Consiglio di Stato Sez. V sent. 5854 del 7 settembre 2004

Industrie insalubri. Illegittimità autorizzazione incompatibile con la destinazione dell\'immobile.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 3421/2000, proposto dal Sig. Romano Melis, rappresentato e difeso dall’avv.to C. Comegna, elettivamente domiciliato presso di lui in Roma, via Torino n. 122;

CONTRO

Sig. Francesco Saverio Della Porta, rappresentato e difeso dagli avv.ti F. Satta e F. Lattanzi, elettivamente domiciliato presso di loro in Roma, via G. P. da Palestrina n.47;

e nei confronti

- del Comune di Roma, rappresentato e difeso dall’avv. M. Brigato, elettivamente domiciliato presso Avvocatura comunale in Roma, via Tempio di Giove n. 21;

- della CNA- confederazione nazionale dell’artigianato e delle piccole e medie imprese, Associazione dell’area metropolitana di Roma, rappresentate e difese dall’avv. C. Abbate, elettivamente domiciliata presso di lui in Roma, via F. P. De’ Calboli n.1;

- della ASL RM/C (ex USL RM/7), non costituitasi;

per la riforma

della sentenza TAR Lazio, sez. 2°, n. 1656 9.3.2000, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal Sig. Francesco Saverio Della Porta;

Visto il ricorso in appello e relativi allegati;

Visto gli atti di costituzione in giudizio dal Sig. Francesco Saverio Della Porta del comune di Roma e della CNA;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 4.5.2004, relatore il consigliere Aniello Cerreto ed uditi altresì gli avv.ti Comegna, Satta, Brigato e Abbate, come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto;

FATTO

Con l’appello in epigrafe, il sig. Melis ha fatto presente che il sig. Della Porta aveva impugnato davanti al TAR Lazio i provvedimenti con cui la USL RM/7 ed il comune di Roma avevano autorizzato dal punto di vista sanitario l’esercizio dell’industria insalubre di 1° classe di carrozzeria e concesso l’avvio della relativa attività; che con la sentenza in epigrafe il TAR aveva accolto il ricorso, ritenendo che l’attività di carrozzeria, esercitata sotto l’abitazione del Sig. Della Porta, contrastava con la destinazione urbanistica di locali, viziando irrimediabilmente i provvedimenti autorizzatori.

Ha dedotto quanto segue:

- nel giudizio di 1° grado era stato violato il principio del contraddittorio a suo danno, in quanto l’avviso di udienza era stato comunicato al vecchio studio del procuratore che lo difendeva, mentre il nuovo indirizzo era stato inserito nei terminali della Segreteria, tanto è vero che poi l’avviso di deposito della sentenza era stato regolarmente comunicato al nuovo indirizzo;

- il TAR nell’accogliere il ricorso di 1° grado aveva tenuto conto dell’art. 216 del R.D. 1265/34 che però non era stato invocato e comunque tale disposizione non richiedeva che le attività industriali ed i laboratori artigiani compresi nell’elenco di 1° classe fossero esercitati in locali urbanisticamente destinati a tale scopo, mirando unicamente ad evitare che tali attività fossero esercitate in modo da risultare dannose;

- nella specie fin dal 1983 era stato rilasciato l’attestato di idoneità tecnico-sanitaria dei locali all’uso di laboratorio tecnico di carrozzeria, tanto piu’ che si trattava di una piccola carrozzeria con divieto di verniciatura;

- il ricorrente originario non aveva un interesse diretto chiedere la revoca dell’autorizzazione, potendo far valere il diritto alla salute davanti al giudice ordinario;

- il ricorso originario era comunque tardivo in quanto l’attività di autocarrozzeria era esercitata nei locali in questione da oltre dieci anni, a nulla rilevando l’impugnativa dell’autorizzazione sanitaria del 26.2.1993.

Costituitosi in giudizio il sig. Della Porta ha chiesto il rigetto dell’appello. Ha rilevato che l’immobile in contestazione si trovava in zona residenziale e si sviluppava su tre livelli, ciascuno con diversa destinazione e precisamente il livello a piano stradale a negozi, un piano mansardato a civile abitazione ed il piano sotterraneo a rimessa di autoveicoli e cantine; che erano stati adottati nei confronti dei precedenti affittuari diversi provvedimenti sanzionatori e quindi aveva tempestivamente impugnato davanti al TAR l’unico provvedimento formale conosciuto.

