Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 6160, del 20 dicembre 2013
Urbanistica.Contributo di costruzione

Il contributo relativo al costo di costruzione è dovuto anche in presenza di una trasformazione edilizia che, indipendentemente dall'esecuzione fisica di opere, si rivela produttiva di vantaggi economici ad essa connessi, situazione che si verifica per il mutamento di destinazione o comunque per ogni variazione anche di semplice uso che comporti un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 06160/2013REG.PROV.COLL.

N. 10555/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10555 del 2010, proposto da: 
Comune di Milano, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Rita Surano, Antonello Mandarano, Alessandra Montagnani, Raffaele Izzo, con domicilio eletto presso Raffaele Izzo in Roma, Lungotevere Marzio, 3;

contro

Immobiliare del Morso Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Walter Fumagalli, Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE II n. 02780/2010, resa tra le parti, concernente DETERMINAZIONE CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Immobiliare del Morso Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2013 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Pafundi, per delega dell'Avv. Izzo, e Mazzeo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Si deve premettere, in punto di fatto, che la società immobiliare odierna appellante incidentale:

- aveva presentato una prima d.i.a. in data 19.12.2002 per il recupero abitativo del sottotetto di un edificio di sua proprietà, al fine di ricavare appartamenti con la Slp dichiarata in misura pari a 376,09 mq e corrispondenti ad un volume virtuale di 1.128,27 mc, ed a tal fine si era auto liquidata e aveva versato nelle casse comunali la somma di €, 16.934,40 (di cui € 3.211,20 per oneri di urbanizzazione, € 8.923,20 per urbanizzazione secondaria e € 4.800,00 come contributo commisurato al costo di costruzione);

- in data 24.2.2003 aveva presentato una seconda d.i.a., in variante, in seguito alla quale il Comune, rilevando un’insufficiente documentazione, provvedeva a comunicare in data 15.1.2003 l’avvio del procedimento di verifica della regolarità delle opere;

- la società versava quindi € 33.141,00 per ulteriori oo.uu. e provvedeva a depositare la documentazione richiesta;

- nel corso dei lavori, il 13.12.2005, introduceva una terza d.i.a. in variante, versando l’ulteriore importo di € 4.452,73 come contributo commisurato al costo di costruzione;

- una quarta d.i.a. in variante del 16.1.2006 era presentata per il completamento dell’intervento, qualora il Comune avesse ritenuto come termine di ultimazione dei lavori il 19.10.2006;

- avendo l’Amministrazione ritenuto che il termine di validità del titolo edilizio del 19.12.2002 fosse scaduto -- e che la d.i.a. presentata il 16.1.2006 non potesse essere considerata solo relativa al completamento -- la società produceva una quinta d.i.a. del 26.4.2006 per il completamento dei lavori, effettuando il 23.5.2006 l’ulteriore versamento di € 5.228,45;

- con atto del 14.11.2006 il Comune chiedeva una nuova tabella per il calcolo del costo di costruzione dell’edificio, che tenesse conto delle terrazze “tecnologiche”;

- a seguito della richiesta del Comune in data 20 aprile 2007, la Società procedeva cautelativamente al versamento del contributo commisurato al costo di costruzione, per € 41.044,30.

Con il presente appello il Comune di Milano impugna la sentenza con cui:

-- è stato accolto il ricorso della società immobiliare, odierna appellante incidentale, ed annullati gli atti con cui è stato determinato il costo di costruzione per l’intervento di cui alla d.i.a. del 19 dicembre 2002; la circolare comunale n. 10/2000 del 19 settembre 2000, e l'avviso di pagamento n. 57953 del 20 aprile 2007;

-- è stato condannato a restituire alla ricorrente le somme da quest'ultima versate in eccedenza rispetto a quanto dovuto, con gli interessi.

La decisione è affidata alle motivazioni per cui l’Amministrazione:

-- “ha preso in considerazione, non la superficie lorda di pavimento, ma la superficie complessiva, cioè la superficie utile più quella non residenziale, come previsto dall’art 2 del D.M. 10.5.1977: ciò sul presupposto che i conteggi per la determinazione degli oneri dovessero essere effettuati secondo il criterio del suddetto D.M., stante l’equiparazione dell’intervento alla nuova costruzione.

-- non avrebbe considerato che l’ “art 64, comma VII°, prevede come parametro di riferimento “la superficie lorda di pavimento resa abitativa”, applicando poi le tariffe previste per le opere di nuova costruzione”.

-- ed inoltre non sarebbe “...possibile addivenire a diverse conclusioni in base alla formulazione della disposizione regionale in esame, che rinvia al parametro delle nuove costruzioni solo per le tariffe, ma non per la superficie da prendere come riferimento”;

-- inoltre la difesa del Comune non avrebbe fornito alcun elemento chiarificatore sulle ragioni dell’inserimento dell’immobile nella classe X per cui, stante “…l’impossibilità per il Collegio di verificare la correttezza della classificazione operata, la mancata presentazione di chiarimenti da parte dell'Amministrazione, seppure sollecitata in sede giurisdizionale, conduce a ritenere, in applicazione all’art 116 c.p.c., non provata la pretesa del Comune di inserire l’immobile nella classe X”.

L’appello principale è affidato alla denuncia di due motivi di gravame relativi all’erroneità della decisione sulle modalità di determinazione del costo di costruzione nel sistema delineato dalla L.R. Lombardia n. 12/2005, e per l’asserita carenza di motivazione della riconduzione dell’immobile nella classe X del D.M. 10.5.1977.

