ad attività di cava;
-che, come anche dichiarato dai comuni interessati (v. DCC Tezze sul Brenta n. 63/03, n. d. est.), esistono dei siti alternativi situati nei pressi dell’area in esame per i quali la realizzazione della discarica di inerti presenterebbe un impatto ambientale assai minore non essendo necessario procedere ad una nuova escavazione, e anzi il recupero comporterebbe effetti positivi sull’ambiente nel suo complesso;
- che, come emerso anche nell’inchiesta pubblica dell’11.9.2003, a circa 500 metri è presente una cava di ingenti dimensioni e che parte di essa è di proprietà di alcune società facenti parte del Consorzio;
-che anche dai dati contenuti nel Piano regionale per la gestione dei rifiuti speciali, adottato con DGRV n. 597/00, non risulta esservi alcuna situazione di emergenza nel comparto dei rifiuti inerti, anzi (conf. p. 6. DCC Tezze s. B. n. 63/03 cit.);
-che la Regione Veneto, visto il progetto del CVI SCARL, con nota n. 292/46.00 datata 27 gennaio 2003, ha espresso parere contrario e in particolare ha ribadito l’elevata disponibilità volumetrica residua delle discariche di seconda categoria di tipo A in provincia di Vicenza;
-che le indicazioni del d. lgs. n. 22/97 –decreto Ronchi tendono a favorire l’attività di recupero e di riutilizzo dei rifiuti a discapito dello smaltimento in discarica, considerata l’ultima risorsa nel sistema di gestione dei rifiuti e che la l. reg. n. 3/00 ha come obiettivo la progressiva riduzione delle discariche come sistema ordinario di smaltimento;
-che, pur trattandosi di un progetto di discarica, l’approvazione comporterebbe l’escavazione di una ingente quantità di materiale (circa 500.000 m.³ su un’area inferiore a 50.000 mq., il che non sarebbe autorizzabile sulla base della L. R. n. 44/82, art. 44, lettera f);
-che i comuni di Rosà, Tezze sul Brenta e Rossano Veneto hanno espresso parere negativo;
-che, infine, il progetto non è stato redatto in ottemperanza alla nuova normativa in materia di discariche introdotta dal d. lgs n. 36/03.
La Commissione VIA ha concluso esprimendo in modo unanime parere contrario di compatibilità ambientale per le motivazioni riportate in premessa e in particolare in quanto:
-l’impatto ambientale del progetto è dovuto sia alla attività di scavo che a quella di conferimento;
-l’utilizzo di cave esistenti consentirebbe di evitare l’attività di scavo e contestualmente di recuperare un’area degradata.
Con delibera di Giunta del 29 ottobre 2003 la Provincia di Vicenza ha recepito il parere reso dalla Commissione VIA esprimendo, ai sensi della l. reg. n. 10/99, giudizio negativo di compatibilità ambientale.
Avverso i provvedimenti in epigrafe CVI ha formulato tre censure.
Il primo motivo, recante “eccesso di potere per illogicità, incongruità, carenza di motivazione, difetto di istruttoria, erroneità di presupposto, violazione della l. reg. n. 44/82 –art. 2 e del d. lgs. n. 152/99”- è suddiviso in numerosi profili, in relazione alla pluralità di elementi considerati dalla Commissione VIA a sostegno del parere contrario. Tra i diversi rilievi, CVI sostiene anche che i comuni di Tezze sul Brenta e di Rossano Veneto non rientrerebbero tra i soggetti pubblici interessati e quindi legittimati a esprimere il proprio parere sul progetto, secondo quanto prevede l’art. 2, lett. m) della l. reg. n. 10/99, dato che il posizionamento della discarica non è previsto sul territorio dei comuni medesimi, né incide, direttamente o indirettamente, sul territorio stesso.
Il motivo sub 2. ha carattere procedimentale e concerne “violazione degli articoli 7 e seguenti della l. n. 241/90”, per non avere, la Commissione VIA, motivatamente valutato le controdeduzioni presentate dal CVI in relazione ai pareri resi dai Consigli comunali.
Sub 3. CVI osserva che l’impugnato diniego avrebbe dovuto essere adottato dal competente dirigente provinciale di settore e non dalla Giunta provinciale : di qui, l’eccepito vizio di incompetenza e di violazione dell’art. 107 del t. u. n. 267/00.
