Cass. Sez. III n. 18917 del 5 maggio 2023 (UP 23 feb 2023)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Borasio
Rifiuti.Deposito incontrollato e responsabilità

In tema di reato di deposito incontrollato di rifiuti, qualora, successivamente alla sua effettuazione, muti la titolarità dell'area su cui lo stesso è avvenuto, incombe sul nuovo proprietario l'obbligo di rimuovere i rifiuti nel termine previsto dalla normativa in materia, sicché l'omesso compimento di tale attività, contribuendo a protrarre oggettivamente la condizione di irregolarità del deposito, vale ad integrare il reato. La protrazione di un deposito incontrollato pur da altri realizzato – cheintegra di regola gli estremi di un reato permanente – determina il concorso nel reato del successivo detentore, che, ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. h), va individuato non solo nel produttore di rifiuti, ma anche nel soggetto che ne è in possesso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23 febbraio 2022, la Corte d’appello di Torino, giudicando  sul gravame proposto dall’odierno ricorrente, ha confermato la sentenza di condanna nei suoi confronti emessa per il reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 per aver effettuato, presso l’unità locale della società da lui rappresentata, un deposito incontrollato di rifiuti speciali, pericolosi e non, di cui aveva il possesso.

2. Avverso detta sentenza, a mezzo del difensore fiduciario, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, ribadendo, con il primo motivo, la nullità della sentenza di primo grado per omessa pronuncia sulle conclusioni e sulle memorie difensive ed il vizio di motivazione. Nel disattendere l’eccezione di nullità sollevata con i motivi di appello – si lamenta – la Corte territoriale aveva illegittimamente applicato la giurisprudenza sulla possibilità, per il giudice d’appello, d’integrare la motivazione, nella specie non evocabile perché trattavasi di motivazione integralmente omessa, e, non considerando nei corretti termini giuridici la censura svolta, era altresì incorsa in difetto di motivazione.

3. Con il secondo motivo si deducono la violazione degli artt. 256, comma 2, e 29 quattuordecies, comma 3, d.lgs. 152/2006, nonché il vizio di motivazione. Si argomenta che in processo era stato dimostrato come il deposito di rifiuti oggetto di contestazione non fosse stato realizzato dalla Agiltek Srl, società amministrata dall’imputato, ma dalla Terraverde s.a.s. prima di concedere alla Agiltek l’azienda in affitto e di trasferire ad essa l’autorizzazione integrata ambientale. Nessuna condotta attiva di realizzazione del deposito poteva dunque essere contestata all’imputato, potendosi al più ravvisare – ma si sarebbe trattato di fatto diverso – la contravvenzione di cui all’art. 29 quattuordecies, comma 3, d.lgs. 152/2006 per mancato smaltimento dei rifiuti in questione in violazione delle prescrizioni nn. 21 e 22 dell’A.I.A. poi rilasciata in data 18 febbraio 2013 alla Agiltek. Pur incidentalmente riconoscendo la fondatezza di tale assunto, la sentenza impugnata non aveva reso motivazione sulla dedotta questione della riqualificazione giuridica.

4. Con il terzo motivo di ricorso si lamentano violazione della legge penale incriminatrice e vizio di motivazione quanto all’elemento soggettivo del reato, avendo l’imputato tenuto una condotta incolpevole perché conforme al modello richiesto dall’ordinamento giuridico. In particolare – si allega – i rifiuti in questione appartenevano alla Terraverde s.a.s., poi dichiarata fallita, tanto che, a seguito della cessazione del contratto di affitto di azienda, il curatore del Fallimento ne aveva disposto la riconsegna alla moglie del socio accomandante della fallita, nel frattempo defunto. Per questo l’imputato non aveva ottemperato alle prescrizioni sullo smaltimento impostegli nell’A.I.A., presentando anche ricorso al T.A.R., avverso la cui decisione pende ora giudizio avanti al Consiglio di Stato.

5. Con l’ultimo motivo di ricorso si lamenta l’erronea applicazione della legge penale per essere stata ritenuta la natura permanente, anziché istantanea, del reato contestato. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, Agiltek non aveva compiuto alcuna attività di gestione materiale di quei rifiuti, sicché il reato doveva ritenersi consumato prima ancora che la società entrasse in possesso del sito e, in ogni caso, la condotta si sarebbe comunque interrotta con il rilascio dell’A.I.A. del 2013, con conseguente maturazione del termine di prescrizione del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. Come ha correttamente ritenuto la sentenza impugnata, è assolutamente pacifico l’orientamento – con cui il ricorrente non si confronta – giusta il quale  la mancanza assoluta di motivazione della sentenza non rientra tra i casi, tassativamente previsti dall'art. 604 cod. proc. pen., per i quali il giudice di appello deve dichiarare la nullità della sentenza appellata e trasmettere gli atti al giudice di primo grado, ben potendo lo stesso provvedere, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto, a redigere, anche integralmente, la motivazione mancante (Sez. U, n. 3287 del 27/11/2008, R., Rv. 244118; Sez. 6, n. 58094 del 30/11/2017, Amorico e aa., Rv. 271735).
Non rileva, in contrario, il richiamo – effettuato dal difensore in sede di discussione – alla Sez. 3, n. 34943 del 15/10/2020, Gettapietra, Rv. 280443, che ha affermato il principio giusta il quale, laddove con l’appello sia devoluta esclusivamente la cognizione della nullità o inesistenza della sentenza di primo grado la cui motivazione sia palesemente riferibile a soggetto diverso dall'imputato, il giudice del gravame non può sostituirsi al primo giudice redigendo la motivazione omessa ma deve trasmettere a quest'ultimo gli atti. Al di là dell’estrema particolarità di quella vicenda processuale – del tutto diversa da quella qui in esame – è sufficiente rilevare come, nel caso di specie, l’imputato non abbia devoluto al giudice del gravame soltanto la questione della nullità della sentenza, avendolo invece investito anche delle questioni di merito in punto responsabilità decise dal primo giudice.