Si è costituita in giudizio la Società Immobiliare appellata la quale, in linea preliminare, ha confutato le argomentazioni dell'amministrazione; con l’annesso appello incidentale ha contestato nel merito la parte della sentenza con cui è stata ritenuta corretta l'applicazione degli oneri in base di tariffe vigenti alla “formazione del titolo”,ed ha denunciato la violazione dell'articolo 112 del c.p.c. riproponendo in conseguenza i motivi non scrutinati dal Tar.

Con le rispettive memorie difensive le parti hanno sottolineato le proprie argomentazioni.

Alla Camera di Consiglio del 1 febbraio 2011 la Sezione ha accolto l'istanza di sospensione cautelare del provvedimento ai fini del mantenimento della "res adhuc integra" fino alla decisione di merito.

Con le rispettive memorie per l'udienza pubblica, di replica e di ulteriore controreplica, l'appellante principale e l'appellante incidentale hanno sottolineato le proprie tesi a sostegno ed insistito per l'accoglimento delle rispettive pretese.

Chiamata all'udienza pubblica,uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

__ 1. §. Per ciò che concerne l'appello principale del Comune di Milano si osserva quanto segue:

__1.§.1. L’Amministrazione, appellante principale, premette una propria autonoma ricostruzione delle disposizioni di cui gli artt. 44, 48 e 64 della L.R. Lombardia n. 12/2005 per cui il “costo di costruzione” non costituirebbe un corrispettivo per l'aumento del carico urbanistico derivante dall'intervento edilizio, ma avrebbe una natura impositiva, tanto da essere assimilabile alle prestazioni patrimoniali imposte di cui all'articolo 23 della Costituzione, ed essendo rapportato a quanto materialmente costruito, come indice di capacità retributiva.

Per gli interventi di ristrutturazione la L.R. cit. prevede, all'art. 44, 10º co., che gli “oneri di urbanizzazione” siano riferiti agli interventi di nuova costruzione ridotti della metà, mentre il “costo di costruzione” ex art. 48 della medesima legge, doveva essere fissato dalla Giunta Regionale con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata (1° comma) ed in relazione ad una quota variabile dal 5 al 20% a seconda delle caratteristiche delle tipologie delle costruzioni e della loro destinazione d'ubicazione (3º comma), al costo reale degli interventi stessi, così come individuato nel progetto presentato, senza però mai superare il valore determinato per le nuove costruzioni. Il D.M. 10 maggio 1977 ancora oggi rimarrebbe l'unica normativa di dettaglio sulla tecnica estimativa che consentirebbe di rapportare al valore economico del fabbricato la quota di contributo relativa al costo di costruzione dello stesso.

In definitiva il contributo di costruzione nel sistema lombardo dovrebbe essere calcolato applicando al costo reale dell'intervento la percentuale relativa alla classe derivante dall'applicazione della tabella del predetto D.M. senza fare alcun riferimento né al carico urbanistico né alla volumetria abitabile. Per il recupero dei sottotetti, l'art. 64 della cit. L.R. n. 12 prevede al 7° co. che oltre agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria si debba corrispondere il costo di costruzione calcolato sulla volumetria sulla “superficie lorda di pavimento” resa abitativa secondo le tariffe provate vigenti in ciascun Comune per le opere di nuova costruzione.

In conseguenza, con la prima rubrica, il Comune di Milano lamenta che il Giudice di prime cure avrebbe erroneamente affermato che il calcolo della quota del contributo di costruzione avrebbe dovuto avere come parametro di riferimento la “volumetria resa abitativa”, e non la superficie complessiva così come previsto dall'articolo 2 del D.M. 15 maggio 1977. Il riferimento alla “volumetria resa abitativa” avrebbe rilievo solamente per gli oneri di urbanizzazione. Se non fosse così si finirebbe per introdurre un criterio incompatibile con la ratio impositiva di tale contributo perché non si valorizzerebbe l'incremento patrimoniale determinato dalle opere, bensì l'incremento del carico insediativo già valorizzato con gli oneri di urbanizzazione.

L’assunto è fondato nei limiti e nei sensi che seguono.

Esattamente l’Amministrazione appellante ricorda, in linea di principio, che la quota di contributo commisurata al costo di costruzione costituisce una prestazione di natura tributaria e paratributaria, collegata alla produzione di ricchezza dei singoli che è generata dallo sfruttamento del territorio (cfr. Cons. Stato, sez. V 21 aprile 2006 n. 2258; Cons. Stato Sez. V 6 maggio 1997 n. 462; Cons. Stato Sez. VI 18 gennaio 2012 n. 177). Infatti il contributo relativo al costo di costruzione è dovuto anche in presenza di una trasformazione edilizia che, indipendentemente dall'esecuzione fisica di opere, si rivela produttiva di vantaggi economici ad essa connessi, situazione che si verifica per il mutamento di destinazione o comunque per ogni variazione anche di semplice uso che comporti un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico (cfr. Consiglio di Stato Sez. IV 14/10/2011 n. 5539).

Nello specifico però, il settimo comma, primo periodo, dell'art. 64 della L.R. Lombardia 11 marzo 2005 n. 12 prevede che: “La realizzazione degli interventi di recupero di cui al presente capo comporta la corresponsione …. del contributo commisurato al costo di costruzione, calcolati sulla volumetria o sulla superficie lorda di pavimento resa abitativa secondo le tariffe approvate e vigenti in ciascun comune per le opere di nuova costruzione”.