Sub 4. si rimarca che il giudizio negativo arreca al Consorzio ricorrente un “danno gravissimo”. Le aziende devono infatti “collocare i limi derivanti dalla lavorazione del materiale ghiaioso in apposite discariche, sopportando i relativi costi di trasporto e di sversamento”. Da ciò, la richiesta di risarcimento del danno, “che sarà meglio definito in corso di causa anche mediante CTU o in via equitativa da parte del TAR”.
L’Amministrazione provinciale e i comuni coinvolti nel procedimento si sono costituiti.
La difesa provinciale ha eccepito, in rito, la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, e ciò sul rilievo che, poiché nel parere negativo si rileva tra l’altro che il progetto non è stato redatto in ottemperanza alla nuova normativa in materia di discariche, introdotta dal d. lgs. n. 36/03, risulta evidente che CVI non conseguirebbe in concreto alcun vantaggio dall’eventuale annullamento in s. g. dei provvedimenti gravati giacché non potrebbe realizzare la discarica sulla base di quel progetto, ma dovrebbe comunque presentare un nuovo progetto aderente alla citata normativa.
Ad analoga conclusione si dovrebbe giungere alla luce della sopravenuta emanazione del d. lgs. n. 117/98.
Nel merito, la difesa provinciale ha sottolineato la correttezza dell’operato della Commissione provinciale VIA e la regolarità della procedura, confermando la competenza della Giunta provinciale in materia.
La difesa dei comuni di Tezze sul Brenta e di Rossano Veneto ha insistito, in particolare, sul riconoscimento di un interesse specifico dei comuni medesimi a interloquire sul progetto.
In prossimità dell’udienza di discussione del ricorso nel merito la difesa del CVI ha depositato una dettagliata memoria.
2.-Considerata l’infondatezza del ricorso nel merito, il collegio può fare a meno di esaminare l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse, formulata dalla difesa dell’Amministrazione provinciale e sopra riassunta al p. 1. .
In via preliminare il Collegio ritiene, a differenza di CVI (v. pagine 14 e 15 ric. , lett. H), che i comuni di Tezze sul Brenta e di Rossano Veneto rientrino tra i “comuni interessati”, secondo quanto prevede l’art. 2, lett. m), della l. reg. n. 10/99 sulle procedure di VIA, “ai quali spetta esprimere il parere” di cui all’art. 5, comma 2, del DPR 12 aprile 1996 sul progetto dell’opera da sottoporre a VIA.
In particolare, il comune di Tezze sul Brenta costituisce “altro comune interessato dall’impatto ambientale” ex art. 2/m) l. reg. cit. poiché potrebbe dover soffrire un impatto ambientale dannoso per effetto della realizzazione del progetto, indipendentemente dalla diretta localizzazione dell’opera sul suo territorio. Tezze è infatti un comune chiaramente assoggettato a potenziali effetti sfavorevoli sull’ambiente, derivanti dall’attuazione del progetto.
Nella DCC di Tezze n. 63/03 si evidenzia, correttamente, come il progetto di impianto interessi assai da vicino il territorio comunale di Tezze, limitrofo a Rosà: “infatti –si legge nella delibera consiliare- la viabilità di accesso al terreno oggetto dello scavo, la s. p. Cusinati che immette nella statale n. 47, segna il confine con il Comune di Rosà e il nucleo abitato più vicino (200 mt.) alla progettata cava / discarica si trova nel comune di Tezze. Inoltre a 450 mt. dallo scavo esiste un pozzo che alimenta l’acquedotto comunale pescando acqua a una profondità di 30 mt. “.
L’esistenza di un interesse specifico a interloquire ex art. 2/m) della l. reg. n. 10/99, in capo al comune di Tezze, appare quindi evidente.
E poiché l’impatto sul territorio, idoneo a giustificare il coinvolgimento, nella procedura di VIA, di un comune diverso da quello nel cui territorio è prevista la localizzazione dell’impianto, non può ritenersi circoscritto all’area destinata alla escavazione, ove si valuta di realizzare la discarica, ma deve essere esteso fino a ricomprendere l’intera area funzionale all’esercizio della discarica medesima, ne discende che anche il comune di Rossano Veneto –peraltro indicato nello stesso SIA come ente locale “interessato” ex art. 2/m) cit.- è stato legittimamente incluso tra gli “altri comuni interessati dagli impatti ambientali”. La realizzazione dell’impianto riguarda infatti un’area collocata, nel comune di Rosà, lungo la strada provinciale che fa da confine tra Rosà e Tezze sul Brenta, conosciuta, per il primo, come Via Roane, e per il secondo come Via Rossano. Notevole la vicinanza con il comune di Rossano, sul quale ben potrebbero riverberarsi gli effetti della cava –discarica “con un aumento del traffico pesante” (v. le premesse della DCC n. 51/03). Inoltre, prosegue il Consiglio comunale, tra i siti alternativi, ex cave da riempire, vi è la cava inutilizzata di via Ca’ Vico a Rossano Veneto (il cui riutilizzo per lo stoccaggio, ad avviso del Sindaco, comporterebbe problemi di traffico molto minori rispetto alla realizzazione della discarica progettata).
