Cass. Sez. III n. 23429 del 10 giugno 2011 (ud.28 apr.2011
Pres. De Maio Est.Petti Ric. Esposito
Urbanistica. Condono e vincolo di inedificabilità relativa.
Le nuove costruzioni realizzate in area vincolata sono insuscettibili di condono edilizio sia nel caso in cui l'area sia sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta, sia nel caso in cui l'area sia sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa. (V. Corte cost., sentenze n. 54 del 2009, n. 150 del 2009 e n. 290 del 2009).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 28/04/2011
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - N. 938
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 28661/2010
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
difensore di Esposito Francesco, nato a Lampedusa il 23 settembre del 1959;
avverso la sentenza della Corte d'appello di Palermo dell'8 febbraio del 2008;
Udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
sentito il procuratore generale nella persona del dott. Alfredo Montagna, il quale ha concluso per l'annullamento senza rinvio per prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d'appello di Palermo, con sentenza dell' 8 febbraio del 2002, in parziale riforma di quella pronunciata dal tribunale di Agrigento l'11 maggio del 2006, dichiarava non doversi procedere nei confronti di Galazzo Giuliana ed Esposito Francesco, in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163, perché detto reato si era estinto per il rilascio del certificato di compatibilità ambientale e confermava nel resto la sentenza impugnata, con cui i predetti erano stati condannati alla pena ritenuta di giustizia quali responsabili del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), per avere, senza il permesso di costruire, proceduto all'ampliamento di un precedente fabbricato abusivo, nonché alla realizzazione di un ulteriore fabbricato di mq 60,48. Fatto commesso in Lampedusa il 15 aprile del 2004.
Ricorre per cassazione il solo Esposito denunciando:
1) la violazione degli artt. 29 e 44 del Testo unico sull'edilizia per avere i giudici del merito affermato la penale responsabilità dell'Esposito per il solo fatto che era proprietario del suolo su cui è stato edificato il manufatto;
2) errata interpretazione delle norme sul condono edilizio trattandosi di opere condonabili, sia perché in Lampedusa non esiste un vincolo di inedificabilità assoluta, sia perché in base alla L. n. 724 del 1994, art. 39 il condono è possibile anche per le zone vincolate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza di entrambi i motivi.
Con riferimento al primo si rileva che l'Esposito è stato ritenuto responsabile, non solo per la qualità di proprietario del suolo su cui è stato edificato il manufatto, ma anche perché beneficiario della costruzione stessa, la quale è stata costruita in aderenza ad un preesistente fabbricato del quale l'imputato era titolare, e serviva a soddisfare le esigenze del suo nucleo familiare In tema di reati edilizi, la corresponsabilità del proprietario per la realizzazione di costruzione abusiva, allorché non abbia assunto la veste di committente o costruttore, può essere ricostruita sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, quali la disponibilità giuridica e di fatto del suolo, la presenza sul luogo
dell'edificazione, la presentazione della domanda di condono e soprattutto l'interesse all'edificazione. D'altra parte anche la qualità di committente può essere desunta da indizi gravi, quali la presenza sul luogo della realizzazione e soprattutto la disponibilità giuridica o di fatto del terreno su cui devono realizzarsi le opere perché solo chi ha la disponibilità giuridica o di fatto del suolo può commissionare i lavori. Nella fattispecie l'intervento, come già accennato, è stato realizzato su suolo di proprietà dell'Esposito e costituiva l'ampliamento di un precedente fabbricato di cui il medesimo Esposito aveva la disponibilità e serviva a soddisfare le esigenze della sua famiglia. Con riferimento al secondo motivo si osserva che il tribunale ha ritenuto inutile sospendere il procedimento a seguito della presentazione della domanda di condono in base alla L. n. 326 del 2003, sia perché l'opera non era stata ultimata al rustico alla data del 31 marzo del 2003, sia perché trattasi di opera non condonabile perché realizzata in zona vincolata. Invero secondo il consolidato orientamento di questa Corte (cfr. per tutte Cass. n. 24647 del 2009) le nuove costruzioni realizzate in area vincolata sono insuscettibili di condono edilizio nel caso in cui l'area sia sottoposta a vincolo d'inedificabilità tanto assoluta quanto relativa. Siffatta interpretazione risulta sia pure implicitamente avallata dalla Corte Costituzionale (cfr. Corte cost. n 54 del 2009 e n. 150 del 2009 nonché sentenza n 290 del 2009). Nella decisione da ultimo citata la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l'art. unico, della L.R. Marche n. 11 del 2008, il quale, tramite un'asserita interpretazione autentica della L.R. n. 23 del 2004, art. 2, comma 1, lett. a), aveva stabilito che i vincoli previsti dal D.L. n. 269 del 2003, art. 32, comma 27, lett. d) convertito nella L. n. 326 del 2003 impedivano il condono solo se comportavano inedifì cabiltà assoluta La Consulta ha sul punto statuito che l'interpretazione che limitava il condono ai soli vincoli di inedificabilità assoluta era illegittima.
Il condono di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 39 non è applicabile alla fattispecie trattandosi di manufatto realizzato nel 2004. Dall'inammissibilità del ricorso discende l'obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in Euro 1000,00, in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d'inammissibilità secondo l'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000. L'inammissibilità del ricorso per la manifesta infondatezza dei motivi impedisce di dichiarare la prescrizione eventualmente maturata dopo la decisione impugnata, secondo l'orientamento espresso dalle Sezioni unite di questa Corte con la decisione del 22 novembre del 2000, de Luca.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 616 c.p.p. DICHIARA Inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2011