In sostanza, la quantificazione degli oneri di urbanizzazione e del contributo riferito al costo di costruzione per il recupero dei sottotetti è agganciata da un lato alla “superficie lorda di pavimento resa abitativa” , e dall’altro alle “tariffe approvate e vigenti” per le opere di nuova costruzione.

In tal senso il TAR ha ragione quanto ha escluso la legittimità di un conteggio che tenga conto della “superficie complessiva”, cioè la superficie utile più quella non residenziale di cui all’art 2 del D.M. 10.5.1977 n.10.

Infatti, in applicazione del principio ermeneutico generale della prevalenza della norma speciale sulla norma generale è esatto l’assunto per cui in materia di oneri di urbanizzazione relativi al recupero dei sottotetti, deve farsi esclusivo riferimento al più ristretto ambito spaziale individuato al settimo comma dell'art. 64 della L.R. .

Pertanto, in base al vecchio brocardo “ubi lex voluit dixit”, se il legislatore regionale ha prescritto che gli oneri di urbanizzazione ed il costo di costruzione debbono essere computati con riferimento alla “volumetria o sulla superficie lorda di pavimento resa abitativa”, ha intenzionalmente inteso porre una fattispecie peculiare derogatoria del regime generale di cui agli artt. 44 e 48 della L.R. n.12/2005.

La Società, nella memoria del 3.10.2013, esattamente ricorda come tale individuazione è del tutto coerente sia con le finalità generali di recupero di patrimonio edilizio ai fini abitativi, sia con riferimento al fatto che non possano computarsi tutte le superfici non residenziali che spesso non appartengono nemmeno all’esecutore dell’intervento.

Al riguardo, al fine del calcolo del costo di costruzione per gli interventi in questione deve dunque escludersi che possano essere conteggiate come fattori di moltiplicazione le superfici non destinate anche indirettamente ai fini residenziali quali i locali di pertinenza del fabbricato ad uso comune quali androni, deposito biciclette e carrozzine, deposito rifiuti, corridoi e disimpegni dei solai delle cantine ed ecc. (ma al riguardo vedi anche infra).

Tuttavia il richiamo alle “tariffe vigenti” di cui all’art. 64, co. 7. della detta L.R. implica che per la determinazione del costo di costruzione per le nuove costruzioni – sia pure con riferimento alle sole superfici lorde di pavimento rese abitative -- debba farsi diretto rinvio all’art. 48 della L.R. n. 12/2005, ed al d.m. 10 maggio 1977, .

In altre parole, l'interpretazione della preposizione "calcolati sulla volumetria o sulla superficie lorda di pavimento resa abitativa secondo le tariffe approvate vigenti per ciascun Comune per le opere di nuova costruzione" deve essere coerente con il precedente art. 48 ed implica che il calcolo del costo di costruzione dei recuperi edilizi dei sottotetti deve essere computato utilizzando da un lato la volumetria o la superficie s.l.p. resa abitativa e dall’altro le tabelle comunali per le nuove costruzioni di cui all'art. 48 della L.R. n. 12/2005.

Solo in relazione a quest’ultimo limitato profilo il primo motivo del Comune può, per tale parte, essere accolto.

__1.§.2.1. Deve condividersi il primo profilo del secondo motivo con cui si lamenta che il primo giudice avrebbe affermato l’illegittimità dell'inserimento dell'immobile nella classe X, sanzionando l’asserito mancato chiarimento da parte del Comune delle ragioni della predetta classazione. Al contrario, per l’Amministrazione appellante il Comune non avrebbe affatto dovuto provare l'inserimento nella classe X in quanto ciò sarebbe stato il risultato di un calcolo matematico eseguito sulla base della tabella ministeriale allegata al predetto D.M. che non lascerebbe alcun margine di discrezionalità. Inoltre il Comune aveva depositato in adempimento dell'ordinanza istruttoria una relazione nella quale aveva puntualmente indicati parametri e criteri utilizzati per la tabella.

Il Tar non ha esaminato le censure di merito della Società Immobiliare per cui, se non era verificabile la correttezza della classificazione, neppure sarebbe stato possibile dedurne l'erroneità ed annullare il provvedimento in base ad un’inaccettabile inversione logica per cui si sarebbe ritenuto il provvedimento illegittimo per principio e sarebbe stato compito del Comune di mostrarne la legittimità , la quale invece sarebbe emersa dal documento n. 29 depositato dalla società immobiliare in primo grado.

L’assunto merita adesione.

Deve al riguardo rilevarsi che efettivamente l'Amministrazione appellante aveva versato in primo grado il rapporto istruttorio tecnico del 28 12 2006 sulla cui base è stata corretta in aumento, con un incremento del 47,08%, l’autoliquidazione del costo di costruzione in contrasto con la tabella prodotta dalla parte privata che nei propri conteggi rilevava un aumento di 26,84% pari a classe VI del D.M. .

Nel caso non può condividersi che, in relazione agli atti inviati dal Comune in adempimento dell’istruttoria, potesse farsi applicazione dell’art.116 c.p.c. anche perché – come si vedrà in seguito – la Società immobiliare aveva specificamente fatto oggetto di censura tutte le modifiche operate d’ufficio dal Comune ed in ogni caso, il profilo non poteva essere ritenuto assorbente delle altre questioni sollevate dalla Società ricorrente.