2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e genericità.
2.1. Sotto il primo profilo, va rammentato che, secondo l’orientamento di questa Corte, anche di recente ribadito, in tema di reato di deposito incontrollato di rifiuti, qualora, successivamente alla sua effettuazione, muti la titolarità dell'area su cui lo stesso è avvenuto, incombe sul nuovo proprietario l'obbligo di rimuovere i rifiuti nel termine previsto dalla normativa in materia, sicché l'omesso compimento di tale attività, contribuendo a protrarre oggettivamente la condizione di irregolarità del deposito, vale ad integrare il reato (Sez. 3, n. 29578 del 07/05/2021, Codognotto, Rv. 281717). La protrazione di un deposito incontrollato pur da altri realizzato – che, giusta quanto più oltre si dirà, integra di regola gli estremi di un reato permanente – determina il concorso nel reato del successivo detentore, che, ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. h), va individuato non solo nel produttore di rifiuti, ma anche nel soggetto che ne è in possesso.
2.2. Del resto, secondo l’accertamento in fatto compiuto dai giudici di merito – in questa sede peraltro non contestato – subentrando come affittuaria alla Terraverde s.a.s. nella gestione dell’azienda di un impianto di recupero e smaltimento di rifiuti, pericolosi e non, di varia tipologia, la Agiltek Srl ne aveva acquisito le rimanenze di magazzino, rappresentate anche dai rifiuti oggetto di contestazione, dando atto di ciò nel proprio registro di carico e scarico. La sentenza attesta che detti rifiuti erano impiegati nel ciclo di trattamento che costituiva oggetto dell’attività di produzione di materie prime secondarie da parte di Agiltek, tanto che, per oltre un terzo della giacenza (856 tonnellate su 2224), il materiale fu effettivamente da essa in tal modo utilizzato.
 Il generico ricorso non si confronta in alcun modo con questa ricostruzione, che smentisce i presupposti fattuali posti dal ricorrente a fondamento dell’impugnazione: la Agiltek gestì i rifiuti fatti oggetto di deposito incontrollato, che deteneva dal 2011, utilizzandone oltre un terzo, come materie prime, nello svolgimento della propria attività imprenditoriale. Del tutto legittimamente, dunque, nell’A.I.A. rilasciata nel 2013, la Provincia impartì al proposito prescrizioni, che non vennero attuate. Se ciò avrebbe potuto in astratto consentire di ravvisare anche la contravvenzione di cui all’art. 29 quattordecies, comma 3, d.lgs. 152/2006, trattandosi di fattispecie residuale, giusta la clausola di sussidiarietà espressa contenuta nell’incipit, non v’è dubbio sulla correttezza della ritenuta sussistenza del più grave reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. 152/2006, di cui, per quanto detto, sussistono i presupposti.

3. Per ragioni analoghe è parimenti inammissibile, per genericità e manifesta infondatezza, anche il terzo motivo di ricorso, che non si confronta con la già richiamata ricostruzione del fatto operata in sentenza. Anche alla luce dell’attività professionale svolta dal ricorrente nell’ambito della gestione dei rifiuti, rispetto a tale ricostruzione è stata non illogicamente ritenuta quantomeno la colpa circa la prosecuzione della gestione di un deposito incontrollato.

4. Inammissibile per manifesta infondatezza e genericità è anche l’ultimo motivo di ricorso.
Sulla scorta dei rilievi che precedono, è evidente come nella specie la condotta illecita di prosecuzione del deposito sia perdurata ed integrasse un reato permanente.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, anche di recente ribadito, il reato di deposito incontrollato di rifiuti di cui all'art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, può avere natura permanente, nel caso in cui l'attività illecita sia prodromica al successivo recupero o smaltimento dei rifiuti, caratterizzandosi invece come reato di natura istantanea con effetti eventualmente permanenti, nel caso in cui l'anzidetta attività si connoti per una volontà esclusivamente dismissiva del rifiuto, che esaurisce l'intero disvalore della condotta (Sez. 3, n. 8088 del 13/01/2022, Franceschetti, Rv. 282916; Sez. 3, n. 30910 del 10/06/2014, Ottonello, Rv. 260011).
Come già si è posto in luce, la sentenza – con cui, nuovamente, il generico  ricorso non si confronta – ha dato atto dell’assenza di una mera condotta dismissiva e, per contro, di una condotta attiva di gestione dei rifiuti illecitamente depositati consistita nel loro impiego, attestato dai movimenti nel registro di carico e scarico, nel ciclo di smaltimento o recupero.
Trattandosi, dunque, di reato permanente, la sentenza impugnata ha determinato il dies a quo del termine di prescrizione nella pronuncia di primo grado. Anche a voler considerare l’allegazione contenuta in ricorso circa il fatto che il contratto di affitto di azienda sarebbe cessato in data 31 agosto 2017 – con conseguente restituzione del sito, e dei rifiuti residui ancora ivi depositati, al Fallimento Terraverde s.a.s., sicché Agiltec non ne sarebbe più stata detentrice – alla data della pronuncia della sentenza impugnata il reato non sarebbe certamente stato ancora prescritto.

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, tenuto conto della sentenza Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che nella presente fattispecie non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità,  consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., oltre all'onere del pagamento delle spese del procedimento anche quello del versamento in favore della cassa delle ammende della somma equitativamente fissata in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 23 febbraio 2023.