Ha controdedotto quanto segue:

- il cambio di domicilio da parte del difensore del Melis non era stato formalmente comunicato, per cui correttamente la Segreteria del TAR si era riferita al domicilio esistente nel fascicolo di causa per la comunicazione dell’avviso di udienza;

- nel ricorso originario era stata chiaramente lamentata l’incompatibilità dell’autorizzazione rilasciata con la destinazione urbanistica dell’immobile, depositando il relativo certificato e deducendo la violazione degli artt. 47 e 95 del Regolamento d’igiene del comune di Roma, per cui il TAR si era limitato a richiamare la disposizione che era alla base di tale Regolamento e cioè l’art. 216 del T. U. del 1934;

- l’interesse al ricorso, anche se indirettamente collegato alla tutela della salute, nasceva dall’esigenza di tutelare la destinazione urbanistica di locali ubicati sotto l’abitazione.

E’ intervenuta ad adiuvandum dell’appellante la CNA, che ha dedotto doglianze analoghe.

Con ordinanza n. 2296/2000, questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare proposta dall’appellante.

Con atto del 3.4.2004, l’appellante ha depositato in atti autorizzazione sanitaria in data 21.6.2000, per l’esercizio dell’attività di verniciatura in aggiunta all’attività di autocarrozzeria, già autorizzata nei locali in questione.

Con memoria conclusiva, il sig. Della Porta ha insistito per il rigetto dell’appello.

Alla pubblica udienza del 4.5.2004, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Con sentenza T.A.R. Lazio, sez. 2°, n. 1656 9.3.2000, è stato accolto il ricorso proposto dal Sig. Francesco Saverio Della Porta avverso l’autorizzazione sanitaria per l’esercizio di industria insalubre di carrozzeria rilasciata dalla USL RM/7 in data 26.2.1993 a favore del sig. Melis e della successiva determinazione con cui il comune di Roma ha provvisoriamente concesso l’avvio dell’attività in pendenza del procedimento di rilascio della licenza.

Avverso detta sentenza ha proposto appello il sig.Melis.

2. Priva di pregio è l’eccezione di nullità della sentenza del TAR per violazione del principio del contraddittorio, sul presupposto che la comunicazione dell’avviso di udienza sarebbe stato erroneamente comunicato dalla Segreteria al procuratore dell’appellante al vecchio indirizzo e non al nuovo inserito nei terminali della Segreteria del TAR.

Invero, deve ritenersi rituale l\'invio dell\'avviso di udienza all\'indirizzo indicato dal procuratore del ricorrente nel ricorso, in mancanza di una formale tempestiva comunicazione di modifica di tale domicilio (Consiglio Stato, sez. IV, 7 maggio 1998, n. 771).

Difatti, l’avviso di udienza va comunicato alle parti costituite in giudizio ed il luogo della comunicazione è il domicilio eletto risultante dal fascicolo di causa, fermo restando che la Segreteria del giudice adito non e\' tenuta a ricercare il procuratore domiciliatario nel nuovo indirizzo in cui egli abbia eventualmente trasferito la sede del suo studio. Non può addossarsi ad essa un onere di diligenza, che invece spetta alla parte privata o al suo procuratore, in ordine alla tempestiva comunicazione delle variazioni del domicilio eletto (Consiglio Stato sez. V, 16 aprile 1998, n. 457).

Del tutto irrilevante è poi la circostanza che detto trasferimento risultasse nei terminali della Segreteria, in quanto da una parte non è stato precisato se ciò fosse avvenuto prima della comunicazione dell’avviso di udienza e dall’altra ciò non potrebbe di per sé comportare il mutamento di domicilio relativamente ad uno specifico giudizio nel quale vi è stata elezione di domicilio, in mancanza di una successiva comunicazione di variazione di quel domicilio.

3. L’appello è infondato.

3.1. Il TAR ha sostanzialmente ritenuto fondata la censura con cui era stata dedotta l’incompatibilità dell’attività di carrozzeria rispetto al certificato di destinazione urbanistica del locale che, collocato in zona residenziale e sotto l’abitazione del ricorrente, era specificamente destinato a negozio. Ha poi richiamato l’art. 216 del R. D. 27.7.1934 n. 1265 per ribadire che anche nel caso in cui le industrie insalubri dovessero essere consentite nell’abitato, esse debbono essere comunque svolte in locali destinati ad attività industriali o artigianali.