La pronuncia dichiarativa dell'assorbimento nel caso in esame lasciava infatti aperte numerose questioni di diritto, e quindi si risolveva in un’omessa pronuncia.

Nel processo amministrativo, la tecnica dell'assorbimento dei motivi non può ritenersi illegittima ex se quando è espressione consapevole del controllo esercitato dal giudice nell'esercizio della funzione pubblica e se è limitata ai soli casi − del tutto marginali − in cui sussista un rapporto di stretta e chiara continenza, di pregiudizialità o implicazione logica tra la censura accolta e quella non esaminata (cfr. Cons. Stato, Sez. IV n. 4827 - 11 settembre 2012).

Il che qui deve essere escluso. In sostanza, certamente nel caso in esame la pronuncia di assorbimento dei motivi non è affatto il frutto di un arbitrio o di casualità giudiziaria, ma ciò nondimeno, i principi di effettività e completezza della tutela giurisdizionale impongono al Giudice di valorizzare sempre le censure del ricorrente qualora queste non siano comunque connotate, a loro volta, da pretesuosità, defatigatorietà, ripetitività o comunque irragionevolezza (cfr. Cons. Stato Sez. VI 4 agosto 2009 n. 4905; Cons. Stato Sez. Sez. III 19 novembre 2012 n. 5820).

Sul punto la decisione impugnata non appare dunque esaustiva e deve pertanto essere riformulata. Di conseguenza il Collegio deve esaminare compiutamente non solo il secondo profilo del secondo motivo principale del Comune ma anche tutte le doglianze sostanzialmente contrapposte introdotte della Società Immobiliare con il ricorso incidentale.

__1.§.2.2. Con il secondo profilo della seconda censura il Comune di Milano premette in via generale che il computare, o meno, nella quota di superficie non residenziale anche le scale e le terrazze o “lastrici tecnologici” (come li qualifica l’appellante incidentale) è una scelta che influenza il risultato della tabella (perché il costo di costruzione è commisurato alla volumetria o alla superficie ed alla tipologia del fabbricato). Ciò posto assume la legittimità del suo conteggio con specifico riferimento alle componenti contestate dalla Società, con profili contrapposti che vanno esaminati partitamente:

__1.§.2.2.1. Per il Comune legittimamente era stata conteggiata una “superficie utile abitabile” pari a 329,40 mc., in quanto dall'esame delle tavole progettuali oggetto del recupero emergeva anche una "veranda per fiori" di h. 2,70 che, a prescindere dalla precedente mancanza di abitabilità, comunque assumeva rilievo relativamente al costo di costruzione in quanto oggi abitabile ai sensi dell'art. 63, c. 6, l. reg. Lombardia n. 12/2005 perché di altezza superiore ai 2,40 mt. (sul punto vedi amplius infra sub 2§.3.4.3.).

Non vi sono dubbi infatti che, ancorché non fosse abitabile, la veranda “per fiori” posta sulla terrazza fin dalla costruzione dell’immobile nel 1961 (cfr. licenza di occupazione) integrava una pertinenza effettivamente e strettamente connessa alla funzionalità delle nuove destinazioni residenziali dell'immobile principale. In quanto spazio comunque convenientemente utilizzabile, esattamente doveva essere ricompreso e computato nella superficie utile resa abitabile-

Di qui la fondatezza del profilo dedotto dal Comune di Milano e di conseguenza l’assoluta legittimità dell’inserimento di tale superficie nell’ambito.

__1.§.2.2.2. Pure esattamente il Comune ha applicato il costo di costruzione di 322,05, mentre al contrario erroneamente la ricorrente incidentale ritiene applicabile l'importo di € 291,71: sul punto vedi infra sub 2.§.2 .

__1.§.2.2.3. Parimenti corretto, come si vedrà, è il calcolo dell'incremento relativo alla sussistenza delle caratteristiche particolari di cui all’art.7 del D.M. 10/1977 (anche a tale riguardo vedi amplius infra sub 2§).

__1.§.2.2.4. Per ciò che concerne invece il rilievo della s.n.r. , cioè della superficie non residenziale, includendovi anche le scale e terrazzi vedi infra sub 2§.

__1.§.2.2.5. Analogamente per quanto concerne la questione circa l’incremento percentuale del 20% prevista dalla tabella A della D.G.R. n. 53.844/1194 per gli edifici di IX°, X° e XI° classe.

___2. Con il proprio ricorso la società appellante lamenta, in via incidentale, la violazione dell'art. 112 del c.p.c. sotto diversi profili.

___2.§.1. In primo luogo il primo giudice avrebbe omesso di esaminare tutta la domanda ed in particolare non avrebbe fatto luogo ad un'esplicita pronuncia di condanna alla restituzione delle somme conseguenti all'accoglimento del suo gravame.

Il profilo è infondato essendo evidente, dal contenuto motivazionale della decisione, che il TAR dopo aver giudicato errato il computo del contributo ha chiaramente statuito che in “…,conseguenza che l’Amministrazione dovrà rideterminarsi, tenendo conto di quanto sopra dedotto…”.

E’ dunque evidente che l’obbligo di restituzione del Comune fosse una conseguenza necessaria successiva al nuovo conteggio degli oneri.

