Cass. Sez. III n. 40062 del 8 novembre 2021 (CC 1 lug 2021)
Pres. Sarno Est. Cerroni Ric. Coppola
Ambiente in genere.Proroga concessioni demaniali marittime
Va disapplicata la normativa di cui all’art. 24, comma 3-septies, d.l. 24 giugno 2016, n. 113, conv. in legge 7 agosto 2016, n. 160, laddove la stessa, stabilizzando gli effetti della proroga automatica delle concessioni demaniali marittime prevista dall’art. 1, comma 18, d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, conv. in legge 26 febbraio 2010, n. 25, contrasta con l’art. 12, par. 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006 (c.d. direttiva Bolkestein) e, comunque, con l’art. 49 TFUE.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 17 dicembre 2020 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, quale Giudice del riesame delle misure cautelari reali, ha rigettato la richiesta di riesame proposta da Cristiana Coppola, legale rappresentante della s.p.a. Marina di Castello e indagata per il reato di cui all’art. 1161 cod. nav., nei confronti del decreto di sequestro preventivo dell’11 novembre 2020, emesso dal locale Giudice per le indagini preliminari, avente ad oggetto l’area demaniale sita in Castel Volturno destinata a campo da golf già nella disponibilità della concessionaria s.p.a. Marina di Castello, nonché i manufatti ivi realizzati.
2. Avverso il predetto provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione articolato su cinque complessi motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo, premessa l’inesistenza di norme che collegavano la proroga della concessione alla regolarità nei pagamenti dei canoni ovvero alla presentazione di apposita istanza, e tenuto conto del cospicuo investimento operato in esito al rilascio di concessione stipulata il 10 marzo 2004, in regime di legittimo rinnovo automatico della medesima e quindi di legittimo affidamento del privato (questioni tutte non affrontate dal provvedimento impugnato), parte ricorrente – invocando violazione di legge – ha osservato l’irrilevanza in sé del mancato pagamento dei canoni di concessione, evento per il quale era prevista una specifica procedura amministrativa disciplinata dal codice della navigazione, tenuto conto dei vari interessi coinvolti e degli impegni, come in specie, assunti dalla società Marina di Castello anche nei riguardi della collettività locale.
In specie la procedura di decadenza era stata avviata, in tal modo postulando l’efficacia della proroga (non legata di per sé a provvedimenti specifici, a differenza del caso del rinnovo) al momento dell’avvio della procedura di decadenza, e dall’altro la necessità di un provvedimento formale di decadenza.
In ragione di ciò, non poteva che procedersi all’eventuale disapplicazione della proroga prevista dalla legge, permanendo altrimenti la validità della concessione siccome disposta ex lege.
2.2. Col secondo motivo è stato precisato che non vi era necessità di alcuna formale istanza di proroga, tenuto conto dell’istituzionale differenza tra proroga e rinnovo, solamente quest’ultimo richiedendo un nuovo esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione concedente.
2.3. Col terzo motivo, quanto alla pretesa disapplicazione della legge in contrasto con la normativa europea, ciò era compito del singolo giudice, e doveva valutarsi in concreto se l’investimento fatto e l’affidamento del privato potesse giustificare una disparità di trattamento, laddove il rapporto concessorio era nato allorché la legge prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni, così che l’imprenditore aveva fondato il suo legittimo affidamento, laddove le opere realizzate diventavano di proprietà dell’ente concedente in un contesto di recupero di un territorio degradato.
In tal senso, secondo quanto statuito dal Consiglio di Stato, doveva essere tutelata la buona fede del concessionario, con la previsione di periodo transitorio in grado di consentire la remunerazione dell’investimento, tant’è che il legislatore nazionale aveva prorogato la durata delle concessioni in essere fino al 31 dicembre 2020. In specie la concessione era in essere al momento di pubblicazione del d.l. 179 del 2012, che aveva appunto prorogato il termine al 31 dicembre 2020. Né poteva essere ignorato l’affidamento del concessionario, a differenza di quanto operato dal Tribunale del riesame.
2.4. Col quarto motivo è stato sottolineato che la decisione del Giudice per le indagini preliminari di privare di validità un titolo sino ad allora legittimo comportava un’illegittima applicazione retroattiva di una fattispecie penale, disapplicando una norma extra-penale interna che avrebbe scriminato la posizione del concessionario. Anche in tal caso il provvedimento impugnato non aveva detto alcunché.
2.5. Col quinto motivo infine, quanto all’elemento soggettivo del reato, esso non poteva esistere qualora fosse stato dimostrato che era stato fatto tutto il possibile per uniformarsi alla legge, ed inoltre – per la sua configurabilità – l’agente avrebbe dovuto conoscere il contrasto della condotta con le disposizioni amministrative che disciplinavano la materia.
In specie erano stati prodotti due documenti che, provenienti dall’Amministrazione comunale di Castel Volturno, presupponevano validità ed efficacia della concessione nel momento in cui erano formati, mentre la norma che aveva previsto la proroga era ancora vigente nello Stato. Nulla era stato invece detto dal provvedimento circa la carenza dell’elemento soggettivo, nonostante i molteplici profili di affidamento del cittadino, quanto all’esistenza di una legge, alle condotte dell’Amministrazione, all’impossibilità di altrimenti determinarsi.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso del rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato.