3.2. Detta conclusione del TAR deve essere condivisa.

Invero, presupposto imprescindibile per l’autorizzazione all’esercizio di lavorazioni insalubri di prima classe (quale è appunto l’attività di carrozzeria) è che la relativa localizzazione sia conforme alla destinazione urbanistica dell’immobile in cui l’attività viene svolta, altrimenti verrebbe ad essere del tutto sovvertita la disciplina urbanistica con nocumento al corretto uso del territorio.

Ciò non significa che la destinazione urbanistica di un immobile non possa essere modificata, ma fin quando ciò non avvenga con specifico provvedimento comunale deve essere osservata la destinazione urbanistica assentita in sede di rilascio della relativa concessione edilizia.

Del resto, la rilevanza della disciplina urbanistica ai fini del legittimo diniego del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di un’industria insalubre è stata già implicitamente riconosciuta con la decisione di questa Sezione n. 778 dell’8.6.1998, correttamente citata dal TAR a sostegno del proprio assunto.

Una questione analoga si è posta anche in materia di licenze di commercio, per le quali inizialmente si era ritenuto illegittimo il diniego di rilascio per ragioni di ordine urbanistico, sul presupposto che dovessero tenersi presenti unicamente gli interessi di natura commerciale (V. la decisone di questa Sezione n. 380 del 21.4.1997). Tale orientamento settoriale è stato però recentemente riesaminato alla luce della L. 7.8.1990 n. 241, ed in particolare dell’art. 14, pervenendosi alla conclusione, condivisa dal Collegio, secondo cui nel caso di una pluralità di interessi pubblici coinvolti in uno stesso procedimento occorre procedere ad un loro esame contestuale, principalmente allorché sussista un obiettivo collegamento tra di essi ed il relativo esercizio faccia capo ad un stesso Ente (V. le decisioni di questa Sezione n. 3639 del del 28.6.2000 e n. 5656 del 17.10.2002). Collegamento con la disciplina urbanistica che indubbiamente sussiste anche in materia di autorizzazione all’esercizio di industrie insalubri.

E’ sufficiente al riguardo tener presente l’art. 216 Del R. D. n. 1265/1934, tuttora in vigore, che pur in un’epoca di scarsa disciplina urbanistica già ne intravedeva l’importanza, prescrivendo che le industrie insalubri di prima classe dovessero essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni; per essere permesse nell’abitato il titolare, che l’esercitasse dovesse provare che per l’introduzione di nuovi metodi o speciali cautele il loro esercizio non arrecasse nocumento alla salute dei vicini. Prescrizione che deve essere ora evidentemente coordinata con le destinazione di uso dei locali e degli edifici, come si desume dall’art. 3, 7° comma, L. 25.8.1991 n. 287, che sebbene dettato per l’insediamento degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande sottintende un principio di carattere generale valevole per tutti casi in cui vi sia comunque uso del territorio.

3.3. Prive di fondamento sono ulteriori doglianze avanzate dell’appellante.

Il ricorso originario non poteva ritenersi inammissibile per carenza di interesse, essendo il sig. Della Porta senz’altro legittimato a far valere il rispetto della destinazione urbanistica dei locali collocati sotto la sua abitazione, salvo a tutelare nella competente sede anche l’eventuale lesione del diritto alla salute.

Così come il ricorso originario non poteva ritenersi tardivo per il fatto che già in precedenza i locali in contestazione fossero stati adibiti ad attività di carrozzeria, in quanto gli unici formali provvedimenti adottati per consentire l’esercizio attuale dell’attività di carrozzeria risultano quelli impugnati davanti al TAR, atteso che era stata emanata l’ordinanza sindacale n. 822/1992 per la cessazione della precedente attività di carrozzeria.

3.4. Occorre infine far presente che l’appellante ha depositato in atti anche autorizzazione sanitaria comunale in data 21.6.2000, per l’esercizio dell’attività di verniciatura in aggiunta all’attività di autocarrozzeria, già autorizzata nei locali in questione.

Tale nuovo provvedimento presuppone evidentemente la legittimità della precedente autorizzazione che invece deve ritenersi venuta meno ex tunc per effetto della conferma della sentenza del TAR, con conseguente caducazione derivata anche della nuova autorizzazione.

4. Per quanto considerato l’appello deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. V) respinge l’appello indicato in epigrafe.

Spese Compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4.5.2004 con l’intervento dei Signori:

Presidente Raffaele Iannotta

Consigliere Corrado Allegretta

Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani

Consigliere Marzio Branca

Consigliere Aniello Cerreto estensore

L\'ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Aniello Cerreto f.to Raffaele Iannotta

IL SEGRETARIO

f.to Rosi Graziano

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

7 Settembre 2004

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)