___2.§.2. Come denunciato poi con il secondo motivo del ricorso incidentale ed il secondo profilo della terza rubrica di doglianza, il Comune avrebbe applicato un costo unitario sbagliato. Erroneamente il TAR avrebbe giudicato corretto l'operato dell'amministrazione che, di fronte alla presentazione di nuove d.i.a., avrebbe applicato le tariffe vigenti al momento della formazione del titolo e quindi il costo stabilito con la determinazione dirigenziale n. 295 del 15 luglio 2005.

Per l'appellante invece il titolo si sarebbe già formato con la prima d.i.a. del 19 dicembre 2002, come aggiornato, con le successive integrazioni del 19 marzo 2003, 9 luglio 2003 e 19 settembre 2003, per cui gli oneri avrebbero dovuto essere verificati alla data del il 19 ottobre 2003 facendo riferimento ad € 291,71 al metro quadro (di cui alla determina dirigenziale n.414 del 11 dicembre 2002) e comunque in epoca antecedente alla legge regionale 11 marzo 2005 n. 12.

La variante del 2005 avrebbe comportato solo marginali modifiche e sarebbe stata rivolta a riordinare l’intervento edilizio riguardante in particolare: “la superficie coperta, l’altezza dell'edificio, il numero dei piani, la volumetria, la distanza dalle qualità confinanti”.

Il 7º comma dell'articolo 48 della L.R. numero 12/2005 prevede che il contributo per la d.i.a. vada calcolato applicando le tariffe vigenti al momento della presentazione della denuncia stessa: di qui l'illegittimità del computo della quota di contributi commisurata all'intera superficie lorda assentita. Tale modalità sarebbe stata in contrasto anche con l’articolo 48, 2D comma della L.R. numero 12/2005 che appunto prevedeva che l'aggiornamento del costo si sarebbe applicato "a tutte le d.i.a. ricevute a partire dal primo giorno successivo alla data della presente determinazione".

L’assunto va respinto.

Come la Sezione ha più volte avuto modo di ricordare, ai sensi del comma 6 ter dell'art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi" (introdotto con l'articolo 6, co. 1°, lettera c), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138) le denuncie di inizio attività "non costituiscono provvedimenti taciti ". Il legislatore ha fatto dunque proprio l’avviso dell'Adunanza plenaria 29 luglio 2011 n. 15 per cui "la denuncia di inizio attività non è un provvedimento amministrativo a formazione tacita e non dà luogo in ogni caso ad un titolo costitutivo, ma costituisce un atto privato volto a comunicare l'intenzione di intraprendere un'attività direttamente ammessa dalla legge".

In linea generale, l'efficacia abilitativa alla realizzazione dell'intervento edilizio non era conseguente all'iniziativa del privato ma alla giuridica possibilità di realizzare le opere.

Pertanto l'obbligo di corrispondere gli oneri di urbanizzazione ed il costo di costruzione deve essere agganciato non al tempo della presentazione della denuncia di inizio attività, ma al sorgere della giuridica possibilità di realizzare legittimamente l’intervento e quindi al momento dell’intervenuta efficacia della d.i.a. per decorso del termine o intervenuto accertamento della conformità alla disciplina urbanistica vigente.

La determinazione dell'importo dei contributi dovuti per le opere da realizzarsi è dunque connessa all'effettiva possibilità di effettuare l'intervento edilizio. Ciò, onde evitare l’insorgenza di un obbligo di pagamento anche nel caso in cui, nel termine di trenta giorni l'amministrazione intervenga con l'ordine motivato di blocco dei lavori, è dunque evidente che la determina dei contributi urbanistici deve essere effettuata tenendo conto dei parametri di calcolo in vigore al momento dell’operatività della detta denuncia (cfr. Cons. Stato Sez. IV 13 maggio 2010 n. 2922).

Fino al momento dell'attribuzione di efficacia, secondo momento di realizzazione della fattispecie precettiva, la vicenda procedimentale non è ancora conclusa, ed è quindi ancora possibile, ed anzi doveroso, dare risalto agli eventi esterni sopravvenuti, quale è il mutamento dei parametri di calcolo, (come nel caso di specie), o anche il sopraggiungere di una nuova disciplina urbanistica).

In conseguenza del principio che precede, quando poi, come nel caso particolare, il privato abbia parcellizzato l’intervento attraverso uno stillicidio di molteplici DIA (nel caso ben cinque) tutte concernenti i medesimi spazi, è evidente che il contributo cui dovrà soggiacere non potrà che essere quello corrispondente all’assetto finale dell’immobile, onde evitare che una sapiente regia nella segmentazione dei lavori finisca per risolversi in un abuso del diritto in danno dell’Amministrazione.

Nel caso la terza DIA del 13.12.2005 si era perfezionata successivamente all’entrata in vigore -in data 1.1.2006- della determina dirigenziale n.295/2005 per cui deve concludersi per la legittimità del computo del costo di costruzione di € 322,05 operato con riferimento alle tariffe in vigore al momento della formazione finale del titolo edilizio.

L’ultima DIA della società ricorrente è stata presentata, completa di tutti gli allegati e dei conteggi degli oneri, in data 21 dicembre 2007 e quindi, allo scadere del termine di trenta giorni di cui al comma 1 dell'art. 23 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380. Pertanto il suo iter formativo si era concluso solo dopo l'intervenuta efficacia della delibera comunale.

Il motivo va dunque respinto.