Anche il coinvolgimento del comune di Rossano Veneto nella procedura risulta dunque legittimo.
2.1- Nel merito va premesso, in termini generali, che il giudizio di compatibilità ambientale, in quanto implica una valutazione anticipata, finalizzata alla tutela preventiva dell’interesse pubblico, non si risolve in un puro e semplice giudizio tecnico, ma presenta comunque profili elevati di discrezionalità amministrativa. A questo proposito si parla, anche in giurisprudenza, di discrezionalità mista. L’ampiezza della discrezionalità restringe l’ambito del sindacato giurisdizionale ai casi di illogicità manifesta, di errore di fatto e di difetto di istruttoria e di motivazione (conf. , “ex multis”, in tema di VIA, Cons, St. nn. 5910/07, 1462/05 –che conf. Tar Veneto, n. 3098/01- e 1/04).
Appare opportuno premettere inoltre che la giurisprudenza è ferma nell’evidenziare che quando un provvedimento amministrativo si basa su una pluralità di motivazioni, tra loro autonome, e soltanto alcune di esse risultano idonee a sorreggerne il contenuto, il provvedimento medesimo non può ritenersi emesso illegittimamente.
Con riguardo al caso in esame, precisato che le ragioni del giudizio negativo impugnato vanno ravvisate non solo nelle considerazioni svolte nel parere n. 2/03 della Commissione provinciale VIA, ma anche nelle osservazioni fatte nei pareri dei Consigli comunali, pareri citati, peraltro, anche dalla Commissione VIA, oltre che negli atti dell’istruttoria tecnica della Sottocommissione VIA, anch’essi richiamati nel parere n. 2/03, il Collegio è dell’avviso che gli atti di causa forniscano un coerente riscontro (quantomeno) delle più importanti ragioni sostanziali poste a base del provvedimento impugnato.
Detto altrimenti, le ragioni più salienti sulle quali si fonda la decisione negativa impugnata reggono al vaglio del giudice.
Prima di esaminare le diverse motivazioni che hanno spinto l’Amministrazione provinciale a esprimere il contestato giudizio negativo, alla luce dei singoli profili di censura formulati con il primo motivo, va rammentato che con il giudizio di compatibilità ambientale si valutano gli effetti dell’opera della cui realizzazione si tratta sul sistema –ambiente, anche in relazione all’esigenza di limitare effetti irreversibili sul suolo, di ridurre il consumo del territorio e il degrado del paesaggio.
In questo contesto, in modo tutt’altro che incongruo è stato dato rilievo al fatto che il progetto si traduce dapprima in una attività di scavo e quindi di colmatura mediante stoccaggio di inerti. Tutt’altro che illogicamente l’autorità amministrativa ha posto in risalto il fatto che il progetto proposto dal CVI prevede e presuppone “l’escavazione del sedime ex novo provvedendo alla realizzazione della discarica mediante l’estrazione di…sabbia e ghiaia” (e anzi, dai verbali sub allegato 10 e ss. fasc. Prov. risultano in vari punti dichiarazioni per le quali lo scopo fondamentale del progetto non è il conferimento di limi da lavaggio di sabbie ma sarebbe in via esclusiva l’escavazione di ghiaia) ; la Provincia ha posto in rilievo che, in posizione assai vicina all’area ove è prevista la realizzazione dell’impianto, esistono altre discariche, della medesima categoria, vale a dire per inerti / 2A, che possono essere utilizzate per lo stoccaggio. La DCC n. 63/03 le indica puntualmente al p. 6. spiegando, con dati e cifre, come non vi sia alcuna situazione di emergenza in questo comparto (conf. DCC Rosà n. 58/03 e DCC Rossano Veneto n. 51/03, dal verbale della quale emerge che il Sindaco ribadisce in modo icastico che “riempire è meglio che scavare e poi riempire”; v. anche doc. 11 e 12 fasc. Prov. nei quali viene indicata l’ampia disponibilità di volumi residui per discariche autorizzate di tipo 2 A) (conf. nota Reg. 27 gennaio 2003, recante parere contrario, in particolare per “l’elevata disponibilità volumetrica residua delle discariche di tipo 2 A in provincia di Vicenza ) ; che la normativa in materia (v. d. lgs. n. 36/03, Allegato 1, p. 1.1. ) richiede di privilegiare, nella scelta dei siti, aree degradate, vale a dire ex cave dismesse (conf. art. 15 del piano territoriale provinciale); che, vicinissime all’area in esame, sono presenti ex cave dismesse di notevoli dimensioni. Si tratta della ex cava Poiana e della ex cava Trentin a Rosà, e di un’altra cava, in comune di Rossano Veneto, in località Ca’ Vico, in fase di chiusura (v. anche doc. 11 fasc. Prov. , da cui risulta che a Ca’ Vico l’attività è ferma da anni, e che manca pochissimo all’esaurimento). A quest’ultimo proposito vale osservare che è possibile, a certe condizioni, riempire con inerti una cava ancora in esercizio. L’esercizio della discarica può coesistere, infatti, con l’attività di cava, a condizione che vi sia una chiara distinzione, anche fisica, tra le due attività. La realizzazione e l’esercizio di una discarica possono essere consentiti sull’area di una cava, in atto, una volta esaurita l’attività estrattiva anche solo su una porzione della cava medesima, sempre che vi siano le condizioni per organizzare e svolgere in modo differenziato l’attività di discarica e quella di cava , al fine di consentire il regolare svolgimento dell’attività di trasporto connessa con la cava e la discarica (conf. mem. Prov. , pag. 11, ove si precisa che l’attività di cava viene realizzata e ricomposta per lotti e nulla impedisce l’esercizio di una discarica nei lotti ricomposti; cfr. DGRV n. 924/98 –direttiva sull’applicazione delle ll. reg. nn. 44/82 e 33/85).
Alla luce, dunque, dell’esigenza di valutare gli effetti dell’opera da realizzare sul sistema –ambiente, tendendo alla riduzione degli effetti negativi rilevanti che deriverebbero dalla esecuzione del progetto, e della necessità di prendere in considerazione tutte le fasi progettuali del proposto impianto appare, lo si ripete, tutt’altro che incongruo l’avere evidenziato l’impatto negativo sull’ambiente connesso alle attività sia di conferimento sia di escavazione, e ciò è tanto più vero se si tiene presente che l’attività di cava è di per sé sottoposta a giudizio di compatibilità ambientale (cfr. art. 24 l. reg. n. 10/99). Appare evidente come a una doppia azione, rispettivamente di escavazione e di stoccaggio, sia correlato un impatto sicuramente maggiore rispetto a quello che corrisponde a un conferimento di limi entro un bacino esistente (cfr. doc. 13 fasc. Prov. , pag. 8). Nessun “errore concettuale”, quindi, è stato commesso dalla P. A. nell’avere dato rilievo alla modifica iniziale del territorio connessa alla attività di scavo, che comporta l’estrazione di risorse non riproducibili. L’Amministrazione risulta avere analizzato e valutato in modo completo e in maniera attendibile, fatto salvo quanto si dirà più avanti sulla asserita vulnerabilità della falda acquifera, l’inserimento dell’opera nel contesto ambientale generale (cfr. le DCC citate e gli allegati 10 ss. fasc. Prov.) .
A nulla vale, poi, sottolineare che il sito individuato non rientra tra le aree all’interno delle quali è preclusa la realizzazione di discariche, dal momento che ciò che occorre verificare è se la P. A. abbia fatto buon governo della discrezionalità riconosciutale dalla legge tenendo conto dell’esigenza di minimizzare gli effetti sfavorevoli dell’opera sull’ambiente. Il criterio di localizzazione, di cui all’Allegato 1 al decreto n. 36/03, diretto a privilegiare, nella scelta dei siti, aree degradate, appare essere tutt’altro che un “parametro sussidiario”.
Quanto allo specifico capo di motivazione nel quale si evidenzia che trova applicazione l’art. 6 dell’elaborato A del piano regionale per la gestione dei rifiuti speciali (DGRV n. 596/00), il quale vieta la realizzazione di nuove discariche 2 A “qualora nel raggio di 20 km. dal sito …siano in attività altre discariche della medesima categoria o impianti di recupero di rifiuti inerti”, la difesa del CVI, nel ricorso, osserva che il piano risulta solo adottato e che le sue determinazioni hanno “valenza meramente indicativa, non sorrette da misure di salvaguardia”; in memoria, a pag. 15, sembra ipotizzarsi l’illegittimità e, comunque, la disapplicabilità della DGRV n. 597/00 “in parte qua” per contrasto con l’art. 32, comma 3, della l. reg. n. 3/00.