4.1. In relazione infatti ai complessi motivi di impugnazione, tenuto conto della presente sede cautelare e ferma restando la correttezza dei rilievi contenuti nel primo motivo di ricorso, circa l’inidoneità della protratta affermata mora nel pagamento dei canoni ad incidere di per sé sulla proroga della concessione (impregiudicati gli sviluppi inter partes della vicenda e i possibili profili di responsabilità amministrativa), questa Corte intende ribadire il principio già fissato, e recentemente ripreso da Sez. 3, n. 25993 del 06/03/2019, Galli, non mass., secondo cui, ai fini dell’integrazione del reato previsto dall’art. 1161 cod. nav., la proroga legale dei termini di durata delle concessioni demaniali marittime - prevista sino al 31 dicembre 2020 dall’art. 1, comma 18, d.l. 30 dicembre 2009, n. 194 e successive modifiche - non opera automaticamente, presupponendo un’espressa richiesta da parte del soggetto interessato al fine di consentire la verifica, da parte della autorità competente, dei requisiti richiesti per il rilascio del rinnovo (Sez. 3, n. 33170 del 09/04/2013, Giudice, Rv. 257261; così, in motivazione, altresì Sez. 3, n. 32966 del 02/05/2013, Vita, Rv. 256411).
4.2. Al riguardo, infatti, se è ormai nozione comune che le disposizioni le quali prevedono proroghe automatiche di concessioni demaniali marittime violano l'art. 117, comma 1 Cost. per contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza (e ciò in quanto l’automatismo della proroga della concessione determina una disparità di trattamento tra gli operatori del settore, violando i principi di concorrenza, poiché a coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo ne è preclusa, alla scadenza della concessione, la possibilità di prendere il posto del precedente gestore, se non nel caso in cui questi ometta di richiedere la proroga o la chieda senza un valido programma di investimenti), quanto alla necessità di un’istanza di proroga è stato appunto parimenti rilevato che le normative che prevedono la proroga automatica delle concessioni sino al 31 dicembre 2020 richiedono una espressa istanza da parte del concessionario ed un provvedimento espresso da parte del Comune previa necessaria verifica, non solo della esistenza a monte di un titolo valido, ma anche del permanere dei requisiti in capo al concessionario.
E' stato, conseguentemente, affermato che va disapplicata la normativa di cui all’art. 24, comma 3-septies, d.l. 24 giugno 2016, n. 113, conv. in legge 7 agosto 2016, n. 160, laddove la stessa, stabilizzando gli effetti della proroga automatica delle concessioni demaniali marittime prevista dall’art. 1, comma 18, d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, conv. in legge 26 febbraio 2010, n. 25, contrasta con l’art. 12, par. 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006 (c.d. direttiva Bolkestein) e, comunque, con l’art. 49 TFUE. (Sez. 3, n. 21281 del 16/03/2018, Ragusi, Rv.273222).
4.2.1. Vero è, al riguardo, che gli istituti della proroga e del rinnovo – correttamente evocati da parte ricorrente nella loro distinzione istituzionale - sono strumenti che si distinguono tra loro in quanto il primo non rinnova il rapporto originario, ma cambia soltanto il termine finale spostandolo in avanti nel tempo. Va peraltro osservato che – a tacere degli ampi riferimenti operati nel tempo da questa Corte di legittimità circa la necessità di un’istanza di proroga ancorché non espressamente prevista dal legislatore (cfr. Sez. 3, n. 33170 cit.; Sez. 3, n. 32966 cit.) – è stato ripetutamente chiarito come alla luce del primato del diritto europeo debba essere, in caso di scadenza di una concessione, espletata una procedura di selezione e che comunque sia da escludere l’ammissibilità di una proroga automatica.
Non può pertanto non essere ricordata la più volte ribadita non conformità al diritto euro-unitario delle proroghe automatiche, e generalizzate in via normativa interna, alle concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo. Una volta scaduta infatti la concessione demaniale, il già concessionario non vanta alcun diritto al rinnovo e neppure alcuna posizione di preferenza nella necessaria procedura, che deve essere instaurata dall’Amministrazione per il rilascio della nuova concessione, non potendo ammettersi l’esistenza di concessioni implicite, ovvero un diritto al rinnovo delle stesse e tanto meno una loro proroga automatica ope legis (ad es. Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza n. 6688 del 26.11.2018).
4.3. Alla stregua pertanto dei complessivi rilievi che precedono, quantomeno avuto riguardo al fumus del reato di cui all’art. 1161 cod. nav., la – pacifica – mancata presentazione della richiesta di proroga (come è stato correttamente evidenziato dallo stesso Procuratore generale) si pone, al di là della controversa legittimità in confronto alla normativa sovranazionale, ancor prima in contrasto con la disciplina interna siccome ampiamente evocata dalla richiamata giurisprudenza di questa Corte.
4.3.1. Alla scadenza del 31 dicembre 2015 non era stata infatti inoltrata alcuna richiesta di proroga della concessione.
4.4. Le ulteriori ragioni di impugnazione rimangono pertanto assorbite.
5. All’infondatezza dell’impugnazione consegue il rigetto del ricorso, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 01/07/2021