___2.§.3. Nella 3° rubrica l'appellante incidentale lamenta in particolare che:

___2§.3.1. esattamente il TAR avrebbe accertato che il costo di costruzione doveva essere relativo solo alla “volumetria resa abitativa” per cui,subordinatamente all’accoglimento dell'appello del Comune si dovesse ritenere che il contributo avrebbe dovuto essere calcolato sulla superficie complessiva, il Comune avrebbe comunque sbagliato il computo, avendo ricompreso anche la superficie delle scale e dei “terrazzi tecnologici”.

Per tale parte l’appello incidentale con cui si riproponeva la censura è dunque fondato per le considerazioni di cui al precedente punto 1.§.1.

Per ciò che riguarda invece la superficie delle scale e dei “terrazzi tecnologici” si rinvia a quanto segue.

___2§.3.2 il secondo profili relativo all’importo esatta da applicare è già stata esaminata supra n.2.§.1. a cui si fa diretto riferimento.

___2§.4. Per ragioni di economia espositiva derivanti dalla stretta connessione dei relativi profili possono essere esaminati congiuntamente i seguenti motivi che residuano dall’esame che precede.

___2§.4.1. Con il terzo capo di doglianza si lamenta che il Comune avrebbe poi errato nel maggiorare del 50% il predetto costo unitario in quanto tale maggiorazione non sarebbe prevista dalla delibera della Giunta Regionale Lombardia n. 53.844/1994, con cui la Regione aveva individuato le maggiorazioni delle classi di edifici con caratteristiche superiori per cui al D.P.R. n. 380/2001, nel momento in cui ha riprodotto all'articolo 16, 9º comma, l'art. 6 della abrogata legge n. 10/1967 avrebbe lasciato in vita anche la predetta delibera regionale del 1994, che non prevedeva alcuna maggiorazione.

Erroneamente poi il Comune avrebbe ritenuto di assegnare l’edificio alla classe X di cui all'articolo 6 del D.M. in quanto tale attribuzione concerne una superficie netta totale di servizi accessori ricompreso dal 50 al 65% della superficie utile abitabile, mentre nel caso la superficie netta totale di servizi accessori sarebbe pari al 34,76 della superficie utile abitabile.

Inoltre sarebbe illegittimo attribuire all'edificio l’incremento del 10% che l'art. 7 del D.M. riserva agli edifici dotati di caratteristiche particolari con riferimento al fatto che non è caratterizzato da un'altezza libera netta di piano superiore a 3 m rispetto a quella minima prescritta dalle norme regolamentari. Quindi se il D.M. fosse stato applicato correttamente, l'edificio sarebbe stato inserito in classe VI e la maggiorazione teoricamente applicabile sarebbe stata solo del 25%.

___2§.4.2. Con la quarta rubrica si lamenta ancora che il Comune avrebbe sbagliato nell'attribuire all’edificio la classe X e ad ancorare la quota di contributo alla misura del 20% del costo di costruzione anziché nella misura del 10% ai sensi della D.G.R. n. 53844/94 del D.M. 10 maggio 1977. La lettera a) dell'art. 2 del D.M. 1077 appare chiaramente diretto ad accogliere una determinata categoria di superfici che si caratterizzano tutte per l'appartenenza a locali chiusi quali, in particolare, cantine, soffitte, cabine idriche, vani motore ascensore, lavatoi comuni, centrali termiche e tutti gli spazi residuali di locali che, pur rientrando della stessa tipologia, non sono suscettibili di predeterminazione normativa. Pertanto le scale dovrebbero ritenersi fuori dall'ambito di previsione della citata lettera e quindi dell'intero articolo 2 perché non sono “locali” bensì strutture e perché, a prescindere da ogni cosa ulteriore rilievo, se il legislatore avesse voluto ricomprenderle lo avrebbe chiaramente detto. In tal senso si sarebbe sempre pronunciata la giurisprudenza.

In materia di oneri di urbanizzazione relativi al recupero dei sottotetti dovrebbe farsi esclusivo riferimento alla maggiorazione del 20% di cui al ricordato settimo comma dell'art. 64 della L.R. Lombardia 11 marzo 2005 n. 12.

___2§.3.3.2.1. In conseguenza le scale avrebbero dovuto essere escluse dal conteggio ai fini del calcolo delle”superfici per servizi ed accessori”, in tal senso sarebbe illegittima, per violazione dell’art. 23 Cost., la circolare comunale n. 10 del 2000 esattamente annullata dal TAR.

___2§.3.3.2.2. Per quanto riguarda i "terrazzi tecnologici" si tratterebbe del lastrico di copertura dell'edificio sul quale era prevista l'installazione di alcuni impianti tecnologici. Nessuna disposizione del D.M. 10 maggio 1977 consentirebbe di conteggiare le coperture delle costruzioni aperte scoperte nella”superficie non residenziale degli edifici", giacché l'espressione "altri locali a stretto servizio della residenza “deve ritenersi di stretta interpretazione e quindi non comprensiva di parti di edificio che non possono essere incluse nel concetto di “locali" .

In ogni caso non potevano essere ricomprese quelle parti riferibili alle unità immobiliari non utilizzate come abitazioni ma come uffici.

___2§.3.3.3. I predetti profili per la gran parte non convincono, fatto salvo il rilievo delle scale ai fini dell’incremento percentuale.