A quest’ultimo riguardo va rilevato che il profilo di censura appena riassunto è stato esposto per la prima volta con memoria, non notificata alle amministrazioni resistenti, e depositato in prossimità dell’udienza di discussione del ricorso nel merito, con la quale sono stati introdotti elementi nuovi di contestazione, non indicati nell’atto introduttivo, e ciò in violazione del termine di decadenza e del principio del contraddittorio.
In ogni caso, l’art. 32, comma 3, l. reg. cit. pare riferirsi alla eventuale compatibilità di più discariche per rifiuti speciali tra loro, e non alla possibilità di realizzare più discariche di tipo 2A. Ma anche a voler, in via meramente ipotetica, ritenere plausibile l’interpretazione dell’art. 32, comma 3, l. reg. cit. propugnata dal ricorrente, secondo la quale sarebbe consentita la compresenza, nello stesso comune, di discariche per inerti di tipo 2A, poiché aventi capacità inquinanti trascurabili, ciò non precluderebbe di certo la formulazione di un giudizio sfavorevole di compatibilità ambientale fondato (anche) sulla sottolineatura dell’esistenza, in zona, di altre discariche attive di tipo 2A, oltre alla presenza, nel territorio provinciale, di numerose discariche e di un’ampia disponibilità di volumi residui.
Il fatto che la discarica progettata sia “principalmente al servizio” del CVI non significa affatto che la stessa possa ritenersi sottratta “al confronto e/o alla vicinanza” con le altre discariche, “discariche di riferimento” che, come si ricava dagli atti dell’istruttoria (v. doc. 10 ss. fasc. Prov.) , sono state indicate in modo sufficientemente determinato.
Anche il capo di motivazione incentrato sul fatto che, pur trattandosi di un progetto di discarica, l’approvazione comporterebbe l’escavazione di circa 500.000 mc. di ghiaia su un’area inferiore ai 50.000 mq. , il che non sarebbe autorizzabile in base all’art. 44/F) della l. reg. n. 44/82, ha una sua ragion d’essere nel particolare contesto nel quale è maturata l’impugnata decisione negativa: si è già detto sopra, infatti, che dai verbali dell’istruttoria affiorano ripetute – e tutt’altro che implausibili- dichiarazioni secondo le quali lo scopo fondamentale del progetto si concretizzerebbe proprio nella escavazione, di circa 500.000 mc. di ghiaia. Perciò la sopra riferita puntualizzazione sulla non assentibilità dell’attività ex l. reg. n. 44/82, letta nel quadro generale della motivazione nel suo complesso non pare affatto inappropriata.
Inoltre, risulta solo affermata, dal CVI, ma non comprovata, la baricentricità dell’area rispetto ai cantieri di produzione delle consorziate.
Sulla localizzazione dell’impianto, in questo caso non vengono in rilievo (tanto) preclusioni assolute, ma si fa questione, più semplicemente, di un controllo sul buon governo della discrezionalità (mista) riconosciuta alla P. A. .
Il fatto che sussistano dubbi, perlomeno allo stato degli atti, sulla esattezza e comunque sulla rilevanza del capo di motivazione relativo al rischio di esporre la falda acquifera a una maggiore vulnerabilità dal momento che, in base all’art. 12 delle NTA del PTRC, i progetti riguardanti discariche di inerti non rientrano tra le attività precluse e, nello specifico, la distanza tra falda acquifera e fondo dello scavo è stimata in circa dieci metri, e un idoneo sistema di impermeabilizzazione sussisterebbe (v. ric. , lett. D); e che dubbi analoghi possano estendersi alla rilevanza dell’osservazione comunale, di cui alla DCC Tezze s/B. n. 63/03, secondo la quale a 450 mt. dallo scavo esiste un pozzo che alimenta l’acquedotto comunale pescando a circa 30 mt. di profondità; tali dubbi, si diceva, non scalfiscono il “nucleo forte” di apprezzamenti negativi che il Collegio ritiene pienamente sostenibili. I profili di criticità del progetto, indicati nel parere della Commissione VIA, nel loro complesso non sono né immotivati, o generici, né basati su presupposti erronei in fatto.
2.2.- Quanto alla censura, di natura procedimentale, di cui al p. 2. , relativa alla violazione dell’art. 7 della l. n. 241/90 per non avere, la Commissione VIA, motivatamente valutato le controdeduzioni presentate dal CVI in relazione ai pareri resi dai Consigli comunali, il Collegio, in disparte il rilievo che parte ricorrente non ha prodotto in giudizio le controdeduzioni (in data 9 ottobre 2003, richiamate a pag. 3 del parere n. 2/03) che CVI risulta avere presentato in relazione ai pareri resi dai Consigli comunali; il Collegio, si diceva, giudica decisivo osservare che la giurisprudenza amministrativa predominante ritiene che non possa avere rilevanza invalidante la mancata confutazione analitica, da parte dell’autorità emanante, dei singoli punti oggetto di contraddittorio in sede procedimentale. E’ sufficiente, per ritenere rispettati gli articoli 10 e 10 bis della l. n. 241/90, che il provvedimento finale richiami in modo esplicito le controdeduzioni svolte dal destinatario dell’atto dimostrando, con l’ampiezza delle argomentazioni addotte a sostegno della decisione finale, di aver provveduto a valutare il contenuto delle controdeduzioni stesse (cfr. Cons. St. n. 6386/07). Il che è esattamente ciò che è accaduto nella fattispecie in esame. In tema di VIA, sul fatto che la normativa (DPCM 27 settembre 1988) non impone alla P. A. autrice del provvedimenti finale di manifestare le ragioni che l’hanno indotta a disattendere le osservazioni prodotte nel procedimento, prescrivendo soltanto che di tali osservazioni si tenga conto nella fase di maturazione della scelta finale la quale, a sua volta, assorbe e riassume tutte le valutazioni compiute nell’istruttoria, si veda CdS, VI, n. 129/06.
2.3. Con riguardo, poi, alla censura di incompetenza della Giunta provinciale, rientrando l’adozione di provvedimenti come quello impugnato per primo nelle attribuzioni del competente dirigente provinciale di settore, il Collegio condivide il rilievo difensivo della Provincia con cui si pone in risalto l’art. 4, comma 3, della l. reg. n. 10/99, il quale prevede che “il giudizio di compatibilità ambientale di cui all'articolo 19 è emesso dalla Giunta regionale o, in assenza di diversa formulazione statutaria degli enti, dalla Giunta provinciale, secondo le competenze di cui ai commi 1 e 2”. Questo è avvenuto nel caso in esame dove, del parere contrario della Commissione VIA n. 2/03, sottoscritto dal presidente –che, in base a quanto afferma la difesa provinciale senza contestazione alcuna al riguardo da parte del ricorrente, era anche il dirigente del competente Settore Ambiente- , la Giunta provinciale, con la deliberazione del 29 ottobre 2003, non ha fatto che prendere atto, facendolo proprio ed esprimendo, ai sensi della menzionata l. reg. n. 10/99, giudizio negativo di compatibilità ambientale.
Ma, in via ipotetica, se anche il Collegio avesse considerato in astratto accoglibile la censura di incompetenza relativa, c. d. “infrasoggettiva”, vale a dire riferibile all’ambito dello stesso ente pubblico, sollevata dal Consorzio, non avrebbe poi potuto esimersi dall’analizzare i motivi di merito proposti, dato che l’Amministrazione provinciale di Vicenza è stata convenuta in giudizio nella sua unitarietà, giungendo così, in ultima analisi, a un complessivo rigetto delle censure di violazione di legge e di eccesso di potere (su cui v. “supra”, p. 2.1.) e a una statuizione consequenziale di inammissibilità, per difetto di interesse, della censura di incompetenza relativa “infra soggettiva”, non potendo, l’eventuale accoglimento della censura stessa, far conseguire al ricorrente alcun vantaggio concreto.
2.4.- Le considerazioni su esposte comportano il rigetto della domanda di risarcimento dei danni.
2.5.-Nonostante l’esito del ricorso sussistono giusti motivi, anche avuto riguardo alla complessità delle questioni trattate sub 2.1., per compensare integralmente, tra le parti, le spese e gli onorari del giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione terza, definitivamente decidendo sul ricorso in premessa lo rigetta.
Spese compensate.
La presente sentenza verrà eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 13 maggio 2010, con l'intervento dei magistrati
Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore
Stefano Mielli, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/06/2010