Deve in primo luogo escludersi l’attuale rilevanza della Tabella A della Delib. G.R. 1994 53844 nella fattispecie in esame, in quanto l'articolo 16, comma 9, del d.P.R. n. 380 del 2001, che ha sostituito l'articolo 6 della legge n. 10 del 1977 (nel testo pro tempore in vigore di cui all'articolo 7, comma 2, della legge n. 537 del 1993), e l'articolo 48, comma 2, della legge regionale n. 12 del 2005, dispongono che il costo di costruzione degli edifici residenziali, ai fini del calcolo della relativa quota del contributo di costruzione, sia determinato periodicamente dalle regioni, con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata, come individuati dalle stesse regioni a norma dell'articolo 4, primo comma, lettera g), della legge n. 457 del 1978, ma che -- in caso di mancato aggiornamento da parte delle regioni -- il Comune potesse annualmente, ed autonomamente procedere alla fissazione del costo di costruzione, in ragione dell'intervenuta variazione dei costi di costruzione accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

Ciò posto, successivamente alla prima individuazione in Lire 482.300 al metro quadro, attuata con la deliberazione della Giunta regionale della Regione Lombardia n. 53844 del 31 maggio 1994 (pubblicata sul B.U.R.L., 5° supplemento straordinario del 24 giugno 1994), non vi è stato più alcun intervento regionale in dichiarata considerazione della prevalenza dell’autonomia locale concessa dalla Costituzione. In tale direzione dunque del tutto legittimamente il Comune di Milano, nell’ambito della sua autonomia, ha fatto riferimento alla tabella allegata al D.M. 10 maggio 1977.

Quindi, come visto, se ai fini dell’individuazione del fattore principale del calcolo si doveva tener conto solo della “superficie utile resa abitabile”, il ricordato rinvio alle “tariffe vigenti” comporta comunque la necessità di valorizzare in concreto la tipologia dell’immobile computando quindi le percentuali di incremento di cui al D.M. 10-5-1977 “Determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici” e ciò per la fondamentale ragione che le superfici degli accessori e dei servizi costituiscono un elemento indicativo ai fini della valorizzazione dell’immobile.

La legge sul recupero dei sottotetti ai fini residenziali, con il richiamo alle tariffe vigenti, implica che il costo a mq possa, e debba, essere maggiorato con le percentuali di incremento connesse con la tipologia qualitativa dell’immobile di cui al D.M. N.10/1977.

Pertanto, ferma restando la “volumetria o la superficie abitativa netta resa abitabile”, sebbene le superfici degli accessori in questione non possano essere ricomprese in uno dei fattori del calcolo, ciò non vuol dire che la loro esistenza non incida, e rilevi sul piano concreto della fruibilità e della qualità estetica ed abitativa degli immobili. Per questo devono essere considerate ai fini della individuazione della percentuale di maggiorazione del “costo di costruzione” relativo alla valorizzazione della qualità architettonica.

E’ inesatta al riguardo la richiesta subordinata della società intesa ad una loro valorizzazione pro parte con la “quota uffici”, dato che si tratta di spazi che, proprio in quanto utilizzabili per impianti, sono esponenziali del maggiore pregio architettonico dell’intero immobile, e che quindi giustificano il relativo incremento.

In base all’art. 4 del d.m.10 maggio 1977, una volta individuate le superfici abitabili ed il “costo unitario di costruzione” pro tempore, deve farsi luogo all’individuazione dei presupposti per l’applicazione delle maggiorazioni in misura non superiore al 50% che la predetta normativa prevede in caso di edifici che abbiano “caratteristiche tipologiche superiori” a quelle considerate dalla legge n. 1179 del 1 novembre 1965.

In concreto, per l’identificazione degli edifici soggetti agli incrementi percentuali di cui agli artt. 5, 6 e 7, si deve tener conto:

-- della superficie utile abitabile (Su);

-- della superficie netta non residenziale di servizi e accessori (Snr) e cioè ad esempio: a) cantinole, soffitte, locali motore ascensore, cabine idriche, lavatoi comuni, centrali termiche, ed altri locali a stretto servizio delle residenze; b) autorimesse singole o collettive; c) androni di ingresso e porticati liberi; d) logge e balconi;

-- delle caratteristiche specifiche.

Ciò premesso a norma dell’art. 2 del D.M. 10 maggio 1977 n. 10 i “lastrici” ancorchè “tecnologici” sono comunque assimilabili alle logge ed alle terrazze, ma anche, se si considerano comunque i relative box e vani di contenimento alle cabine idriche, ed ai locali che contengono il motore dell’ascensore.

Inoltre l’elencazione di cui all’art. 2, dato che corrisponde allo stato delle tecnologie di oltre trentacinque anni fa, ha un valore chiaramente esemplificativo e non prescrittivo per cui di nessun rilievo interpretativo ha il riferimento al termine “locali” molto enfatizzato dalla società immobiliare odierna appellata.

Peraltro, come risulta dalle indicazioni istruttorie sulla Dia del 13.12.2005, nel caso le terrazze sono collegate da scale e sono accessibili e calpestabili. Come la comune esperienza dimostra, anche la presenza dei macchinari dell’ascensore, di riscaldamento, di condizionamento non ne preclude in assoluto l’utilizzo per le altre parti, per cui le relative superfici sono state esattamente computate ai fini della Snr utile, ai fini della individuazione degli incrementi percentuali.

Dalla superficie non residenziale devono invece essere escluse le scale che sono una struttura necessaria (ma non la “scala di servizio non prescritta da leggi o regolamenti o imposta da necessità di prevenzione di infortuni o di incendi” di cui al n.2 dell’art. 7 del d.m. 1977 cit. che qui comunque non risulta).

Di qui l’illegittimità del computo delle scale nell’ambito delle percentuali di Snr utili ai fini degli incrementi percentuali.

In tali limiti può essere accolto il quarto profilo del terzo motivo per cui in sede di esecuzione da parte del Comune dovrà essere ricomputata la metratura ai fini della verifica del raggiungimento a meno, della percentuale del 50 % necessaria per l’inserimento in classe X.

___2§.3.4.3. Infine per la Società immobiliare il Comune avrebbe sbagliato anche nel ritenere che l'edificio possedesse una “caratteristica particolare” costruita dall'altezza libera di piano superiore a 3 m. a quella minima prescritta dalle norme regolamentari ai sensi dell'articolo 7 D.M. 10 maggio 1977. Il regolamento prescriverebbe infatti che gli edifici debbano avere l'altezza minima interna superiore a 3 m, un’altezza maggior per cui tale requisito non potrebbe essere considerato una caratteristica particolare e quindi non potrebbe giustificare l'applicazione di un più elevato onere.

L’edificio in questione, costruito negli anni 50 del secolo scorso presenterebbe un'altezza netta interna che “non supera” quella prescritta dall'articolo 59 del Regolamento d'igiene vigente all'epoca della sua costruzione per cui la maggiorazione non poteva essere legittimamente approvata.

L’assunto non può essere condiviso.

Si deve infatti ricordare che ai sensi dell'art. 63, c. 6, l. reg. Lombardia n. 12/2005 "il recupero abitativo dei sottotetti è consentito purché sia assicurata per ogni singola unità immobiliare l'altezza media ponderale di metri 2,40, … calcolata dividendo il volume della parte di sottotetto la cui altezza superi metti l,50 per la superficie relativa".

Questo è il limite minimo del quale si deve tener conto, e non quello del Regolamento in vigore al momento della costruzione, come dimostra anche l’inciso della predetta legge che consente modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde "unicamente al fine di assicurare i parametri di cui all'articolo 63, comma 6" cioè un'altezza media ponderale di metri 2,40 (ed anche invero di quelli di cui all'art. 64 primo comma, l.r. 12/2005).

Nel caso è dunque evidente che l’altezza di 3 mt. è ben superiore all'altezza media di 2,40 che il medesimo legislatore regionale ha ritenuto assicuri le condizioni minime di salubrità agli spazi (resi) abitativi, la quale costituisce ad un tempo l’altezza minima per rilasciare l'abitabilità degli spazi dall'art. 63, c. 6, l. reg. Lombardia n. 12/2005.

Di conseguenza l’altezza di 3 metri ben giustificava l’attribuzione del relativo coefficiente di maggiorazione.

Il motivo va dunque respinto.

___ 3.§. In conclusione dunque il Collegio deve:

___ 3.§.1. in parte accogliere l’appello principale del Comune, e per l’effetto:

-- in accoglimento del primo profilo secondo motivo, per cui deve essere riformata la pronuncia di assorbimento dei motivi;

-- in accoglimento parziale del primo motivo e del secondo profilo del secondo motivo la decisione va riformulata nel senso che legittimamente il Comune ha computato per il conteggio per costo di costruzione dei recuperi edilizi dei sottotetti:

a) le tabelle comunali di riferimento in vigore per le nuove costruzioni di cui all'art. 48 della L.R. n. 12/2005;

b) una “superficie utile abitabile” pari a 329,40 mc., comprensiva cioè della "veranda per fiori" di h. 2,70;

c) il costo di costruzione di 322,05;

d) l'incremento per l’altezza che integra la sussistenza di quelle caratteristiche particolari di cui all’art.7 del d.m. 10/1977;

e) la ricomprensione dei lastrici solari e dei terrazzi.

f) il computo dell’incremento percentuale del 20% previsto per gli edifici di IX, X e XI classe.

___ 3.§.2. Per converso deve accogliersi in parte l’appello incidentale della Società Immobiliare con riferimento:

-- al quarto capo di doglianza, primo profilo con cui si rileva che il parametro di riferimento del computo deve essere costituito solo dalla “volumetria o … superficie lorda di pavimento resa abitativa”, che è considerata in via derogatoria dal settimo comma dell'art. 64 della L.R. n.12/2005,

-- all’illegittimità dell’inserimento delle scale nel conteggio ai fini del calcolo delle”superfici per servizi ed accessori” utile per gli incrementi percentuali di cui all’art. 4 del D.M. 10 maggio 1977 e, di conseguenza anche l’illegittimità sul punto della circolare comunale n. 10 del 2000.

___ 3.§.3. Alla luce delle statuizioni che precedono il Comune dovrà, in esecuzione della presente decisione, provvedere al riconteggio del contributo per il costo di costruzione dovuto dalla Società Immobiliare e, conseguentemente, far luogo ai relativi conguagli a favore di quest’ultima ove sussistenti.

In relazione della soccombenza delle parti, le spese possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

___ 1. accoglie in parte, nei sensi di cui in motivazione, l’appello proposto dal Comune di Milano e, per l'effetto,riforma parzialmente la decisione impugnata nei sensi di cui sopra.

___ 2. accoglie in parte, nei sensi di cui sopra l’appello incidentale proposto dalla Società Immobiliare del Morso Spa e, per l'effetto, riforma parzialmente la decisione impugnata nei sensi di cui sopra.

___ 3. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/12/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)